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28.4.23

Recensione: "What remains of Edith Finch" - BuioGame - 1 -

 

Non gioco in maniera "seria" ai videogames da, boh, 15-20 anni.
Sono completamente fuori dal giro e non ho nessuna competenza.
E mai avrei per questo pensato di "recensire" un videogame per il Buio.
Eppure "What remains of Edith Finch" è qualcosa di così vicino al mondo del cinema che ho pensato di scriverne.
Vuoi per la durata (sole 3 ore), vuoi per la fruizione (è un gioco dove non serve nessuna abilità, segui soltanto una storia con pochissimi comandi), vuoi per l'atmosfera, vuoi per i messaggi che ha dentro, vuoi per le emozioni, ecco, questo è un gioco paragonabile in tutto e per tutto ad un bellissimo film che tutti possono vedere fare.

Edith torna nella casa dove hanno vissuto 3 generazioni della sua famiglia.
Sono morti tutti, letteralmente tutti.
Edith torna in quella casa e scopre la storia di ognuno di loro.
E, scoprendo ogni storia, si ritroverà a rivivere ogni loro morte.
Un gioco-film sul Destino che condiziona le nostre vite o sulle nostre vite che condizionano il Destino.
Doloroso, geniale, pacato, umano.
Bellissimo

Una volta, davvero una vita fa, giocavo moltissimo ai videogame.
Specie perchè faccio parte di quella generazione a cui i videogame (o almeno le prime console) sono esplosi davanti.
 Prima non esistevano, dopo sì.
Inutile dire quanti anni ho giocato e tutti i miei ricordi al riguardo.
Sta di fatto che non gioco più.
Eppure su imbeccata del fratello che mi ha detto che c'era un gioco bellissimo di sole 3 ore (perchè coi giochi io come con le serie, o cortissime o niente) ho provato (anzi, abbiamo provato con Ginevra) questo "What remains of Edith Finch".
E mi sono ritrovato davanti non solo un gioco superbo ma qualcosa di così vicino alle cose di cui parlo sempre (per la durata, il gameplay quasi assente, le tematiche, le emozioni) che ho pensato di scriverne qua.
E magari apro pure una rubrica, non si sa mai.
(già so che no, non lo farò)

Siamo nel 2017 e la quasi diciottenne Edith - dopo la morte della madre - torna nella casa dove ha vissuto gran parte delle sua vita e dove hanno vissuto da sempre i Finch, dai suoi bisnonni (partiti dalla Norvegia), fino ai giorni nostri.
Edith era scappata con la madre da quella casa alcuni anni prima.
Questo perchè la madre - e direi a ragione... - si era convinta che quel luogo fosse in qualche modo maledetto, o che comunque fosse maledetta tutta la sua famiglia, da generazioni.
Tutti infatti (ma veramente tutti) i famigliari di Edith e della madre Dawn sono morti, perlopiù in quella casa o nei pressi.
Edith adesso torna quindi indietro e, girando per casa e aprendo mille passaggi segreti, potrà scoprire la storia di ogni membro della sua famiglia.
Potrà scoprire com'è morto ognuno di loro.
E, insieme a noi, rivivere quelle stesse morti.

Se questo accenno di trama vi fa pensare a un gioco lugubre, magari "horror" o spaventoso vi sbagliate.
Perchè se è vero che di momenti molto forti ce ne sono tanti, l'atmosfera che permea questo stupendo gioco è sempre sotto le righe, malinconica, di profondo dolore.
Anche le morti più terribili saranno in qualche modo addolcite da mille elementi, vuoi la dolcissima voce fuori campo che li accompagna, vuoi delle geniali trovate grafiche che nasconderanno in qualche modo l'orrore, vuoi per un'atmosfera a metà tra il reale e l'onirico che renderà tutto meno impattante.
Ma non meno emozionante, anzi.


Nel 1937 (quindi 80 anni prima) i Finch si erano trasferiti dalla Norvegia convinti che la loro famiglia fosse maledetta.
Misero la loro casa su una nave e partirono.
Ma a pochi metri dalla costa la nave affondò (e i resti di quella casa sono sempre lì, a poche decine di metri dalla spiaggia).
Edie (la figlia di Odin, morto nel naufragio) e suo marito Sven costruirono quindi lì una nuova casa.
Quella stessa casa che stiamo noi visitando adesso nel gioco.



Ecco, la casa è un personaggio a sè, forse il più importante.
Gigantesca, piena di stanze, passaggi segreti, spazi aggiunti negli anni, un vero dedalo architettonico che, già di suo, ci restituisce un'immagine molto emblematica di questa famiglia, famiglia che non sembra vivere gli spazi comuni ma è caratterizzata negli anni da tantissime solitudini diverse.
Ognuno ha la propria stanza, a volte quasi inaccessibile agli altri, ognuno il proprio mondo.
Se è vero che nel gioco è percepibile tantissimo amore famigliare è anche vero che quasi ogni personaggio sembrava profondamente solo e perso nel proprio mondo (o nei propri demoni).
Edith visiterà stanza per stanza e, vicino ad un tovagliolo di uncinetto commemorativo (la bisnonna Edie ha visto morire 3 generazioni di persone e creato per ognuno di loro una specie di altarino nelle proprie stanze) troverà delle lettere (o libri, o fumetti) che in qualche modo racconteranno la morte di quel suo famigliare.
Leggendo si ritroverà (ci ritroveremo) a riviverle tutte quelle morti.

Non sono un tecnico quindi mi limiterò giusto a poche righe "tecniche".
Graficamente il gioco è bellissimo.
Certo lontano dalla qualità delle major (è un titolo indipendente) ma la qualità è veramente alta.
A volte si vede qualche magagna (penso ad esempio a quello squalo nel bosco) ma l'esperienza visiva, anche grazie alla straordinaria architettura della casa, è veramente appagante.
E dove magari non si arrivava col budget si sopperisce con la genialità, specie nei meravigliosi sottotitoli che si formeranno ovunque, con mille stili diversi e con i quali potremmo molte volte addirittura interagire (penso, tra tutti, al ricordo con gli aquiloni).
Ma che ci siano menti geniali lo si vedrà anche nello stesso gameplay, visto che ogni ricordo che rivivremo avrà una giocabilità totalmente diversa dagli altri.
Potremmo vivere un ricordo solo scattando fotografie, un altro muovendoci tra le tavole di un fumetto, un altro in soggettiva diventando animali diversi, un altro muovendo soltanto un'altalena e così via.

25.4.23

Recensione: "Anatar" - Gli Abomini di serie Z - Su Prime

 


La prima cosa da dire è che credo di essere L'UNICA persona al mondo ad aver visto Anatar e NON aver visto Avatar (anche perchè il secondo lo hanno visto quasi tutti e il primo saremo in 100, statisticamente ci sta).
Meno male che avevo una bella compagnia di amici ad indicarmi tutti i vari riferimenti al film di Cameron (per dirne uno il pianeta Pandoro al posto di Pandora).
Anatar è un film brutto, ma brutto brutto, bruttissimo.
Eppure è amabile, eppure non ti fa incazzare (qualcuno ha detto Creators??), perchè non si prende mai sul serio e ha anche tanta tenerezza dentro.
Ma è brutto, brutto forte.
Una specie aliena di Anatre Blu punta la nostra Terra perchè, se ho capito bene, ci sono le mele.
Una delle anatre, addirittura la figlia dell'Imperatore, vuole però andare prima in perlustrazione, per evitare che il suo popolo distrugga tutti i terrestri (sempre forse eh, non si capisce una sega).
Si innamorerà di un dolce coglionotto del posto, una specie di Galileo Galilei ma uguale a Benigni.
Ah, nel film c'è anche Ciripipipì Kodak

Quaquaquaquaqua
Quaqua?
Quaquaquaquaquaquaquaquaquaquaquaquaquaqau
Qua...
Quaquaqua!!!!
Quaquaquaquaquaquaquaquaqau
Quaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa

Questo è quello che si sente nei primi 10 minuti di Anatar, pellicola scult arrivata addirittura nelle sale.
Devastante.
Proprio quando ci stavamo dicendo che no, noi tutto il film con dialoghi con solo "qua qua qua" non ce l'avremmo fatta a portarlo avanti, ecco invece che scopriamo che Anatar si svolge (in gran parte poi) anche sulla Terra, tra noi umani.
Non che la situazione migliori eh, anzi, forse le scene sull'astronave delle Anatre son pure meglio di quelle degli umani ma quel suono stava diventando insostenibile tanto che io oggi, il giorno dopo, ho parlato quasi con tutti dicendo solo quaquaqua.

Una specie aliena a forma di Anatra a piume blu (anche se poi ci sono altri volatili me pare, boh) ha puntato la Terra perchè - se ho capito bene - "ce sono le mele", probabilmente il cibo preferito delle Anatre, non so.


Ad un certo punto sulla navicella spaziale decidono, anzi, lo decide lei da sola, di mandare la principessa Avia (la figlia del Re delle Anatre, mestamente definito dal suo rivale come "Il peggior Imperatore mai esistito" nel finale) in perlustrazione sulla Terra, questo per evitare di arrivare col cazzo grosso e far fuori tutti i terrestri subito.
Avia atterra sulla Terra (scusate) in quella che è forse la scena meglio del film.
Qui conosce Germano (nomen omen, doveva innamorasse de un uccello se vede), uno che sembra Roberto Benigni ma nel film pare più interpretare il personaggio di Galileo Galilei.
Un giovane inventore quindi che è anche convinto che il nostro pianeta (Pandoro!!!!!!!!!!) non sia piatto ma semisferico.
I due si innamorano, non arrivano nemmeno mai vicini al sesso ma passando dei dolcissimi e teneri momenti insieme, due anime belle che vogliono fuggire uno dal paese di bifolchi ignoranti in cui si trova, l'altra dalla sua specie inetta che oltre che cacà ovi, far battute sempre uccelliane ("Sei un pollo!" "Chiudi il Becco" "Cos'è tutto questo bEccano??" "Se andiamo in quel pianeta voglio conosce Oca Hontas") e ridere continuamente facendo qua qua qua e sculettando, ecco, oltre questo non vanno.
Si incontrano quindi due esponenti intelligenti, sognatori e "diversi" di questi due mondi inconciliabili e pervasi da dementi, piumeggiati e non.
La Terra - che poi io continuo a chiamalla Terra ma in realtà è sto cazzo de Pandoro - noi la conosciamo attraverso sto paesino (che a me puzzava di umbro o toscano ma me sa a legge i titoli finali siamo invece in Cilento), paesino dove 10 sceneggiatori diversi sono collassati tutti insieme.
L'atmosfera sembra perlopiù quella del Rinascimento italiano ma, SENZA ALCUN MOTIVO, ce sono anche cavernicoli e il sindaco è vestito come gli Antichi Romani.
Un disastro senza senso che manco Vacanze su Marte.
Ah, ci sono anche 3/4 negri (posso in una recensione scherzosa chiamarli così?) a rendere ancora più indecifrabile, caotica e intellettualmente inaccettabile la cornice.
Ah, come se non bastasse c'è anche Ciripipipì Kodak, che torna davanti ai miei occhi dopo esattamente 30 anni da quella immensa ed indimenticabile pubblicità.
Tra l'altro Ciriripipì parla 6/7 volte ma io non ho mai capito cosa dice (e non perchè dice "ciriripipì" eh, dice parole italiane, ma se le magna tutte).
Insomma, Rinascimento Italiano, negri, uomini di Neanderthal, Antichi Romani, Benigni/Galileo, Kodak, un bestiario umano senza capo nè coda che però, insieme a tanti altri elementi del film, rende Anatar indimenticabile.

Allora, sta principessa scende su Pandoro assumendo fattezze umane (come, mi dicono, succede all'opposto in Avatar).
Conosce sto ragazzo dolce e, boh, io vi giuro non capisco che cazzo doveva fa lei su Pandoro perchè da questo momento della trama del film ne perdiamo definitivamente le tracce, ci muore esangue davanti.
La trama dico.

Loro due son veramente carinissimi, si vede anche da sta foto fuori dal set


Lei non sa parlare l'italiano, credo perchè glie se rompe la macchinetta della traduzione.
Quindi, per evità de fa "quaqua" in giro se ne sta sempre muta.

23.4.23

Recensione: "As Bestas - La Terra della discordia" - Cinema 2023 - 7 -

 

L'ultimo film di Sorogoyen è un capolavoro.
Siamo in un minuscolo paesino galiziano (4/5 famiglie).
Antoine e Olga sono due francesi che hanno deciso di trasferirsi lì, a lavorare prodotti biologici e costruire un agriturismo.
Sono odiati da Xan, il "leader" del borgo, perchè a causa del loro voto contrario non verranno lì costruite pale eoliche, costruzione che darebbe un sacco di soldi ai paesani.
Ne nasce un film incredibilmente teso, in climax ascendente eccezionale, con dei dialoghi impressionanti e interpretazioni dei 5 protagonisti da pelle d'oca.
Un film di uomini, bestie e uomini-bestie.
Una delle meglio cose viste in questi anni.

PRESENTI SPOILER DOPO FOTO DI LEI CON LA MAPPA

Olga e Marie, madre e figlia, sono in cucina.
In toni sempre più accesi cominciano a discutere.
Odio, amore, empatia, rabbia, parte un dialogo, l'ennesimo, che definire capolavoro è poco.
Mentre loro discutono (e mi dispiace un sacco che lo spettatore medio queste cose non le nota, non perchè non capace di farlo ma perchè non abituato) la macchina da presa si sposta continuamente, senza nemmeno uno stacco.
 Ora è davanti a lei, ora davanti l'altra, ora fa qualche passo e cambia angolazione, ora segue una lasciando l'altra.
Circa 10 minuti di piano sequenza di puro dialogo che sono qualcosa di impressionante.
Tecnicamente, emotivamente, come scrittura.

Cito questa scena perchè ricorderò a vita As Bestas come uno dei film più grandi che io abbia visto questi anni in quanto a dialoghi ed interpretazioni.
Sarei stato ore ed ore (e il film è già lunghissimo) ad ascoltare quei 5 personaggi, a vederli discutere, a cercare di leggerli.
Se non fosse che As Bestas è anche un film dalle grandissime location esterne (in una campagna galiziana al tempo stesso bellissima e respingente per solitudine e "scomodità") questo è un film che portato a teatro sarebbe devastante.
Però voglio gli stessi 5 attori lì sul palco cazzo.

In montaggio analogico andiamo adesso ad un altro dialogo, forse il dialogo "madre" (o padre?).
Siamo al minuscolo e spoglio bar di quella terra minuscola e spoglia.
Xan sta discutendo (una delle tante volte) con Antoine, il "francesino" che non solo ha avuto il coraggio di andare a vivere lì, in quel paesino di 15 abitanti 15 dimenticati da Dio, ma che si sente addirittura "di casa", "padrone", e ha votato contro l'arrivo delle pale eoliche, arrivo che avrebbe sì cancellato quelle 4 case in croce che ci sono, ma anche portato tanti soldi a quei derelitti.
Ecco, li troviamo, Xan ed Antoine dico, proprio mentre stanno discutendo di questo.
Sono entrambi al bancone.
Anche questa scena è formalmente un piano sequenza (nessuno stacco) anche se a camera fissa.
Ora, sono 3 le cose che dobbiamo notare.
La prima è la straordinaria interpretazione dei due attori che discutono, Luis Zahera (che interpreta Xan, gigantesco) e Denis Menochet (Antoine, poco meno che gigantesco).
Quando ad esempio Menochet urla e Zahera (raramente scrivo i nomi degli attori al posto dei personaggi ma in questo caso mi viene naturale), dicevo, e Zahera con un filo di voce gli dice "Non urlare...", vengono letteralmente i brividi alla schiena.



La seconda è, ancora una volta, la qualità del dialogo.
Dialogo in cui c'è una frase straordinaria che, probabilmente, è quella che sceglierei come citazione del film.

"Siamo sempre stati poveracci, ma non ce ne siamo accorti finchè non ci hanno offerto i soldi"
Fantastica.
Queste 10 persone che hanno passato tutta la vita lì, senza una lira, a spalare la merda dei cavalli o delle vacche e a bere vino in un bar orribile.
Eppure questa era l'unica condizione che conoscevano, erano poverissimi sì, ma se nessuno veniva a dirglielo non se ne sarebbero nemmeno accorti.
E ora Xan può rileggere tutta la sua vita, vedere lo schifo che è sempre stata, capire perchè anche le puttane li scansavano perchè puzzavano di merda.
Il dialogo è teso, straordinario, semplice ma al tempo stesso profondissimo (che poi se vai ben a vedere bene le ragioni di quei due mostri li capisci anche eh, teoricamente dico).
La terza cosa bellissima di questa scena, quella che mi ha più emozionato, è il secondo piano, in questo caso il piano di ascolto.
Davanti abbiamo i due, dietro di loro invece, seduto a un metro di distanza, il fratello scemo Loren (che bella quella sua cicatrice sulla testa, a ricordarci che deve aver avuto qualcosa che lo ha reso quello che è, un'operazione, un incidente, qualcosa).
Ecco, se voi - anche se so che è quasi impossibile - staccaste un attimo lo sguardo da Xan ed Antoine e lo poneste su Loren, notereste che per tutti i 7-10 minuti della scena quello guarda fisso Antoine, senza mai staccare lo sguardo.
E' una cosa bellissima, inquietante, "reale".
Un "piano di ascolto" (tecnicamente potremmo definirlo così) impressionante.

Guardate, con fatica mi fermo dal descrivere altri dialoghi. 
Ma, come ho scritto, ho assistito ad alcuni dei più belli visti recentemente, e me li sento ancora addosso (e pensare che è passata addirittura una settimana dalla visione del film, visto al raduno).

Allargando un attimo lo sguardo bisogna dire che As Bestas è un film straordinario, che sarà faticoso togliere dal podio di quest'anno.
Di Sorogoyen avevo visto un solo film, Il Regno, piaciuto tanto ma sensibilmente sotto questo mezzo capolavoro.
E' un film, come dicevo, che eccelle nel materiale umano (almeno 5 le interpretazioni da pelle d'oca), nella scrittura, nell'atmosfera (tesa, malsana, disturbata), nelle location e in questa regia che pare "invisibile" ma, a vedere scena per scena, è invece magistrale.
Ho scoperto proprio oggi, andando nella pagina wikipedia del film per recuperare i nomi dei personaggi, come questo film racconti, in maniera poi abbastanza fedele, una vicenda reale accaduta praticamente negli stessi luoghi e con modalità molto simili.
Certo, l'averla creduta una sceneggiatura completamente originale (formalmente lo è comunque, ma intendevo inventata da zero) me la faceva vedere ancora più grande.
In realtà no, non cambia niente, il fatto che sia ispirata ad un evento reale non sposta minimamente il mio giudizio.
Sorogoyen ha per esempio cambiato la nazionalità del forestiero (da olandese a francese), questo per rendere l'atmosfera con i paesani ancora più tesa (Xan odia i francesi, per motivazioni storiche).
In più Antoine - pur avendo deciso di dedicare la propria vita a lavorare la dura terra -  è un uomo di c(o)ultura, in una landa desolata dove gli altri uomini, e il titolo del film richiama principalmente questo, sono simili a bestie, nel senso ovviamente dispregiativo del termine (animali incapaci di ragionare).
 Tanti vedranno in questo film richiami a grandi film di piccole comunità "grezze" che odiano i forestieri.
 L'esempio più bello e calzante è secondo me il nostro magnifico" Il vento fa il suo giro", se lo avete perso recuperatelo.
Tra gli altri tantissimi film citabili ricordiamo anche Calvaire, forse una delle pellicole dove questa analogia "paesani = bestie" viene resa al meglio (impossibile che quel bar non richiami a quello di Du Welz).
Quindi francese (il popolo che Xan odia), acculturato (diversissimo da loro) e, come se non bastasse, Antoine è anche un uomo buono, mite, uso a dialogare e cercare di spiegare, anche qui l'esatto contrario dei due fratelli.
Questo "impossibile dialogo" (in un film paradossalmente che di dialoghi è  pieno) è il fil rouge del film.

12.4.23

Recensione: "Adorazione" - Su Mubi - Rocco's House

 

Cos' Adorazione?
Un film sulla scoperta dell'amore?
Sul riconoscersi tra simili?
Sull'annullare due solitudini?
Un coming of age?
Un film sulla manipolazione affettiva?
Sui rapporti tossici?
Uno sulla malattia mentale?
Uno sul Bene e sul Male che si uniscono tra loro?

Adorazione riesce ad essere tutto questo grazie a una scrittura eccezionale, specie nel tratteggiare i due indimenticabili protagonisti, due ragazzini che, per motivi diversi, decidono di scappare insieme da una clinica per malattie mentali.
 Film splendido che eccelle in tutto, dalle location suggestive alla "commovente" fotografia, dalla regia perfetta (del Du Welz di Calvaire) alle interpretazioni.
Davvero un gioiello impossibile da perdersi


Conobbi Du Welz con la sua opera prima, Calvaire, e fu una folgorazione.
Mi piacque così tanto che ad uno dei raduni del blog proposi il suo secondo film, Vinyan.
Fu un fiasco, una grossa delusione per me e anche per quasi tutti gli amici presenti.
Dopo qualche anno ci riprovo e, caspita, Adorazione è veramente bellissimo, forse addirittura superiore a quell'esordio così fulminante.

Siamo in un'epoca non meglio precisata.
Una clinica per malattie mentali in campagna, un bosco tutto intorno (stessa identica location dell'ultimo film visto, Quando Dio imparò a scrivere).
Paul è "costretto" a vivere dentro quella clinica perchè sua madre lavora lì.
Paul non ha amici, è un ragazzo dall'impressionante candore.
Studia gli uccelli, gli unici essere viventi con cui presumibilmente è cresciuto.
Salva un cardellino dalla morte (poi la madre lo butterà nella spazzatura in una delle scene più emozionanti), tiene due barbagianni in soffitta, parla con loro.
Fino a che non conosce Gloria, una sua coetanea ricoverata lì per disturbi mentali.
Conoscere un'altra ragazza come lui lo porta a vivere emozioni mai vissute prima.
E, probabilmente, a innamorarsi perdutamente.



Adorazione è un film che ha letteralmente tutto, e tutto al meglio.
Location bellissime (ne troverete addirittura una decina), una fotografia talmente eccezionale che è quasi commovente (so che è un aggettivo che non si applica alla "luce" ma qui siamo davvero in presenza di tonalità e di immagini talmente suggestive da emozionare), una colonna sonora eccezionale, una regia perfetta che alterna precise e maniacali inquadrature ferme (specie negli interni) ad una camera a mano vorticosa e "viva", attori formidabili (vi innamorerete di lui, forse leggermente meno di lei a causa dell'ambiguità del personaggio), e tanti, tanti, tanti sottotesti.

Cos' Adorazione?
Un film sulla scoperta dell'amore?
Sul riconoscersi tra simili?
Sull'annullare due solitudini?
Un coming of age?
Un film sulla manipolazione affettiva?
Sui rapporti tossici?
Uno sulla malattia mentale?
Uno sul Bene e sul Male che si uniscono tra loro?
Ecco, c'è una scrittura dei personaggi e delle dinamiche secondo me talmente grande che Adorazione, forse, riesce ad essere tutte le cose qua sopra.
Tutto questo nascosto dietro una "copertina" bellissima, con scene minime (il film è sia molto lineare nel plot che molto semplice nella costruzione delle sequenze) ma che diventano grandissime grazie alla regia, alla recitazione a alla sopracitata fotografia, una delle più belle viste recentemente.
Le luci colorate che usa Paul con la sua torcia, quella abbagliante del sole che più volte colpisce i nostri due protagonisti, quella della notte, quella riflettente sugli innumerevoli specchi d'acqua presenti, quella del fuoco che brucia, ogni 5 minuti sembra di essere dentro un quadro disegnato meravigliosamente.
E questa camera a mano che spesso si muove tra i due, anche se molto "controllata" (insomma, non alla Trier).
E il bosco, e la laguna, e gli interni della clinica, e la soffitta, e il fiume, e la barca e i laghetti, e i prati, sono davvero tutte bellissime le location.

Paul è un'anima pura, quasi un angelo, anche nell'aspetto.
Lui vive per gli altri, per accudirli.
Lo fa con gli uccellini che trova.
Lo fa con quella madre immatura che lo vuole tutto per sè e si ritrova anche ad essere gelosa esteticamente di una bambina (terribile quel "E' più carina di me?").
E lo fa (o lo vorrebbe fare) anche con Gloria che, però, se per "ruolo" si ritrova ad essere la persona che ha bisogno dell'altro  (è ricoverata, rinchiusa e sta male) in realtà è assolutamente quella che tiene le fila, quella che gestisce tutto, la "Regina" che con un ordine o un pianto è capace di convincere chiunque.