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2.11.17

Fatti da Voi ( 8 ): Giacomo del Buono - Noi siamo Ercolini

Risultati immagini per giacomo del buono

Un amico, un documentario, una storia bella di sport e valori, un calcio al razzismo.
Un calcio talmente perfetto che finisce in rete all'angolino


Questa è una puntata un pò speciale della rubrica dei Fatti da Voi.
Perchè io con Giacomo ci sono cresciuto.

Casa dei miei, che poi era ovviamente anche la casa di noi 4 fratelli -loro figli- aveva un problema.
Le mancava un muro.
Quello di cemento, in realtà, c'era ma non aveva la funzione per cui era stato eretto, non chiudeva.
Casa nostra era quindi la casa aperta per eccellenza di Paciano, una casa in cui ad ogni ora di ogni giorno potevi trovar dentro chiunque. E' vero, l'esser 4 fratelli maschi un pò poteva portare a quello, perchè pensateci, devi moltiplicare tutto per 4, anche gli amici, lo so.
Ma c'era qualcosa di strano, una magia-maledizione che solo chi l'ha frequentata può capire.
Ragazzi che nemmeno conoscevo che facevano "salina" (sega a scuola) nella camera di mio fratello più grande, altri che mi ritrovavo a cucinare alle 2 di notte 
("Ma chi siete? Che state facendo?" 
"Te invece chi sei?  -me rispondevano - Magnamo") 
 altri ancora che prendevano la play e venivano a giocarci in camera mia mentre io dormivo.
 E potrei andare avanti all'infinito.
E' un pò quello che accadeva, con lo sport, nel giardino di mio nonno, quello che raccontai qui.
Insomma, noi Armellini eravamo l'epicentro della movida giovanile pacianese.
Tra tutti c'era un grande amico, Giacomo, forse l'unico insieme a me interessato in qualche modo al cinema, al di là di vedere semplicemente un film.
Uno di quelli che giocava alla play fino alle 5 di mattina in camera mia, All Night Long, ricordi Giacomo?
A me è sempre piaciuto scrivere, a lui prendere la telecamerina.
Lui, a differenza mia, ha avuto la forza, il coraggio e la voglia di provare a fare della sua passione anche il suo lavoro.
E' partito per Roma, un pò per carattere, indole e voglia di fare, un pò per fuggire mentalmente e spazialmente da un paese e da una vita che gli avevano offerto delle prove durissime, talmente devastanti che è anche difficile raccontarle.
E' diventato documentarista, uno bravo poi.
Mi manda questo mediometraggio che non sarà perfetto, non sarà indimenticabile, ma per chi è cresciuto in una certa maniera e conosce chi c'è dentro a quel documentario è davvero un piccolo gioiello.
Roba che in confronto Sacro Gra nemmeno il festival della Porchetta doveva vincere, non Venezia.
Sono cresciuto e vissuto sempre nello sport.
Ho conosciuto cosa vuol dire giocare dalla 2 del pomeriggio alle 7 di sera, ho conosciuto quei sassi che non solo ferivano ma penetravano proprio nella carne così in profondità che non riuscire poi a toglierli, ho conosciuto l'emozione di far parte delle prime squadrette, quella di ascoltare le formazioni del mister (incredibile, ripensandoci adesso, di non essere quasi mai stato in panchina in vita mia), quella impressionante di ritrovarsi dei completini nuovi.
E i campi di ghiaia, e i muri pericolosi, e il sentirsi un giorno fuoriclasse e l'altro un emerito coglione.
E in questo documentario ritrovo tutto insieme sia Giacomo che quelle sensazioni, che poi Giacomo era pure forte a giocare, ma talmente pigro e naif che forse è stato meglio abbia smesso.
Gli Ercolini sono una squadra di piccoli giocatori, una squadra quasi estemporanea, di quelle che ti ritrovi, senza alcun senso, ragazzi alti o bassi, magri o grassi, con la faccia da schiaffi o col sorriso dolcissimo. Un'Armata Brancaleone destinata quasi per costituzione alla sconfitta.


Ma sono una squadra particolare però, perchè vivono in roulotte, perchè si allenano in parchi dismessi, perchè sono poveri e sporchi.
Perchè sono Rom.
Solo chi ha vissuto il vero sport probabilmente potrà capirne l'importanza.
La gente si riempie la bocca di offese, di accuse ai calciatori milionari, di ironie, di tutto, ma sta gente non ha mai capito che lo sport, quello senza lustrini, è il più grande collante umano esistente, l'unico capace di abbattere differenze, l'unico ancora capace di aggregare, l'unico che ti insegna i valori della vittoria e della sconfitta, l'unico mezzo, a volte, per regalare felicità dove quella felicità non ha alcun modo di attecchire.
E non è importante la forma fisica, per quello ci sono le chic e spersonalizzanti palestre, quello che conta è l'emozione che lo sport ti regala.
Gli Ercolini sono scarsi, quasi scarsissimi. Hanno un portiere che non solo non para nulla, ma a volte regala anche goal agli avversari posando la palla a terra senza poi calciarla.
Perdono sempre.



Ma, senza retorica, questo alla fine non conta nulla, perchè giocare insieme, partire con il furgone, indossare quelle maglie è sempre qualcosa di troppo bello rispetto a bighellonare nel campo rom, quel campo che probabilmente non potrà mai insegnarti qualcosa di buono, quel campo che ti darà tutto quello che poi, chi vi odia, potrà un giorno vomitarvi contro.
Ma per vivere una cosa del genere mica basta volerlo.
Perchè serve qualcuno che a sto progetto ci creda, e metta dentro tutto sè stesso.
E quel qualcuno è Salvatore, un giovane uomo che sembra quasi scritto in sceneggiatura per quanto è buono. E' lui che ha visto i futuri ercolini giocare nel campo rom, è lui quello che ha voluto aiutarli, è lui quello che ha creato la squadra e non solo, ha vissuto a stretto gomito con loro perchè, come dice riguardo la malattia che si ritroverà poi a combattere, "e' il non sapere che spaventa".
Non sapere, non conoscere, non capire le cose porta a disperazione, razzismo, inquietudine.
Salvatore ad un certo punto lascia la squadra, sarà ricoverato in ospedale per un qualcosa a cui non di riesce a dare un nome.
E Giacomo, il mio amico, il regista, uno che invece di malattie che hanno un nome ne sa più di qualsiasi altro, si è dovuto inventare allenatore. Era l'unico modo non solo per non fermare il documentario, ma anche per non far crollare il progetto Ercolini.
Una specie di documentario che, per forza di cose, è diventato altro.
Come Bella e Perduta, come, in parte, The Act of Killing.
Arriveranno sconfitte su sconfitte, come sempre.
Una squadra di losers, una di quelle che quando arrivano al limite dell'area avversaria tutti urlano "Tira! Tira! Tiiiiraaaa!" perchè l'esser arrivati fino a lì è già un miracolo e quindi, a quel punto, bisogna cercare di tirare in qualsiasi modo, che occasioni così ne ricapiteranno poche.



Tra titoli dei vari capitoli veramente fantastici, tra ragazzini con la faccia di Gummo e altri belli come il sole, tra un portiere che piange e la gioia di un goal, tra foto e filmini amatoriali si arriva poi al ritorno del mister dall'ospedale.
E ad una partita epica, da 0-3 a 3-3.
A Hollywood in quell'ultimo secondo la "nostra" squadra avrebbe vinto.
Ma questa non è Hollywood, è la realtà. E in un contropiede quattro contro zero, senza alcun difensore rimasto dietro, non solo sfuma la vittoria, ma anche il primo punto dell'anno.
Intanto però anche la scuola è finita.
Tutti promossi, tutti bei voti.
Maradona andò incontro alla telecamera, nei Mondiali del 1994, a gridare la sua rabbia, il suo orgoglio, a dire che lui, il più grande, c'era ancora.
Qua di gioie sportive se ne vedono poche.
E l'urlo alla telecamera diventa quello per un 7 in pagella.
"Noi siamo Ercolini.
 Paura mai"





11 commenti:

  1. Bello , mi è piaciuto.
    Fai i complimenti al tuo amico.
    Questo documentario testimonia quale deve essere la funzione primaria dello sport cioè quella di socializzare.
    Insegnare il rispetto verso te stesso prima e poi verso gli altri.
    In questo caso debbo dire che la cosa viene facile avendo a che fare con un gruppp di ragazzini rom che devono cercare di integrarsi con la società dove vivono.
    È facile perché son loro che non vogliono più sentirsi degli esclusi come li descrive il loro Mister.
    La cosa difficile è convincere noi della loro buona fede.
    Mi ci metto in mezzo perché come ho già scritto a te e difficile buttare giù quelle barriere che scioccamente ci creiamo.
    La paura contro il diverso è dentro di noi ed è difficile sconfiggerla ...io ci provo e questo documentario aiuta a farlo.
    Mi piace come è stato realizzato gli interni dentro il furgoncino , le riprese negli ambienti del campo rom ,dentro la scuola sono bilanciati con le riprese fatte in esterno sui campi da calcio durante le partite.
    Forza Ercolini ti vien da gridare.
    Perdono sempre ma vincono la partita più importante con la vita .
    E cioè la promozione, la scuola che sarà la loro vera maestra nel cercare di realizzare i loro sogno è vivere un fururo migliore.
    Commovente il pianto del ragazzino perché ripreso da Giacomo.
    Da invidiare il loro spirito sempre positivo e ottimista nel campo come per quello che ci ha fatto vedere e capire il tuo amico anche verso la loro condizione purtroppo di emarginati e la volontà di cambiarla con il sorriso , oserei dire.
    Bella la scena con lo striscione fuori dell’ospedale dove era ricoverato Salvatore , un nome che è quasi il suo destino non credi?
    Bhe il tuo amico si è chiesto come mai non è riuscito a farsi accettare dalla giovane squadra ma la risposta credo sia ovvia .
    Se lo dice lui stesso : ha bisogno di finire il documentario,non di allenare una squadra.
    E questo i ragazzi lo capiscono non son mica scemi.
    Poi mi piacerebbe sapere quanto di studiato c’è in questo documentario.
    Ad esempio la scena dove la madre rimprovera il figlio di studiare di più sennò finisce come lei mi sembra un po’ forzata.
    Cioè quanto anche in un documentario si segua un “ copione”...non sto mettendo in dubbio la veridicità della storia eh...!
    Belle anche le musiche.
    Ho visto che linkando dentro Vimeo ci sono anche altri video di Giacomo Del Buono, magari li guarderò.
    E veniamo alla tua recensione , te da tuo nonno devi aver ereditato l’arte di saper ipnotizzare le persone e lo fai attraverso le cose che scrivi.
    Se sei riuscito a incantare uno come me che di fronte alla parola calcio alza una croce come se volesse scacciare un demonio...vha ben più tardi o domani scrivo il resto.
    Ciao
    Massimiliano

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    1. grazie mille Maz, soprattutto per esserti preso un'ora per vederlo

      1 sì, questo documentario racconta della funzione principale dello sport, quello dell'aggregazione, quello dell'amicizia, quello dei sani valori e quello, in questo caso, anche della fuga da una realtà non solo difficile ma anche tanto pericolosa

      2 assolutamente. Infatti un anno dopo chiedi a Giacomo come procedeva. E, ovvio, qualcuno di quei ragazzini si è perso. Ma il progetto era un grande successo lo stesso. In realtà alcuni pregiudizi son giusti. Che nelal comunità Rom la percentuale di delinquenza sia motlo più alta è un dato di fatto. Però, ecco, che si capisca che aiutando si può risolvere tanto

      3 sì, la scuola, anche la scuola, potrà "salvarli". Ma io credo che lo sport sia ancora più potente. Forse non più importante, ma più potente

      4 sì, per loro la partita e tutto quello che fanno è sempre bello. Cioè, una fuga. paradossalmente se diventassero più forti, se iniziano a crederci di più, meno si divertiranno. Ed entreranno nel magico mondo dell'agonismo, un mondo che (l'ho insegnato anni) è straordinario ma, se mal spiegato, può far danni

      5 vero, salvatore, non ci avevo pensato

      6 no no, interessante la critica. Ad esempio io distrussi Sacro Gra per questo. E sì, certamente, 4,5 scene in cui c'erano delle mezze battute pronte ci saranno state. L'importante è che anche quando si ricostruisce si ricostruisca la realtà. Ecco, ci può anche essere sceneggiatura, ma che non sia cinema, che sia vita

      7 Giacomo ha fatto almeno altre due cose bellissime. Poi è stato costretto a fare cose che non gli piacevano, vedi X factor (erano suoi i video che raccontavano i concorrenti).
      Ma la sua anima è il documentario e, specialmente, le cose che lo riguardano da vicino, le sue terre, i suoi ricordi

      8 grazie infinite

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  2. cazzo cosa mi stavo perdendo...appena posso vedo. Emmeggì tifoso della Nazione Rom

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    1. tranquillo, ti giuro che stavo pensando di mandarti un sms

      mi sono detto che se c'è uno che vede ste cose eri te, non l'avresti perso ;)

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    2. e io te l'ho appena mandato.
      come sai penso anche io lo stesso dello sport..

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  3. Grazie di che….un’ora da dedicare al documentario del tuo amico se si ha la buona volontà di farlo ,la si trova.
    Penso sia importante farlo ,aldilà del calcio (o più in generale lo sport) che può interessare o meno.
    Credo abbia un valore sociale è più che sul calcio il documentario parla del valore dell'amicizia.
    Poi se devo dire la mia, guardarlo dovrebbe essere quasi un “dovere” per chi ti legge , perché se ci si sofferma sulla tua recensione si capisce quanto ci tieni.
    Come probabilmente ci terrà il tuo amico Giacomo a sapere che il suo documentario è stato visto non solo da quattro gatti.
    Se ci pensi è un modo amichevolmente “sportivo “ di comportarsi anche questo… pensa, basterebbe che lo vedessero almeno la metà di quelli che hanno commentato il film di Carrisi
    Massi

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    1. sono d'accordo su tutto quello che hai scritto

      ma capisco chi si limita a leggere senza poi vedere

      comunque è sempre qualcosa

      non so quanti lo hanno visto il documentario ma il post, molto a sorpresa, in soli 3 giorni è al decimo posto dei post del mese.
      Probabilmente giacomo o qualcun altro l'hanno condiviso da qualche parte

      in compenso io ieri me lo sono rivisto (quarta volta)

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  4. Ciao ...sembra quasi un caso parlare di calcio (sport) dopo la figura de m...della nazionale di ieri sera.
    Però ti avevo scritto che volevo finire di commentare la tua recensione , dopo aver parlato del documentario di Giacomo.
    Adesso non è che voglio rimangiarmi tutto quello che ho già scritto sulla capacità che ha lo sport di socializzare ma voglio sottolineare che attribuire quella capacità intesa come "lo stare insieme , rispettare se stessi e il prossimo costruire e cementificare poi l'amicizia per stabilire poi delle basi dove crescere , ecco attribuirla allo sport principalmente è sbagliato.
    Nel senso che hai scritto tante belle parole su quello che dovebbe essere lo sport ma nella realtàdei nostri tempi purtroppo non è così.
    Per me lo sport non ha più quella valenza ,credo che le basi fondamentali le deve dare la scuola e tutte le attività che ci girano attorno (perchè no anche il cinema e non solo)
    Da noi si usava dire " fai quella cosa tanto per sport"
    quando volevi rimproverare a qualcuno una svogliatezza nel fare qualcosa.
    Per farti capire che lo sport come l'hai descritto te forse esiste solo nella tua testa.
    Lo sport che conosco io soprattutto quello di squadra crea delle tensioni perchè ci sono tante , troppe variabili soprattutto quando diventà competitivo e la allora che allora nascono le prime incomprensioni.
    Ti faccio l'esempio della pallavolo .
    Mia figlia ha cominciato a quattro anni con il minivolley nella associazione sportiva paesana , palestra del paese , massima comodità.
    E con lei han cominciato anche le sue amichette di asilo prima e scuola poi.
    Ho sempre pensato che fosse importante fare uno sport di squadra per socializzare (anche se lei non ne aveva bisogno).
    Morale della favola son passati quattro anni e adesso stanno formando la squadra per il campionato.
    Ste ragazzine che son partite in una dodicina e più , che non sanno ancora cosa sia la competitività quella meravigliosa secondo te che porta all'agonismo , si trovano a vedersi metà che giocano e metà che stanno fuori.
    In quel caso lo sport la non unisce ma divide non credi ?
    Mia figlia ha lasciato quest'anno la pallavolo perchè non le piaceva , con mio grande dispiacere perchè mi sarebbe piaciuto vederla in campo a giocare una partita
    (mi sarebbe bastato una sola volta )perchè son sicuro che sarebbe stata fra quelle che giocavano .
    Ma alla fine di tutto forse è andata bene così, poi lei adesso ha scelto di fare qualcosa che la gratifica veramente anche se io non ci capisco niente (la danza acrobatica) e vedo che è veramente felice quando si arrampica sul nastro e fa le giravolte.
    Io stesso ho sempre preferito sport individuali dove competi solo con te stesso .
    Il nuoto , la bicicletta e la corsa.
    E mai a livello agonistico.
    Però e in quei sport individuali che leggo il vero valore dello sport.
    Il calcio e gli ercolini del documentario di Giacomo sono un discorso a parte , la lo sport ha quella funzione che dici te.

    Però ci troviamo davanti all'eccezione , nella vita reale purtroppo lo sport non ha piu' quella valenza sana che gli attribuisci te.
    Poi te hai fatto anche l'allenatore...avrai visto anche le reazioni dei genitori durante le partite dei loro figli, sono i primi che sembra non sapere cosa voglia dire la parola tolleranza.
    Concludendo come puo' ancora considerarsi positivo uno sport di squadra come il calcio ma non solo quello ,quando entra la competitività insana che comincia a creare divisioni incomprensioni e dispiaceri...



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    Risposte
    1. "Per farti capire che lo sport come l'hai descritto te forse esiste solo nella tua testa."

      ahah, sempre leggero eh ;)

      potrei risponderti allo stesso modo, ma non sono te ;)

      il tuo commento è bello e in gran parte condivisile.
      Il problema è che è sbagliato nell'assunto.
      Nel senso che per "dimostrarmi" i problemi dello sport mi elenchi i problemi dello sport (l'agonismo sbagliato, i gruppetti, i genitori etc..)

      ma quelli, appunto, sono problemi che con lo sport che intendo io non c'entrano niente, sono quelli che lo rovinano.

      cioè, io parlo di sport come modo più bello, sano e aggregante per far star insieme bambini appunto se è sano, bello e aggregante

      se ci son magagne allora no

      mi parli della scuola. Ahah, vogliamo parlare dei problemi della scuola? non finiremmo più. Una scuola perfetta sarebbe...perfetta ma quante ce ne sono?

      quindi inutile elencare i problemi dello sport (anzi, della società) per dargli contro

      voglio dire, che colpa ha il calcio se i genitori dei bimbi sono in quel modo? se gli allenatori non capiscono una sega?

      il calcio in quanto tale, quel rincorrersi, passare la palla, dribblarsi, tentare di far goal, sudare insieme all'allenamento e tanto altro ancora, che colpa ha?

      la colpa è sempre degli uomini, mai dello sport

      che, per me, (non per te, ci mancherebbe) rimane il miglior agente socializzante e salvifico che esista

      e l'agonismo, quello sano, la sua apoteosi

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  5. Se ci credi te...a me sembra utopia quello che hai scritto, comunque...

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    1. ma utopia de che ;)

      il 70% del mondo dello sport è sanissimo, bellissimo e virtuoso

      le utopie son altre

      un abbraccio

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