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30.4.14

Recensione: "Una notte blu cobalto" - Visti per voi - 9 - Pietro

Anche questo Visti per voi ha matrici un pò strane...
Pietro, probabilmente il lettore/blogger più lontano (Catania) viene a Perugia per una laurea. Dobbiamo vederci per forza, occasione troppo ghiotta. Appuntamento alle 16.30 ma si sa, le feste di laurea, specie quando ci sono i terroni di mezzo  :) :) :)  possono durare all'infinito. Allora che faccio? Alle 16 non ho notizie e decido nell'attesa di farmi il suo Visti per voi che in questo caso è doppio perchè visto per voi si può riferire sia al film che a Pietro.
Io a Pietro l'avevo già visto in foto e ha confermato tutto quello che si intuiva, la simpatia su tutto.
Lui invece mi credeva fisicamente completamente diverso. Per il resto che ne so, siamo stati un'oretta molto bene. Pietro è uno di quei lettori (ma qui ce ne sono tanti) che commenta sempre articolando. E quello che mi ha fatto il complimento più bello e divertente, commento che qui non replico perchè ogni tanto magari leggono i bambini.
Pietro ha anche un piccolo blog che sta cercando di venir fuori, dategli un'occhiata.
Grazie delle sarde Pietro, speriamo che il salame sia buono :)
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ebbene sì, presenti spoiler!
Dopo i primi 9 minuti di film il sospetto mi è venuto davvero forte.
O.k, sto film è ambientato a Catania, sprizza sicilianità in tutti i fotogrammi, sono attori perlopiù sconosciuti, Pietro me l'ha consigliato, Pietro è di Catania, o.k, 1 + 1, questo è un film fatto da e con gente che conosce, per questo me l'ha proposto.
E come fare? No, perchè sembra davvero brutto, mi scoccia demolirlo, già con Ciku non era andata un granchè.
Poi arriva la vecchia, la prima cliente, e qualcosa si muove. Poi il film diventa assurdo, sempre più assurdo. Ma è proprio quando diventa più assurdo che comincia ad avere un suo perchè. E alla fine il cerchio si chiude talmente bene che capisci che questo piccolo film siculo è davvero un gioiellino, una di quelle mini pellicole con dentro passione, idee, voglia di raccontare una storia e, perchè no, anche voglia di stupire.
Dino è un trentenne appena lasciato dalla ragazza. Fuori corso all'università, senza lavoro e con il cuore pesante come un macigno, impossibile dimenticarla. Entra nella pizzeria Blu Cobalto, una pizzeria invitante come un pesce rancido, e gli viene offerto lavoro come Pizza-boy, con tanto di vespa. Comincia la notte di Dino, una consegna dietro l'altra, una persona da incontrare dopo l'altra. Ma è una notte che forse è qualcosa di molto più che una semplice notte di consegne...
Partiamo prima con i difetti. La recitazione non è il massimo, specie lei, la fidanzata, che non ho capito se è così brava nel recitare da rendere insopportabile non solo il suo personaggio ma pure lei stessa oppure talmente scarsa da fare lo stesso effetto. Lui, il protagonista, Corrado Fortuna, è il migliore, meno male. Quella che ho trovato un pò fastidiosa è l'eccessiva autorialità del testo, colmo di citazioni nella voice off di Dino e nelle lezioni di strategia militare del proprietario della pizzeria, Alessandro Haber. Il regista, Gangemi, ha esagerato nella letterarietà del tutto, appesantendo la pellicola non poco a mio parere. Comunque..

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Finchè non inizi a capire la chiave di lettura del film ti sembra davvero tutto talmente assurdo e insensato che un pò fa quasi tenerezza (terribili i primi 10 minuti, quelli lasciamo perderli proprio).
Sì perchè come è possibile che tra 10 clienti Dino porti la pizza:
- a una novantenne che si sente una ragazzina
- a una ragazzina che si sente una novantenne, e infatti sta scrivendo il proprio testamento
- dentro un cinema aperto dove una coppia, solo loro, sta vedendo un film
- a un nerd malato di mente che sta costruendo al pc la sua donna ideale
- a Lei!! una delle clienti di quella notte è proprio lei, la sua ex ragazza
- a una puttana che tenta di abbordarlo
- in una festa dove per la prima volta "tradisce" lei ma poi rimane a mani vuote
- a una pazza con manie di persecuzione
- a un ricco bambino che vive da solo dentro una mega villa e gioca a scacchi
- di nuovo a lei, con la quale stavolta fa pure l'amore

No, aspettate, ma che film è? Va bene la sospensione dell'incredulità ma qui si va oltre. Ma poi piano piano iniziamo a capire.
Quelle non erano persone. O meglio, non erano solo persone.
E qui sta la magia di Blu Cobalto. La notte di Dino tra le strade di Catania (a proposito; Gangemi la esalta tipo Sorrentino con Roma) non è una semplice notte di lavoro ma una notte di introspezione, di conoscenza, di salvezza forse, di ricerca di un'autonomia e di una nuova libertà, la notte in cui sfrecciando con la vespa e conoscendo quei personaggi grotteschi Dino capirà finalmente quanto vale, se vale, la sua storia d'amore. E' una notte di catarsi, una notte in cui tutti i personaggi, finalmente l'abbiamo capito, significavano o erano simbolo di qualcosa,  dell'amore, del tradimento, della gioia, della malattia, del sesso, delle tentazioni, delle bugie. Fino ad arrivare a quel bambino che è in fase di stallo con gli scacchi. E sarà proprio Dino a fargli la mossa, Dino che finalmente sta uscendo da quello stallo, si sta risvegliando. E quella notte di sesso con lei è l'errore che in pizzeria non gli perdonano. Ma ormai Dino ha capito.

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E quella cabina blu è una cabina che se esistesse avrebbe la fila fuori.
Perchè quanto è difficile altrimenti senza.
E quella pizzeria è una pizzeria che se esistesse avrebbe la fila fuori, altro che crisi. Anche se la pizza fa schifo (e poi costa pure tipo 20 euri, ma scherziamo?).
C'è una festa a Catania, ci sono i fuochi d'artificio
E c'è un ragazzo con il cuore finalmente libero.
La pizzeria ha bisogno di un nuovo ragazzo per le consegne, il cartello torna alla porta.
Anzi, c'è già, l'hanno appena girato di nuovo.
E un nuovo ragazzo arriverà.
Anzi c'è già, con la sua vespa e le sue pizze dietro la schiena.
La sua notte parte ora, la sua vespa sfreccia per le strade.
Dino lo guarda.
Domattina sarai come me, vorrebbe dirgli.
Ma che lo scopra da solo.

( voto 7 )

27.4.14

Fatti da voi (N°5): Francesco Scimemi - Sarà un bel lunedì


Capita che alcune volte le cose capitino in un secondo, letteralmente
Scrivo un messaggio in difesa di VonTrier in un gruppo di cinema e leggo tra i partecipanti alla discussione il nome di Francesco Scimemi.
Ad alcuni di voi verrà subito in mente chi è, ad altri il nome dirà molto ma si troveranno a pensare "Ah, Scimemi sì! mi ricordo il nome, ma com'era fatto?", altri ancora troveranno questo cognome nuovo per le loro orecchie.
Ma sono convinto che quando lo vedrete lo riconoscerete.
Chi ha più di 30 anni come me non può dimenticarselo perchè è uno di quei personaggi che se lo vedi una volta te lo ricordi, per forza. Perlopiù visto in tv nelle sue vesti di mago E comico io stesso per anni ne ho perse le tracce fino a ritrovarmelo in quella trasmissione stacult che è... Stracult.
Ma a me è sempre piaciuto un casino, lo trovavo divertentissimo, molto bravo anche nella prestidigitazione tra l'altro, brillante, intelligente, un vulcano di idee, un animale da palcoscenico dal ritmo vorticoso.
Ma quello che mi è sempre piaciuto più di Scimemi era quella malinconia sotto il cerone, quegli occhi grandi e "tristi" in un personaggio invece così freneticamente vivo.
Ecco, era come se ad un certo punto Edward mani di forbice si fosse dato al cabaret. Poteva esser bravo quanto gli pare, fare le magie più belle, far ridere tutti ma restava comunque Edward.
Quando oggi ho visto il suo nome in quella chat su Trier l'ho contattato per fargli i complimenti perchè, davvero, io a sto personaggio ho voluto sempre bene. E adesso un pò anche alla persona.
Mi ringrazia in privato, gli dico n'altra mezza cosa e poi lui mi manda un corto.
Tutto questo è accaduto nell'arco di 3,4 minuti, un pò come con Zampaglione insomma.
E così ecco qua il corto che a sto punto non saprei nemmeno se metterlo nella rubrica dei corti o in quella dei lavori fatti da voi, dai lettori o di gente che conosco. Ma da quella mezza chat con Francesco ho già capito che forse è meglio metterlo in questa seconda categoria perchè Francesco è uno di noi. Ed è un artista che la tv ha un pò fagocitato. Perchè essere artisti veri e "diversi" in quella scatola non è facile.

Il corto è splendido. A livello tecnico fa paura, fotografia mostruosa, luci perfette, atmosfera divertentissima e allo stesso tempo lugubre. Regia di Gianluca La Rosa.
E' un corto che torna ad esaltare il gusto del racconto, quel mettersi seduti per ascoltare una storia.
Un pò Creepshow, un pò Zio Tibia.
Storia grottesca, macabra, una specie di metafora della vita, di una vita senza gioie, sola, triste, abbandonata.
Una vita di soli 7 giorni "filastroccati" che raccontano l'esistenza di Solomon Grandy, un bimbo nato sporco e brutto, sposato a una puttana, assalito da una malattia e morto nell'abbandono.
Tutto bello come detto. E poi c'è lui, Francesco che qui conosco per la prima volta nel suo ruolo da trasformista (ma del resto ora lavora in teatro con Brachetti...) lavoro che magari porta avanti da decenni invece.
E guardatelo Francesco, un attore troppo bravo che sa far ridere, sa andare sopra le righe, sa non prendersi sul serio e mi conferma ancora una volta che sotto quegli occhi stanchi c'è una malinconia, un'intelligenza e una consapevolezza che lo rendono ancora più bravo.
Sembra un ragazzino, ma non lo è.
Da più di 30 anni solca i palcoscenici. Sempre con entusiasmo ed umiltà.
E ama il cinema in una maniera pazzesca.
Ho voluto scrivere questo pezzo senza chiedergli nulla, nè del corto, nè di sè, nè della sua carriera.
Ce l'avevo lì pronto in chat per rispondermi a tutto volendo.
Ma, come sempre, mi piace scrivere delle mie emozioni personali, dei miei pensieri, delle mie idee.
E se ho sbagliato qualcosa magari me lo dirà lui.
Grazie di quei 3 minuti Francè, magari ci si risente.

Ecco il video che, ahimè, data la mia capraggine, non  riesco a far visualizzare qua.

http://vimeo.com/35471732





24.4.14

Io, la tecnologia e il nuovo incomprensibile vocabolario



Vista la mia recente esperienza di Google + dove oltre a fare un casino enorme non capivo praticamente una
sega delle cose che c'erano scritte ho pensato di dare la mia interpretazione di alcuni termini che vedo sempre dapertutto ma dei quali non so assolutamente il significato.
Magari ogni tanto ne aggiungerò qualcuno che leggo in giro e non conosco.

Sono un paesanotto e sempre resterò tale credo.


ACCOUNT  Mi sembra che lasciai tipo 1600 euro al notaio come pagamento anticipato quando acquistai la mia videoteca


APP erò!

BANDA LARGA Quando era al completo al mio paese c'era all'estrema destra il trombone e a circa 22 metri, all'estrema sinistra, il clarinetto

BANNER 












CACHE Ho sempre notato l'accento mancante nella "e" finale, altrimenti in perugino sta per cacare

COOKIE Li ho sempre visti accoppiati all'eliminazione. Ho paura che togliendoli mi cancellano le ricette culinarie che ho salvato, sbaglio?

FAQ Maleducato!

PHISHING Riguardo il phishing l'aneddoto più bello è quello di un mio amico così euforico di aver pescato una trota che, vi giuro, si tirò giù i calzoni e praticò una specie di fellatio con essa. Ovviamente ho cercato poi piano piano di allontanarmi da lui.

PEER TO PEER Ve lo giuro che non l'ho mai capito, tipo pane al pane vino al vino?

ROUTER In Francia manifestare il proprio apprezzamento al pasto appena consumato in maniera leggermente rumorosa

TOUCH SCREEN Credo che si riferisca a quando noi 15enni guardavamo Non è la Rai sfiorando le ragazze sullo schermo.

TAG Non lo so, davvero, ma quando leggo "ti hanno taggato" ho dei lunghi brividi sulla schiena

UPGRADE Qui nei paesini umbri quando un vecchietto sta per morire c'è sempre un momento prima della resa definitiva in cui sembra non solo star meglio, ma addirittura star proprio bene. Noi lo chiamiamo "miglioramentino". La cosa paradossale è che quando notiamo il miglioramentino invece di esserne contenti iniziamo a piangere. Perchè dopo il miglioramentino c'è la morte, è legge.

23.4.14

Recensione "Essential Killing" - Visti per voi - 8 - Rocco

Riprende dopo parecchio la rubrica dei film che voi mi imponete. Per capire di che si tratta, vedere le puntate precedenti, le richieste in corso e fare la vostra cliccate QUI.
Finora ho sempre seguito il caso, ossia, visto i film che mi sono passati davanti o ho trovato in dvd.
Oppure ho messo avanti i film di persone importanti anche nella mia vita privata.
E quest'ultimo è il caso di Rocco, il terzo della truppa (con Federico) degli anni universitari.
Non lo vedo mai, che so, 4 volte l'anno?, ma rimane una bella amicizia e una persona che stimo molto.
Rocco, se lo avete letto, è uno dei geni dei commenti, uno di quelli a cui a volte nemmeno riesco a rispondere perchè sta su livelli che io non riuscirei  a raggiungere nemmeno col montacarichi.
Se ti descrive il suo andare a fare la cacca saprà fartici sopra riferimenti letterari e filosofici, citazioni di altri o roba sua.
E mi ha consigliato questo splendido film. Che sì, è rocchiano.
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presenti spoiler
L'uomo scappa nel bosco innevato.
Lo stesso uomo che una volta scappava o si nascondeva in dei lunari deserti di roccia.
L'uomo scappa nel bosco innevato perchè c'è qualcuno che lo insegue.
E quel qualcuno sono tanti, tanti soldati che vogliono catturarlo ancora una volta.
Lui è un talebano? Loro americani? Quel deserto l'Afghanistan? Quel bosco innevato la Polonia? Quale guerra?
Rispondete a tutto se volete.
Ma non è importante.
Quello che è importante è che c'è un uomo che scappa e vuole sopravvivere.
Niente più.
Una meraviglia.
Non sappiamo da dove viene l'uomo, pochissimi e lucenti flash back ci suggeriscono una moglie, un figlio, un sole abbagliante, colori, vita.
E ora solo bianco, tutto bianco intorno a lui.
Non sappiamo se è un criminale, non sappiamo se è giusto che paghi.
Già, perchè è questo l'essential.
Quest'uomo non ha più una famiglia, non ha più una patria, non ha più una persona conosciuta intorno, non ha più un clima, non ha più un luogo, non ha più un'identità, non ha più niente.
Come un animale deve solo adattarsi al nuovo ambiente, cercare di sopravvivere senza avere nemmeno un altro fine da appaiare alla sopravvivenza, senza un oltre.
E tutto è essenziale.

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L'uccidere è solo se essenziale, nessun uomo o animale verrà ucciso dall'uomo se non per stretta difesa, nessuno. Molti animali gli passeranno davanti ma lui si accontenterà di formiche e corteccia.
Il parlare è solo se essenziale. Solo in Ferro 3 mi era capitato un protagonista che non pronunciasse parola, lo sarà anche per quest'uomo che mai parlerà, o perchè non potrà (la bomba l'ha assordito) o perchè non vorrà o perchè nel nuovo luogo dove sta nessuno lo capirebbe.
Per citare proprio Rocco con cui ho scambiato una battuta questa è la storia di un uomo che torna alo stato di natura. E, paradossalmente, forse per cultura o valori va anche contro lo stato di natura perchè preferisce non uccidere, nemmeno per mangiare, solo per difesa.
I cani scandiscono il ritmo, un cane lo troverà, lo attaccherà e per questo dovrà essere ucciso, un altro cane lo aiuterà a non farsi trovare, altri cani lo accoglieranno festoso in un luogo finalmente non più disabitato, un ultimo cane lo salverà portandolo dalla donna. E lui è come loro, nè più nè meno.
E questo ritorno alle proprie origini, alla propria essenza, ai bisogni basici, all'essenziale, sarà magnificamente raccontato nella superba scena dello stupro di latte materno, quella bocca che cerca violentemente nutrimento.
E così l'uomo sopravvive sconfiggendo natura, animali e altri uomini. E noi lo seguiamo con una regia pazzesca, con delle riprese aeree di somma bellezza che descrivono location da brividi, con delle soggettive nel bosco di una morbidezza ed estetica uniche, così incredibili che ci si può permettere di lasciare la camera a mano e carrellare dentro il bosco, pazzesco. E non c'è colonna sonora perchè niente qui deve essere superfluo, ormai l'avrete capito.


E poi lo stato di natura si evolve, c'è la casa, c'è la donna.
Ma non è la tua casa, non è la tua donna.
E l'uomo deve ripartite lordando di sangue il cavallo che lo trasporta.
Come lui nel bosco, quel cavallo bianco pieno di sangue, come lui nel bosco, bianco e sporco di sangue.
Lui sopra il cavallo.
Poi sarà solo cavallo.
Perchè per tutte le cose c'è una fine.
O un nuovo inizio.

( voto 8 )

22.4.14

Voglio la pena di morte per Google +


Ho provato timidamente l'upgrade (si chiama così?) a Google +.
Risultato?
Smadonnamenti continui, gente che non ha potuto più commentare, gente che ha commentato come google + e ora che ho rimesso a posto ha visto persi i suoi commenti e io che in 2 ore non c'ho capito na sega.

Viva Blogger.

E sono sempre del parere, come per i cellulari, che si stava meglio quando si stava peggio.

QUalcuno aveva scritto commenti e ora non li vedrà, mi spiace, semmai riscriveteli.

E qualcun altro (almeno due) non hanno potuto mettere i propri non avendo google +.

Ora sembra tutto a posto, resterò sempre nel mio amato e piccolo Blogger.

Recensione: "Rango"


Mi chiamo Rango, la R è vibrante.
Già, impossibile non cominciare con una citazione visto che questo (quasi) straordinario cartone ce ne propina una a ogni piè sospinto.
Strana sta virata di Verbinski nel cartoon, strana ma molto riuscita.
Verbinski non è certo un autore coi controcazzi ma un regista che comunque nei suoi generi ha fatto sempre cose buone. Dall'Horror con l'ottimo remake di The Ring alla commedia innocua ma cult come Un Topolino sotto sfratto, da un discreto film come The Weather Man alla creazione di quella cosa mostruosa che è Pirati dei Caraibi, che se è vero che io non ne abbia mai visto uno non posso certo negare o disconoscere il successo strepitoso e anche una certa clemenza da parte della critica, come se, dopo tutto, sarà una cosa milionaria sì, ma fatta bene.
Fatto sta che con Rango Verbinski e il suo team battono a mio parere quasi l'intera filmografia Dreamworks. La Pixar resta oltre, ma mica di tanto.
Rango è estremamente divertente, intelligente, intriso di cultura cinematografica, disegnato da Dio, pieno di personaggi magari non caratterizzati alla grande caratterialmente ma bellissimi da vedere.
Già i gufi del malaugurio valgono da soli la visione, con quelle ballate che presagiscono la sicura brutta fine dell'eroe.

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Ma in Rango c'è tanto, davvero. La comicità è su livelli ottimi, le ambientazioni sono fantastiche, con una cura del dettaglio impressionante. Rango, il personaggio, funziona alla grande anche se gli ho preferito alcuni comprimari. Quello che divertirà di più i cinefili sono i continui omaggi al cinema, da tutto quello di Leone ad Apocalypse Now, da Guerre Stellari a 2001, dai film di Zombie ad Indiana Jones.
Ma non tutto funziona perfettamente. La storia di Rango è praticamente identica a quella di Oscar del discreto Shark Tale, ossia di un parvenu che per sbaglio uccide la minaccia della città (lì uno squalo, qui un avvoltoio) e diventa l'idolo, il difensore e il paladino della stessa comunità, una specie di Eroe per caso per capirsi. E, come in Shark Tale, verrà poi smascherato per divenire poi un eroe vero.
La parte centrale risulta davvero tirata troppo per le lunghe e poco interessante, meno male che poi arriva il serpentone a far ripartire tutto. Una delle scene visivamente più curata, l'inseguimento nel canyon, è allungata in modo pauroso, tanto che pur nella frenesia annoia non poco.
Insomma, non è che il plot appassioni chissà quanto, anche se nasconde un'ottima metafora di critica sociale (lo sfruttamento delle materie prime, la collusione tra i potenti, il popolo lasciato nella povertà) ma sviluppata abbastanza stancamente.
Meglio quindi prendersi i personaggi, le scene,le gag, le battute (alcune formidabili come il "dove stiamo andando?" quando partono con i cavalli e quelle del nonno talpa, m.v.p comico per distacco: "ma allora perchè ci siamo scannati?" "E'lo stesso che ci ha dato il permesso di scavare?").

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A me era piaciuta moltissimo e dato anche una stilla di emozione tutta la cosa de "l'altra parte", quella metafora di un altrove che ci aspetta. E Rango che cammina per la strada per essere ucciso ma poi miracolosamente o per destino arriva dall'altra parte è stato bellissimo. Solo che poi il personaggio di Eastwood e i suoi discorsi li ho trovati quasi incomprensibili, m'hanno rovinato tutta l'atmosfera.
Qui c'era materiale per arrivare al capolavoro. Non tutto funziona ma è uno di quei cartoni che quando passerà per sbaglio davanti ai miei occhi difficilmente non rivedrò.

( voto 8)

20.4.14

Recensione: Do you like Hitchcock?


"Stoppa!"
Mi urla mio fratello dal letto dietro il divano in cui sto io.
E io fermo il film, gli chiedo quanto indietro devo andare, che cosa ha visto di strano.
Sì che poi vedere un film horror scrauso con noi è impossibile, è un continuo stoppare e risentire battute abominevoli, rivedere scene ridicole, notare errori, cercar di capire le "sceneggiature".
Comunque, lui non mi dice niente e io rimando il play.
"Stoppa!"
Mi urla ancora dopo un quarto d'ora. Io fermo di nuovo, in effetti già lo avevo fatto altre 4,5 volte per scelta mia, è giusto che anche lui abbia un pò di potere. Ma non mi dice altro. E io premo play di nuovo.
"Stoppa!"
Mi urla ancora dopo una ventina di minuti. Al che io non capisco, che cazzo, mi sta dicendo stoppa sulle uniche scene normali, le pochissime non disastrose. Vabbeh, in effetti st'attore è un cane, come gli altri del resto. Ma ora che ci penso è la terza volta che mi dice stoppa quando compare st'attore qua..
Finalmente capisco.
Stoppa! è Eduardo Stoppa, l'amico degli animali di Striscia la notizia. E mio fratello me lo urlava da un'ora.
Al che urlo anch'io "Stoppa!"
"Eh, è un'ora che te lo dico!"


E la visione, già grottesca di suo diventa ancora più magica.
Sì, perchè questa è l'ennesima perla di Riandate Rogo, ovvero l'alter ego anagrammato del fu Dario Argento.
Il suo pseudonimo è l'augurio che lui stesso fa ai suoi film, ma nessuno lo sa.
Del resto è proprio lui che usò Byron Deidra al posto di Adrien Brody, mica è colpa nostra.
E così Riandate Rogo sarà almeno 15 anni che ci sforna un capolavoro dopo l'altro lasciando ogni volta a casa Dario Argento.
Solo che qui forse fa pure di meglio, riesce a rendere comico persino il titolo del film, un titolo che crea solo imbarazzo a pronunciarlo.
"Che film hai visto?"
"Do you like Hitchcock?" (col punto di domanda poi)
"Ma che cazzo c'entra?"
Il film ha una trama senza un minimo guizzo, 4 attori di cui uno è il protagonista e gli altri 3 i killer, con una prevedibilità e una noia infinita di contorno.
Ma le vere chicche sono altrove, sono più di una le scene dove c'è stato un bello "stoppa!" ma senza la maiuscola.


- Un prologo fantozziano, non solo per il prologo in sè ma soprattutto perchè sarà l'unico prologo, anche lunghetto, dell'intera storia del cinema a non entrarci una fava con il film

- Riandate Rogo riesce per l'ennesima volta a darci le nostre amate zinne nude. Stavolta ce le propina in 3 momenti diversi, per le prime resiste addirittura 4 minuti e 23 secondi, sempre più che in Dracula comunque

- La Rocchetti, ah, la Rocchetti. Talmente fregna finchè non parla, talmente cagna quando lo fa

- C'è il clochard, c'è il clochard!!! E anche questo ce l'abbiamo, non manca mai!

- E perchè l'ascensore, i guanti, la soggettiva dell'assassino e il coltello? Ce li abbiamo!

- Quadruplo esempio di metacinema  (o quello che è).
1- Uno c'ha una videoteca.
2- Il protagonista è uno studente di cinema.
3- Gli assassini (forse) seguono la trama di un film di Hitchcock.
4- Lo stesso Argento gira il film con rimandi incredibili a La Finestra sul cortile, Psyco, Vertigo e chissà quanti altri. Do you like Hitchcock? Sì! E anche Riandate Rogo lo ama!

- Ma la perla, la perla, la scena per la quale questo film resterà indimenticabile come le partite di poker de Il Cartaio, la mantide di Dracula o l'ittero di Giallo è l'inseguimento del colosso pelato ad Elio Germano zoppicante con lo scooter. Una cosa indimenticabile, talmente surreale da farci salire lunghi brividi lungo la schiena.

Almeno lì.

( voto 4.5)

19.4.14

Recensione "Grand Budapest Hotel"


Nella vita, e non necessariamente soltanto nelle cose concrete della vita ma anche nei sentimenti quando inizia un
processo di perdita, di sconfitta, di peggioramento, poi è quasi impossibile tornare indietro.
Immaginate quei bar dove si affollavano decine e decine di persone, quei bar che erano epicentri di vita, di grida, di bevute e sguardi maliziosi, di incontri e scontri. E il barista era a metà tra l'essere quasi impaurito dal dover gestire tutto quel casino e l'esserne esaltato. E la notte quel barista andava a letto orgoglioso e felice di quel mondo che prendeva vita dentro il suo bar. Già, il barista, perchè solo lui o meglio, nessuno più di lui si accorge poi quando inizia a non venir più anche una singola persona, poi sono 2, poi 5, poi la mancanza di grida la notano tutti, poi le facce sono sempre quelle, poi non c'è nessun nuovo incontro da fare e lo scontro, quando c'è, è uno scontro che non viene fuori da un'adrenalina o da un'euforia ma da una stanchezza, da una noia e dalla voglia di non accettare quella sconfitta. Quando nella vita, nelle cose della vita e anche nei sentimenti, inizia quel morbido ma inesorabile deterioramento è quasi impossibile tornare indietro. Ecco, forse il termine più giusto è decomposizione, perchè il processo di decomposizione non lo si ferma, anzi, forse un pò si può fermare, ma dalla decomposizione non si torna indietro, la puoi fermare un attimo ma poi andrà sempre avanti. A meno di un miracolo. Difficilmente le cose che iniziano a morire possono tornare in vita. E non è giusto perchè le cose che iniziano a vivere invece possono cominciare a morire quando vogliono. La vita la si ferma in qualsiasi momento, la composizione può essere abbandonata, fermata, rovinata, la decomposizione no.

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E Anderson, perchè alla fine di un film bisogna parlare, racconta della decomposizione, morbida ma inesorabile, di un'intera epoca. E quell'epoca aveva uno dei suoi tanti microcosmi nel Grand Budapest Hotel, un albergo sul picco della montagna, mai tanto affollato per dir la verità, mai tanto vissuto, ma nel quale chi l'affollava, chi lo viveva stava vivendo non solo una villeggiatura ma anche un'epoca sull'orlo dell'abisso, un abisso che come un polder olandese che guadagna terra al mare questo guadagna il vuoto dell'abisso alla terra e si avvicina ai nostri piedi per colpa dei tempi, dell'uomo, della guerra, del nuovo.
E abbiamo sempre i nostri cari personaggi andersoniani, quelli colorati pastello e caratterizzati cartoon, quei personaggi che però sotto i vestiti gialli, blu e verdi e quei caratteri così oltre nascondono quasi sempre una malinconia e una difficoltà di vivere immensa. I film di Wes Anderson, i suoi personaggi, sono come una magnifica scatola colorata che quando la apri dentro non c'è nulla o comunque niente che fa pendant con la scatola, semmai un topo morto con un papillon rosa.

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E si resta affascinati da questi personaggi, da questo hotel con gli ascensori rossi, con le pareti talmente rosse che ti viene in mente che siano pregne di sangue dentro, che quando l'ascensore si apre ecco che quel sangue può uscire, forse Kubrick usò uno di quegli ascensori per il suo lago rosso indimenticabile, forse in quel caso le pareti si ruppero, che ne so.
Ma proprio quando iniziamo a vivere una fiaba moderna poi tutto diventa un pò più bolso, farraginoso, la storia va avanti senza più guizzi, una crime story innocua come un bebè, nessuno nuovo personaggio, nessuna nuova trovata, scene che si ripetono quasi una uguale all'altra, e io che mi aspettavo la storia di quell'Hotel attraverso gli anni, attraverso le epoche, attraverso sempre nuovi ed entusiasmanti personaggi macchietta.
Mi sono pure annoiato, na cosa che con Anderson è come dire che con Trier ti sei divertito.
Poi ci sono tante cose buonissime, il personaggio di Dafoe, quei colori pastello, le strepitose sequenze sulla neve,funivia compresa, anche la storia d'amore dei due ragazzi un pochino nel cuore ti entra, un pochino però, anche perchè quando c'è la Ronan un pochino di qualcosa c'è sempre.
Ma il film all'inizio prometteva altro, prometteva di sorprendermi a ogni inquadratura, prometteva di raccontarmi una storia incredibile, mi prometteva l'emozione, il coinvolgimento.

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E invece ahimè, poi si stabilizza tutto, poi la storia altro che incredibile, diventa persino più che verosimile, e il coinvolgimento non c'è, o non quello della promessa.
E anche il finale arriva rapidissimo, due inquadrature e tirate su  il sipario.
Eppure avrei voluto essere immerso nella storia di un albergo così incredibile, eppure in quella struttura rosa in cima alla montagna pensavo di trovar dentro qualcosa di indimenticabile.

( voto 7)


16.4.14

Recensione "Oculus"


presenti spoiler

Una famiglia numerosa si trasferisce in una vecchia e grande casa nella quale iniziano a manifestarsi strani fenomeni.
Che film è?
Impossibile dirlo direte voi.
E vi credo, questo è il soggetto dell'87% del cinema horror americano mainstream.
Non se ne può più.
Se dovessi pensare ai migliori 30 titoli horror di questi ultimi 10 anni non ce ne sarebbe uno americano, nemmeno uno. O al massimo un paio indipendenti. Non c'è mai un'idea, nulla, soltanto il reiterare la solita pappardella perchè si sa che funziona, perchè si sa che il pubblico vuole quella, perchè si sa che gli spettatori in sala ormai sono abituati a quello e si sentono rassicurati solo con quello, perchè ormai gli sembra di "riconoscere" il genere solo con quello e si spaventano solo con quello.
E' davvero deprimente.
E io continuerò ad andare in sala perchè questa è la mia passione, perchè spero sempre in una svolta, perchè tanto meglio un horror fatto con lo stampino che stare a casa.
Ma basta. Credevo che con il 3 x 1 di Wan (i 2 Insidious e L'Evocazione) per un pò ci sarebbe stata una tregua. Ed invece ecco Oculus. Che è la stessa cosa. Con quel qualcosa in più. E con quel qualcosa in meno.




Il primo tempo è terribile, sembra di stare in una serie tv del pomeriggio. Personaggi insopportabili, attori ancora più insopportabili (io tifavo per la morte di tutti), dialoghi banali come pochi, sceneggiatura talmente scontata da rischiare il colpo di sonno.
Poi il secondo tempo fa un pò di casino, o forse, come con Insidious 2, ne fa anche troppo, ma almeno il rincorrersi del passato e del presente è buono, il ritmo non cala mia, due/tre scene che valgono le mette là.
E il finale è forse prevedibile sì, però è buono dai.
Siamo dalle parti di Shining, o almeno dell'anima di Shining, quella del luogo (o in questo caso dell'oggetto, lo specchio) che piano piano porta alla pazzia il padre di famiglia. Quasi impossibile provare empatia con attori così insignificanti ma la storia un pochino almeno ci coinvolge.
Ora, però, l'esperimento della ragazza (che già dalla sua prima inquadratura con quella coda di capelli che sculetta non sopportavo) è qualcosa quasi fantozziana. Ma dico io, a che serve? A riabilitare la loro dignità? Ma perchè? Lui è uscito dal manicomio, lo specchio andrà via, ma che rogne cercate? E perchè non distruggerlo subito con l'"ancora"? Ma vogliamo parlare del timer per bere e per mangiare?? Ma a cosa è servito? Ah, già, qualcuno moriva di disidratazione. Ragazzi,qui non si regge in piedi nulla. Se non, come dicevo, quel rincorrersi nei ricordi, quell'ottima costruzione per cui ogni fatto sembra avere una possibile spiegazione scientifica e una paranormale. Mi è piaciuta molto la cosa. 

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E cercando sempre di dimenticare il ridicolo esperimento ho provato a immergermi nella storia e un pò ce l'ho fatta, con quel mischiare dramma famigliare alla ghost story, con quelle poche sequenze realmente riuscite (lei che mangia la lampadina, la mamma incatenata), con il tentativo abbastanza onesto di dare intimità alla storia, toglierle piano piano il respiro horrorifico e avvicinarla sempre più a quello umano. Con la tematica della pazzia che porta al figlicidio molto molto attuale purtroppo. E lui che per la seconda volta nella vita si trova a commettere (o no?) un omicidio quasi senza volerlo è un finale coraggioso, per niente consolatorio e anche, forse per la prima volta nel film, abbastanza empatico.
Ma siamo sempre su quei binari, cambia un vagone o due, ma siamo sempre su quei binari.

( voto 6)

14.4.14

Tutti i pezzi sono assemblati (o almeno spero). Si può fare!



Credo, o almeno spero, che con l'arrivo delle Serie Tv (ma solo quelle corte e di argomento particolare...) il
blog abbia una sua definitiva struttura.
Non vorrei aggiungere altro, già è una fatica così.
Quindi può definitivamente ritenersi completo e alzarsi dal tavolo in cui era steso.

Per "navigarci" al meglio scrivo due cose.

In alto a destra sono comparse due etichette, quella della SERIE TV e quella di tutte le CLASSIFICHE che ho pubblicato in questi 4 anni e mezzo.

Qui sopra nei vari box avete invece tutte le rubriche.
Ci tengo a dire che tutte le rubriche sono partite da circa un anno soltanto, per questo hanno poche puntate. Ci sono almeno un centinaio di recensioni vecchie che potrei inserirvi retroattivamente. Non lo farò mai :)

BUIODOC: Ovvero le recensioni dei documentari, perlopiù sempre di ottimo livello

I CORTI DE IL BUIO IN SALA: Minirassegne o "pezzi singoli" di corti selezionati

GLI HORROR DI JOLLY Rassegna di Jolly Roger sulla storia dell'horror più sconosciuto

FATTI DA VOI: Questa è l'unica rassegna che se tarda ad aggiornarsi non è per colpa mia perchè sono i lavori che voi realizzate e mi mandate.

GLI ABOMINI DI SERIE Z: I peggiori film sulla piazza, il trash e gli obbrobri. Peccato l'abbia iniziata così tardi, i primi anni ne vedevo moltissimi, adesso per motivi che non sto qui  a scrivere molti meno invece. Ma magari un giorno, almeno per questa, ci perdo un pò di tempo e ci rimetto dentro tutti quelli vecchi, anche perchè mi sono divertito moltissimo a commentarli.

HORROR UNDERGROUND: I film (non necessariamente horror) più belli e disturbanti mai usciti, o usciti male, da noi

VISTI PER VOI: La rubrica dei film che mi costringete a vedere voi. Ho 21 richieste ancora da esaudire, abbiate pazienza... Per chi non la conosceva o ancora non mi aveva richiesto niente lo faccia pure. Ovunque.

UNO DI DUE: La prima storica rubrica de Il Buio In Sala. Era molto partecipata e divertente ma ormai non credo riuscirò mai a riprenderla.

TUTTI I FILM RECENSITI: Vabbeh, questo è.

In più a destra avete tutte le etichette con dentro tanta altra roba come ad esempio le simpatiche rubriche I VIDEO STORICI e I GRANDI DIALOGHI o tutti i miei post che non siano recensioni, rassegne o classifiche, NONSOLORECE

In più i racconti personali di vita TIPI DA VIDEOTECA

Recensione "The Seasoning House" - Horror Underground - 9 -

Torna dopo un pò la rubrica degli Horror Underground, ossia di quei film non necessariamente horror ma:
1 disturbanti, weird , violenti o comunque in ogni caso tosti da sopportare
2 di buon livello
3 di scarsa o inesistente distribuzione italiana

nona puntata
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presenti spoiler

Non faccio in tempo ad esaltare Black Mirror che mi ritrovo un'altra grande (seppur piccola) produzione inglese.
Ricordando poi che dall'Inghilterra questi ultimi 4 anni sono venuti il miglior survival (Eden Lake) e il miglior zombie movie (Dead Set). Insomma, con Francia e Spagna sono i sudditi ad offrirci le cose migliori con gli americani lontani, mi spiace dirlo, anni luce.
The Seasoning House è quello che A Serbian Film non è riuscito ad essere, ossia un film di genere che prova (anche) a denunciare una realtà, quella della guerra nei Balcani, che è forse la pagina più nera degli ultimi 20 anni europei.
Dove uno infatti con la scusa della metafora si permetteva aberrazioni senza alcun senso ed eticamente insopportabili questo ci va diretto, nessuna figura retorica paracula ma la realtà nuda e cruda, quella del rapimento delle giovani slave poi ripetutamente stuprate e torturate.
Qua inoltre non c'è mai un eccesso, il film è molto violento ma mai per puro autocompiacimento. Anche il corpo delle ragazze, ad esempio, malgrado le ripetute scene di sesso, non è mai mostrato. Insomma, niente shock fine a sè stesso, mai.
E, terza differenza con il maledetto film serbo, qui la giustizia c'è, eccome.
Insomma, siamo sempre nei Balcani. L'esercito rastrella giovani ragazze e le porta in un bordello dove l'unico loro futuro sarà quello di stare sdraiate sopra in letto, esser drogate e venire ripetutamente violentate dai "clienti". Una ragazza sordomuta si guadagna i favori del capo che ne farà la sua geisha e le affida "solo" il compito tener pulito il bordello e drogare le altre ragazze prima del sesso.
Finchè non entrano gli assassini di sua madre...


Per prima cosa ho trovato fantastica l'attrice principale, Rosie Day, che a soli 17 anni riesce ad affrontare una parte terribile in modo sorprendente. Dolce, forte, impaurita, sperduta, risoluta, la piccola Rosie riesce a dare alla sua Angel tutto questo, anche grazie ad un viso che non ti dimentichi.
Il film è un rape & revenge molto atipico perchè paradossalmente il rape riguarda moltissime ragazze tranne quella che si occuperà della parte revenge. E se vogliamo essere precisi Angel nemmeno si vendica. Uccide il primo per difendere l'amica stuprata e poi semplicemente scappa. Gli altri o li ucciderà per scappare (uno) o saranno uccisi da Viktor (due) o semplicemente li lascerà lì (uno).
E' proprio la prima parte, quella che banalmente chiameremo del rape, la parte più drammatica e meno di genere, è praticamente perfetta. Grandissima atmosfera, location favolosa, una casa vecchia e sporca in cui il regista si muove sorprendentemente bene nei vari corridoi e nelle diverse stanze e non solo là perchè Angel è solita muoversi anche dentro le mura (come non ricordarsi il cult La Casa Nera?).
C'è tanto dolore, tanta sofferenza,tanta violenza, tanta inumanità, tanto schifo, credo che la visione di questo film ad una ragazza può far davvero male, a un maschietto rabbia, tanta rabbia.


Flash back centellinati e molto esplicativi, bellissima la fotografia, pochissimi i dialoghi (lei sordomuta, ricordiamolo) e una colonna sonora non invasiva ma penetrante, d'atmosfera.
Ho trovato assurdo l'uso della lingua inglese dei protagonisti ma sarà una questione di marketing.
E non si capisce perchè lei in molte scene non capisca quello che le dicono e in altre, specie quelle di dialogo con il suo protettore, sembra comprendere molto facilmente.
Poi arriva la seconda parte, quella in cui Angel cercherà di portare a termine la sua vendetta. Qua per un amante del genere il film decolla, e di molto, ma io preferisco di gran lunga i primi 40 minuti.
Ma c'è tanto di buono anche qui, l'assassinio del militare calvo ad esempio (quel gigantesco corpo nudo pieno di sangue ha una cinematograficità pazzesca), il dialogo tra il militare e il boss del bordello (suo ex collega), la scoperta della fossa comune nel bosco e parecchio altro. Non mancano ingenuità abbastanza marcate, come alla fine che una ragazza così piccola e indifesa possa farla franca (a proposito, ce la farà?) contro 5 militari professionisti assassini di guerra è davvero al limite del verosimile. E come viene risolto lo scontro finale con il capo dei cattivi, beh, è davvero un peccato che rischia di rovinare un grandissimo film.

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Curioso come venga usata una soluzione di sceneggiatura praticamente identica a quella di Eden Lake (ma anche, in parte, a L'ultima casa a sinistra).
Film notevolissimo che con qualche accorgimento in più poteva essere uno dei vertici più alti del genere in questi ultimi anni.

( voto 7,5)

13.4.14

Recensione "Mr Peabody & Sherman"


Mr Peabody è un cane.
Ma fa calcoli che nemmeno il migliore ingegnere della NASA.
Cucina certi piatti che Cracco se li sogna.
Suona tutti gli strumenti del mondo in maniera sublime.
Tira di scherma meglio della Vezzali.
Conosce la storia meglio dei libri di storia.
Conosce tutte le lingue, compreso l'aramaico, sicuramente meglio di Google Traduttore.
E' un fenomeno in tutti gli sport anche se è alto un cazzo e un barattolo.
E poi è chiropratico, e poi è un letterato, e poi non ha cuore.
Ops, ecco il problema.
Questo è l'uomo, pardon, il cane perfetto, ma non ha cuore o se ce l'ha riuscirebbe a calcolarne i battiti mentre prova un'emozione.
E adotta un bambino che cerca di instradare alle cose di cui sopra, tutto il sapere, tutto il saper fare, tutto.
Gli vuol bene sì, lo protegge sì, ma non c'ha il cuore.
Eppure la Dreamworks vorrebbe che ce innamorassimo credo, ma ste cose poteva farle la Pixar semmai.
Con tutti il rispetto eh.
E invece ci regala il solito film quasi soltanto per bimbi, il solito film di personaggi simpatici, innocui, abbastanza inconsistenti sia nel bene che nel male.


E una sceneggiatura che prende un marchingegno abusatissimo, la macchina del tempo, per regalarci 3,4 macroscene una staccata dall'altra. Il filo conduttore è labilissimo, la storia che ce frega, qui si vuol divertite e in parte ci si riesce anche.
E allora prima si va nella Rivoluzione Francese a cercar di salvarsi la testa.
Poi nell'antico Egitto ad evitare un matrimonio.
Poi a Firenze a provare la macchina del volo di Leonardo e a provare a far sorridere la Monna Lisa.
E poi a Troia, che vallo a dire ai bimbi in sala che è (anche) una città, e poi si va a Troia non so a che fare, già, a fare du chiacchiere dentro il cavallo, dimenticavo.
E poi si torna ai giorni nostri con dei doppi Peabody e marmocchio (ma la bimba il suo clone no?) , e poi nel finale mica si capisce nulla del collasso temporale e di tutto il resto.
Però facciamo in tempo a vedere che gli americani che hanno scritto il film mostrano gli antichi GRECI a mangiare la pizza continuamente.
Che in effetti c'hanno gli elmetti, che te frega se invece che romani son greci.
E poi provano ad emozionarci.
Ma è difficile farlo con un cane così insopportabile.
E l'amore mica si insegna.
Si prova.

( voto 6 )