tag:blogger.com,1999:blog-4868944372350456450.post7963347388009715540..comments2024-03-28T23:25:50.939+01:00Comments on IL BUIO IN SALA: Recensione: "The Dead and the Others" - L'InMubinologo, alla ricerca di perle nascoste su Mubi - 3- di Riccardo SimonciniCaden Cotardhttp://www.blogger.com/profile/07422140243813864819noreply@blogger.comBlogger2125tag:blogger.com,1999:blog-4868944372350456450.post-23250883934143004362020-09-01T23:36:21.259+02:002020-09-01T23:36:21.259+02:00Che bel commento, Enrico! Grazie davvero di cuore....Che bel commento, Enrico! Grazie davvero di cuore...<br />Hai fatto interessantissime osservazioni, mettendo in campo esempi a cui io non avevo minimamente pensato, spaziando con grande precisione dalla letteratura alla cultura generale. <br />Come dici, il film in questione parla proprio di veleni (che suggestiva espressione hai usato): sostanze (un po' magiche in questo caso) che, seppur in quantità molto basse, possono avere effetti letali. Qualcosa insomma che magari non si vede, non si misura, non si nota, ma c'è e può uccidere. E in fondo proprio lì sta il loro fascino: l’essere sospese nella loro minima grandezza tra la vita e la morte (proprio come 'The Dead and the Others'). <br /><br />Il giustissimo e più che poetico parallelismo che fai con il Giappone (quanto è bello Principessa Mononoke) esalta proprio l’aspetto che si sta forse lentamente perdendo nel nostro mondo di tutti i giorni: la spiritualità (non per forza intesa come pratica esoterica, ma anche nella sua accezione più ampia di “sensibilità”). Sembra quasi che nel nostro mondo occidentale volersi dedicare a questa dimensione senza apparenti fini pratici razionali (anche solo semplicemente contemplare la forza distruttiva della natura, come dicevamo in altra sede) sia segno di arretratezza e primitività. Come se dovessimo sempre approcciarci alla realtà filtrandola come un robot o un computer. <br />Mi viene in mente a tal proposito il meraviglioso film di Lanthimos ‘Il sacrificio del cervo sacro’, dove il mondo razionale della medicina soffriva appunto l’incapacità della scienza di rispondere alla strana “malattia” che colpiva il giovane Bob. <br />Dovremmo forse imparare a ricongiungere forze che vediamo come opposte (scienza e spirito, razionale e irrazionale), perché ne usciremmo probabilmente più arricchiti. In questo senso, come anche in tanti altri casi (e tu me lo insegni sempre), l’Oriente sembra essere un buon esempio. <br />Dovremmo solo essere disposti ad aprire la mente. Per fortuna che il cinema e queste riflessioni arrivano in nostro soccorso ;) <br /><br />Grazie mille come sempre! <br /><br />-Riccardo<br />Riccardonoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4868944372350456450.post-19162743904089569942020-09-01T19:57:08.682+02:002020-09-01T19:57:08.682+02:00Eccomi, Riccardo.
Volevo prima commentare A Russia...Eccomi, Riccardo.<br />Volevo prima commentare A Russian Youth, ma saputo che è stato tolto da Mubi dopo aver aspettato troppo ho deciso di rifarmi qui. <br />Che dire, c'è molto cinema di cui abbiamo parlato, il documentario sognante, addirittura l'eziologia, certamente cara agli interessi della medicina. Sembra che questo film abbia portato tanti discorsi semplici in qualche concetto molto più alto e complesso, e la tua scrittura limpida e sospesa l'ha certamente espresso anche a chi legge.<br />Ciò che ho pensato leggendoti (anzi, ascoltandoti come in mezzo alla natura di Ihjac) è che la storia di questo ragazzo parli proprio di veleni e medicine. Quelli dell'anima e del corpo, che si rincorrono in tante storie, l'Amleto shakespeariano (anche lì un padre morto tornava a chiedere sollievo a suo figlio...), come nel nostro stesso mondo, dove esiste una pratica curativa chiamata "bagno nella foresta" (la Natura, non a caso), a metà tra scienza e spiritualità. <br />Lo Shinrin-yoku ci porta in Giappone, dove avrai immaginato che volessi (come sempre) andare a parare. Il Brasile e le isole nipponiche, due realtà così opposte e così simili. Terre per noi esotiche, natura sconfinata accanto al caos cittadino più febbricitante, spaventoso, attraente. E un passato vissuto tra quelle foreste, quella pioggia, che tu hai menzionato e non hanno potuto farmi venire in mente altro che Principessa Mononoke del maestro Miyazaki. Nell'Ihjac qui narrato ho rivisto Ashitaka, con la sua ferita che non vuole, lo tormenta e forse lo ucciderà, lo rende forte ma chissà entro quale limite, e chissà la cura quale sarà.<br /><br />Anche leggere queste recensioni, come parlare di film o immergersi nel creato naturale, scuote l'anima.<br /><br />- EnricoEnricoGhttps://www.blogger.com/profile/01043194131109146084noreply@blogger.com