Paolo era fermo, in piedi, all'entrata del ristorante.
Non riusciva a fare alcun passo in avanti.
Il suo sguardo si era come cristallizzato.
Paolo guardava una ragazza ad un tavolo, appena dentro al locale, intenta a pranzare con qualcuno, un uomo, forse un amico, forse il compagno.
La ragazza tagliava nervosamente qualcosa, sorrideva, a volte rideva pure, ma tutto con fare distratto, di finto compiacimento.
Paolo si fissò sul suo viso, delicato e tenero, e su quel modo di fare allo stesso tempo impacciato e nervoso.
La ragazza si limitava ad annuire e a volte, tradendo la sua distrazione, a chiedere al suo interlocutore di ripeterle le cose.
Paolo non riusciva a smettere di guardarla, avrebbe dato qualsiasi cosa per essere lui al posto di quell'uomo, ad esser lui a poterla guardare da così vicino, a poterci mangiare insieme, a poterci scherzare.
Poi, Paolo, capì perchè la ragazza aveva quell'atteggiamento, perchè era così distratta.
La ragazza guardava di continuo fuori dal ristorante, oltre la gigantesca vetrata.
L'uomo davanti a lei - troppo preso da sè stesso e da quello che diceva- non se ne accorgeva, ma Paolo sì.
E Paolo allora seguì la traiettoria dello sguardo della ragazza. E quella traiettoria lo portò, ne era certo, ad un ragazzo seduto sul ciglio della strada, una chitarra tra le mani, una custodia davanti a sè.
Era il classico bel musicista, selvaggio e libero, e cantava qualcosa di molto malinconico -pensò Paolo- perchè i movimenti delle mani sulle corde erano pochi e lenti e gli occhi, ogni tanto, gli si chiudevano.
Quel ragazzo non si era minimamente accorto di quanto la ragazza del ristorante lo guardasse. E non se ne era accorto perchè era lui stesso, quando quegli occhi gli si aprivano, a fissarli costantemente in un'unica direzione.
Paolo si chiese se la ragazza che l'aveva folgorato se ne fosse accorta, se anche lei, con dispiacere, avesse notato che il suo bel musicista aveva occhi solo per qualcos'altro, alla sua destra, quando gli sarebbe bastato guardare davanti a sè per vedere una ragazza dietro una vetrata di un ristorante che si stava forse innamorando.
Paolo seguì la traiettoria dello sguardo del musicista e la traiettoria lo portò su una bambina.
Paolo era sicuro che quel giovane musicista guardasse lei non solo perchè non c'era altro di interessante alla sua destra ma anche perchè, quella bambina, era incredibilmente sola.
Se ne stava lì, appoggiata a un palo della luce, e girava le sue dita in una delle trecce che aveva.
La bambina non sembrava preoccupata d'esser sola, anzi, pareva piuttosto serena e più di una volta Paolo, e sicuramente anche il musicista, la vide ridere, anche di gusto, ma sempre con quel fare un pochino imbarazzato e trattenuto che ha chi ride da solo.
Come la ragazza del ristorante non sapeva di quanto Paolo l'avesse fissata (e, anche adesso, malgrado tutte le traiettorie, molte volte il suo sguardo tornava a lei), come il musicista non sapeva che era fissato dalla ragazza del ristorante così la bambina non sapeva di esser fissata da quel musicista.
La bimba non aveva giochi con sè, non aveva un cellulare, non aveva niente. Eppure giocava coi suoi capelli e ridacchiava.
Paolo allora seguì la traiettoria dello sguardo della bambina e la traiettoria lo portò su una coppia seduta in una panchina.
La coppia se ne stava a mezzo metro di distanza. Lei era seduta di tre quarti, quasi dava le spalle a lui. Aveva le braccia incrociate, sbuffava. Lui se ne stava seduto a gambe larghe e si limitava a dire no con la testa. Ogni tanto la ragazza, con quel fare delizioso che solo loro hanno, si girava verso quel ragazzo e gliene diceva quattro, con ampi gesti della mani. Lui la guardava giusto un secondo, faceva la faccia mezza sbalordita, quella faccia di uno che sta per controbattere ma poi niente, se ne tornava dritto a scuotere la testa.
Era una scena effettivamente molto divertente e quella bimba non riusciva a smettere di fissarli, ridendo quasi di nascosto e pensando, che so, che magari tra 8 anni anche lei avrebbe trattato il suo ragazzo così.
La coppia, come tutti i personaggi di questa storia, che in realtà storia non è, ma un sogno fatto da chi scrive, non si accorgeva minimamente della bimba che li stava guardando, come la bimba non si accorgeva del musicista, come il musicista non si accorgeva della ragazza del ristorante, come la ragazza del ristorante non si accorgeva, (come del resto nessuno se ne accorse), di Paolo che tutto vedeva.
In realtà quel'uomo seduto sulla panchina, mentre scuoteva la testa, guardava fisso davanti a sè.
Paolo seguì la traiettoria del suo sguardo e stavolta fu più difficile capire a chi portasse, perchè davanti quell'uomo, dall'altra parte della strada, praticamente molto vicino allo stesso Paolo, c'era solo una fermata del bus, piena di persone.
Era ovvio che quell'uomo ne guardasse solo una, difficile fissarsi su un gruppo, a meno che in quel gruppo non stia succedendo qualcosa di interessante.
Ma niente, era impossibile capire chi fosse.
Poi il bus arrivò, e poi ripartì.
Ma Paolo vide che quell'uomo non solo non smise di fissare in quella direzione ma, anzi, nel suo viso si formò una sorta di stupore.
Paolo si accorse allora che di tutto quel gruppo solo una ragazza non era salita sul bus, piccola e dai lunghi capelli neri. Era rimasta così, in piedi, senza salire. Magari, semplicemente, quello non era il suo bus e ne aspettava un altro.
Ma Paolo era sicuro che fosse lei che l'uomo sulla panchina stesse guardando perchè il suo sguardo non si era mai minimamente spostato e, dopo che il bus ripartì, vederla ancora lì l'aveva così strabiliato.
Proprio lei -pensò magari quell'uomo- proprio la ragazza che fissavo è l'unica a non esser salita.
Paolo si accorse però che probabilmente la ragazza non era salita per un motivo ben preciso.
E questo motivo era il fatto di come fosse completamente assorta, distratta, attratta da qualcosa. Un qualcosa che probabilmente non le aveva nemmeno fatto notare che il suo bus si fosse fermato davanti a lei.
Paolo allora seguì la traiettoria del suo sguardo.
E si accorse che quella traiettoria portava a lui.
Paolo non seguiva più una traiettoria, Paolo era il fine ultimo della stessa.
La guardò, i due sguardi si incrociarono, i primi due sguardi che si incrociano in questa strana storia.
Paolo sorrise, anche lei sorrise e le si arrossarono un pò le gote.
Paolo uscì dal ristorante e si incamminò verso la fermata del bus.
Verso lo sguardo di lei, quello sguardo che aveva trovato seguendo lo sguardo del mondo.
Domanda 1) ma come fa uno che scuote la testa ad avere lo sguardo fisso su un punto?
RispondiEliminaDomanda 2) che sogni strani che fai , hai mangiato pesante la sera o hai ascoltato Branduardi prima di addormentarti?
Sembra alla fiera dell’est ...
Domanda 3) che cazzo aspetti a scrivere un libro?
Ne avresti del materiale.
1 ma assolutamente sì...
Eliminafai una prova, fissa un punto e scuoti la testa. Quel punto non lo perdi di di vista nemmeno un cm
2 macchè, la sera da mesi o non mangio o mangio leggerissimo (a parte le uscite con amici tipo cinema), figurati
più facile la cosa di Branduardi
3 ...il momento giusto ;)
Si...cosa aspetti a scrivere un libro Giusè?
RispondiElimina... il momento giusto (cit)
EliminaARGH! non toccatemi Branduardi! AAAARRGGHH!!!!
RispondiEliminaIn quanto ai consigli sul libro, sono d'accordo: mi pare che non soli ci sia il materiale, ma anche la predisposizione.
ciao!
ma scherzi, per me era un onore che si sia tirato fori Branduardi ;)
Elimina(e poi è vero, mentre scrivevo quel passaggio c'ho proprio pensato alla fiera dell'est ;) )
abbracci
Spè, Valeria, senza che faccio figuracce, sono tuo lettore tramite? blog? fb? instagram?
RispondiEliminaè che ho aperto il tuo profilo e quel blog Il Truciolo non lo conosco, ammetto
comunque grazie :)