Un film meraviglioso in cui ognuno di noi ritroverà, in qualche modo, sè stesso.
Muore la nonna, la madre e la figlia devono andare alla casa d'infanzia della stessa madre (quella dove per intendersi viveva la nonna) per portare via tutto.
Nelly, la piccola bimba, si avventura nel bosco dietro casa.
Farà la conoscenza con un'altra bimba, praticamente identica a lei.
Petite Maman è un capolavoro di scrittura, è un film minuscolo che riesce solo col soggetto e con i dialoghi a farci provare emozioni fortissime.
E' un film che riesce ad usare i paradossi temporali in un modo così incredibile che potremmo definirli non tanto paradossi temporali, ma paradossi emotivi, come se tutto quello che vediamo più che riguardare il tempo riguardi qualcosa che è dentro di noi, un nostro viaggio mentale.
Tutti noi avremmo la necessità di andare a conoscere chi è veramente nostra madre (o nostro padre). Tutti noi avremmo la necessità di andare a conoscere chi è realmente nostra figlia.
C'è bisogno di incontrarsi, di capirsi, di chiamarsi per nome, di conoscere da dove deriva quello che siamo adesso.
C'è bisogno di guardare le ombre sul muro insieme.
Potrebbe essere il mio film dell'anno.
Potrebbe essere il mio film dell'anno.
Non sempre il mio film dell'anno è il film più bello (ma Petite Maman è comunque bello, bellissimo).
Non sempre il mio film dell'anno è quello che più mi ha emozionato (ma Petite Maman mi ha emozionato tanto, tantissimo).
Ma di solito il mio film dell'anno è quello, che oltre alle due cose qua sopra, sento che mi ricorderò a vita, quasi scena per scena.
E Petite Maman me lo ricorderò a vita.
E' il primo film che vedo della Sciamma anche se in realtà mi ero già imbattuto in lei con quel capolavoro di cartone che è La mia vita da Zucchina, perla scritta da lei.
Sommando i due film, le due scritture, è impossibile non constatare come la Sciamma sappia raccontare il mondo dei bambini come pochi altri.
Petite Maman è un film piccolissimo, minuscolo, pochi attori, una manciata di location, pochissime azioni, durata brevissima (70 minuti).
Per capire quello che è Petite Maman voglio andare ad una scena davvero poco importante, anzi, praticamente solo strumentale.
Nelly, la nostra splendida protagonista bambina, trova nella casa d'infanzia della madre un vecchio gioco, quello della pallina da colpire legata da un elastico alla tavoletta, così che torni sempre indietro.
La bimba, una bimba degli anni 2020, va fuori a giocare, e si diverte un mondo.
Petite Maman è quel gioco, Petite Maman è far tornare il cinema all'essenziale, toglierlo di ogni modernità, effetto, trucco, renderlo soltanto una pallina e una tavoletta di legno e riuscire comunque ad emozionare. Anzi, riuscire ad emozionare proprio per questo, per avere davanti una cosa apparentemente così spoglia ed essenziale e ritrovarci a provare emozioni che tantissime cose più elaborate non ci danno.
E' incredibile come questo film usi in maniera pazzesca i paradossi temporali, quell'aspetto che di solito attiene alla fantascienza o, comunque, a film molto strutturati, complessi.
E' incredibile come questo film usi in maniera pazzesca i paradossi temporali, quell'aspetto che di solito attiene alla fantascienza o, comunque, a film molto strutturati, complessi.
Qui il paradosso temporale alla base del film è invece qualcosa che alla fine col tempo oggettivo c'entra poco o nulla, è qualcosa che ha a che fare semplicemente con la nostra esistenza, col nostro cuore.
Incontrare i nostri genitori bambini non è tanto un qualcosa alla Ritorno al futuro, quanto un viaggio psicologico ed emotivo che facciamo per andare a conoscerli, per avvicinarci a loro, per capirli, per sapere da dove vengono, per comprendere che radici abbia quello che sono adesso.
Ed è per questo che l'incredibile incontro di Nelly con la madre bambina non va visto come qualcosa di reale (anche se la Sciamma ce la mostra per tale, facendo interagire anche altri personaggi) ma come un viaggio mentale di una bimba che ha un disperato bisogno dell'amore della madre, madre che vive un periodo di profonda depressione (ci sono anche assonanze con Babadook).
Il film è da vedere quindi come il viaggio mentale di una figlia che va a trovare la madre nel passato. Ma, al tempo stesso, possiamo vederlo anche all'opposto, ovvero il viaggio di una madre nel suo passato, per incontrare la propria figlia.
E' un bisogno condiviso quello delle due protagoniste, è una assoluta necessità di "incontrarsi" per conoscersi meglio, per capire l'essenza del loro rapporto e dei loro problemi.
Per vedere nell'ombra una pantera nera insieme.
Non è un caso che nel finale (da pelle d'oca, come tutto l'ultimo quarto d'ora) le due si chiamino per nome. Perchè in quel momento non sono più madre e figlia, sono Marion e Nelly, nella loro essenza. Sono due persone che si sono conosciute, che adesso sanno come amarsi, sono due esseri umani singoli che solo adesso, chiamandosi per nome, è come se si riconoscessero e siano quindi pronte ad essere nuovamente, e molto meglio di prima, madre e figlia.