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1.11.18

Recensione: "Cemetery of splendour"

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Questo film fa parte de La Promessa ( 8 /15 )

Per la prima volta vedo un film del quotatissimo regista thailandese Apichatpong Weerasethakul.
E mi trovo davanti un'opera difficile e dai tempi dilatatissimi.
Tutte cose che amo ma che stavolta mi hanno un pò bloccato.
Eppure questo film di soldati che non si svegliano dal sonno, di mondi ibridi (sonno-veglia, sopra-sotto, cielo-mare, passato-presente, realtà-tradizione orale) è opera che ho percepito come grande, grandissima, e che a prescindere da quanto si riesca a viverla  ti porta a tante suggestioni, tanti pensieri, tante fascinazioni.

Ho fatto molta fatica.
Ero al mio primo Apichatpong Weerasethakul ( e che "kul" che d'ora in poi posso andà de copia-incolla o de acronimo), regista "kult" (vabbeh, questa era telefonata) che un sacco di amici mi propongono da un sacco de anni.
Non mi hanno mai fatto paura i film "lenti" (che poi sul concetto di lentezza sarebbe da farci un post, adesso l'ho usato per far capire alle persone), anzi, li cerco continuamente.
Non mi hanno mai fatto paura i film difficili, anzi, li cerco continuamente.
Non mi hanno nemmeno mai fatto paura i film che preferiscono non dare risposte, anzi, odio il contrario. 
Io le risposte non le voglio avere.
Insomma, se ci aggiungete che parliamo di un film orientale (è vero, in questo blog ne trovate pochissimi ma sono un fan sfegatato dell'Est e ho passato la mia adolescenza con roba dagli occhi a mandorla) capite che Cemetery of Splendour (non capisco perchè in alcune edizioni o poster manchi la "u" su "splendour", si scrive in entrambi i modi?) aveva tutte le carte in regola per essere un mio film come pochi.
(ho fatto il record di parentesi, me ne rendo conto, ma è solo per rendervi difficile la lettura).
In più un suo fotogramma è anche l'immagine di copertina del mio blog preferito, Nuovo Cinema Locatelli.
Eppure ho fatto fatica.
C'è poco da fare, sui film c'entri dentro o non c'entri e io in Cemetery, tranne in rari momenti in cui stavo per esser rapito, non sono entrato.

Siamo in Thailandia, in una specie di ospedale sgarruppato costruito su quella che una volta era una scuola.
Ci sono vari "reparti" ma il più strano è una stanza in cui ci sono dei soldati che dormono.
O.k, tutti dormono da qualche parte, ma questi dormono e basta, non se svegliano.
Non so perchè non si possa parlare di "coma" - nel film non lo si fa mai - ma la condizione è assimilabile.

Ad assistere sti belli addormentati ci sono delle infermiere e delle volontarie.
Tra quest'ultime una donna zoppa (con una gamba notevolmente più corta dell'altra) che studiò inquella scuola -quando ancora era una scuola- e una giovane medium.
Quest'ultima si mette vicino ai soldati e racconta ai parenti di quest'ultimi cosa sta sognando il loro caro nel mondo dei sogni.
Arriveranno medici con apparecchiature nuove (per farli dormire più sereni, senza incubi), verranno collegati ai soldati dei neon (e grazie a dio, ci porteranno a delle sequenze fotograficamente straordinarie), uno si sveglierà anche e accadranno tante altre cose bizzarre.
Ne verrà fuori un film molto difficile, molto colto, pieno di tradizione locale ma, anche, di concetti assoluti.
Un film fatto solo di inquadrature statiche che ricorda tantissimo nel primo tempo il da poco recensito Inimi Cicatrizate (più di un punto in comune, ma dove uno era vitalistico l'altro, invece, è tutto basato sull'immobilità).
Ho la certezza - nemmeno la sensazione, ma la certezza - che questo sia un film più grande di me, un film di cui non sono arrivato alla sommità.
Come ho scritto ad un amico ho percepito il capolavoro ma non l'ho vissuto come tale.

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Ma di cosa racconta Cemetery?
Racconta del collasso di diversi mondi tra loro.
Di quello tra il sonno e la veglia, di quello tra il sopra e il sotto (quello che c'è nei sotterranei dell'ospedale è molto importante), di quello tra il passato e il presente.
E anche di quello tra la realtà e il mito, la tradizione orale.
E viene quindi fuori un'opera in cui avvengono cose reali, altre immaginarie, in cui si racconta di sogni nel presente che riguardano cose passate, in cui due bellissime ragazze in carne e ossa dicono di essere le due principesse-manichino del santuario, in cui -straordinario questo- si racconta che sotto quell'ospedale c'è (c'era) un grande palazzo reale (non inteso come vero, ma dei Re ;)  ) , poi divenuto cimitero sempre di Re ed è proprio per questo che sopra i soldati dormono, perchè sti Re li hanno come "assorbiti" e, nel sonno, li fanno combattere per loro le battaglie del passato.
Ma che bello.
Vedete, questo e tanti altri sono passaggi che rendono Cemetery opera profondamente affascinante. Il problema mio è stato semplicemente non entrare nel ritmo del film, essermi affascinato a rate e annoiato in altre rate, troppe.
Però più elementi metteva dentro Apichatpong (lo chiamo per nome anche perchè è una curiosa unione di 3 parole facili da ricordare, "api", "chat" e "pong") più mi rendevo conto che questo film, senza spocchia e in maniera molto naturale, metteva dentro tanta ambizione, cercava di divenire uno di quei film enormi che fanno tanto bene al cinema.
Il problema è che ci sono troppe scene dilatate, troppe intermezzi veramente assurdi (quello che caca, la vendita delle creme, alcuni dialoghi scollegati, la scena del pene) e una storia che sembra non andare avanti (non che volesse farlo eh).
Ho amato molto quelle scene della escavatrice, quel macchinario che sembra riportare su qualcosa da sottoterra (e il film è tutto sul sotterraneo, spaziale o della coscienza) e del quale proprio alla fine i protagonisti ci dicono qualcosa, ovvero che stanno facendo quei lavori per un progetto governativo.
Chissà che metafora c'è sotto, chissà.
Intanto il tema del dormire è sempre più forte, molta gente fa riferimento a questo (almeno tre persone dicono che "fanno fatica a dormire"), non c'è mai l'atmosfera onirica (alla Lynch per capirsi), tutto è sempre dannatamente realistico ma in questo realismo ci sono solo racconti o vicende che sì, sembrano avere la consistenza del sogno.

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Sono tante le scene da ricordare, il guru che fa l'esperimento sul "vedersi" e sullo sprigionare da sè stessi un'energia cosmica, il soldato che si addormenta di botto, le già citate immense sequenze coi neon (e poco dopo sembra che anche il mondo esterno, la città, cambi colori e "fotografia"), il sogno che viene raccontato sul compito da consegnare a scuola  - bellissimo e inquietante -, ma sono soprattutto i 10 minuti in cui la medium "diventa" il figlio della zoppa a regalarci le suggestioni più forti.
Lei vede solo il bosco e le piante, l'altra invece descrive il palazzo del Re, come fosse davanti a sè (straniante).
Ma ci sono due cose che mi hanno emozionato in questa passeggiata tra reale (e Reale) e immaginario, tra presente e passato, tra realtà e tradizione.
Una è quella specie di caverna con la famiglia dentro, caverna che alla zoppa ricorda un bombardamento aereo.
E poi le due sculture degli innamorati, la prima e poi subito dopo la seconda, dove questi sono scheletri.
E non lo so, ma in questo passaggio da una scultura all'altra (sculture che non vengono nemmeno commentate dalla due donne) io c'ho trovato tanto di questo film, di questo eterno tempo misto tra passato e presente in cui tutte le cose, come l'amore di quei due, non mutano.
Ripeto, mi ha profondamente emozionato e in soli 3 secondi raccontato gran parte del film.
Poi avremo l'ennesimo ibrido (dopo sonno-veglia, sopra-sotto, presente-passato, realtà-tradizione), ovvero quell'assurda scena in cui il cielo sembra diventare mare.
Questa è forse la prima e unica immagine del film che trascende il realismo.
Poi ci sarà l'incredibile e disturbante scena della gamba (cavolo, non ne vengo a capo), poi alcuni elementi che ci faranno capire, o mettere un dubbio, se tutto quello che abbiamo visto non fosse stato semplicemente un sogno.

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E poi dopo l'ennesimo siparietto molto strano (il balletto di gruppo) e dopo quello che mi è parso il primo movimento -leggerissimo- di macchina, arriveremo a un finale in cui tutta la terra che le escavatrici muovevano è venuta su.
E ci sono bambini che ci giocano a pallone sopra, in mezzo ai cumuli.
E poi quell'immagine finale, bellissima, con quella vecchia e i suoi eyes wide shut, occhi completamente aperti, come una volta gli chiese di fare la giovane medium.
E in un film di sogno e veglia, di verità e immaginazione, quegli occhi spalancati li ho trovati straordinari.
E forse in quegli ultimi 3 secondi sono stato completamente rapito da Cemetery.
Ma era troppo tardi ormai

2 commenti:

  1. Sulla questione grammaticale: il suffisso -our è inglese britannico che in americano diventa -or :)
    Per il resto sì, è molto teorico e incastra sempre diverse interpretazioni in cui nessuna è esclusa. I richiami alla tradizione li hai già segnalati tu, in contrasto con il ritmo e lo stile di vita imposto dalla modernità (praticamente tutto il film accentua questo contrasto), da rilevare anche quando guardano in lontananza le persone in quel viale, se non ricordo male, sempre da quel parco col palazzo immaginario.
    Sulla terra smossa c'è senz'altro un riferimento politico: se non era già successo, accadrà di lì a poco un golpe in cui sostanzialmente si sostituiva una dittatura con un'altra. Considerando anche le diverse scene con militari in sottofondo. Poi vabbé, le montagnole di terra richiamano sempre Stalker ahah (che anche se non hai visto, l'immagine ti sarà capitata sotto gli occhi), ma l'ho visto parecchio tempo fa, non mi viene in mente nessun eventuale collegamento.

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    Risposte
    1. grande Clà...

      mi hai risolto tutto, la cosa grammaticale, il contrasto con la modernità che non avevo colto del tutto, il riferimento politico che non sapevo, la citazione di Stalker che non avevo pensato

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due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

2 metti la spunta qui sotto su "inviami notifiche", almeno non stai a controllare ogni volta se ci sono state risposte

3 ciao