Lebanon, vincitore a Venezia 2009, opera prima di un regista israeliano, Samuel Maoz.
The Hurt Locker, trionfatore agli oscar 2010.
Il grande cinema di guerra ritorna a mietere successo dopo quasi 2 decenni di semibuio susseguenti ai magnifici anni '80 ( Apocalypse now, Platoon, Good Morning Vietnam etc...). Due film straordinari ma molto diversi tra di loro. Lebanon racconta, quasi in tempo reale, l'incursione di un drappello di militari, un carrarmato e dei paracadutisti, in un centro abitato, non meglio identificato, del Libano, appena bombardato dall'artiglieria israeliana. Siamo nel 1982, 1° guerra del Libano. All'interno del carrarmato, chiamato Rinoceronte, 4 giovani ragazzi.
L'esperienza di guerra dei quattro ragazzi è pari a 0. Probabilmente sbagliano qualcosa, e si ritrovano così soli dentro il blindato senza possibilità di venire salvati.
E' difficile dire se il più grande merito di questo film sia la sua assoluta sperimentalità o il messaggio che vuole darci. Riguardo il primo aspetto Lebanon è veramente un film straordinario nel senso etimologico del termine. Tranne nella prima e ultima inquadratura infatti, ci troviamo SEMPRE all'interno del carrarmato, e il nostro occhio non è più quello umano, ma il mirino del cannone. La sfida del regista è vinta perchè malgrado lo spazio angustissimo in cui ci catapulta, riesce a mantenere per tutta la durata del film una grandissima tensione.
Lo spazio limitato rende ancora più devastanti e definite le emozioni che i 4 ragazzi provano all' interno. Siamo lì con i loro e come loro non abbiamo la minima possibilità di evadere, sia fisicamente che mentalmente. Dobbiamo star lì e pensare lì, perchè la minima distrazione o un calo di attenzione potrebbero essere fatali.
Riguardo il messaggio che il film ci lascia mi piace notare come Lebanon ci parli dell' esatto sentimento contrario a quello raccontato in Hurt Locker. Mentre il film della Bigelow ci raccontava infatti l'assoluta necessità del protagonista di stare DENTRO la guerra, del rapporto quasi di dipendenza che si era instaurato tra lui e il teatro bellico, Maoz ci parla dell'assoluto contrario, del trovarsi catapultati, assolutamente impreparati, a dover combattere, al dover uccidere, e conseguentemente, Lapalisse, al terrore di restare uccisi. Non è questione di coraggio nel primo caso e di paura nel secondo, la distinzione la fanno l' incoscienza e la consapevolezza. E, forse, non sono i 4 ragazzi terrorizzati ad essere immaturi come sembrano; forse, lo è ancor più l'artificiere di Hurt Locker. La vita è una cosa meravigliosa. Ce ne è stata data una, una soltanto, e non volere perderla è sintomo di maturità e attaccamento ad essa.
( voto 8 )