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8.2.21

Recensione: "Braid" (Chimera)

 

L'opera prima di una giovane regista italiana andata a lavorare appena 19enne negli Stati Uniti ha tutto per diventare un cult.
Ritmo, "follia", livello estetico pazzesco, per una regia che sembra un riuscito mix tra i Safdie, Noè e Refn.
La storia malata di tre amiche in una villa. Ognuna di loro recita una parte, la madre, la figlia, il dottore. Un thriller psicologico con spruzzate splatter che esalterà i vostri occhi, vi "divertirà" e anche inquieterà. Certo la confezione è così patinata che il rischio di depotenziare le tematiche (che ci sono eh...) è alto. E la sceneggiatura è abbastanza esile, nemmeno troppo originale (anche se il film ha assolutamente un'identità propria nel suo complesso).
Ma sono sicuro che passerete un'ora e venti velocissima e che Braid sarà uno di quei film che difficilmente dimenticherete, perchè ha quel "potere" che non tante opere hanno, quello di restarti negli occhi e nel ricordo.

Nel finale di recensione presenti spoiler e mie interpretazioni del film


Come tanti di voi sanno non riesco mai, ahimè, a seguire i consigli che mi date.
Stavolta però è arrivato un consiglio particolare di una lettrice che, invece, mi ha incuriosito molto.
Era un articolo che presentava tra horror recenti tutti diretti da donne.
Ecco, uno era The Lodge, uno Relic e poi questo Braid.
Capite che considerando The Lodge un capolavoro di genere e avendo amato moltissimo Relic mi è davvero venuta una grandissima curiosità di vedere questo terzo film, fidandomi (visti i primi due) di chi ha scritto l'articolo.
Aveva ragione ;)

Solo a fine film ho scoperto che non solo la regista fosse donna, ma "addirittura" italiana (non me l'aspettavo dal titolo del film e dal suo nome e cognome, più da italo-americana).
In effetti Mitzi Peirone è "italianissima" ma è andata molto giovane negli Stati Uniti per lavorare. Questo è il suo primo lungometraggio.

Dico subito che secondo me Braid - riferendomi ancora a quell'articolo - non raggiunge nè il livello assoluto di The Lodge nè la profondità di Relic, film-metafora davvero esistenzialista.



Non che Braid manchi di tematiche e autorialità eh (anzi...) ma è indubbio che il lato estetizzante del film (favoloso) si mangi, o rischi di farlo, gran parte del suo contenuto.
Non che la cosa mi dispiaccia in effetti visto che mi sono accorto che più divento grande più ho imparato ad amare il cinema bello (che io differenzio dal "bel cinema" come del resto differenzio il "film brutto" dal "brutto film").
Ecco, Braid è un viaggio psichedelico malato che vi inonderà gli occhi di bellezza, perlopiù estetica.
Sapete che a me diverte sempre molto trovare dei riferimenti (recenti, è il cinema che conosco meglio) nei film che vedo.
E posso quindi dire che Braid pare un esaltante incrocio tra il cinema dei Safdie (per ritmo, montaggio e personaggi) e la magnifica estetica "malata" di un Noè, anche se probabilmente è Refn il riferimento maggiore.
Questo almeno a livello visivo.
Se invece andiamo ad analizzare la storia troveremo tanti altri piccoli o grandi riferimenti, li vedremo dopo.
Il prologo ci fa subito capire l'altissima cura per l'immagine della Peirone.
Tre ragazze stanno scavando una fossa.
Subito dopo le vediamo, vestite di bianco, stese ed abbracciate. Due scene staccate tra di loro ma semanticamente legate, come se quelle 3 ragazze fossero loro stesse dentro la fossa.
Non sappiamo temporalmente come queste due scene sono inserite dentro la timeline del film, lo scopriremo poi (in un film in cui il concetto di Tempo è molto interessante).
Poi, a conferma di 10 minuti iniziali dove lo spettatore resterà molto confuso degli eventi, vediamo due delle ragazze scappare dalla polizia dopo una retata di droga.
Vivremo una scena molto strana nel treno (quella con il controllore) e poi saremo ancora più disorientati quanto le vedremo arrivare in una gigantesca villa dove vive una terza ragazza, da sola.
Le altre due si cambiano ed entrano nella villa, una fingerà di essere la figlia della donna che abita lì e l'altra un dottore.
Mi fermo qua.

Comincia così questo stranissimo thriller psicologico con spruzzate splatter che ha tutte le carte in regola per diventare un cult.
Perchè è un film molto particolare, dal grandissimo ritmo, pieno di sequenze bellissime da vedere e, soprattutto, folle, ma talmente folle che, paradossalmente, arriviamo quasi all'ironia (per capirci, qualcosa che piacerebbe a Tarantino).
Uno di quei film che molto probabilmente vi resterà negli occhi e nella testa, uno di quelli dove difficilmente risponderete "non me lo ricordo" (questa è una delle caratteristiche dei cult).
Il lato estetico è talmente alto da rischiare di essere controproducente. Io l'ho adorato, scene come quella di lei che si lava nella vasca (un quadro), quelle allucinate virate sul viola dopo che Tilda ha assunto la droga, la sequenza "ribaltata", il massacro di sangue nella sala operatoria, la "soggettiva" dell'auto che entra nel fiume, la geometria delle inquadrature, la malatissima scena mentre Petula canta (ovviamente in italiano) "Figaro" (scena nella quale tutte interpellano la macchina da presa, inquietante), quella raffaelliana di loro legate per le trecce ("Braid" proprio trecce significa), ecco, son davvero tanti i momenti che esaltano i nostri occhi.



Eppure questo parossismo estetizzante, come dicevo, potrebbe non solo infastidire (a volte si esagera, come i belli ma per me inutili bianco e nero) ma anche depotenziare un film che, secondo me, un'anima ce l'ha, e anche un bisogno di raccontare qualcosa di importante, come la paura, la malattia, la pazzia, il sentirsi inadeguate, l'amicizia, la sottile differenza tra realtà e sogno, il ruolo di "attori" della vita che molto spesso tutti noi recitiamo.
Però, ecco, mentre per Relic la parte "sotto" era quella preponderante (tanto che la recensione la impostai molto su quello) in Braid è quella sopra, la superficiale (nel senso etimologico del termine, non in quello denigratorio) ad essere preponderante.
La sceneggiatura è buona, anche se non eccezionale, molto esile. Mette dentro personaggi simbolici non del tutto riusciti (il barbone poteva andare bene nella prima apparizione, risulta invece disastrosa la sua seconda nella stazione di polizia) e sembra prendere a destra e manca da tanto dell'horror recente.

In ordine sparso (saltate questo paragrafo se avete paura degli spoiler) solo limitandomi a film recentissimi ho trovato la canzoncina di The Crescent ("la barchetta va", presente anche in Eternal Sunshine), la trovata di Ghostland (ovvero lei che per fuggire all'inferno della realtà si crea una vita alternativa che non ha mai vissuto), il senso di straniamento e di inganno di The Lodge (in più punti, ma soprattutto in quel calendario con sempre lo stesso giorno), l'indovinello con caccia al tesoro di The Orphanage (di cui riprende anche la location), Tre Village (il film ha lo stesso assunto, vivere in un microcosmo forzato per difendersi dal mondo esterno, troppo pericoloso e pieno di insidie), I Soliti Sospetti (Petula crea la sua vita alternativa basandosi su oggetti presenti in casa, vedi ad esempio la casa delle bambole o la tempera "Siegel" che diventa nel "sogno" l'ispettore, come la famosa tazza Kobayashi nel capolavoro con Spacey) e infine La Grande Abbuffata, con quel suicidio collettivo nella cornice della grande villa.
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Ho amato molto tutti questi riferimenti, chissà quali "reali" e quali solo incidentali.
Le attrici son tutte bravissime, specie la ragazza che interpreta Daphne, con un viso che le sta regalando e le regalerà un'intera carriera nell'horror e nel disturbante credo.
Un film tutto "al" femminile ma non necessariamente "sul" femminile, come spesso accade quando alla regia c'è una donna (e solo loro sanno raccontare perfettamente alcune dinamiche).
Alla fine lo spettatore resterà un pochino spiazzato e confuso ma io penso che le fila possano essere tirate con abbastanza sicurezza.
Innanzitutto ogni scena di omicidio e di sangue che abbiamo visto, sia compiuta verso altri che tra loro stesse, non è mai accaduta.
Le ragazze, le "bambine", hanno sempre e solo giocato, senza mai farsi del male realmente.
Questo lo dimostra il fatto che tutte le ferite che ogni volta si sono inferte ad un certo punto sparivano sempre. Inutile dire che l'ispettore non è mai esistito (o se è esistito lo è stato solo nel passato, quando Daphne cadde) e tutte le scene in cui compare sono dentro la testa di Petula.
Insomma, siamo davanti ad un gioco di ruolo che va avanti da sempre, in cui nessuno mai  si è fatto del male ma si è sempre e solo "immaginato" di farselo. 
Suicidio collettivo compreso.
Scena stupenda quella, specie se abbinata a quell'immagine in flashback delle bambine che si mettono a dormire.



"Purtroppo", però, questo finale lirico e definitivo è anch'esso, a mio parere, solo immaginato, l'ennesimo gioco di ruolo - il più estremo - delle ragazze.
La realtà è un'altra.
Questo gioco, questa loro vita segregata, quest'esistenza fuori dal mondo reale, non dura da soli 15 anni, ma da molti di più.
C'era una minuscola scena dove forse potevamo intuire la cosa, quella di pochi secondi in cui vediamo una "vecchia" che bacia lo specchio , come faceva sempre Petula (quindi presumo sia lei nell'oggi).
La casa è ormai spenta, sporca, dissestata, distrutta, polverosa.
Ma qualcuno suona ancora alla porta.
"Ciao mamma, sono tornata"

7.5

15 commenti:

  1. lento, illogico, confuso, senza criterio...1 ora e 20 minuti che sembrano 6 ore.. un film dove l'intento è non farti capire niente... se poi in ogni film si vuole trovare sempre l'arte e/o la bravura, direi che qui c'è lo zero assoluto. meglio un documentario almeno si impara qualcosa

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    1. A sto punto semmai segnalame qualche documentario bono che so appassionato

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    2. Assolutamente d'accordo.. Imbarazzante film di una nullità che ha avuto la fortuna di trovare due quattrini per farlo. Se volete vedere un regista italiano bravo cercato Fabio guaglione e lasciate stare sta robaccia.

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    3. se ve lasciate il numero de telefono ve potete mette insieme

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  2. 1/2

    Dunque, non conoscevo né la regista né questo film. L'ho cercato, ho trovato il dvd e subito l'ho preso, a scatola chiusa, senza saperne nulla. L'ho visto stanotte, e dovrò sicuramente rivederlo, perché questo è il genere di film che va rivisto una seconda e una terza volta. Perché è ambiguo, strano, stratificato, metaforico. Il genere che amo di più. Certo, è tutt'altro che perfetto. E il lato estetico, come hai ben detto, straripa su tutto il resto - con quei colori taglienti, quelle luci, quelle pose - e lo invade totalmente, diventando parte della narrazione (secondo me non è stato un mero esercizio di stile), per questo non mi ha infastidito, ma oltremodo affascinato.
    E' un film che sto ancora elaborando. Non sono sicuro di averne colto il significato. Ho una mezza idea, provo a buttarla giù come viene (e già mi scusa per le assurdità che dirò). Daphne, Tilda e Petula sono un'unica persona. O meglio, diversi aspetti di una stessa mente affetta da tristezza e solitudine. "Braid" quindi "trecce", ovvero qualcosa di unico che nasce dalla combinazione di due o più elementi. Ma anche "Chimera", come il mostro mitologico formato da tre animali diversi (leone, capra, serpente), una metafora ancora più diretta di un unicum costituito da tre differenti elementi. Quindi una possibile chiave di lettura potrebbe essere la seguente: le tre bambine stanno giocando nella casa sull'albero, ma poi una di loro cade, un evento che segna inevitabilmente la vita di tutte loro. Ma la mente di Daphne ne resta profondamente segnata, e qui si inserisce la storia narrata dal film, quella di un difficile, complicato e doloroso rapporto tra una condizione esistenziale segnata dal dolore e dall'impossibilità di procreare e quel desiderio insaziabile di vita che solo un essere umano può avere. E allora se il "gioco" è stato il motivo scatenante della caduta può essere anche la ragione della "risalita", del ritorno alla stabilità emotiva, cognitiva, emozionale (del resto, ogni gioco infantile si basa sulla dinamica del "facciamo che io ero", formula magica che apre qualsiasi porta, ognuna delle quali apre su mondi plausibili benché alieni). Allora, forse, il film non è altro che una delirante fantasia di Daphne che, in un ciclo infinito (sul calendario la data indica il giorno 8, ovvero il simbolo dell'infinito, che richiama anche l'uroboro, altro animale mitologico, che simboleggia l'eterno ritorno) durante il quale ogni cosa è possibile (come in ogni gioco), almeno finché si rispettano le tre regole fondamentali. Ma la realtà è sempre in agguato, continuamente si insinua nelle pieghe dell'immaginazione, inquinando ogni fantasia (l'ispettore potrebbe rappresentare ciò), e anche la mente più distorta non può sottrarsi alle logiche dell'essere vivi (Petula, in tal senso, rappresenterebbe la parte che si oppone alla follia del sogno - colei che inorridisce alla scena del massacro dell'ispettore; è colei che vuole fuggire dalla casa; è lei il "dottore", cioè colui che cura la "malattia" - che in questo caso è il gioco stesso). Tilda invece sarebbe la parte che permette ai due opposti di stare insieme (l'elastico della treccia), è lei che tiene il diario degli eventi, colei che parla a Petula alla fine, è lei che viene "riconosciuta" dal barbone a inizio film (se non ricordo male), il quale le dice qualcosa tipo "torni sempre indietro" (un possibile riferimento al fatto che è lei che fa ripartire il gioco ogni volta, gioco che comincia sempre quando lei suona il campanello, tra l'altro).

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    1. 2/2

      E credo anche io che questa "esistenza fuori dal mondo" duri da moltissimo tempo, quella vecchia che bacia lo specchio potrebbe essere proprio Petula, eppure quando Tilda si pettina davanti allo specchio (sul quale c'è il bacio) sul suo pettine restano capelli bianchi, quindi forse la vecchia è lei. Oppure, forse, è semplicemente il momento, per Daphne, di ricominciare a giocare. Perché solo quando sono tutte e tre insieme il mondo gira come deve e tutto funziona (infatti spingono l'auto nel lago soltanto quando ci provano in tre). Tutto il film si snoda tra l'onirico e il metaforico, una narrazione nella quale il tempo scorre secondo direzioni che appartengono al mito e al sogno, infatti, come dice a un certo punto Daphne in quella specie di indovinello, "la tomba si spalancherà quando distruggerai la magia del tempo", e ciò che distrugge la magia del tempo è sempre la stessa cosa: il risveglio, l'alba, la fine del sogno, la caduta dall'albero. E allora ecco l'aurora che porta via il sogno, la fine del gioco, il ritorno alla realtà: il suicidio. La prima è Tilda (l'elastico che, andando via, permetterà alla treccia di sciogliersi), poi Petula e infine Daphne, l'unica che muore fuori dalla casa (metafora della sua mente?). E poi, inevitabilmente, si ricomincia. Perché la realtà è come il gioco: è bella quando dura poco.

      Ma ci sarebbe tantissimo altro da dire. Spero di non aver detto troppe cazzate e chiedo scusa per il papiello (tanto che ho dovuto dividere il commento in due parti). In ogni caso, un film che rivedrò appena sentirò che sarà il momento di farlo. Imperfetto e folle, disorientante e mai fine a se stesso: splendido film.

      :)

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    2. guarda, non ho parole ;)

      mi fai paura

      davvero stupenda la lettura Roberto. E sono contento che hai commentato su questo film dove io, delle tematiche, non ho praticamente parlato (mi sono anche scusato con la regista, che mi ha contattato)

      mando comunque a lei sto commento, chissà quante cose "vere" hai detto e quante siano oltre l'intentio auctoris

      grazie...

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    3. Grazie a te, Giuse, perché mi fai scoprire sempre cose bellissime, e soprattutto grazie alla Peirone per questo strano e strepitoso film. Ho letto qualche sua dichiarazione e intervista, e visto alcune sue foto, e il fatto che ti abbia contattato me la rende ancora più simpatica, "vera". Spero ci regali presto un'altra opera.

      A prescindere da tutto, comunque, avercene di film del genere. Un racconto in cui forma e contenuto si mischiano talmente bene dove non è più chiaro dove cominci una e dove l'altro. Proprio come in una treccia.

      Un abbraccio :)

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    4. Mi sembra di aver letto (ma non gliel'ho chiesto) che sì, c'è già un nuovo film, non so a che punto del suo percorso però

      dovrebbe essere un fantascienza

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    5. Caro Roberto ti ringrazio e ti faccio i complimenti per aver interpretato il film perfettamente - sono contenta ti sia piaciuto e orgogliosa della tua chiave di lettura. Un abbraccio, Mitzi

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    6. Che bello che tu sia intervenuta, Mitzi, ti ringrazio di cuore. E, naturalmente, i complimenti sono tutti per te. Io mi sono semplicemente divertito a lasciarmi attraversare dal tuo splendido film. Un abbraccio a te :)

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  3. Risposte
    1. ho visto che Roberto l'ha addirittura comprato in dvd
      In ogni caso si trova in 3-4 piattaforme (compreso Chili) a 3 euro mi sembra

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  4. Braid
    (chimera)
    2018
    Regia: Mitzi Peirone


    Visionario viaggio estetico nei meandri della mente, tra difficili riferimenti temporali e spregiudicate matasse da sbrogliare per questo debutto straordinario. Un vero percorso in immagini, a volte stucchevoli nei confronti della trama, ma così maestose da prendere la ribalta, e giustamente. Thriller psicologico con accenti horror e cammei splatter, che gioca tra simmetrie e palette, per donare immagini come dipinti, da strappare poi in veloci movimenti della macchina da presa, cambi sequenza, capovolgimenti di veduta.

    Non è facile districarsi nella narrazione che se pur fluida, non aiuta il fruitore, ma è volutamente intricato il file rouge, per sciogliersi nel finale non finale.
    A mio avviso un film, meditato, e vissuto intimamente, come fosse una sorta di esplosione/urlo del sentire della regista, che doveva vibrare verso l'esterno. Tre personaggi per definire una persona,una anima....con le variabili che si rincorrono e accavallano bel procedere dell'esistenza, ma anche nel breve, nella giornata.
    Se questo film, è la premessa di cosa potrà regalarci la regista in futuro,allora il cinema, ha qualcosa in più da tenere d'occhio.

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    1. commentatore nuovo mi pare, bene!

      ma che bella scrittura, mi piaci un sacco. Secca, breve ma ricchissima di parole e suggestioni, oltre che, nel dettaglio del film, secondo me anche molto pertinente

      davvero complimenti

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