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16.10.14

Recensione "Class Enemy"


L'insegnante donna sta per partorire, deve forzatamente abbandonare i suoi ragazzi.
Arriva l'insegnante uomo.
La prima è buona, comprensiva, di manica larga,  capace di instaurare un rapporto praticamente alla pari con i suoi studenti, un rapporto che riesce a superare, o annullare, quello istituzionale.
Il secondo è freddo, insensibile, autoritario, severo, distante e distaccato.
Facile vedere nelle due figure la metafora della madre comprensiva (e il pancione sta lì a rafforzarla) e del padre autoritario.
Ma poi piano piano Class Enemy sti contorni così apparentemente ben definiti li perde, la distinzione tra i buoni e i cattivi, i sensibili e gli insensibili, le vittime e i carnefici si fa sempre più labile per poi, forse, addirittura ribaltarsi.
Già qua avevamo brevemente affrontato la figura del professore, quella che io definisco come esempio di adulto notevole, ossia una di quelle figure capaci di influire pesantemente nella vita di un ragazzo.
Gli adulti notevoli hanno responsabilità, possono "salvare"vite come distruggerle, a volte senza saperlo non sanno quali aspettative, speranze, attenzioni e appigli un adolescente gli rivolge.


E guardando questi anni tutti sti (bellissimi) film sulla scuola, penso al francese La Classe, a Detachment, a L'Onda, a Les Choristes e a questo Class Enemy, senza andare a classici del recente passato come L'attimo fuggente e Will Hunting la conclusione a cui sono arrivato è che sempre, sempre, anche quando viene messa in secondo piano, la figura chiave non è quella della classe e degli studenti, ma quella del professore, dell'educatore.
E' sempre lui che in maniera più o meno invadente "condiziona" il film, non la classe che come materia grezza reagisce a quello che fanno le sue mani.
O.k, poi ogni film pone magari l'attenzione su uno studente in particolare, ma tutto parte sempre, più o meno evidentemente, dal professore.
Questo per ribadirne ancora l'importanza.
Ecco, il professor Zupan di Class Enemy è a mio parere la figura di insegnante più interessante, complessa e meglio scritta del cinema recente nel genere.
La prof di tedesco (siamo in Slovenia, il tedesco è assimilabile al nostro inglese) deve partorire.
Arriva come supplente il professor Zupan.


Sin dall'aspetto di Zupan è evidentissimo il cambiamento che dovrà affrontare la classe.
Basta cellulari, classe-famiglia e musica.
Zupan parla solo in tedesco, la lingua che deve insegnare ai ragazzi. Questo porta a una specie di ulteriore "controllo" su quegli studenti, incapaci e impossibilitati di interagire nella loro lingua naturale, la lingua delle liti, dei sentimenti, dell'immediatezza.
Zupan ha una chiacchierata privata con Sabina, una ragazza-tappezzeria (per citare il bellissimo Noi siamo infinito) bravissima nel suonare il pianoforte. Si parla di obbiettivi nella vita, di sapere cosa si vuol fare, di fallimenti.
Sabina pochi giorni dopo si uccide.
La classe inizia una rivolta a tratti subdola a tratti manifesta contro il professore, reo, secondo loro, di aver causato la morte di Sabina con i suoi metodi "nazisti".
E questo, forse, è quello che pare anche a noi all'inizio.
Zupan sembra non tradire mai un'emozione, nemmeno quando annuncia la morte di Sabina alla classe. Anzi, "sfida" gli studenti con una frase di Mann sulla morte (ah, tutto il film è praticamente accompagnato dalla monografia di Mann).
Eppure, eppure, piano piano lo spettatore comincia a pensare che i metodi apparentemente insensibili di Zupan nascondano invece una profonda conoscenza della vita, delle sue dinamiche e dei suoi valori, certo meglio della fantozziana psicologa della scuola, lei e le sue piovre.

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Ed è qui, nella morte di Sabina, in quello che significa quella morte, tutto il senso di Class Enemy.
Per gli studenti è una tragedia (mmm, ci torneremo), per Zupan un metodo educativo.
No, forse più che metodo educativo il professore la vede come una gigantesca e irripetibile opportunità per i ragazzi di maturare, la possibilità di diventare "esseri umani".
Ma i ragazzi approfitteranno della morte di Sabina, una ragazza di cui a malapena sapevano il cognome e che nessuno era andato nemmeno una volta a trovare a casa, approfitteranno di questa morte per attaccare l'autorevolezza del professore e, non ultimo, il sistema-scuola.
Attraverso l'ipocrita e inattaccabile ricordo di Sabina (inattaccabile perchè chi avrebbe il coraggio di andare contro a ragazzi che ricordano una loro compagna morta?) la classe inizierà una ribellione che in realtà è soltanto un pensare a sè stessi, al proprio tornaconto, una "scusa" per colpire quei mostri (professori, scuola) di solito inattaccabili.
Che sia chiaro, la freddezza, il cinismo, l'eccessiva sincerità, quasi vicino all'arroganza, di Zupan certo non ne fanno un personaggio virtuoso (virtuoso è e sempre sarà quel professore che riuscirà al contempo ad essere insegnante, educatore e parte integrante di una classe) ma la sensazione che quello che dice ed i suoi metodi abbiano un maledetto senso e una loro incontestabile, seppur dolorosa, verità dentro, si fa sempre più strada.
"La morte di un uomo è meno affar suo di chi gli sopravvive" cita Zupan da Mann volendo ricordare ai ragazzi che chi non c'è più non c'è più, è successo, è un fatto, e per chi non c'è più di sè stesso più non interessa, bisogna andare avanti e raccogliere l'esperienza.
Ma ormai i ragazzi vedono in lui il colpevole.

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Tralasciando sulla figura forse stereotipata del secchione che il giorno del funerale vorrebbe fare il tema o che segue sempre e comunque Zupan (finchè questi, dimostrando ancora una volta il suo essere integerrimo e "puro" nei suoi metodi non gli mette un votaccio) Class Enemy riesce anche a caratterizzare alla grande alcuni alunni.
Su tutti Luka, sconvolto dalla morte appena avvenuta della madre, un ragazzo che essendo ancora in fase di lutto ha tutta l'aggressività, la confusione e la non accettazione che tale lutto comporta.
E poi la bellissima Mojca , la migliore amica della scomparsa Sabina, l'unica che, a differenza dei compagni, in modo silenzioso e non plateale sembra veramente soffrire di quella morte e riflettere sulle parole di Zupan.
A questo proposito la lettera che legge nell'indimenticabile scena delle maschere (scena che rivela ancora una volta di più l'ipocrisia della classe e il tentativo di Zupan - mettendo anch'egli la maschera - di dimostrare, certo con i suoi metodi e la sua (non) sensibilità, la sua non indifferenza alla cosa), quella lettera è un urlo di odio e di amore di forza inaudita.
Ascoltiamo le parole di Mojca mentre nello schermo quelle maschere (inquietanti, specie quella del professore che ascolta la ragazza) si alternano a un flash back di Sabina che si aggira per i corridoi, magnifico.

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Tu ci hai lasciato, tu non vivrai la nostra sofferenza nell'averti perso, per noi c'è la tragedia, per te non c'è più niente. Ti amo, ti odio.
(tutto rimanda alla frase citata prima di Mann, non a caso "titolo" della lettera).
Un film quasi perfetto di un regista 28enne.
Capace di scrivere personaggi a tutto tondo.
Zupan ha le sue colpe e i suoi meriti, i ragazzi i propri meriti e le loro colpe.
Nessuno vince, nessuno perde.
Ma per tutti, per i ragazzi, per Zupan, per noi spettatori, c'è una morte che fa riflettere.
E c'è una gita scolastica in cui una ragazza si aggira sulla barca senza che nessuno la veda.
E che sia morta non è importante, non l'avrebbero vista nemmeno da viva.
E c'è un mare finale, un orizzonte.
E l'orizzonte è qualcosa di grande e lontano.
Come i pensieri sulla vita e sulla morte.

22 commenti:

  1. Lo vidi l'anno scorso a Venezia e ne rimasi folgorata, un po' perchè esordio di un 28enne sloveno, molto per la maturità della scrittura e della realizzazione.
    Concordo con tutto quello che hai scritto, e anche se ne è passato di tempo, ritrovo molte mie sensazioni.

    Avrei tanta voglia di rivederlo, anche per scriverne più e meglio di quanto fatto tra un film e un altro al Lido (http://incentralperk.blogspot.it/2013/08/venezia-70-terza-giornata.html)

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    1. Senz'altro ne avrai scritto benissimo.
      Stanotte, domattina al massimo, vengo a vedere :)

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  2. quello che mi colpisce è che non ci ribella contro qualcosa per qualcosa di meglio o diverso, qui si azzanna uno, come un capro espiatorio della propria impotenza.
    tutti gli insegnanti si adeguano agli studenti, Robert li vuole elevare, qui sta il problema.
    e tutto il mondo è paese, lo so, e non nel senso di Pasolini.

    ps: lì almeno hanno le fotocopie, da noi, se le fotocopiatrici funzionano, bisogna portarsi la carta da casa, e gli studenti fotografano lavagne, registri, quaderni libri, tutti sanno che non si può usare il telefono in classe, ma che ci vuoi fare...
    (chiedo perdono per lo scivolamento verso un confronto di situazioni)

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    1. E' sia un capro espiatorio che un pretesto.
      Un pretesto per metter su tutto quel casino che altrimenti sarebbe stato difficilissmo metter su.


      Ah ah, eppure mi sembrava una scuola normalissima, tutta sta organizzazione ce la può vedere solo chi vive nella disorganizzazione :)

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  3. Visto ieri.
    È senza dubbio un film interessante, che mette in campo vari spunti di riflessione. A livello stilistico mi ha ricordato molto La Classe Entre Les Murs di Laurent Cantet, per via di uno stile molto "essenziale" (anche se il film di Cantet era ancora più essenziale di questo).

    Parlando invece dei personaggi e delle loro azioni... Beh, c'è da discutere. E parecchio.
    Lo dico fin da subito: il mio giudizio, oltre ad essere puramente soggettivo (d'altronde penso sia giusto così), è alquanto "di parte".
    Ebbene, Zupan per me è un personaggio altamente irritante, l'ho detestato per praticamente tutto il film. La sua figura rappresenta quel tipico metodo di insegnamento eccessivamente severo, che non eleva ne aiuta gli studenti, anzi li opprime. E il bello è che probabilmente lui non se ne rende nemmeno conto: è convinto che il suo metodo, per quanto severo, aiuti gli studenti. E invece li mette solo sotto pressione, annulla la loro individualità. E il resto del personale della scuola non è che sia migliore, con la preside che pensa principalmente a preservare il buon nome dell'istituto, invece che cercare di affrontare la "rivolta" da un punto di vista più "umano".
    Tu dici che i ragazzi approfittano della morte di Sabina per mettere in atto la loro protesta contro il sistema scolastico: non sono completamente d'accordo. Sì, da un lato questa affermazione può avere un fondo di verità, ma dall'altro trovo che le loro proteste siano pienamente comprensibili. Quello che loro contestano è un sistema scolastico che vede gli studenti non come persone ma come semplici dati. E Zupan in un certo senso è l'esponente principale di questo tipo di sistema. A questo proposito come non citare la meravigliosa scena con loro barricati nella radio, una delle sequenze più belle di tutto il film.
    Il cinismo con cui Zupan ha affrontato il suicidio di Sabina è stata probabilmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Vedere una tragedia come un metodo educativo è, per me, una totale mancanza di umanità. La pressione che la scuola, Zupan compreso, esercita sui ragazzi è alta. E i genitori? Le loro parole durante l'assemblea facevano venire fuori un modo di pensare completamente ipocrita.
    Tutto questo si riversa sugli studenti e causa la loro "rivolta" (sempre se è questo il termine giusto).
    Che poi anche alcuni di loro abbiano atteggiamenti discutibili è innegabile, ma, ripeto, che cosa ha causato questi atteggiamenti? Questo dovremmo chiederci.

    Citando la tua recensione:
    "Eppure, eppure, piano piano lo spettatore comincia a pensare che i metodi apparentemente insensibili di Zupan nascondano invece una profonda conoscenza della vita, delle sue dinamiche e dei suoi valori".
    Ebbene, Zupan avrà anche queste conoscenze e questa esperienza, ma il suo non è l'atteggiamento corretto per trasmettere ai ragazzi questa conoscenza. Anzi, metodi di insegnamento come il suo causano e causeranno sempre una reazione completamente opposta.
    E la polemica dei ragazzi non è insensata, non è un pretesto per metter su un casino, anzi. È il desiderio di far sentire la loro voce, di poter esprimere un opinione. Opinione che può essere condivisa oppure no, ma che va comunque rispettata, non oppressa.

    Concludo qui, anche se ci sarebbero tante altre cose su cui discutere. Come al solito ti ringrazio per avermi fatto scoprire piccole perle come questo film.

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    1. Davvero molto bella e appassionata questa tua "difesa" degli studenti.
      E sì, l'hai fatta perchè sei di parte, come del resto tutti siamo sempre di parte, dalla parte dove ci identifichiamo più.
      Ho rivisto il film nemmeno 20 giorni fa e a parte trovarlo ancora più bello, mi sono ancora di più appassionato alla figura di Zupan, davvero perfetta, inappuntabile.
      Ma mi spiego....

      Allora, i ragazzi sono indifendibili (quelli del film ovviamente) e che il loro sfogo pro Sabina sia ipocrita lo vediamo da mille e mille cose. Come la consideravano prima, il fatto che nessuno fosse andato mai a trovarla, quel magnifico finale che metaforicamente ti dice tutto, anche dell'invisibilità della ragazza, e tante altre piccole cose.
      Il professore sarà stato insensibile ma loro hanno approfittato di una morte per farsi belli, rivoltosi e pararsi il culo.
      Per non parlare del trattamento che risevano alla prof tornata, ipocrisia pura.
      Su di loro, davvero, nessuna difesa, solo comprensione, perchè tutti noi a quell'età pensiamo di fare rivolte giuste, ci esalta fare casino, ma in realtà siamo stati sempre degli ipocriti.
      Zupan...
      E' esattamente il mio opposto. Fossi riuscito a diventare professore ne sarei stato praticamente la nemesi.
      Eppure questo non è un professore sbagliato, semmai è un uomo sbalgiato, un uomo incapace di emozionarsi, freddo, cinico, formale e affatto umano nel suo rapporto con gli studenti.
      I suoi metodi non mi piacciono ma non sono metodi sbagliati, nel senso che lui così è, e non gli si può fare un appunto.
      Io l'ho visto comunque più portato a capire e interagire con loro (vedi quando mette la maschera) che loro a interagire con lui.
      Li opprime? ma a te sono sembrata una classe pronta allo studio, virtuosa? guarda come te la mostra il regista alla presentazione del supplente.
      "Quello che loro contestano è un sistema scolastico che vede gli studenti non come persone ma come semplici dati. "
      Scusa, ma dove l'hai vista te sta cosa? Hai visto degli studenti pronti a voler diventare bravi studenti e brave persone o ragazzi che sin da subito hanno manifestato la loro pochezza e il loro menefreghismo? non è un caso che proprio Sabina ci fosse stata mostrata come la studentessa più umana e virtuosa e non è un caso come solo la sua migliore amica sia poi l'unica che reagisce da "adulta".
      I genitori sono peggio dei figli, la categoria che esce con le ossa più rotte dal film.
      Ma Zupan no, Zupan è un vero uomo che ha soltanto metodi discutibili nell'insegnamento. Ma un ragazzo virtuoso e pronto per capire anche in quei metodi avrebbe avuto la possibilità di crescere, non leggendo falsissimi e irritanti messaggi alla radio.
      Non sono d'accordo nemmeno sulla figura della preside, per me gran donna.
      E' ovvio come le nostre diverse età nella lettura di questo film influiscano molto ;)

      e, come per altri film, mi piacerà sentire l'Alessandro 30enne

      per ora fai benissimo a lottare e difendere quello che sei, quello che siete, ovvero ragazzi di un'età in cui la ribellione è vita.
      Ipocrita o no fate bene, ci siamo passati tutti

      ciao!

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    2. Pur non essendo completamente d'accordo, capisco tutto quello che hai scritto. E alcune cose le condivido anche, come l'episodio del ritorno della professoressa o la scena delle maschere.
      Per il resto penso che potremmo andare avanti per parecchio tempo senza trovare un punto di contatto: ma è giusto così. Come dici tu, quando magari avrò 30 anni, il mio pensiero sarà completamente diverso.
      Comunque nel commento di prima io principalmente difendevo la protesta dei ragazzi e quello che essa contiene, non la loro evidente ipocrisia nei confronti dell'accaduto.

      Ho solo un dubbio. Prima dici:

      "Eppure questo non è un professore sbagliato, semmai è un uomo sbalgiato, un uomo incapace di emozionarsi, freddo, cinico, formale e affatto umano nel suo rapporto con gli studenti".

      Poi:

      "Ma Zupan no, Zupan è un vero uomo che ha soltanto metodi discutibili nell'insegnamento".

      Ora, probabilmente sono stupido io, ma mi sembrano due frasi che si contraddicono a vicenda. Non riesco a capire se tu critichi Zupan come insegnante o come persona.

      Comunque ripeto quello che ho detto all'inizio del commento: è davvero un film interessante. Soprattutto perché ha il pregio di mettere in campo vari spunti su cui discutere.




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    3. Ma guarda che anche io capisco tutto quello che hai scritto eh?
      E lo condivido anche mettendomi nei tuoi panni.

      Sembra una contraddizione ma non lo è.

      Il mio "vero" era in contrapposizione all'ipocrisia, non era un giudizio di merito.
      Zupan è un uomo senza alcuna ombra, determinato, coerente, inattaccabile nei suoi principi. Uno che può essere solo stimato per questo.
      Poi i suoi metodi, la sua "poetica" e visione del mondo non solo sono difficilmente condivisibili ma anche discutibili.
      Quindi non c'è ninete che posso obbiettare al Zupan uomo, solo non essere d'accordo sulla sua visione del mondo.
      Mentre come professore, pur essere coerentissimo con quello che è, ovviamente avrei anche io qualcosa da ridire.
      Il "giusto" o "sbagliato" è da riferire solo alle mie (nostre) visioni del mondo ma una volta capita, e anche "apprezzata" la sua questo è da considerare un uomo vero come pochi.
      Non lo ami, non ti ci ritrovi, ma lo stimi

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  4. E' proprio vero che quando vedi un film, leggi un libro, che racconta di una situazione che hai dentro, che senti tua, lo vivi molto di più. In questo periodo la vita e la morte sono il mio chiodo fisso. Ore ed ore, penso. Penso a cos'è la vita (grande crisi esistenziale), e penso a cos'è la morte. Indipendentemente dalla religione in cui si crede, nessuno sa cosa c'è dopo la vita, nessuno sa se questa è la vita. E se la vita fosse la morte? Non riesco ad uscirne, probabilmente non ne uscirò mai.Fatto sta che questo "Class Enemy" parla della vita. E della morte. E non potevo scegliere periodo più adatto per vedermelo.
    Devo ammettere che inizialmente vedevo Zupan come il professore che io ho sempre denigrato. Quello che si interessa solo del sistema scolastico, del programma, della conoscenza; e non della sensibilità degli alunni, delle emozioni, della vita. Poi, nel corso della visione, la situazione nella mia testa si è ribaltata completamente. Mi sono accorta di essere involontariamente passata dal disprezzare Zupan ad ammirarlo, a sognare quasi di avere un giorno un uomo del genere ad insegnarmi. Ad insegnarmi l'italiano, la matematica, il tedesco. Ad insegnarmi la vita.
    Persone che ho odiato dall'inizio alla fine sono invece gli studenti. Ragazzi immaturi, incoscienti, ipocriti. Sin da subito. Senza proprie idee, opinioni. E poi c'è Sabina. Sabina fa una domanda molto importante: "Perché viviamo?". E neanche Zupan sa rispondere. Nessuno lo sa. E Sabina nemmeno. E Sabina decide che lei, non ha alcun motivo per vivere. E quel branco di pecore che non se la sono mai filata cominciano a fare le lacrime di coccodrillo. Il loro non è un grido di giustizia nei confronti della loro compagna, è una meschina forma di ribellione per pararsi il sedere. Zupan è un personaggio scomodo, facciamolo fuori. Il sistema. Il sistema. Quale sistema?! Il sistema sono loro. Sono gli studenti che ormai hanno in mano il pieno controllo. Lo si vede, lo si vede che ormai si possono mettere le mani addosso ad un professore senza avere ripercussioni. Io dentro questa mezza ribellione vergognosa ci ho visto anche una punta di senso di colpa (veramente tosta la scena in cui il ragazzo biondo, dopo aver appreso che Sabina era stata adottata, ripensa al suo insensibile intervento sulle adozioni e vomita, vomita l'anima). Senso di colpa per non essersi mai accorti di lei, per non averla aiutata. Loro non soffrono per la sua scomparsa, loro non le volevano bene.
    L'unica che davvero si comporta da persona adulta è Mojca, che non si pronuncia mai ma affronta il lutto in silenzio, e riflette davvero sulle parole di Zupan. Mi viene in mente il suo testo, roba da brividi.
    E Zupan magari è freddo, è cinico (vedi le "conversazioni" con la professoressa di ginnastica, roba da far accapponare la pelle) ma lo sa che cos'è la vita. E sa anche che cos'è la morte.

    PS: mi era venuta voglia di vedere in questo periodo "Syneddoche, New York", ma ho paura che sia troppo tosto e non riesca a comprenderne appieno il significato.

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    1. Quasi quasi spero sempre che tu non commenta più.
      Perchè non ce la faccio a smettere di farti complimenti, mannaggia.
      Credo che a 16/17 anni (scusa ma non ricordo) capire e parlare di Class Enemy in questa maniera non solo sia eccezionale ma quasi un miracolo.
      E non solo perchè questo è un film complesso, profondissimo malgrado all'apparenza freddo, ma specie perchè hai all'incirca l'età dei protagonisti, eppure non ti sei identificata (solo) in loro ma hai saputo avere un occhio perfetto su tutto.
      Vedi, dopo aver letto il tuo commento annuendo ad ogni frase mi sono riletto la recensione e, come pensavo, ho ritrovato ogni singola cosa che dici (ma mi hai copiato? proprio su un film sulla scuola???? bocciata!).
      La sensazione iniziale su Zupan, quella che piano piano invece viene fuori, l'ipocrisia e l'immaturità dei ragazzi, le loro accuse patetiche, il ruolo della ragazza morta, l'unica che "vedeva" oltre, quello di Mojca e della sua lettera, tutto.
      Ma io a 16 anni nopn credo ste cose le avrei lette così.

      "Mi sono accorta di essere involontariamente passata dal disprezzare Zupan ad ammirarlo, a sognare quasi di avere un giorno un uomo del genere ad insegnarmi. Ad insegnarmi l'italiano, la matematica, il tedesco. Ad insegnarmi la vita. "

      credo che su 100 adolescenti che vedono sto film in 2,3 direbbero sta cosa

      Sofia, complimenti, hai qualcosa di speciale
      E anche il tuo finale quel "cos'è la morte" dimostra come , volontariamente o no, hai anche la struttura, oltre che la scrittura, dello scrittore. Hai chiuso un cerchio con l'inizio in maniera perfetta-
      Attenzione però. Questa tua testa straordinaria rischia anche di farti male. Le riflessioni di cui parli sono profonde, importanti, ma pericolose. Mi raccomando, non abbandonarle, sono riflessioni che almeno sovrappensiero bisogna sempre avere. Ma non lasciarti mai sopraffare da loro. Abbraccia la vita e aggiungi tante parti bianche a quelle più oscure.
      Il mondo ha bisogno di giovani come te, e non solo per dire cose profonde ;)

      ah, che dirti, io non consiglio mai a nessuno SNY
      Meno che meno a chi non conosco di persona.
      Meno che meno ai giovani.
      Insomma, te sei il profilo opposto.
      Ma sei talmente avanti che un tuo confronto con questo film da un certo lato mi interesserebbe molto
      Poi ti accorgerai comunque che rivedendolo a 30/40 anni sarà molto diverso

      scelta tua, io aspetterei ma con te l'età lascia il tempo che trova

      oh, divertiamoce anche eh!


      baci

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  5. Visto ieri, concordo in pieno con la tua recensione. Il personaggio del professore è straordinario, così come la scena della lettura del tema dell' amica, che è stato anche il punto di svolta del film per la mia visione, nella prima ora temevo che prendesse pieghe troppo accondiscenti verso i ragazzi.
    Invece una, non proprio piccola, pecca del film è la cinematografia, a parte la sopracitata grandiosa scena, l' ho trovata un po' sbagliata, a quel tremolio in camera fissa avrei preferito direttamente una camera a mano a sto punto. Comunque il punto di forza del film è la sceneggiatura e i dialoghi, quindi ci si può passar sopra :)

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    1. Assolutamente, la grandezza del film è non cedere mai dalla parte dei ragazzi.
      Non farlo nemmeno verso il professore eh, ma raccontarti tutto in questa maniera distaccata, quasi documentaristica, che ognuno si faccia poi le proprie idee.

      Molto interessante l'appunto sulla cinematografia ma non ricordo o non ci avevo proprio fatto caso...
      Ma io di solito amo le regie traballanti e sporche.
      Vedi Trier...

      sì sì, sceneggiatura maestosa

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    2. Ma anche a me piace (vedi Sono ahah , e pure Trier, e Tsuakmoto e così via), per quello avrei preferito fosse direttamente in camera a mano, però in questo caso sono per lo più tremolii da telecamera fissa, tranne quando a volte muove l' inquadratura passando in steady cam, e mi faceva un effettaccio proprio brutto.
      Al netto delle cazzate in ambito tecnico che potrei aver sparato nelle righe precedenti, diciamo che volendo creare quel senso di disagio o di inquietudine, non mi è arrivato per nulla (relativamente alle scelte cinematografiche), giusto qualche smorfia di dolore ahah
      Poi come detto la sceneggiatura compensa abbondantemente.

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    3. sì sì, vero, ti eri spiegato benissimo, sono io che ho fatto un pò di confusione...

      sì, anche io non ricordo una regia che aiutasse il disagio, anzi, ricordo qualcosa di molto distaccato
      è un film freddo da analizzare freddamente, quasi un'autopsia di una tematica

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  6. Visto un paio di sere fa. Il primo pensiero che mi ha accompagnato per tutto il film riguarda la sua magnifica scrittura. Non che disdegni, ogni tanto, vedere personaggi che incarnano il solo Bene o il solo Male, tuttavia l'aderenza che qui tutti i personaggi hanno con la realtà è un grande pregio - curioso, a pensarci, visto che un film potrebbe permettersi il contrario.

    Come dici giustamente tu, partiamo da colori netti e arriviamo alle sfumature in cui diventa palese un atteggiamento ipocrita e assolutistico degli studenti e si rivaluta - un po' - l'insegnante. Personaggi splendidi proprio Zupan e Mojca e tante scene emozionanti: la barricata nella radio (forse LA scena del film), estremamente simbolica della chiusura alla comprensione, dell'arroccamento sulle proprie posizioni e del cortocircuito comportamentale cui un gruppo può arrivare (una ragazza dice che l'idea era stata di Luka e gli altri obbligati a farne parte); la lettura del tema della ragazza che per poco non mi ha portato alle lacrime e l'assemblea dei genitori in cui gli unici a rimanere coerenti sono, a loro modo, preside e Zupan.

    L'ho consigliato subito ad un paio di amici insegnanti che se non seguiranno l'invito verrano bollati di essere professoroni insensibili :)

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    1. scusa del ritardo Marco ;)

      sì, ho visto il film due volte e lo reputo uno dei più belli per sceneggiatura visti questi anni. Incredibile la costruzione dei personaggi e delle vicende, veramente perfetta

      io dico che l'insegnante lo rivalutiamo anche più di un pò ;)

      è un tipo di insegnante che non amo, opposto a me, ma ha una coerenza pazzesca e di sicuro una maturità che, invece, negli studenti non si manifesta praticamente mai

      molto belle le scene che citi. Sull'assemblea direi che è emblematica anche per il comportamento degli immigrati orientali. Mentre tutti parlano della rava e della fava solo per egocentrismo loro se ne devono andar via per lavorare

      se sono insegnanti intelligenti lo ameranno, a prescindere da quanto possano riconoscersi o no in Zupan

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  7. Ho visto il film ieri l'altro sera, sottitolato e in lingua originale (ho provato a vederne qualche frammento doppiato in Italiano, ma perde l'80% del suo notevolissimo potenziale!). Ieri l'ho dovuto rivedere, non potevo farne a meno, e credo di aver rivisto il discorso finale del professore almeno una 15ina di volta (e poco meno la struggente lettera di Mojca). Tante, davvero tante sono le emozioni, le sensazioni che mi sono rimaste dentro e sono venuto qui sperando che tu lo avessi recensito. Beh, ti ringrazio, mi sono ritrovato appieno nella tua recensione, ma devo dire che il commento di Sofia00 mi ha davvero trapassato da parte a parte: se qualcuno avesse avuto la possibilità di leggermi dentro, avrebbe ritrovato tutte quante le sue parole, dalla prima all'ultima: non una di più, non una di meno xD!
    Grazie ancora!

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    1. io mica me ricordo come l'ho visto...

      due volte, ma non so se doppiato (la seconda sicuro, era in tv)

      film meraviglioso e quei due momenti indimenticabili

      mi hai fatto ricordate de sta ragazza di 16/17 anni che faceva commenti da brivido, chissà che fine ha fatto...

      grazie a te!

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  8. Intanto grazie di esistere che senò questo ed altri film col cavolo che li scoprivo!
    Reputo anche io il film un capolavoro sul “tema scuola” e non solo, che mi è rimasto dentro come pochi! Credo che insieme a “Non uno di meno” di Zhang Yimou il cinema abbia con questo dato il meglio sull’universalità del tema dell’insegnamento, quale momento chiave della continuità dell’ “essere umani”. Sul film quì sopra è stato detto davvero tutto e, come al solito, in maniera sublime. E proprio perché questa volta ci tengo davvero mi “intrometto” per un paio di precisazioni che sento di dover (e voler) condividere. E’ stata – a ragione – ampiamente sottolineata l’incapacità di comunicazione ed empatia del professore, tuttavia qui volevo proprio soffermarmi su quanto questo suo limite si sia trovato in buona compagnia, ravvisando addirittura in questo fatto il tema portante del film (è ovviamente la mia lettura).
    La prima precisazione: il protagonista difetta nel travasare la propria ricchezza intellettuale nell’esercizio dell’insegnamento, che diversamente eleverebbe ad arte; ed è lì che si può individuare il suo fallimento, se di fallimento si può parlare: dunque a mio avviso gran bella persona in sé, ma discutibile come insegnate e non il contrario. E arrivo all’altra precisazione che trovo sì complementare alla prima, ma (avrei la presunzione di dire) anche necessaria alla lettura del film. Ciò che infatti si impone “in controcampo” alla figura dell’insegnante, è che già il semplice distacco - con un’immediatezza che rivela in sé gran parte dei contenuti della pellicola – viene vissuto dalla classe come un affronto (cioè come una sfida lanciata); i ragazzi sono completamente ostili ad accogliere qualsivoglia alterità e a entrare in contatto con chi pur si presenta sin da subito “non banale”, mostrando di avere molto da dire a partire innanzitutto da ciascuno di loro; ma ciò non provoca la minima scintilla, non suscita in loro nessuna compiaciuta o impertinente curiosità (non dico empatia); risultano totalmente abulici con un altro da sé magari poi da respingere o irridere ma intanto da sbirciare nella sua genuina rivelazione. Conta invece l’aspettativa tradita di venir vezzeggiati e alle proprie condizioni, assecondati su una strada che si pretende sempre e comunque in discesa, avendo perso il gusto di ammirare il paesaggio dalla cima del pendio, forse perché il “sistema” ha già tradito quella promessa a partire da se stesso. La classe raccontata da Rok Biček non si cimenta neanche nello scontro (che però sarebbe tale solo alla luce di un confronto realmente vissuto) ma solo nella riaffermazione del rassicurante stereotipo di se stessa, reiterato da un sistema che lo asseconda per sentirsi al sicuro; qui la crescita è relegata a un’istituzione prolissa e formale basata su burocrazia del profitto e nozionismo ministeriale finalizzato alla mera sopravvivenza dell’apparato scuola (ormai disinteressato o impreparato a spingersi oltre).
    A partire da un elemento di rottura (il suicidio), il soggetto del film ha quindi posto gli uni di fronte agli altri elementi sostanzialmente ripiegati su sé stessi, universi chiusi (il “sistema”, il prof e la classe) svelandone le contraddizioni una volta rimossa la coltre che le nascondeva; che è una critica forse più ampia e rivelatrice di un modello di umanità (la nostra di occidentali, di cui la classe è modello in erba) nel suo nucleo più sensibile, che retroalimenta la propria crisi anche laddove ci sarebbero le risorse (se non per uscirne facile) almeno per affrontarla. Un appello beffardo in cui si individuano assenze. Ogni elemento in sé positivo (il rigore intellettuale del prof, la “migliore amica” nella classe e la direttrice nel “sistema”) rimane quindi isolato e destinato a dissolversi senza lasciar traccia. Quell’assenza di volto che presenta la storia in locandina è cifra e sintesi dell’intera vicenda e ne scrive anche il finale.

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    1. film meraviglioso

      e commento incredibile che rileggerò più volte tanto è interessante e perfetto

      complimenti, è davvero impossibile aggiungere qualcosa. Hai proprio ragione, è un film che racconta uno status quo, una forma mentis già bacata a monte e quindi non pronta ad accogliere il nuovo che può migliorarla

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  9. Tra i film "scolastici" mi è piaciuto molto più di altri, ad esempio l'attimo fuggente è bello ma lo trovo un po' caricaturale, questo è molto più aderente alla realtà.
    Nella mia esperienza scolastica ci sono stati professori come Zupan, li ho detestati ma ripensandoci oggi credo fossero solo delle persone infelici che riversavano sugli studenti la loro frustrazione.
    Meno male che mi ricordo con piacere almeno tre professori che erano splendidi dal punto di vista umano anche se erano piuttosto severi ed esigenti con noi.
    Il giorno che mi sono laureato per caso ho incontrato in università il mio professore di storia e mi ha fatto un enorme piacere prendere con lui un caffè prima dell'emozione della discussione della tesi.
    Comunque anche i professori alla Zupan ti fanno crescere se li interpreti in modo corretto, ti viene da dire "io non sarò mai così" non per la severità ma per la freddezza. Incredibile il suo atteggiamento nei confronti della professoressa di ginnastica bella donna che ci provava in tutti i modi e lui non considerava minimamente.
    Verrebbe da dire che Zupan fosse non in uomo ma un animale a sangue freddo e questo è distante anni luce dal mio modo di vedere le cose.
    Di sicuro i ragazzi del film non mi sono risultati simpatici, se vuoi ribellarti devi andare fino in fondo, se usi parole come nazista devi sapere quello che dici, le parole sono armi improprie e non sappiamo se Sabina magari si è uccisa per qualche commento feroce di qualche compagno di classe.
    Se usi a sproposito epiteti come nazista senza sapere cosa significa sei come un bambino con in mano un mitra, puoi uccidete senza sapere quello che stai facendo.
    Notevole il distacco che il regista ha tenuto nello sviluppo del film, alla fine è impossibile empatizzare completamente con qualcuno, a 28 anni i ricordi di scuola sono ancora piuttosto freschi ci va bravura per non parteggiare per qualcuno, in questo ad esempio l'attimo fuggente è molto più sbilanciato

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    1. che bello questo commento sia personale che analitico sul film

      il film lo ricordo benissimo e mi ritrovo in tutto quello che dici. Ti dirò, alla mia seconda visione (un annetto dopo la prima) mi ritrovavo a stare di più dalla parte del professore, una parte scomoda, fredda e insensibile ma di grande coerenza e, in qualche modo, rispetto

      film stupendo

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due cose

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3 ciao