E' innegabile che un film per essere definito grande eccella in tutte le sue componenti, vale a dire l'attorialità, la tecnica, la storia (il susseguirsi delle vicende) e l'emozione suscitata. E' solo la debolezza, forte debolezza, di una di queste componenti che mi fa pensare a "Nel paese delle creature selvagge" come a un possibile grande film mancato.
Mi riferisco alla staticità della parte centrale, un pò troppo verbosa e priva di azioni rilevanti.
Ottima la prova del giovane attore, stupenda la fotografia, specialmente in 2,3 immagini controsole.
Andiamo per ordine però.
Un bambino di 9 anni vitalissimo e ribelle, reagisce a una discussione con la madre fuggendo di casa. Arriverà con una barca in un'isola lontana, popolata solo da un gruppetto di esseroni giganti, creature che, come lui, sembrano aver paura della solitudine. Lo faranno loro re, fino all'inevitabile addio.
La magia, lo sappiamo, non esiste. Solo una cosa, meravigliosamente umana, può essere assimilata alla magia, al riuscire a superare i limiti terreni: l'immaginazione. L' immaginazione è sinonimo di fantasia, etimologicamente LUCE, e non è un caso che più è forte più stiamo con gli occhi chiusi, al buio. Questo film è uno straordinario omaggio ai 2 più importanti tesori che nascondiamo nell' infanzia, l'immaginazione e il gioco, tesori che purtroppo tendiamo a farci scoprire e depredare con il passare degli anni.
Max è un bambino ribelle, Max ha paura che piano piano la madre, la sorella, le persone che più gli stanno a cuore, si dimentichino di lui, non lo ascoltino, lo lascino in disparte. Ed è così che immagina un meraviglioso regno, dove suoi multipli alter ego (Carol il ribelle e la capretta che nessuno ascolta su tutti) vivono le emozioni che lui prova nella sua vita reale: l'amore, il gioco, la solitudine, il senso di esclusione, la rabbia. E' solo il confronto con Carol, il capire che a volte la ribellione è insensata, che basterebbe soltanto accorgersi del bene che si ha intorno (il cuore di rametti), a farlo tornare indietro, e guardare sua madre addormentarsi con un senso d'amore mai provato prima.
Ma come detto questo film è anche un omaggio al gioco, nel senso più bello e naturale che esista, al rotolarsi per terra, al cercare dapertutto buchi in cui infilarsi, al correre senza meta, al saltare, al gridare, al fare la lotta come si fa tra fratelli sopra il letto, al farsi male di felicità. Questa è un'altra delle magie dell' infanzia, o almeno di un'infanzia che fu, essere felici con niente. Chi, come me, non si vergogna di provare emozione in questo modo, chi , come me, nella parola infantile non vede un'offesa ma un complimento involontario, chi crede nel potere della fantasia, ricorderà per sempre questo film, e capirà una volta di più, se mai ce ne doveva essere bisogno, che esser bambini è il più bel regalo che Dio ci ha dato e chi se lo rovina, o chi se l'è visto rovinare, non sarà mai più felice come avrebbe potuto.
( voto 7 )