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18.5.20

Recensione: "To Dust"


Un cantore ebreo perde la giovane moglie.
Non riesce a darsi pace.
Il motivo, però, è molto strano.
Non riesce a sopportare che il corpo della moglie possa decomporsi e diventare finalmente polvere in un tempo troppo lungo perchè, finchè ci sarà anche una sola piccola parte di lei, la sua anima non potrà avere pace.
Sembra la trama di un film horror e invece To Dust è un film tenerissimo, delicato, anche molto divertente a tratti.
Una straordinaria storia d'amore post mortem, una carezza.

film presente nel Guardaroba de Il Buio in Sala


All'inizio vedi quel corpo morto che viene pulito e ti dici che sì, sarà un incipit importante, quella persona che se ne è andata sarà sicuramente importante però dai, è semplicemente un incipit, niente di più.
Poi solo durante o a fine film ti renderai conto che quel corpo iniziale, bellissimo corpo tra l'altro, era "tutto" il film.
Non solo, in quella prima scena c'è l'unica volta in cui vedremo un lembo di pelle di Lei, Lei che è la protagonista assoluta del film anche se, nel film, alla fine nemmeno c'è.

To Dust è una incredibile storia d'amore in cui uno dei due innamorati è già morto.
Beh, direte voi, centinaia di film raccontano storie d'amore vissute attraverso il semplice ricordo di uno dei due, centinaia.
No, qui è diverso, qui l'amore non è nel ricordo, l'amore è adesso, ancora in qualche modo "fisico", ancora legato al corpo.
Shmuel, il nostro meraviglioso protagonista, non continua ad amare sua moglie ricordandola in vita ma è adesso, da morta, che vive per lei.

Spiegati meglio Giuseppe.
Ok.


To dust è la storia di un cantore ebreo (attenzione, il film è pieno di usanze, comportamenti, regole e "glossario" legati all'ebraismo, quindi chiedo scusa per qualsiasi errore, magari già questo) che non si dà pace.
Sua moglie è appena morta di tumore ed è stata seppellita.
Non si dà pace perchè deve assolutamente sapere quanto ci metterà quel corpo a decomporsi completamente, a diventare ossa e polvere (to dust) perchè finchè alcune parti saranno ancora "carne" l'anima della moglie non sarà libera, ma tormentata, legata ancora alla vita precedente.
Sembra quasi macabro ma, vi assicuro, il film è di grandissima dolcezza, tenerezza, rispetto.
Quest'uomo, padre di due figli, non riesce più a vivere, trascura tutti, si isola. Il pensiero che sua moglie morta non possa star bene (davvero struggente) lo tormenta.
E allora inizia ad indagare, e le sue indagini lo portano ad Albert, professore di biologia universitario.
Ne nascerà una stranissima coppia, deliziosa.

Albert all'inizio prenderà Shmuel per pazzo ma, piano piano, capirà il suo bisogno e, anzi, anche per lui quella strana faccenda diventerà un piccolo scopo di vita.

To Dust è un film dolcissimo, pieno di personaggi amabili, buoni, umani. Era davvero tanto tempo che non mi ritrovavo davanti un film senza cattivi, senza brutte sensazioni, senza malesseri. Siamo quasi dalle parti della commedia brillante, quella colta in cui più che per battute dirette ti ritrovi più volte a ridere per questa atmosfera dolce e stralunata, tra l'altro molto empatica.
I due personaggi principali ti entrano nel cuore e alcuni loro dialoghi sono davvero divertentissimi.
Ma del resto pensate alla situazione in cui si ritrovano.
Per capire i vari stadi di decomposizione si scopre che l'essere vivente più simile a noi è un maiale, quindi devono seppellirne uno e vedere che succede nel tempo.
Dopo averne preso uno "sbagliato" (non intero e non morto da poco) i due si vedono costretti ad ucciderne uno (lo so, un animalista protesterà ma noi carnivori non possiamo avere l'ipocrisia di trovare come terribile un film dove un maiale viene ucciso).
Insomma, due uomini e un maiale (le scene dentro casa sono esilaranti).
Un maiale che, dice Albert, "deve essere come tua moglie e seppellito come un ebreo" (sono morto dal ridere) per dare veridicità all'esperimento.


Il problema è che l'esperimento mostra lentissimi segni di decomposizione e Shmuel diventa sempre più disperato perchè capisce che il processo è lunghissimo, sua moglie sta ancora soffrendo, e da mesi.
Nel frattempo i suoi figli sono convinti che il loro padre sia stato posseduto dal Dybbuk (uno spirito maligno della tradizione ebraica) della madre e cercano di trovare il modo, una specie si esorcismo, per liberarlo.
Ne nasce un film divertente, molto tenero ma al tempo stesso coraggiosissimo nel come riesce a mettere un argomento terribile, la decomposizione dei corpi morti, in una cornice non solo abbastanza leggera ma pure emozionante, sentimentale.
Ci sono delle piccole parti che ti prendono l'anima, come quella vanga usata al contrario perchè "quando muore qualcuno il mondo si capovolge" (bellissimo che nel finale anche Albert usi la vanga in quel modo) o tutte le volte che Shmuel, con un filo di voce e una dolcezza impressionante, parla della moglie.
I due attori sono straordinari, su tutti quel Geza Rohrig che non potremmo mai dimenticare per il suo Figlio di Saul.
Il suo primo piano, ancora una volta, è maestoso, la sua voce dolce e femminile ti accarezza, i suoi modi di fare ti sembrano venire da un altro pianeta. Anche quando apparentemente fa cose "brutte" (come non poter parlare con le donne da solo, nella scena dei bigliettini) il suo personaggio mantiene sempre una grandissima tenerezza.
Forse il difetto del film è la sua prevedibilità e nel suo star "sempre lì", andare avanti lentissimamente (non a caso si è pensato alla sottostoria del Dybbuk, per movimentare un pò), ripetersi a volte, non avere valvole di sfogo.
In realtà più che difetti sono caratteristiche assolutamente volute nel film, poi si va a gusto personale.
Paradossalmente To Dust diventa anche un'opera divulgativa, non solo per scoprire tradizioni dell'ebraismo ma anche in un argomento che forse nessuno di noi avrebbe mai voluto approfondire, quello della decomposizione (fastidiose ma molto affascinanti le immagini quando Albert legge il testo scientifico).
E bello che pur avendo due soli personaggi alla fine ti accorgi che di loro saprai poco o nulla, delle loro passioni, del loro passato, del loro vivere in mezzo agli altri.
Ci sono piccoli "avvertimenti" (la vestaglia da donna di Albert che poi si riaggancia a quel dialogo degli equivoci che hanno in facoltà) ma i due restano sempre personaggi che stanno vivendo ORA questa assurda storia, due uomini che si sono incrociati e dei quali non serve sapere altro.

Ho trovato un pò forzata la scelta di Albert di andare alla fattoria di corpi a 600 km di distanza. Sinceramente l'avrei trovata forzata in assoluto ma il fatto che sia Albert a proporla da un lato è sì molto bello (ormai anche per lui la questione era diventata umanamente molto importante) ma assolutamente poco verosimile.
Però questa scelta porterà, oltre alla fantastica battuta del Cluedo, alla scena forse più lirica. Ed è incredibile che sto lirismo sia nel momento più raccapricciante, ovvero quando Shmuel vede i corpi in vari stati di decomposizione, oltre la staccionata. Non so, poteva essere una scena ripugnante ed invece anche stavolta il film ti frega, la si vive in maniera molto empatica, umana, con un grande rispetto e commozione per quei corpi lasciati a marcire.


Ma arriviamo allo splendido finale.
I due capiscono che no, quel corpo là sotto non marcirà mai, non diventerà mai polvere, visto l'inverno che sta arrivando.
E allora fanno quello che avevo sempre immaginato dall'inizio del film.
Questa sarà la seconda volta che vediamo Lei, la Musa dell'intero film. Anche stavolta niente volto, solo un commovente corpo nascosto completamente in un sudario.
Ed è qui che l'emozione è arrivata al massimo.
Perchè Shmuel la prenderà in braccio.
E la mia mente non è potuta non ritornare a Saul.
Ho visto due film visti con questo grandissimo attore, ed in entrambi c'è soltanto la storia di lui e di un corpo morto, lui e la volontà di dare una sepoltura a quel corpo.
Incredibile. 
Saul, o Shmuel, prendono quel corpo in braccio e lo seppelliscono.
Della terra verrà gettata sopra, vanga al contrario per rispetto.
Shmuel ha finalmente l'anima in pace.
Anche se sa che Lei è ancora integra, non ancora polvere, la pacificazione è comunque avvenuta.
Perchè quella pacificazione non doveva arrivare attraverso batteri, gonfiore e ossa finali.
Quella pacificazione doveva avvenire soltanto dentro al suo cuore, nella sua anima.
E forse è bastato prenderla in braccio per capirlo.
E' bastato averla un'ultima volta per sè.
Shmuel torna a casa, dai suoi figli.
Shmuel, adesso, canta

6 commenti:

  1. sarebbe scortese non approfittare del regalo, vero?

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  2. Visto ieri notte. Avevi ragione, è un film "da me". Mi è piaciuto davvero tanto. E concordo con te nel definirlo "una carezza".

    Come in Krisha, seppure per motivi diversi, a mio avviso è molto significativa la dedica finale "in memory of Lynda Snyder". Una parente del regista, immagino. La mamma? La moglie? La figlia? Il film mi fa pensare che l'elaborazione del lutto si sia, in qualche modo, compiuta. A differenza di Krisha, dove i "cadaveri", i corpi, le identità, delle persone amate, ancora urlano, tormentano e sono tormentate, e non hanno pace.

    To Dust è una delicata carezza, sì, ma racconta il dolore immenso che si prova quando la carezza che ti salva la vita lascia la guancia, per sempre. E lo racconta in modo davvero speciale, secondo me. Certo, non è perfetto, ma non importa: ero chiaro dall'inizio che Shmuel avrebbe alla fine esumato sua moglie (che bella quella pioggia, quell'abbraccio in auto) ma non per questo è stato meno emozionante, anzi. Anche la sottotrama del Dybbuk non mi è dispiaciuta, del resto quei due bambini hanno perso la madre e cercano in tutti i modi di non "perdere" anche il loro papà ("ti farà bene fare questo viaggio? Allora hai la nostra benedizione"). E il fantasma, del resto, è il vero protagonista del film. L'assenza - mai vuota, mai banale - è la cornice di tutto. E la storia di Shmuel, e del suo nuovo amico Albert, è la storia di un uomo (il regista stesso?) che scava dentro il suo cuore nel tentativo di dotare di senso l'indicibile: la morte della persona che ami. Con delicatezza, con amore, fino a trovare la pace e tornare a cantare di nuovo.

    Grazie.

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    1. cavolo, ho mancato la dedica!

      ma certo, l'avessi vista chissà che emozione, di sicuro ha una matrice come Krisha (nel senso legata al regista)

      sì sì, credo che l'elaborazione del lutto sia passata, ora si passa al dolce (e a volte doloroso) ricordo

      al solito bellissimo commento

      ma sai che è proprio l'opposto infatti? ovvero il "sapere" che prima o poi l'avrebbe riesumata non ti rovina l'emozione quando accade, anzi, lo amplifica, come quando aspetti continuamente di vivere una cosa "bella" e niente, non vedi l'ora che accada

      e più passa il tempo più ne hai "bisogno"

      roberto, quell'abbraccio al cadavere è qualcosa che più vivo non si può, manda al macero l'80% di atti d'amore del cinema "normale" e sentimentale

      vero, il fantasma, colui che c'è e non c'è, è tutto il film

      e forse quella ricerca che dici te sai quando finisce? quando smetti di cercare

      a volte il sollievo di nostre affannose ricerche avviene non se otteniamo il risultato, ma quando abbiamo l'umiltà di smettere di cercarlo

      è un pò quello che avviene con alcuni oggetti che ti infestano casa e ti scoccia buttare

      t sembra impossibile, poi lo fai e non solo di quell'oggetto ti frega più nulla, ma hai una sensazione bellissima di liberazione

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