Pagine

6.2.15

Recensione: "Il Superstite"


Spoiler abbastanza pesanti dopo la linea divisoria nel finale

Che poi in realtà superstiti lo siamo tutti.
Essere in vita vuol dire essere superstiti della morte.
Essere in vita vuol dire anche essere superstiti di milioni di persone che se ne sono andate o se ne vanno ogni giorno.
Perchè sopravvivere non è per forza qualcosa di strettamente relativo, come la parola superstite presuppone.
Poi si può anche essere superstiti di un dolore o di un amore, di un incidente o di una gioia, di un terremoto che distrugge case o di uno interiore.
Aaron è un giovane ragazzo superstite, l'unico superstite, di un tremendo naufragio del quale poco o nulla sappiamo, solo un'istantanea di un mare che si ingrossa e inghiotte.
Aaron nel naufragio ha perso suo fratello, praticamente la seconda metà della sua anima.
La piccola comunità dove vive non gli perdona di essere ancora in vita mentre tutti gli altri sono morti.
E nemmeno Aaron se lo perdona.
Questo è un film su chi rimane, su chi ha avuto la (s)fortuna di salvarsi e deve vivere ogni giorno non solo con il senso di colpa e con il ricordo che ti dilania dentro, ma anche in mezzo a persone che non sopportano che tu sia ancora vivo mentre tutti i loro affetti sono morti.
Il Superstite è un'opera prima a tratti straordinaria, scritta e girata con una sensibilità pazzesca.


A livello visivo l'ho trovato di una grazia a tratti stordente per come gioca con le varie grane dell'immagine. Alle riprese classiche, infatti, alterna vecchi filmini amatoriali -bellissimi-, immagini di repertorio, vhs, video di telefonini e sequenze oniriche in un montaggio più mentale che narrativo davvero prodigioso.
Scene come il triplo montaggio di lui che costruisce la zattera, la mamma che canta e il vecchio filmato di loro due insieme, come quella dell'accoltellamento del cuscino, vortice rosso di piume, o quella di lui che si avvicina al mare o il filmato amatoriale dei bambini che fanno il girotondo, sono davvero da pelle d'oca.
Il film è quasi privo di narrazione e di azioni notevoli che lo portano "avanti" tanto che, a parte il finale, ogni scena potrebbe stare indifferentemente prima o dopo delle altre. L'unico tempo che esiste è quello interiore del protagonista, quello del suo tormento. E malgrado tutto venga trattato in maniera perfetta è proprio qui, se vogliamo, che si può nascondere l'unico vero (e forse grande) difetto del film, ossia nel suo troppo ripetersi, sia nelle situazioni che nei pensieri (raccolti nella voice off del protagonista). Sembra quasi che si siano aggiunti molti riempitivi e ripetute scene per raggiungere la durata minima consentita, quella di nemmeno un'ora e mezza.
Ma quello che sembrava "solo" un film sulla colpa del sopravvivere e sulla devastazione psicologica di un ragazzo che ha perso il proprio fratello (ma che lo sente ancora vivo, e per questo lo cerca) diventa poi qualcos'altro, anche se fin dall'inizio, dalla primissima scena, questo qualcos'altro ci era stato in qualche modo anticipato.
Il mare è un mostro che reclama vittime per poi tenerle nascoste nel proprio ventre. E' vero, siamo in Scozia, terra di leggende e di Lochness, e quindi trovarsi davanti a questa, così atavica, terribile ed affascinante, è quasi normale. L'intera comunità ha paura di questo mostro marino (forse, come detto, il mare stesso) e solo un sacrifico può uccidere il mostro e riportare la serenità.

Immagine correlata

Ed è qui che il film, a tratti, sembra assumere connotati quasi demoniaci, con sequenze e tonalità che richiamano l'incubo, con questo Male che aleggia dapertutto. A tal proposito ho trovato magnifica la scena del vecchio filmato del Carnevale con questa maschera della Morte che cammina per strada. Mi ha ricordato, soprattutto nella sua valenza metaforica, La Maschera della Morte Rossa di Poe.
-----------------------------------------------------------------------------------------------
Aaron crede fortemente che suo fratello sia ancora vivo.
E crede fortemente nella leggenda.
Non ha niente in questa vita che abbia un senso senza di lui, e così questa volta andrà a cercarlo davvero, negli abissi, nel ventre del mostro.
Nei 5 minuti finali, di una bellezza abbacinante, delle ferite mortali diventeranno squame.
E un ragazzo sarà pesce, come nella leggenda.
E in quel ventre ci sarà il ricongiungimento, quel ricongiungimento che ucciderà il mostro.
E il mostro si spiaggerà, immenso e ansimante.
La mano di una madre lo tocca, e capisce.
Il sacrificio è stato fatto.
Io ho ritrovato mio fratello.
Voi, la vostra serenità.


( voto 8 )

9 commenti:

  1. Tu dici: "Il Superstite è un'opera prima a tratti straordinaria, scritta e girata con una sensibilità pazzesca."
    Io aggiungo: A tratti è di una pesantezza che nemmeno la peperonata con le cozze...
    Ehm. Sì, insomma, diciamo che non è stato esattamente un film che ho amato.

    http://viaggiandomeno.blogspot.it/2014/03/il-superstite.html

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahah, ma sai che in questa mezzoretta che mi sono messo a leggere qualcosa sei in buonissima compagnia?
      Eppure io l'ho trovato bellissimo e per niente stancante.
      Vengo a leggere :)

      Elimina
  2. la tematica dell'essere sopravvissuto ad una tragedia e il rimorso sembrerebbero richiamare Another Earth. Se è quel genere di film - un po' introspettivo, malinconico ma allo stesso tempo "strano" - potrebbe anche piacermi

    RispondiElimina
    Risposte
    1. anche se comunque leggendo le ultime parti prima della linea, mi sembra sicuramente più inquietante - ulteriore punto favore

      Elimina
    2. Bravissimo Marco, il "mondo" de Il Superstite può benissimo essere quello di Another Earth.
      I sensi di colpa sono molto diversi (lì era lei ad aver causato la morte, qui semplicemente c'è la colpa di essere sopravvissuti) e stilisticamente i due film sono molto diversi (questo è tutt'altro che classico) ma per alcuni aspetti si richiamano.
      Ne sto leggendo anche abbastanza male, a me è piaciuto moltissimo.
      Il finale beh, strepitoso

      Elimina
  3. Ho iniziato a vedere questo film senza sapere niente di niente e son rimasta piacevolmente stupita perchè mi ha emozionato. è secondo me incentrato sulla ''ricerca''. mare come ignoto, e permeato da una costante tensione mistico-religiosa. Ho apprezzato tantissimo lo stile registico schizofrenico livido onirico.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, un pò il paradosso è che in un film basato quasi tutto su uno scavo psicologico poi lo stile e la forma siano un aspetto ancora più importante e d'impatto.
      Non so se ci sia religione ma qualcosa di ricerca e di ancestrale sicuro.
      Il mare credo che abbia almeno 5,6 letture, compresa la tua :)

      Elimina
  4. Un piccolo, grandissimo film. Mi sono lasciato incantare da questa storia di tormento e angoscia e speranza disperata. Da questo mare affamato, abitato, carico di mostri e ricordi (che poi sono la stessa cosa). Siamo tutti dei superstiti, sì, è così: siamo sopravvissuti alla nascita e affetti da quel morbo incurabile che è la vita (che non lascia scampo). Il mare che è "l'ignoto che appare" (come direbbe Hugo von Hofmannsthal), il mare che è speranza e possibilità, rifugio e tomba, via di fuga e strada che riporta a casa. Per Aaron il mare è tutto questo. Almeno credo. Ha perso suo fratello in quella tempesta, in quella notte, in quell'incidente, o forse è stato il mostro marino che abita le leggende? Lui non ricorda bene. Tutti lo accusano di essere l'unico superstite di quella strage, perché a chi sopravvive noi non perdoniamo di avercela fatta. I morti hanno sempre ragione. E Aaron lo sa, lo sente, più di chiunque altro. E odia e si odia. E si dispera e piange, perché suo fratello era la sua vita. Ma lui è convinto che non sia morto. Deve essere lì da qualche parte, forse nelle profondità di quel mare dove risiede il mostro. Il cuore dell'uomo è esattamente questo. E lui ci prova, viene respinto, deriso, perseguitato dalla vita che ogni giorno gli ricordo di essere il superstite: perché tu sei vivo, Aaron, tuo fratello no. Inevitabile la discesa nel maelstrom (per citare ancora Poe): nella follia, nella disperazione, nell'illusione, nel mare, in sé stessi. E la barca costruita da solo, perché nessuno vuole dargliela. E l'abbraccio infinito con sua madre, che ha perso un figlio e l'altro è smarrito tra le onde della vita. E quel finale che esonda e fuoriesce dallo schermo, perché Aaron si è immerso nelle profondità del mare, è diventato pesce, come narra la leggenda, e ora può sconfiggere il mostro. Perché per tornare a galla, e respirare di nuovo, a volte bisogna scendere nelle più oscure profondità. Aaron abbraccia suo fratello.

    :))

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Film cui sono legatissimo e che, ahimè, fu uno dei meno considerati del Guardaroba.
      Tra l'altro se ricordo bene è la prima traduzione di Alice.
      Titolo italiano che stravolge il bellissimo originale ma, a suo modo, così semplice, è molto evocativo.
      Ancora adesso considero quel finale uno dei più belli della mia vita, mi distrusse.
      Tu, come sempre, hai saputo restituirci il film con la poesia, lirica e terribile.
      Se ricordo bene poi nello stesso film c'erano momenti lirici, anche di regia e messinscena, di contraltare con questa storia fredda e realistica

      commento stupendo, ci risentiamo massimo 3 giorni per Everything :)

      Elimina

due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

2 metti la spunta qui sotto su "inviami notifiche", almeno non stai a controllare ogni volta se ci sono state risposte

3 ciao