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31.5.14

Recensione: "After Earth"



Io al Signor Notte dal cognome strano l'ho sempre difeso, anche accoratamente.
Lo trovo un vero autore, uno che mette tutto sè stesso dentro i suoi film, uno che non fa le cose conto terzi.
Ma questo è successo fino al controverso E venne il giorno. Fino a quel momento tutti i suoi film, tutti, erano soggetto e sceneggiatura sua. E si vedeva, eccome se si vedeva, con tutti i pregi e i difetti del caso.
Negli ultimi due invece sono arrivati i miliardi, anche pesanti, e le idee altrui.
E si vede, eccome se si vede.

Del tipo

1 I primi 20 minuti sono incomprensibili, specie i 10 dentro l'astronave prima dello schianto. Gravitoni, teorie strane, discorsi in cui non si capisce una mazza. Anzi, una cosa la capiamo. Che il figlio di Will Smith recita come uno dei babbuini che incontrerà poi.

2 La mamma del figlio di Will Smith, no, spetta, la mamma sul film intendo, è uguale a Loredana Lecciso. Ma nera.

3 Il plastico virtuale è bellissimo, mi immagino quanto gode il Bruno Vespa di quel pianeta

4 Il film è entrato nel Guinnes dei Primati come Il Regalo di Compleanno più Costoso di Tutti i Tempi.
Il figlio de Will Smith faceva le bizze e allora Will Smith ha scritto un soggetto su un post-it, è andato agli Studios e l'ha costretti a fare il film. E il suo pargolo, uno co na faccia che glie daresti gli schiaffoni un giorno sì e l'altro il doppio, doveva essere unico protagonista. E hanno accettato! Incredibile ma hanno accettato! Vabbeh che agli Studios c'è gente che aprirebbe concessionarie d'auto a Venezia ma sto regalino me pare esagerato...


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5 Cominciano le sfide del Piccolo Ranger

5.1 LA SFIDA DEI BABBUINI
I babbuini sono molto più veloci del ragazzo e infatti lo raggiungono facilmente 4 volte. Ma nella successiva inquadratura, ogni volta, gli sono dietro di nuovo.
Non è altro che una meravigliosa messa in pratica del paradosso di Achille e la Tartaruga di Zenone

5.2 LA PERA
Il ragazzo sta morendo per colpa di una specie di sanguisuga che gli ha iniettato un veleno. Se deva fa na pera, anzi due, nel cuore. Ma la mano è paralizzata quindi il padre si inventa un  nuovo fantastico modo. Tiene la siringa puntata verso il cuore e se butta de pancia a terra. Il viso del bimbo è emblematico, è strafatto.

5.3 L'AQUILA
Si pensa a uno scontro epico, mortale. Invece l'aquila cercava solo un baby sitter.

5.4 LE TIGRI
Bello scontro questo, niente da dire. Se non che definendolo bello ho mentito.

6 Quando l'aquila trascina il bimbo per salvarlo abbiamo il primo e unico esempio nella storia della cinematografia di una soggettiva con gli occhi chiusi.

7 Una delle cose più incomprensibili è capire perchè ogni tanto il bimbo chiama il padre papà mentre altre volte parlano in gergo militare come nemmeno si conoscessero. "Papà!" "Sì figlio mio, dimmi" "Sissignore"

8 Quando arriva alla coda sembra esserci carta igienica dapertutto che non capisci se la troupe l'aveva lasciata lì dopo aver fatto i suoi bisogni oppure stavano per giocare una partita del campionato argentino

9 Come il figlio capisca che per far funzionare quel coso è costretto ad andare in cima a quel vulcano è un mistero glorioso che in confronto quelli de Fatima sono de Pulcinella

10 Ma l'errore di sceneggiatura più marchiano è un altro. Sappiamo che i mostri (Ursa? non me ricordo) captano gli umani grazie ai feromoni che questi "emettono" per paura (grande trovata). Ora voi diteme come fa il mostro a fa tutto quell'inseguimento al ragazzino che ancora manco l'ha visto.



Però il finale, ve lo giuro, mi ha colpito positivamente.
In realtà anche prima qualcosa di buono c'è eh, come le location, alcune scene spettacolari e... basta.
Ma il finale è sorprendente.
Sapevo fin dall'inizio che il film sarebbe finito con il ragazzino che diventava un vero Ranger. E temevo una cosa tipo il padre che gli faceva il saluto militare e il ragazzo che rispondeva con lo stesso saluto.

Will Smith vede il figlio eroe e gli fa il saluto militare.
Comincio a ridere, lo sapevo, lo sapevo!

Ma il figlio non lo fa, anzi, va da lui e lo abbraccia.
Non solo, gli dice che non vuole fare il Ranger.

Sorprendente.
Sto finale così umano l'ho trovato così inaspettato che quasi m'ha commosso.

Ma secondo me dietro c'è un altro motivo.
Volevano evità il rischio di dover fare un seguito.

( voto 5.5)

30.5.14

Recensione: "Detachment - Il Distacco"


Ma che strana cosa che è sto Detachment, un film che passi dal trovarlo a tratti insopportabile ed altri
potentissimo, una strana cosa inafferrabile, che quando vorresti farlo tuo ti scappa via e quando vorresti lasciarlo andare riesce a conquistarti di nuovo.
Ti manca un punto d'appoggio, sì, sarebbe lui, lo so, ma poi non lo è, ti manca un punto d'appoggio perchè  non riesci a soffermarti su un personaggio, non riesci a seguire un filo perchè i fili sono tanti, forse troppi e quando pensi di averne afferrato uno si passa all'altro. C'è una forza centrifuga per cui ruoti sempre attorno a un nucleo che non riesci mai a raggiungere, anzi, te ne allontani spesso.
E tutto è iperbole, tutto.
C'è l'iperbole dello stile cinematografico con questo strano mix di ralenti, di primissimi piani quasi distorti, di macchina da presa che ogni tanto si fa ballerina, di colori che si sfuocano, di flash back opprimenti, di disegni persino, disegni su una lavagna virtuale, di una regia che a volte volteggia ed altre sembra quasi di stare in tv.
C'è l'iperbole della parola con quell'intervista "postuma" che a tratti cadenza il film, con quella voce fuori campo che spiega, analizza, descrive, racconta.
C'è l'iperbole della violenza scolastica con quei ragazzi che fanno sempre a botte,con quegli sputi in faccia ai professori, con quelle parolacce e offese così gratuite, con quel teppismo troppo marcato.

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C'è l'iperbole della resa e della fine di un sistema, con quel ricevimento dei genitori in cui non se ne presenta nemmeno uno, no dai, non è possibile, nemmeno uno.
C'è l'iperbole del disagio interiore con il suicidio che di per sè, si sa, è iperbole.
Ma la cosa strana è che sì, tutte ste cose fanno arricciare il naso, tanti luoghi comuni esaltati , iperbolati all'ennesima potenza, ma dentro c'è sempre qualcosa che ti prende lo stesso, l'ho detto, mentre ti allontani dal film lui ti prende lo stesso, dovresti spogliarti magari perchè se ti resta un solo panno addosso lui ci si aggrappa e ti tira a sè.
E così nell'iperbole dello stile a volte resti affascinato da questa regia così particolare e non definita, da questa fotografia che muta, da tutti sti momenti che visivamente sembrano uno diverso dall'altro.
E nell'iperbole della parola ci sono comunque frasi e dialoghi che ti colpiscono forte, sfoghi potenti, come quello di Lucy Liu, che arrivano, eccome se arrivano.
Nell'iperbole della violenza a volte un brivido ti viene perchè lo sai che la realtà non sarà proprio quella ma a volte ci va maledettamente vicino.
Nell'iperbole della resa quella scena del ricevimento così assurda quasi quasi ti frega così tanto da fartela forse apparire come la scena più bella. Perchè racconta di un mondo che non c'è più, di un'epoca lontana che non può più tornare, racconta di un mondo altro da adesso.
E nell'iperbole del disagio c'è quel suicidio che con tutti quei pasticcini che ridono e con quello unico nero letale che piange riesce a rendere non banale il banale.
C'è qualcosa di strano in questo film, quasi una mistica, quasi che quello che racconta e l'atmosfera che lo pervade abbiano qualcosa di trascendentale, di oltre.
Forse per questo tutto è sfuggente, lo stile cinematografico, le vicende, gli epicentri. Perchè si vuole andar oltre, non raccontare e mostrare tematiche ma fartele apparire e renderle eteree, sfuggenti.

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Che poi sul lato squisitamente oggettivo ci sono attori notevoli, con quell' Adrian Brody che si toglie con forza di dosso l'Argento e torna a fare quello che sa.
Ma c'è soprattutto lei, la giovane ragazza, poco più che bambina che si prostituisce, lei, una giovane attrice sorprendente con un viso che ti ruba gli occhi e con un ruolo che ti prende il cuore.
E quando la portano via, quando urla a lui di tenerla con sè ho pensato che era proprio il film a tenermi con sè.
Cos'è un insegnante? cos'è, adesso, un insegnante?
Il film prova a dirtelo, a spiegartelo, a mostrartelo. Io credo molto alla figura dell'adulto notevole, a quella figura cioè che può essere amica, può essere insegnamento, può essere forza, può essere appiglio, può essere ispirazione. E se tutto questo o parte di questo non lo sono stati i genitori ci sono un mucchio di altri adulti notevoli, e il professore, in senso lato,  può esserlo.
E questo qui di  professore è un uomo dall'infanzia rubata, un uomo che sa quali sono le cose giuste da fare ma poi fatica maledettamente a metterle in pratica. E tutto, o quasi, gli esplode intorno.
Storco il naso al prof macchietta disperato con moglie teledipendente, lo storco di nuovo all' imprenditore e le sue vendite immobiliari crollate per colpa dei voti scolastici, e ancora al padre che (e basta!) dice che l'arte è merda e ancora e ancora.
Ma il film ti prende e ti porta fino in fondo.
Non lo so se lo fa in modo onesto, genuino, sincero.
Certo esagera, certo ambisce a tanto e quando ambisci a tanto l'errore più grande che puoi fare è aggiungere, aggiungere e aggiungere.
La perfezione non si può raggiungere ma è molto più facile andargli vicino col poco rispetto che col tanto.

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Chè col tanto rischi troppo, la percentuale di errore aumenta in modo esponenziale..
Non so se sarà un caso, anzi, non lo è di certo, ma anche qua, come in Nymphomaniac, vengono riportate le parole del fulminante incipit de Il Crollo della cada degli Usher di Poe.
Lo stesso identico estratto.

"DURANTE un giorno triste, cupo, senza suono, verso il finire 
dell'anno, un giorno in cui le nubi pendevano opprimentemente 
basse nei cieli, io avevo attraversato solo, a cavallo, un tratto di 
regione singolarmente desolato, finché ero venuto a trovarmi, 
mentre già si addensavano le ombre della sera, in prossimità 
della malinconica Casa degli Usher. Non so come fu, ma al 
primo sguardo ch'io diedi all'edificio, un senso intollerabile di 
abbattimento invase il mio spirito. Dico intollerabile poiché 
questo mio stato d'animo non era alleviato per nulla da quel 
sentimento che per essere poetico è semipiacevole, grazie al 
quale la mente accoglie di solito anche le più tetre immagini 
naturali dello sconsolato o del terribile."

Perchè quando si parla di disagio, quando si analizza il nero, quando servono metafore le più belle possibili per descrivere la malinconia, la resa, la distruzione e la morte non c'è niente di meglio che usare le parole di quello che, forse, ha saputo meglio farlo.

28.5.14

Peliculas Para no Dormir (5/6): recensione "La stanza del bambino"

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Dopo 2 anni e mezzo mi ritrovo davanti per caso in tv un episodio delle Peliculas para no dormir, quella rassegna di medio o lungometraggi horror al profumo di paella - una specie di Masters of Horror spagnolo cioè - che ha visto la partecipazione anche di nomi importanti come quelli del duo recchiano Balaguero e Plaza (un film a testa) o del "vecchio" regista Serrador con quello che francamente è l'episodio più imbarazzante, La Colpa, episodio che, se non altro, ha generato un post per me storico perchè l'unico dove finalmente e giustamente sono stato insultato, e nemmeno pochissimo.
Se volete leggere i precedenti episodi li trovate qua.

In questo mi ritrovo davanti un altro nome abbastanza importante, quel De La Iglesia, regista di culto di tanta critica underground, che a me però aveva recentemente abbastanza deluso con quello strano film, oggettivamente per molti versi mal riuscito, che è Ballata dell'Odio e dell'Amore.
Beh, qua si riscatta, girando un  episodio forse inferiore soltanto a quello di Balaguero.
Intendiamoci, i primi 20 minuti mi stavano cadendo le braccia perchè anche ne La stanza del bambino c'erano tutti i disastri già riscontrati nella Ballata, ovvero l'assoluta incapacità di saper scrivere una sceneggiatura, con dialoghi, scene, raccordi davvero assurdi, frettolosi, mancanti di passaggi fondamentali.
De la Iglesia sembra aver fretta, sempre.
C'è un rumore strano in camera da letto? La mattina dopo il protagonista racconta di un fantasma in casa agli amici.
Il marito si arrabbia? nella stessa inquadratura fa pace, così, senza motivo.
Chiede un articolo in un negozio? la ragazza ce l'ha lì sotto, pronto, ed è un articolo pure strano eh, un Babycall, ossia quelle specie di Walkie Talkie per controllare se il tuo poppante dorme bene o no.

Per non parlare di un prologo assolutamente disastroso in cui un bambino fa tutte cose senza senso, prologo che poi si lega al film in un modo misterioso o quantomeno imbarazzante.
Così come è imbarazzante la figura della vecchia, la figura che, appunto, dovrebbe essere (forse) tramite con il prologo.
Del resto i personaggi macchietta a De la Iglesia (come al nostro Argento) piacciono. e manco poco.
Ma che è quella sveglia che c'ha in mano la vecchia e c'aveva il bambino? ma a che serve? ma sticazzi no?
Insomma, c'è tanto di disastroso.
Ma il film ha dentro tante cose così maledettamente buone che alla fine la bilancia pende per queste, senza dubbio.
Ad esempio tutti i video dei BabyCall (sì perchè dopo un pò il protagonista prende la versione più moderna, quella coi monitor), davvero stupendi. E non parlo solo di quelli nella camera del bimbo ma anche di quelli itineranti che fa il protagonista camminando per casa.
E l'idea che quello che il padre vede in video non sia la realtà di adesso ma quella che accadde in passato sarà anche già vista ma è davvero girata divinamente.
Più va avanti più il film funziona.



Le due dimensioni, il dubbio di trovarci davanti ad una specie di Shining in cui i fantasmi del passato condizionano e fanno impazzire il protagonista, la scoperta della possibile schizofrenia, il non rendersi mai conto se tutto quello che vediamo sia vero o finto, beh, c'è tanta roba, il film è tutt'altro che banale.
Certo di troiate ce ne sono altre come ad esempio il personaggio macchietta dell'ex collega che in mezzo ad altre minchiate varie usa il paradosso del gatto di Schrodinger (già visto in Lost e in almeno due altri film che non ricordo) in un modo francamente senza senso.
Poi c'è uno uguale a Pirlo, poi c'è lei che si comporta sempre al rovescio di come avrei fatto e pensato io, poi ci sono tante piccole cose che non vanno ma il film ti cattura, ti inquieta anche un pò ed ha il merito di essere ambizioso, tentare il colpaccio.
E quasi ci riesce.

(voto 7)

27.5.14

Recensione: "L'Intervallo"



presenti spoiler

L'intervallo è un frattempo.
L'intervallo è un tempo tra due tempi, un tempo stretto e costretto tra altri due.
Ma sempre di un tempo si tratta.
Che poi di tempi infiniti alla fine mica ce ne sono, tutti se vogliamo sono intervalli, tutto è un frattempo, tutto è tempo tra due tempi, tra il tempo di nascere e quello di morire, tra il tempo di arrivare e quello di andarsene, tra il tempo di battere e quello di levare.
Ma l'intervallo è un frattempo riconoscibile, che capisci quando inizia perchè è altro da prima e sai quando finisce perchè è altro da dopo.
E il prima per Salvatore è una mattina in cui partire con il suo carretto delle granite di limone, che non saranno come quelle sicule ma anche a Napoli, la Napoli di Salvatore, i limoni sono grandi e gialli.
E il dopo per Salvatore è rimettere il carretto a posto la sera tardi, insieme a suo padre, anch'esso venditore di granite.
Domattina ci sarà ghiaccio nuovo, il carretto ripartirà e poi la sera tardi ritornerà.
Questo è il prima e il dopo per Salvatore, tutti i giorni.
Ma oggi tra quel prima e quel dopo c'è un intervallo particolare, una giornata che invece che spaccar ghiaccio lo vede custode e sentinella di una ragazza di 15 anni.
Lei è Veronica e anche lei vivrà un intervallo di un solo giorno tra il prima della sua vita di dolori e vezzi femminili e il dopo di dolori e vezzi femminili.
Lei deve star là, in quel palazzo fatiscente, sgarruppato come dissero dei bambini in una classe di tanti anni fa.
Lei deve star là per una specie di punizione. E lui deve sorvegliarla, fare in modo che non scappi.


Il motivo non lo sappiamo e non lo sa nemmeno Salvatore.
Ma c'è gente a cui è meglio non far domande che l'ha messo là, e i ragazzi dovranno passare così un'intera giornata insieme.
Prima si odieranno, poi piano piano si avvicineranno perchè la vita che vivono può essere difficile quanto vuoi ma se hai 16 anni e ce l'hai anche te prima o poi ci riconosciamo.
Lui, ragazzo schivo e profondo, timido e puro, lui che ama la natura, che conosce i nomi delle piante, che conosce tutti gli uccelli, gli uccelli che anche se gli apri la gabbia non escono lo stesso, gli uccelli che si coprono di olio le piume perchè arriverà la pioggia, gli uccelli che cantano di dolore e d'amore.
Lei, ragazza invece sfrontata e troppo matura, lei che guarda l'aereo passargli sopra la testa e non l'abbandona finchè la vista glielo preclude, lei che poi anche tutte le altre volte che sentirà rumore d'aereo girerà la testa verso l'alto anche se sopra di sè ci sono soltanto tetti cadenti.
Lei dice che quello che vuole per il suo futuro ancora non esiste sulla terra.
Chissà cos'è, ci chiediamo noi, chissà se c'entrano quegli aerei che cerca con la vista e capta con l'udito.
I ragazzi stanno là, in un palazzo, forse ex ospedale, che non finisce mai (e l'uso spaziale e delle luci della regia, opera prima di Di Costanzo, è miracoloso nel muoversi in quei luoghi bui e impervi), grandissimo, distrutto, pieno di animali ed erbacce, pieno di ricordi, pieno d'acqua nelle fondamenta, pieno di morte, come quella drammatica e tremenda di un'altra 15enne che viveva là.

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E parlano di luoghi lontani dove gli gnu vanno a bere acqua anche se sanno che i coccodrilli li aspettano per mangiarli, e poi fanno finta di essere in un reality, e poi raccontano detti popolari della tradizione come quello della moglie del Diavolo - diavolo se dev'esser brutta - e poi parlano di leggende metropolitane che di leggenda hanno ben poco, perchè gente che muore sparata lì da loro ce n'è, eccome se ce n'è, e forse ce n'è stata anche per loro.
Poi l'intervallo finisce, la gente brutta e cattiva ritorna, ciao Veronica, ciao Salvatore.
E Veronica deve affrontare uno parecchio cattivo, uno che sembra un impiegatuccio di banca ma che se gli gira male e muove un dito nel modo sbagliato manda qualcuno a farti fuori.
L'amore, la passione, anche sei così bambina Veronica, non sono permessi fuori da dove devi stare.
Sono le leggi.
E posa quel punteruolo, non ne vale la pena, magari troverai altri modi per scappare, non quello, fai bene così, posalo.
Si esce dal palazzo, l'intervallo è finito, si torna alla vita di prima, con lo schifo di prima.
Con la sensazione che quell'intervallo da carcerata è sembrato tanto più simile alla libertà della vita vera.
E' finito l'intervallo anche per te Salvatore, prenditi sti soldi per il disturbo.
"Tutto a posto?" gli chiede il babbo tornato la sera.
"Tutto a posto" gli risponde Salvatore.

( voto 7.5)

26.5.14

La Grande Letteratura nel Cinema (N°2): L'Amato Smalto

Lo so, è presto, ma visto il successo della prima puntata la voglia, in mancanza di recensioni, di pubblicarne subito un'altra era troppo forte.
In realtà avevo paura che la rubrica avesse vita breve perchè rintracciare capolavori letterari nei film è facile ma senza un video ad accompagnarli rendono molto ma molto meno.
Ma grazie a mio fratello (e al lettore Alessio) ho capito che posso avere ed estrapolare tutti i video che voglio. Non a cado quello che troverete qua è appena stato caricato proprio da mio fratello nel Tubo.
Quindi di puntate ne faremo, state tranquilli.

Qua siamo a livelli incredibili di script, un'accorata, colta e appassionata elegia dell'amato smalto.
Il personaggio che la declama è uno dei 5 più indimenticabili della storia recente del cinema.
E' Plates il Nano Tira Piatti del capolavoro Scannati Vivi
Ancora una volta vi consiglio come prima cosa di leggere il testo con l'audio sotto perchè questa è perlopiù rubrica letteraria, lo ricordo.
Poi vedete il video.
IL CAPOLAVORO di questo pezzo letterario non è solo nello Sproloquio del Nano ma soprattutto nell'incredibile, fulminante, strepitosa risposta dell'uomo che il nano sta per uccidere.
Una risposta così in un momento così, poco prima della morte, credo sia indimenticabile.
E questa risposta non è altro che quello che ogni spettatore stava pensando in quel momento.

IL TESTO E' SOTTO





" Conosci l'amato smalto, la porcellana? 
Sono come una visione
Ogni molecola è un individuo, come me. 
Ma quando li unisci una struttura prende forma , 
un recipiente circolare per distribuire nutrimento organico
Noi come questo piatto aumentiamo di forza coi numeri, 
prosperiamo in un ambiente popoloso
ci nutriamo l'un l'altro e così diventiamo più forti 
e poi aumenteremo di numero 
finchè un giorno..."





"MA DI CHE CAZZO STAI PARLANDO?"

24.5.14

La Grande Letteratura nel Cinema (N°1): La dissertazione sulle uova

Il cinema è anche o forse soprattutto scrittura.
E non parlo tanto del plot ma della scrittura dei dialoghi o dei monologhi.
In questa ennesima rubrica vi presenterò i più grandi dialoghi, estratti di vera letteratura, tratti dalle sceneggiature.
Questa prima puntata vede protagonista il capolavoro In the Market, peraltro girato da un umbro (e in due attori l'accento si sente...)
Vi consiglio di premere play e leggere il dialogo con l'audio sotto, rende l'esperienza molto più interessante.
Una volta finito vedetevi il video perchè anche gli attori sono allo stesso livello dello script e meritano.






(strano modo di cominciare a rimorchiare) "Che ne pensate delle uova?"

(in effetti...) "Che cazzo c'entrano?"

"Le uova c'entrano sempre"

"Ma di che uova parli?"

"Delle uova, le uova per eccellenza! Quelle di gallina!"

"Io vorrei capire come fai in questo momento a pensare alle uova"

"Mangeresti delle uova con questo caldo? Bleah..."

"Beh, certo che no, facevo per dire, ho letto che da come mangi le uova puoi capire molto delle persone"

"Mi sa che a te il sole dà alla testa..."

(guardando lei colmo di desiderio) "E non è soltanto il sole che mi dà... alla testa!"

"E allora... cos'è?"

(con un nonsense d'autore) "Ehi! Queste uova sono pronte?"

"Guarda che ha iniziato lei"

(a cantilena) "Non mi interessaaaa... (poi maliziosa) Arriva al sodo con queste uova!"

(risate convinte delle due)

(ironico e con voce cavernosa) "Bella battutaaa"

(poi)

"Allora, le uova sono quelle, ma le puoi fare come vuoi! Sonooo... strapazzate...all'occhio di bue...in camicia...mmm...omelette...al tegamino..."

(prima intuizione) "Sode!"

"Mmm, sode!"

"A me piacciono alla coque!"

(allusivo) "Sììì, le puoi persino succhiare con la cannuccia..."

(solo all'idea) "Mmm"

"Insomma, esistono svariati modi per cucinarle"

"Eh! E questo l'abbiamo appurato... continua!"

"Per esempio, a Nicole piacciono alla coque mh? Questo vuol diireee che è molto curiosa"

(stranamente convinta) "Mh...sì, è vero. A me...piaccionooo...strapazzate. Che vuol dire?"

"Strapazzate...strapazzate...ah beh! vuol dire che sei molto insicura e... che hai una vita interiore moolto disordinata"

(dubbiosa) "Mah...forse...resta il fatto che le mangio così perchè mi piacciono"

(risate derivanti da intuizione geniale)

"E po... e poi scusami... mi vorresti dire che gli inglesi sono tutto Serial Killer?"

(touchè) "Beh"

I Tesori Nascosti di Jolly Roger (N°2): I meglio Beast Movies (che è la stessa cosa dei Monster Movies? sì e no)

Seconda puntata per la rubrica all'incirca bisettimanale e all'incirca trifilmica dell'amico Jolly Roger, il divoratore di horror, quello che sti ultimi 30 anni, a differenza mia, non se l'è lasciato sfuggire nemmeno uno, belli, brutti o di qualsiasi tipo che siano.
Dopo la prima puntata dedicata a due cult trash romeni ecco la seconda che solo apparentemente sembra trattare di altre pellicole scadenti mentre invece ci presenta tra le migliori cose di un sottogenere in cui nel 90% dei casi quello che ci viene proposto fa abbastanza schifo. In particolare è un sottogenere che io digerisco poco. Non a caso gli unici due film che ho recensito di questo filone hanno fatto uno sta fine e l'altro questa.
Ma c'è, e soprattutto c'è stata, anche roba buona.
Sta rubrica è molto interessante perchè copre una delle tante lacune che ha il sottoscritto, mi è complementare.
Quindi è meglio lasciare la parola a Jolly :)
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“Andiamo allo zoo?” “No...è più sicuro andare al cinema!”

Dopo la prima puntata dedicata a due horror-boiate come Cerberus e i Gargoyles, stavolta vorrei occuparmi di qualche horror più valido. In particolare, vorrei parlare di un sottogenere horror diffusissimo, i famigerati “Beast Movies”, quel filone che ha come antagonisti gli animali e che ha come capostipite uno dei Capolavori assoluti del cinema: Jaws (Lo Squalo).
I Beast Movies esistevano già prima di Jaws, ma è con questo film che vengono tracciati i canoni del sotto-genere, ovvero:
1) una tranquilla e sorridente cittadina;
2) un errore umano, ad esempio gli scarichi inquinanti o l’invasione indiscriminata da parte dell’uomo degli spazi naturali;
3) un animale (o in alcuni casi un'intera specie) che comincia a uccidere, spesso come conseguenza del punto 2;
4) un Eroe solitario, che capisce tutto e tenta di avvertire gli altri del pericolo. Ma viene trattato come un rompipalle con le allucinazioni;
5) un personaggio antagonista, ottuso, spesso un politico o uno sceriffo, che per ragioni di business o per semplice stupidità non vuole creare allarmismi e mette tutto a tacere.
Per fortuna, 6) l’Eroe solitario, seppur considerato un buontempone fuori di cervello, si organizza e salva tutti.     
Film così ce ne sono centinaia, ma io ho voluto tirare fuori dallo scrigno proprio questi 3. Primo, perché sono legato ad essi: li vedevo da bambino insieme a mio padre quando li davano in prima serata. Io mi contorcevo sul divano dalla paura, ma non obbedivo a mia mamma che voleva spedirmi a letto, così come poi fece anche mio fratello quando si aggiunse.
Il secondo motivo è che sono stati dimenticati. Da una certa data in poi, infatti, non li hanno più trasmessi in tv e se guadate sui vari siti internet, questi 3 film hanno un numero di commenti esiguo. Praticamente non se li ricorda più nessuno :-(
La mia speranza, quindi, è che questo post faccia accendere una lucina nella memoria di chi lo leggerà e che qualcuno, vedendo uno di questi 3 titoli horror, dica “Ah sì! Questo qui me lo ricordo!”    


ALLIGATOR (1980)


Al mercato si possono comprare solo i pesciolini rossi.
Oppure le tartarughine.
Ma un cucciolo di Alligatore no, dai!!
E anche se si potesse comprare, comunque non si dovrebbe farlo, perché è scontato già fin dall’inizio che, prima o poi, il coccodrillino crescerà (di solito pure parecchio) e non gli basterà più il mangime che gli dai, ma ti addenterà un braccio, e poi mangerà la tua famiglia.
Ma se proprio una bambina vuole comprarsi un Coccodrillino…non bisogna poi fare come l'incauto papà di questo film, che di nascosto dalla bimba butta il piccolo rettile nel cesso per liberarsene. Soprattutto se, lì non troppo lontano, una società farmaceutica sta facendo in segreto esperimenti con gli ormoni, utilizzando cani come cavie e buttando le carcasse di questi nelle fogne. Cadaveri che inevitabilmente finiranno nelle mascelle del coccodrillino…il quale, mangia che ti rimangia ste carcasse zeppe di ormoni, finirà per diventare un dinosauro.
Il film Alligator prende spunto da una diffusa leggenda metropolitana americana, quella secondo la quale le fogne di New York siano popolate da una comunità di coccodrilli. Secondo i canoni ambientalisti del sottogenere, il "simpatico" rettile del film assurgerà al ruolo di "Risposta incazzata della Natura" contro scienziati e affaristi privi di scrupoli.
Impossibile quini non tifare, almeno un pochino, per il coccodrillo, soprattutto in alcune scene che hanno un risvolto quasi comico, quando si trova di fronte gli antipatici "cattivi". Anche perché in quel genere di film, ognuno alla fine si becca sempre ciò che si merita. Quindi, poi, è inutile piangere sul latte versato … sono lacrime di Coccodrillo :-)


In un parco naturale degli USA, imperversa un pericolo orso grizzly di 3 metri per una tonnellata di peso.
E’ a caccia di cibo, ma, purtroppo, lui non è ghiotto di miele come gli altri orsi.
Lui è ghiotto di persone.
Questo film non scherza, il grizzly è feroce e non si ferma davanti a nessuno, nemmeno di fronte ad una mamma (uccisa) ed al suo bambino (mutilato). I suoi attacchi sono di una brutalità terrificante.
La regia è abile nel riprendere la soggettiva dell’orso mentre si aggira nella boscaglia, mentre si avvicina agli umani scrutandoli di nascosto e preparando l’attacco, con tanto di respiro profondo e lugubre in sottofondo.
I cliché del genere ci sono proprio tutti. Compresa la solita orda di cacciatori improvvisati che invadono in massa i boschi per dare la caccia all'orso, un po' come succedeva ne Lo Squalo, quando a dare la caccia al predatore marino si lanciavano tutti i pescatori amatoriali di tonni della costa americana, per fare il colpaccio grosso della loro vita. 
E’ inutile dirlo, il grizzly farà una carneficina.
Grizzly è uno degli horror che più mi ha spaventato in passato. Francamente, rivedendolo ora ammetto che il film dimostra tutti gli anni che ha, anzi è invecchiato un po’ male. Però è sempre un gioiellino, soprattutto per chi come me ha la stessa età del film ;-)

Per chi non fosse ancora soddisfatto di un alligatore gigantesco e di un grizzly impazzito, beh, allora…guardatevi questo Wild Beasts - Belve Feroci. Qui ad impazzire non è un singolo animale ma addirittura un intero ZOO!
Anche qui la colpa di tutto, ben rispettando i cliché del sottogenere, è chiaramente dell’uomo; in particolare, degli scarichi di alcune sostanze inquinanti nelle falde acquifere vicine allo zoo, falde da cui viene estratta l’acqua che va poi ad abbeverare le bestie e che provocherà in loro una specie di pazzia.
Ovviamente le belve ne combineranno di tutti i colori. Elefanti che schiacciano persone, giaguari che inseguono solitarie guidatrici, topi che letteralmente sbranano fidanzatini appartati…insomma, succede di tutto in questo horror molto giocato sull’azione e che, udite udite, è un film italiano.
Risale a quel periodo in cui sapevamo sfornare film gialli e horror di qualità e Wild Beasts - pur non essendo un capolavoro - rientra pienamente in questa categoria.
Inoltre, ha un finale in pieno italian style di quel periodo…malato, molto malato, malatissimo!

21.5.14

Recensione "Alabama Monroe"

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presenti spoiler

La bambina insegue il maialino nella fattoria in una scena talmente bella da vedere che vorresti non finisse mai.
Corri ancora le vorresti dire, corri ancora.
I capelli svolazzano al vento mentre corre, la fotografia è talmente meravigliosa che, davvero, vorresti che quella corsa sia infinita.
Ma niente è infinito, anzi, le cose belle durano sempre troppo poco.
E quei capelli che svolazzano, poi, non ci saranno più perchè nella vita succedono cose che sono terribili paradossi, come una bimba che capelli non avrà più.
Ce li hanno invece ancora, e pure lunghi, il padre e la madre, lei no.
E sono immagini talmente forti e disperate che ho preferito immaginarmele invece che vedermele.
Lo sguardo andava altrove, alle persone davanti a me, alle uscite di sicurezza, al mio piccolo diario dove, al buio, mi appunto emozioni.
E proprio quando stavo letteralmente per alzarmi tanto il dolore, tanta la fatica, avviene quello che doveva avvenire.
Perchè questo non è il film del durante, ma quello del poi.
Il durante te lo raccontano tanti e poi ti tengono lì fino alla fine a soffrire su come andrà a finire.
Qua, di durante, ce n'è pure troppo ma poi, poi, c'è il poi.
E il poi sarà meno duro per noi spettatori ma è senz'altro più duro per quelle due persone, a suo modo splendide, che devono vivere una vita che, probabilmente, di vita ha quasi più nulla.

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Lui, con la sua barba e i suoi capelli incolti, lui che fa la vita da cowboy, che sogna l'America, che la canta pure l'America, sì, lui che canta di contadini, cowboy e Dio anche se a Dio non crede affatto.
Ma la musica che ama ha Dio dentro, in ogni strofa.
Lei con quei tatuaggi che chissà, magari nascondono tanti dolori, tante storie, tante esperienze, lei, magnifica, con quegli occhi così innamorati che dovrebbero essere messi in vendita, vai in negozio, tipo dal parrucchiere, gli fai vedere una foto di lei mentre guarda lui e gli dici, ecco, puoi farmi gli occhi così? puoi farmeli uguali a questi per favore? E il parrucchiere degli occhi non potrà farteli uguali a quelli perchè l'amore non è chirurgia, al massimo è chimica, l'amore non è plastica, e puoi farti pure gli occhi in quella maniera ma poi la luce devi mettercela te.
Prima eravamo Didier ed Elise, poi saremo Alabama e Monroe perchè, come gli Indiani, quando diventiamo altro poi il nome dobbiamo pure cambiarlo, non saremo mai più quel Didier, non saremo mai più quell'Elise, e allora siamo Alabama e Monroe ma c'è quella "e" di mezzo che ormai che non si riesce più ad eliminare, anzi, diventa sempre meno congiunzione, quasi opposizione, anzi, sì, opposizione, vado via Monroe.
Perchè nella vita c'è la Fede e c'è la Scienza, ma mica per forza quella di Fede ma la fede nelle piccole cose, quelle che vaffanculo se sono vere o no, ma ci fanno star meglio.
E se l'uccello diventerà stella, se quei falchi disegnati attaccati sulla "terranda" non ne faranno morire altri di uccelli, se quel'uccello che viene alla finestra è lei, perchè non posso crederci?

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Ma lui non conosce l'ipocrisia, non conosce la magia delle parole, lui conosce solo la verità, la vita vera, quella dove tutte le cose hanno spigoli e dove tutto può e deve essere spiegato. Ma fa un errore grande perchè nessuno ti sta chiedendo di illuderci, nessuno ti sta chiedendo di mentire, ti stiamo chiedendo solo di non distruggerci i nostri castelli, perchè sono in aria sì, ma sono così belli.
Il montaggio è meraviglioso, lui canta a lei in camera, poi cantano insieme fuori con gli amici e poi tutti insieme nel palco di un locale, così, tutto di fila senza che la musica finisca mai.
Cantano storie semplici di uomini, cavalli e Dio, storie semplici che riescono nello stesso tempo a rilassarci dal resto coinvolgendoci ancora di più però.
E quell'ultima esibizione, quella canzone in cui gli sguardi non si incrociano più, in cui la mano resta sospesa nella forza di gravità senza che l'altra venga a stringerla, quel viso che si bagna di lacrime, quella mano, quella di lei stavolta, che accarezza il grembo, quell'ultima esibizione è lì a dirci che il cinema non morirà mai e basta una musica, basta uno sguardo mancato per ricordarcelo.

"In the jungle, the mighty jungle, the lion sleeps tonight"
Le cantano quando torna.
Ora dormi pure te piccina, come il leone, dormi.
E dopo che lei dormirà ci sarà la vita non vita, ci sarà uno scontro talmente ben scritto ed emotivamente coinvolgente da rabbrividire, ci saranno gli occhi di lei che non brillano più.

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Sì perchè i tatuaggi puoi cancellarli, se uno non conta più niente per te ce ne metti un altro sopra.
Sì perchè i disegni sulla cameretta puoi cancellarli, basta vernice fresca.
Ma il dolore, quello no, non lo cancelli, non c'è nessun tatuaggio, non c'è nessuna vernice fresca per passarci sopra.
E se ora, solo ora, scoprite quanto la visione del vostro mondo sia completamente opposta, se solo ora, nel dolore, capite che nessuno dei due ha le armi per alleviare il dolore dell'altro, perchè dove da una parte c'è calma dall'altra c'è rabbia, dove c'è speranza c'è rassegnazione, dove c'è voglia di credere in qualcosa c'è un realismo quasi cattivo per quanto assoluto.
E lasciamo perdere i magnifici sfoghi di lui, lasciamoli perdere perchè sono così belli ma così leggermente fuori da quello che avevamo visto finora che vanno presi per quello che sono, dei magnifici sfoghi quasi evitabili che rendono il film da impegnativo ad impegnato.
E forse è meglio tornare a un tatuaggio, l'ultimo, perchè se qualcuno aveva dei dubbi su quell'ultima mezz'ora di lotte, urla e solitudini quel tatuaggio li porterà via.
Prima facciamo in tempo a vederla alzarsi, con la mente che gli proietta cavalli sul rosso fuoco e una bambina che insegue un maialino. Quella bambina che imparò a camminare proprio mentre degli aerei si abbattevano su dei palazzi.
Lei si alza dal letto e si avvicina a lui, gli parla all'orecchio. 
Allora caro Monroe, lo vedi? allora caro Monroe lo vedi che c'è qualcosa di non materiale, lo vedi che sono qui in piedi vicino a te? sono lì distesa ma sono anche qui vicino a te, in piedi, lo senti quello che ti sto dicendo all'orecchio?
Chissà se lui ha sentito qualcosa, chissà.

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E poi, e poi, c'è quel tatuaggio che ti dà un altro tuffo al cuore, l'ennesimo.
Alabama Monroe, nessuna virgola in mezzo.
Noi eravamo Alabama Monroe, un'unica persona, un unico amore.
E te non l'hai capito, ma i miei occhi erano ancora quelli di quando ti ho visto cantare la prima volta, quelli sotto le coperte, perchè non l'hai capito, perchè non mi sei stato vicino?
Lui suona e canta mentre lei se ne va.
Ma, ed è orribile dirlo, se lei se ne è andata la colpa è anche sua.
Quella di essere un uomo che non crede alle stelle e agli uccelli che tornano a casa schivando i vetri.
Alabama Monroe.
Con due cuori sotto.
E una freccia.
Ma non è quella di Cupido, è quella del dolore.

( voto 9 )

20.5.14

Recensione: "13 Beloved"




spoiler assassini

Mi approccio a 13 Beloved convinto di trovarmi davanti ad un horror tout court veramente cazzuto.
Di thailandese avevo già visto lo splendido Meat Grinder, roba forte.
Insomma, ero pronto a un'altra visione parecchio tosta e invece mi ritrovo davanti un film che è tutto un mix di generi come raramente ne avevo visti.
Horror sì, giusto un pò dalla parti del torture, a volte splatter, a volte weird, altre drammatico, altre grottesco, altre persino comico. E la cosa strana è che comunque un suo stile lo mantiene abbastanza omogeneo, insomma, è come se su una base grigia, e non bianca, poi ci si mettono sopra spruzzate di altri colori.
Il soggetto è strepitoso, certo un pò derivativo ma nel suo piccolo una cosa nuova.
Un ragazzo è disperato, ha perso tutto. E' solo, non ha più il lavoro, ha un carattere così mite che poi riaffrontare la vita sarebbe impossibile.Gli arriva un sms sul telefonino, poi una chiamata.
"Vuoi partecipare a un gioco?" Insomma, viene a scoprire che dovrà superare 13 prove, in un climax ascendente (anche se poi non è del tutto vero) e ogni volta gli verranno accreditati soldi nel suo conto.
Non ci credi?
Uccidi la mosca che ti sta girando intorno alla tua testa.
Il ragazzo la uccide.
Il conto online si aggiorna.
E' tutto vero. Prova numero 1 superata, ne mancano 12.
Inizio fulminante, uno di quei film che ti dici "ora me lo godo" come poche altre volte, scoprire quale sarà la prova numero 2, quale la 3 e così via, raramente un film ti mette in condizioni di essere più curioso su quello che verrà poi.
Ah, la prova numero due, per inciso, era poi mangiarla quella mosca.
Il ragazzo capisce di essere in una specie di Truman Show in cui lui è il concorrente e tutti possono vedere quello che fa. Di film così sti anni ne sono stati fatti una balla ma a questo punto mi piace ricordare il bistrattato My Little Eye perchè nel suo piccolo credo che sia stato il primo a usare questo stratagemma.


Ci sono solo 3 regole.
1 puoi smettere quando vuoi ma poi perdi anche i soldi guadagnati prima
2 non devi dire niente a nessuno
3 non devi provare a scoprire niente sul gioco

Insomma,ero pronto a vedermi un vero gioiello e invece che succede?
Che il film, come purtroppo avviene spesso là dove c'hanno gli occhi a mandorla, cade troppe volte nel trash, nell'assurdo, nel comico, volontario e no.
Cazzo, questo era un soggetto che con la cattiveria di un Saw (perchè ovviamente il richiamo al film di Wan è forte) poteva essere formidabile.
La scena alla stazione di polizia è una delle tante che ti fanno cadere le braccia, quasi da film comico italiano di terz'ordine.
Intanto lui va avanti, fa piangere i bimbi, picchia l'homeless.
La struttura c'è, lui dovrà andare sempre di più contro la propria moralità, contro la propria natura.
Intanto si inizia a vedere qualcosa del suo passato, e non sarà affatto secondaria la cosa.
Ma è la quinta prova ad avermi dato un disgusto tale da farmi nemico il film.
Ho capito, doveva mangiarla, ma continuare a farla vedere 5, 6 volte e poi vederlo abbuffarsi in quel modo ne valeva la pena?
Si capisce che il film andando avanti mieterà vittime,il climax è inesorabile.
E tra altre scene comiche (il pazzo alla fermata del bus, la famiglia pelandrona del vecchio, la mano del vecchio morto che ferma il telefonino etc...) ci sono anche delle sequenza notevoli, come la soggettiva sul pozzo, la lotta nel bus, l'altra soggettiva mentre spinge in carrozzina la vecchia.
Ma poi l'assurdo balza fuori in una maniera talmente prepotente che io ho alzato le mani e mi sono arreso.


La scena del filo teso è cult assoluto, una cosa talmente fantozziana che sembra davvero incredibile vederla in un film così. Il ragazzo che si trascina con mezzo cervello è già Storia.
Poi, tra altre prove sempre più moralmente difficili (lei o il cane?), si arriva al finale.
E qui il film riacquista punti. In realtà ne aveva già acquistati moltissimi ma poi li perdeva il giro dopo.
Capire che tutte le prove erano una specie di contrappasso con il suo passato, un tentativo di fargli rivivere certi orrori dell'infanzia e farglieli "dimenticare" commettendoli lui stesso è formidabile.
E quell'uomo che si trova davanti nella tredicesima e ultima prova è una grande scelta.
Ed è molto interessante la critica (implicita) al turismo sessuale se ci pensate.
E, terza cosa buona del finale, pensare che tutti siano collusi in questo gioco non è affatto male.
Ma poi i suoi scrupoli, il rivedere le scene del passato con altri occhi (ma scusa, se te menava te menava, c'è poco da fare) per poi essere beffato in quel modo, boh, che ne so.
E quel Dio ragazzino, che ricorda abbastanza il Woo-Jiin di OldBoy per come dalla sua reggia controlla il tutto, quel ragazzino dicevo e i suoi pipponi filosofici sul mondo e sulla moralità. beh, lasciamo perdere.

In conclusione:
Magnifico film!
Film disastroso!

Che dire, un'occhiata la darei.

( voto 7 )