Anche questo film è stato visto con la piattaforma MyMovies
Davvero interessante e, per quanto ne so io, pure originale l'idea avuta dai documentaristi Francesco Conversano e Nene Grignaffini.
A 50 anni dalla costruzione del Muro di Berlino che, pochi cazzi, è sicuramente il muro più importante, iconico e rappresentativo della storia, i due registi italiani hanno pensato di raccontate quei muri che, a differenza di quello tedesco, sono ancora presenti e in "piedi" nel nostro pianeta.
Idea allo stesso tempo semplice e geniale, anche perchè, e all'inizio del documentario lo scrivono pure, i muri non sono soltanto quelli eretti fisicamente dall'uomo ma anche quelli più astratti ma ugualmente divisori, quelli dell'odio, del pregiudizio, della diversità.
E proprio qua sta forse il pizzico di delusione che si prova alla fine. Con un soggetto e una presentazione simile ci aspettavamo una carrellata di chissà quanti muri, fisici o no, mentre il doc si concentra soltanto su due, tra l'altro uno nemmeno muro in realtà, ma un ponte.
Ovviamente stiamo parlando di piccole produzioni e forse si è fatta di necessità virtù, ma certo la sensazione che si sia sprecata una magnifica idea per raccontare troppo poco è forte.
Anche perchè lo snellimento che ci sarebbe stato nel presentare più situazioni avrebbe giovato anche alle due effettivamente poi presentate, di cui almeno una, quella messicana, tirata un pò troppo per le lunghe.
Ed è proprio con il muro di 1000 km che divide la frontiera tra Messico e Stati Uniti che si apre il doc. Una frontiera che in questi ultimi anni ha lasciato a terra migliaia di vittime.
Giovani disperati messicani che volevano andare dai cugini americani per cambiare vita. E attraversano giorni e giorni di cammino nel deserto per farlo, un viaggio quasi privo di speranza, non solo per la difficoltà dello stesso (la lunghezza, il deserto, il muro) ma anche perchè sia l'immigrazione che la polizia di frontiera americana non lasciano scampo.
E così abbiamo un quadruplo punto di vista, quello dei messicani "migranti", quello della polizia di frontiera (che ce l'ha con il governo Obama accusandolo di favorire l'arrivo di messicani, futuri elettori), quello, forse il più interessante, del carcere di Maricopa dove viene deportata la maggior parte dei migranti beccato, e quello di un gruppo di samaritani che aiuta, come può, i messicani, lasciando medicine e acqua lungo le migliaia di sentieri desertici che i gringo battono per raggiungere la loro meta.
I messicani amano e sognano l'America, gli americani odiano i messicani. A tal proposito da brividi il direttore del carcere di Maricopa, una specie di guitto d'avanspettacolo a cui piace umiliare i carcerati sia offendendoli a parole che in altre fantasiose maniere, ad esempio obbligandoli a mettere mutande rosa.
Del resto come spilla ha una pistola dorata il tipo.
La polizia di frontiera poi sfiora a tratti il ridicolo, definendo i poveri messicani come tutti pericolosi criminali, addirittura mettendoci dentro anche suggestioni osamiane come corani e tappeti. Invece è un dramma ragazzi, qui ne muoiono di continuo e sui sentieri, sul deserto, si trovano corpi e piccoli oggetti personali. In più i messicani devono affidarsi a dei "coyote", praticamente la figura desertiana equiparabile agli scafisti che conosciamo bene, gente senza scrupoli che lucra nel viaggio e approfitta dei migranti anche per far circolare droga e corruzione,
Se possibile ancora più assurda la situazione di Mitrovica, una cittadina a nord serba e a sud albanese-kosovara. Solo un ponte su un fiume divide le due parti. Ancora più estremo del muro Messico-Usa perchè se il primo divide comunque due nazioni e due popoli qua, come in Palestina, ci troviamo davanti a due etnie che rivendicano entrambe uno stesso territorio. I 10 anni della guerra del Kosovo hanno creato un odio insanabile, assolutamente non sopito. Ci sono kosovari che hanno la propria casa 50 metri di là dal ponte, ma non possono andare, c'è la polizia serba. Sembra tutto così strano e anacronistico ma in realtà, ed è questo il dramma, nel nostro mondo ogni aberrazione è all'ordine del giorno. Ed è davvero particolare sentire i serbi accusare gli albanesi di essere un gruppo di criminali di cui avere paura e sentire poi gli albanesi dire le stesse identiche cose dei serbi. Guardi il documentario e non riesci a capire nulla, non per colpa dello stesso, ma perchè ci sono verità così contrapposte e allo stesso tempo "identiche" che è quasi impossibile capire se ce ne possa essere qualcuna di assoluta.
Mi è dispiaciuto che molte cose ci siano state spiegate da gente del luogo, ma facendo finta che le stessero dicendo ad altre persone. Io sono sempre dell'idea che se si fa un doc allora si intervista "direttamente" o comunque si riprende in maniera nascosta, non c'è bisogno di ricreare cose (ne parlavamo anche con Louisana),
Resta un bel documentario, interessante, dal ritmo non troppo coinvolgente e con un'idea iniziale che avrebbe potuto portare a qualcosa di veramente potente.
L'ho visto ieri. Molto d'accordo con te. Interessante, ma dall'idea poteva venire fuori qualcosa di molto forte e potente. Invece il risultato sa di "pochino" e sminuito e non abbastanza esplorato.
RispondiEliminaInoltre le recitazioni, almeno fatte così, toglievano forza e quasi credibilità a questa realtà agghiacciante.
Non è facile fare bei documentari
Sì sì, vidi questo doc colmo di aspettative, l'idea era formidabile. Però poi rimasi deluso sia dal veder solo due vicende (cavolo, almeno 3 direi sia il numero minimo quando prendi qualcosa a tema) sia anche dalla realizzazione delle stesse.
EliminaPerò di documentari meravigliosi ne ho visti tanti sti anni.
Se penso a L'immagine mancante, i due Oppenheimer, L'impostore e altri anzi, mi vien da dire che tra le cose più belle viste sti anni ci siano proprio i doc
Ecco mi mnaca L'immagine mancante! :)
RispondiEliminaIo l'ho messo addirittura come miglior film del 2015 l'anno scorso ;)
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