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20.11.10

Recensione: "Last Life in the Universe"



Se non fosse per una parte centrale tremendamente statica ci troveremmo di fronte all'ennesimo capolavoro arrivato dall'oriente. Per il resto il film presenta tutte le migliori caratteristiche di tale cinema, l'estetica delle inquadrature (spesso ferme), la carica metaforica, la magia del silenzio, l'esistenzialismo di fondo. Cinema di sottrazione e di anime perse, come quello di Ferro 3 (posteriore a Last Life), forse il più importante e riuscito esponente di tale filone.
Cinema anche di contrasti, come quello tra il carattere dei due protagonisti, il timidissimo, metodico, ordinato e aspirante suicida Kenji, e la "libertina", disordinatissima e vitale Noi. E' la tragica morte della sorella di quest'ultima ad unire i 2 personaggi. Noi la fa scendere dalla macchina, Nid (la sorella) rimane bloccata nel veder il tentativo di suicidio (l'ennesimo) di Kenji, una macchina la travolge. E' come se il destino avesse tolto di mezzo una persona per far sì che si unissero altre due.

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Kenji è un'anima persa, una vita vuota passata in mezzo ai libri, nessun amico, nessuna relazione, un fratello killer. In realtà è un pavido suicida perchè in tutti i suoi tentativi ( sei )non arriva mai neanche vicino al dunque se non soltanto attraverso l'immaginazione. Considera la morte come "riposo" dallo stress, dai doveri, imposti o no, che la vita ci pone davanti. Sappiamo tutti come il Giappone sia di gran lunga il paese con più suicidi al mondo e non a caso Kenji è un giapponese che lavora in Thailandia. L'incontro con Noi, pur non cambiandolo radicalmente, gli farà provare emozioni forse mai provate prima, anche se effimere, a tempo determinato. Noi infatti dovrà partire e Kenji si ritroverà in galera per una brutta storia di Yakuza in cui suo malgrado si è trovato coinvolto. Difficilmente si rivedranno.
Ecco, non lo so, c'è qualcosa di irrisolto in questo film. Secondo me è come se non si chiudesse perfettamente un cerchio come per esempio avviene sempre per i film di Kim ki-duk, che se da un lato ci lasciano con mille suggestioni e interrogativi, dall'altro sembrano conclusi, portano a termine il proprio percorso. Personalmente ad esempio trovo che la sottostoria della Yakuza c'entri poco con il film, non vorrei che sia servita soltanto per il cameo di Miike. Rimane un'opera molto interessante, forse più importante di quanto io non sia riuscito a cogliere.

( voto 7 )

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