Però quando ho saputo che Ginevra (mia figlia) l'andava a vedere le ho chiesto se aveva voglia di recensirlo per me (anche in vista di un futuro "lascito" del blog :) ).
Sta maledetta (spero si capisca l'affetto nascosto nell'aggettivo) mi ha detto di no ma, alla faccia sua, mi ha detto invece sì Isabella, la sua amica del cuore.
Questa è quindi la recensione di Barbie di una 16enne, al suo "debutto" nel parlare di un film.
Credo sia bello educare i giovanissimi alla scrittura e vedere punti di vista così particolari (quelli di una adolescente) per un film così "chiacchierato".
Oh, quindi se commentate ricordate la sua età, ricordate che è la prima volta che scrive (e secondo me l'ha fatto alla grandissima) e aiutatemi a convincere Ginevra a farlo anche lei ogni tanto.
Sta maledetta (2)
Barbie, un film attesissimo da
molti e giudicato (troppo presto) da altrettanti perché facilmente classificato
come banale o addirittura per bambini. Posso garantire che non è nessuna delle
due cose. Il film porta infatti con sé un sacco di principi sani per la società
odierna, mandando un messaggio femminista in maniera leggera e soprattutto
realistica.
Bisogna dire che le barbie (che si
chiamano tutte così anche se sono barbie diverse e vivono a Barbieland) sanno
di essere state create per aiutare le bambine a crescere sicure di sé in modo
che da adulte si realizzino e vivano in un mondo dove le donne non si sentano
mai a disagio. L’ambientazione del film alterna il mondo di Barbie (la bambola
protagonista che ha vita propria) e quello reale e quando Barbie, che
inizialmente rappresenta l’ideale di donna emancipata che riesce a fare tutto
ciò che vuole senza però maltrattare mai nessuno ed è indipendente, felice e
“perfettamente perfetta”, quando dicevo è costretta a recarsi nel nostro mondo, rimane
incredibilmente delusa.
Il vero motivo per cui ho
apprezzato il film è che il messaggio femminista che manda non è che le donne
siano forti e sappiano fare tutto da sole perfettamente sempre e comunque ma
che nel provare a farlo sbagliano e si sentano fragili e perse come può
accadere anche a un uomo (come accade a Ken). Infatti lo spettacolo trasmette
un messaggio favorevole alla parità dei sessi e condanna anche i danni che il
patriarcato arreca agli uomini che
spesso si sentono in dovere di mostrarsi forti e senza sentimenti che li
rendano deboli. Per questo per me si parla di femminismo “realistico”.
Il fatto
che le donne magari non riescano a risolvere tutti i loro problemi subito ma
possano provare a migliorare la loro situazione passo dopo passo viene
sottolineato quando una madre e sua figlia adolescente decidono di tornare ad
aiutare barbie nel suo mondo dopo che Ken aveva instaurato il patriarcato a
barbieland.
Ora posso finalmente parlare della
cosa che più ho amato del film: Barbie, banalmente, viene richiamata nel mondo
reale perché la sua proprietaria ha seri problemi. Ma si scopre che la vera
persona che ha bisogno di lei non è l’adolescente cresciuta che ha un brutto
rapporto con la madre, bensì la stessa madre della ragazza. Cosa piuttosto pungente in
quanto spesso sono i genitori a rimpiangere il tempo in cui potevano giocare
con i loro figli quanto volevano e avere tutto il tempo del mondo assieme a
loro. In effetti i problemi di Barbie
iniziano quando ha dei pensieri riguardo alla morte che sono dettati da un
“collegamento” mentale con questa madre, consapevole che un giorno potrebbe non
esserci più per sua figlia.
Questa vicinanza ai pensieri di
un’adulta rende la visione del film perfetta per gli stessi adulti, che
un tempo sono stati i bambini e le bambine che hanno giocato con Barbie, perché
li colpisce nel profondo del cuore facendogli sentire il peso del tempo che
passa e percepire una piacevole nostalgia quasi commovente. Ovviamente il tutto
è arricchito dal fatto che la ricostruzione del mondo di Barbie è perfetta,
ogni cosa che si vede è stata effettivamente prodotta, ogni singola bambola del
film è stata lanciata realmente sul mercato. Un altro motivo per cui Barbie non
è assolutamente per bambini è che la protagonista alla fine si trova in una
situazione che è paragonabile a quella delle ragazze appena uscite dal liceo o
dall’università e che non sanno cosa fare della propria vita, non sanno che
strada prendere e si sentono perse. Alla fine del film infatti Barbie ha
risolto la situazione a Barbieland, ma ancora non si sente nel posto giusto.
A questo punto Barbie diventa del
tutto umana grazie all’intervento di Ruth. Chi è Ruth? Beh semplicemente “una
vecchietta con problemi di evasione fiscale” che ha inventato Barbie e che le
dà la consapevolezza che può fare ciò che vuole della sua vita dicendole “Non
ho più potere su di te di quando non ne abbia su mia figlia. Noi mamme restiamo
ferme cosicchè voltandovi possiate vedere quanta strada avete percorso.”.
Personalmente ho trovato l’intervento e l’omaggio a Ruth Marianna Handler commovente e veramente azzeccato.
Anche perché, per chi non lo sapesse, Ruth aveva chiamato la sua creazione come
sua figlia, Barbara.
Messa
così sembra il film più pesante e politicamente impegnato del mondo ma in
realtà è pieno di momenti comici che fanno scorrere quell’ora e quaranta
davvero molto velocemente. Basta dire che Ken si interessa al patriarcato solo
per i cavalli. Le coreografie, le canzoni e soprattutto le ambientazioni sono
spettacolari e ti lasciano sognare specialmente se da piccolo eri solito
giocare con le Barbie, maschio o femmina che tu sia.
Non ho visto il film , ma faccio i complimenti a Isabella . Continua a guardare film e a recensirli 😊
RispondiEliminaAppena posso le faccio leggere i commenti (sempre che non l'abbia fatto)
Elimina:)
Perfetta recensione de film, ovviamente l'ho visto, complimenti ad Isabella non poteva trovare parole migliori per un film che potrebbe risultare banale, invece con leggerezza tratta problematiche attualissime.
RispondiEliminavedi sopra
Eliminagrazie ;)
Complimenti per la recensione! Avevo pubblicato sulla pagina Cinema Cinema di Facebook un mio pensiero su questo film, ma il tuo testo è molto più dettagliato e preciso. Inoltre condivido più o meno tutto quello che dici. Grande!
RispondiEliminaGrazie Alberto! la prossima volta che la becco con mia figlia gli faccio leggere tutto (sempre che non lo faccia già)
EliminaSicura di avere solo 16 anni??? 😳…. Complimenti a Isabella per la recensione! Credo che un critico cinematografico non avrebbe potuto scrivere di meglio 😃👍
RispondiEliminaSinceramente non ricordo nemmeno se li abbia compiuti, ahah (è del 2007 ma adesso non ricordo il mese)
EliminaCopio incollo quello che ti ho scritto su FB così ti resta anche qua e ti rinnovo i miei complimenti Isabella e salutami pure Ginevra.
RispondiEliminaCredo che la lettura migliore di questo film l'hai fatta proprio tu.
Complimenti Isabella , penso che sei noi adulti guardassimo il film con gli stessi occhi di un adolescente senza troppe sovrastrutture e preconcetti lo apprezzeremo per quello che è..ciao!
Come ho detto agli altri una volta che la becco le faccio leggere tutti i commenti
Eliminagrazie :)
Beh, ho visto il film da poco, e devo dire che è molto meglio di come me l'aspettavo. Il fatto è che, come scritto nella recensione, il film riesce a farsi comprendere da chiunque, infatti il messaggio stesso è rivolto a tutti, e mi piace anche che nonostante potessero fare un film estremamente commerciale e basta siano riusciti a fare molto di più
RispondiEliminaMi fido :)
EliminaInnanzi tutto i complimenti dovuti alla amica di tua figlia soprattutto per aver saputo esprimere molto bene il suo punto di vista derivativo dalla visione di questo film. Detto questo però non mi trovo d'accordo su quanto detto. Come spesso accade anche la ricerca di una parità dei sessi spesso viene espressa (in questo caso ovviamente per un fatto di età) solo in termini superficiali e quindi percepita come di possibile raggiungimento. La realtà non è questa, la realtà è che se il femminismo come suo massimo traguardo punta alla parità dei diritti della donna rispetto a quelli dell'uomo fallisce già in partenza. Il film stesso sottotraccia senza però poi essere o arrivare mai ad una conclusione di fatto sottintende proprio questo aspetto. Una reale parità effettiva è impossibile, è utopistica sia per l'uomo che per la donna. Finché non sarà la donna stessa a decretare in maniera pienamente effettiva un potere decisionale sui propri diritti, questi verranno solo per forza di cose, anche nelle migliori situazioni solo "concessi". Il che non comporterà mai un pieno stato di diritto paritario riconosciuto come tale, ma pervenuto da una propria scelta esecutiva cosa che da duecentomila anni porta avanti nei fatti invece appunto solo l'uomo su di sé. In un contesto sociale da sempre patriarcale quindi i diritti della donna non saranno mai paritari proprio perché è il contesto sociale stesso a non permettere possibile tutto ciò. E non è la meritocrazia ad essere un giudizio o metro paritario valido e applicabile in un contesto patriarcale, perché per una divisione socioculturale dei ruoli da sempre evidente e normale adottata da questo sistema le donne saranno sempre sfavorite, statisticamente ci saranno sempre più uomini ad aver portato a fine un percorso di studi specifico e quindi meritocraticamente più idoneo ad occupare la stragrande maggioranza di posti lavorativi ad alto impatto socioculturale. Quindi in realtà la scelta è possibile solo tra un sistema patriarcale e uno matriarcale, dove se fino al medioevo la rappresentazione del mondo favoriva una naturale espressione di forza fisica, ora è più un aspetto tecnico organizzativo a mandare avanti il mondo per come esso è stato da noi strutturato, e quindi proprio in favore del fatto del ruolo sociale a cui le donne sono state sempre relegate nella storia ora molto più funzionale ad una loro espressione di fatto. Dico questo da uomo e cioè contro i miei stessi interessi, ma se vogliamo essere realmente sinceri sui fatti è questa la realtà, la parità in qualunque sistema noi andiamo a privilegiare non sarà mai possibile perché biologicamente siamo diversi, abbiamo pertanto strutture sociali differenti in termini di priorità. Finché la donna socioculturalmente sarà sempre confinata prevalentemente sui grandi numeri ad un ruolo di madre e principale organizzatrice dell'ambiente familiare non avrà mai la possibilità equamente paritaria di espressione socioculturale permessa al genere maschile.
RispondiEliminaCorrezione di un refuso nel testo "Il che non comporterà mai un pieno stato di diritto paritario riconosciuto come tale, MAI cioè pervenuto da una propria scelta esecutiva cosa che da duecentomila anni porta avanti nei fatti invece appunto solo l'uomo su di sé."
EliminaPoi ci sarebbero molte più argomentazioni a riguardo su cui baso queste mie riflessioni, ma credo di essermi già dilungato troppo. Il mio parere sul film è che non è certo Barbie lo strumento con cui evidenziare tutto questo discorso, tende a mio avviso quindi ad una certa banalità e superficialità nonostante lo sforzo.
Non leggo nemmeno il commento, non ho visto il film e sarebbe inutile
Eliminama, promesso, anche questo - anzi, soprattutto questo - lo farò leggere ad Isabella, l'unica qua che semmai può rispondere
grazie del commento così dettagliato ;)
Oltre a rinnovare i complimenti a Isabella, e ribadire il commento al post di facebook, vorrei qui condividere con lei, te e chiunque voglia le mie brevi divagazioni intorno a "Barbie":
RispondiEliminahttps://www.filmamo.it/robertoflauto/recensione/barbie
Un abbraccio :)
Innanzitutto complimenti per la recensione, continua a farne mi raccomando! Ho trovato finalmente tempo e “coraggio” di vederlo questo film e volevo scrivere qui anche come apprezzamento per quanto hai espresso. Vengo al dunque, che sennò non basta lo spazio. Il film mi pare voglia innanzitutto riabilitare la bambolina più famosa del mondo non essendo più il suo modello di perfezione politicamente corretto, alla faccia di qualsiasi realtà concreta con cui facciamo i conti ogni giorno, dove invece continuano a imperare gli stereotipi. Si parte dalla narrazione della rivalsa femminile sul patriarcato che la Barbie ha incarnato per sua stessa ragion d’essere e che infine – ironia della sorte - dovrà superare proprio per poter sopravvivere (come personaggio, prodotto, icona e azienda). E’ quello, un mondo dove la personale volontà di affermazione è l’anima stessa del conformismo, che spinge al possesso di oggetti come illusioni magiche da mettere in mostra per elevarsi dall’anonimato e di cui infine fa parte anche la posizione di successo raggiunta nella società. Si tratta di ruoli calati dall’alto e dati in pasto ai bambini, ossia a ciò che tutti siamo almeno in parte quando ancora non abbiamo capito chi vogliamo essere e quale posto occuperemo nel mondo, rivelando nostro malgrado anche quelle parti di noi stessi più profonde e vulnerabili che – giuste o sbagliate – la società nega e mortifica con derisione (manifesta o malcelata l’effetto è lo stesso), perché in conflitto con i ruoli già confezionati per noi. Che siano quelli tradizionali come il bambolotto/bebè per le bambine che prepara al ruolo di mogli e madri, o per i bambini i soldatini e le pistole che dicono come il conflitto abbia sempre le sue buone ragioni (anzi, è esso stesso la migliore delle ragioni) o, infine, proprio la Barbie che insegna qual è l’immagine giusta per primeggiare in società come nella vita (o meglio, nella sua immagine di facciata). E sì, il punto lo hai colto subito, il problema è proprio (non) sapere cosa fare della propria vita, ma è la condizione normale con cui la vita ci accoglie, perché non dircelo è il primo dono che offre in questo mondo dove ti diranno che tutto ha un prezzo. Scoprirlo poi è la vita stessa. Insomma ogni persona, ogni vita, è un enigma da risolvere pian piano per arrivare ai propri desideri. A conoscerli dico, prima che realizzarli… che altrimenti è impossibile. E con quell’enigma che dovremmo imparare a “giocare”. Certo è maledettamente difficile, spesso doloroso… e allora ecco che se qualcuno ci solleva da questa fatica sulle prime ci sembra una manna dal Cielo e siamo lì, pronti a tirar fuori da una scatola quel sorriso scintillante avvolto nell’abito delle proprie certezze, che se ce l’hanno tutti e io no già si parte col piede sbagliato. E troppo spesso i feticci del gioco sostituiscono il rapporto tra figli e genitori che tendono a defilarsi (proprio come nel film) perché gli adulti sanno bene quanto possano essere complicati quei rapporti e quanto sia facile fallire; e se accade poi la colpa non la condividono mica con nessuno. Silenziosa pena. Accidenti se hai ragione… la Barbie serviva soprattutto a loro! Oggi, la Barbie sfoggiando gli abiti della riappacificazione di genere e facendosene paladina (ma è la nuova immagine che ne fa ancora un punto d’arrivo, un modello) non so quanto cambi davvero la storia (che per sua natura sempre si ripete): risolti i conflitti , alla fine della sua avventura, da bambolina si è trasformata finalmente in un essere umano e quindi in una donna. Perché il problema è sempre quello di scoprirsi umani, diventare donne o uomini. Chissà se magari sentirà parlare di un bambino al quale un tempo accadde qualcosa di simile: era stato prima un burattino, ma senza fili disse qualcuno. E in questo, credimi, è tutta la nostra umanità.
RispondiEliminaVeramente un’ottima recensione !
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