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16.2.23

Recensione: "Everything everywhere all at once" - Passeggiate, il cinema della poesia - 23 - di Roberto Flauto

 

In tanti (ovviamente sempre tanti per un mondo minuscolo come il mio - 8 ? -) mi avete chiesto "L'hai visto Everything bla bla bla? Hai recensito Everything bla bla bla?
Ho una bella notizia per voi.
Ancora non l'ho visto.
Ma l'ha visto e ne parla nel blog l'amico Roberto, quindi per voi è solo meglio.
Peccato non poter leggere la sua recensione, recensione che già solo impaginandola (ah, a proposito, dopo la "bibliografia" continua ancora eh!) mi rendo conto che sarà bellissima e geniale come sempre, un vero - e lungo - viaggio.
Ecco, voi fatelo invece, leggetela.
E a sto punto io so sollevato, me dò 3 anni per vedello.


"Una storia mortale di granelli venati d’autunno
persi tra le distorsioni spaziotemporali
dell’effimero viaggio infinito
verso l’immenso primordiale dell’amore eterno."


Parte 1:
IO EVERYTHING

Chiusi gli occhi, li riaprii. Allora vidi l’Aleph.


Noi percepiamo nella poesia la vera natura della materia. E ne perce­piamo anche l’inafferrabilità, l’oscurità, il vago e l’indefinito – che sono, o forse sembrano, almeno per ora, un suo tratto ineliminabile. Sto dicendo che alla base di ogni conoscenza umana vi è un atto di fede. Sto dicendo che il visibile è permeato di invisibile. Sto dicendo che i fantasmi sono ovunque, colmano l’universo. Sto dicendo che ogni cosa è possibilità, perché tutto si compie nel momento in cui Orfeo si volta: e non guarda più la luce e non guarda ancora Euridice. Infatti la struttura della materia – che si replica nella struttura della poesia – mantiene un tasso di incertezza inquietante. Non c’è niente di definito e definitivo, tutto appartiene al rango del possibile. I fantasmi danzano senza sosta. La materia della poesia che è poesia della materia umana: perché siamo galassie inconsapevoli. L’universo che ci abita si espande più velocemente, caoticamente, tremendamente, violentemente, meravigliosamente, paurosamente dell’universo che abitiamo. Non guardiamo più la luce, non guardiamo ancora Euridice. Tutto può accadere. Sta già accadendo. È già accaduto. Sta per accadere. L’incertezza (della bellezza). La bellezza (dell’incertezza). La poesia, come dice Wislawa Szymborska, nasce da un incessante non so. È così. Il caso e la necessità. Il nome di ogni cosa. Le lavanderie a gettoni. Le dichiarazioni dei redditi. I salti quantici. Tanto che un fisico premio Nobel come Gerardus ’t Hoof ammette «Come stanno le cose io non lo so». Se queste sono le conclusioni relative alle forze che agiscono la materia, che cosa dire della poesia? Che quella incertezza è la sua ricchezza e la sua forza, quella oscurità è il suo cuore pulsante. Noi vi siamo dentro. Siamo il cuore di tenebra. Una pietra del mesozoico. Un sasso con gli occhi disegnati, su un pianeta sconosciuto. Un’impronta nella neve. La poesia è la forma della materia che rappresenta sé stessa. Questo è il fare del fare, ovvero poiéin. Questo è l’essere dell’essere, ovvero che fine fa il mondo quando chiudo gli occhi?
Io sono tutto e tutto sono io.
E allora non ci resta che raccontarci storie.

C’era una volta. Devo compilare questi moduli. E c’era pure un’altra volta. La dichiarazione dei redditi. Tanto tempo fa. Odio la burocrazia, non ci capisco niente, sono un analfabeta dei documenti, dei modelli prestampati, delle caselle da spuntare. Tantissimo tempo fa, all’epoca delle costellazioni da pozzanghera. Nome in stampatello? Sono già in difficoltà. Vogliono sapere da me come vanno le cose. Tutti mi guardano. C’erano i dinosauri quando io ero piccolo? ROBER… aspetta, com’era? C’erano milioni di dinosauri, lo so perché ero uno di loro. Sono morto diciassette volte. Si sono accorti che ho lo sguardo perso nel vuoto. Mi conviene dire qualcosa. “Questa è la mia nuova penna”.
Chiudo gli occhi per un istante. Li riapro.
Sono in un’altra dimensione. So che cosa devo fare.

Mi sveglio accanto a lei ma lei è già andata via. È tardi (ma come può essere tardi per chi non ha niente da fare?). Fuori piove solo per me. Una colazione caotica. Una lavanderia a gettoni. Un amore che forse sono io che mi sono addormentato altrove e lei è sempre stata a casa.

Sì, lo so, l’universo dipende da me. Io sono tutto. Però il fatto è che ho da fare. Devo salvare il mio procione, ma ho paura che sia finita, non riesco a correre. Ho mal di testa, male di galassia.

Ho sette anni. Sfoglio un vecchio atlante. Mangio un pomodoro. Conosco tutte le capitali degli stati, i nomi dei fiumi, l’altezza delle montagne. Disegno, salto, corro, leggo, piango senza motivo, anzi no: il motivo è che mi manca mamma. Lei corre da me e io la abbraccio forte.

Certo che sto ascoltando. Guardi mi serve più tempo, devo parlarne con il mio commercialista. Sa, io non ci capisco molto, sono un semplice operaio. Non ho mai studiato, non mi è mai piaciuto. Però a volte penso a come sarebbe stata la mia vita se avessi letto, letto davvero intendo. Come sarebbe stata la mia vita, come avrebbe girato il mondo, come sarebbe stato l’universo, se io avessi saputo quanti amanti ebbe Caterina II di Russia? E se avessi letto il carteggio tra Hugo von Hofmannsthal e Edgar Karg? E se avessi ascoltato in loop, tipo sette ore al giorno, per ventiquattro settimane, The Maid We Messed di Matt Elliot? E se avessi galleggiato sul Mar Morto, se avessi presentato una ricerca sulla letteratura come strumento di valorizzazione sociale del territorio a un congresso internazionale di sociologia urbana, se fossi stato capace di progettare algoritmi e usare i linguaggi di programmazione più raffinati, se avessi letto Emily Dickinson appena sveglio ogni giorno della mia vita, se avessi capito davvero che “si nasce senza esperienza, si muore senza assuefazione”, se fossi stato chiunque altro, se avessi visto l’Aleph, se avessi amato vedere film e scriverne recensione che in realtà sono racconti e flussi di coscienza, se fossi stato Qfwfq, se avessi saputo guardare veramente Bonjour Monsieur Courbet, se non sentissi nevicare le cose continuamente dentro di me. Come? Ah, sì, certo che la sto ascoltando. La prego, mi dia qualche giorno ancora. Grazie davvero, lei è molto gentile.

Continuo a viaggiare senza tempo, perché io sono il tempo (io sono tutto). Mangio i pettirossi, le bacche e i fiori del male. Chiudo gli occhi per un istante. Reclino la testa. Sono di nuovo altrove e qui e ora e ti vedo mentre mi dici che è finita e io so che è colpa mia ma non riesco a dire niente perché sono in un altroquando ma ti prego almeno aspettami ancora per un istante il tempo che io salvi l’universo anche se non ho più niente solo parole e zero punteggiatura e comincioaperdereanchelospaziotraleparolealloranonmirestache.

Closure. Sangue tra i margini.

Elzenveiverplatz, a tutti voi, ve lo auguro di cuore.

Sono una star. Stasera mi esibirò di fronte a centomila persone. La mia immagine è ovunque. Tutti mi adorano. Mi desiderano, mi invidiano. Mi odiano. Le luci, i fiori, la musica, i colori. Tutti applaudono. Mi guardo intorno. Lei non c’è. Chissà come sarebbe andata se quella volta, da ragazzi, avessimo osato amarci. Lo spettacolo è finito, cala il sipario. Sono stato splendido. Esco nel vicolo, ho bisogno di aria. Nel vicolo trovo lei. Parliamo, stiamo in silenzio. Forse, accenno, ormai è troppo tardi. Forse, confessa, non è ancora infinita.

Sto correndo più che posso, ma non riesco a raggiungere il mio procione. Sono stremato. Le tue mani tra i miei capelli. Guidami l’esistenza. Sogna con me. Brucia con me. Cado, aiuto, ho paura, il cuore mi batte forte dum dum dum dum dum dum dum dum and now we killed a raccoon, we are using your body like it’s a machine gun, now we are shooting some fish, our friendship is blossoming, let’s eat the stuff we killed, now we started a fire, I have to admit I’m enjoying your company, are we falling in loooooove?

Sto nascendo in questo momento. Vedo il volto di mia madre segnato dal dolore. Sono vecchio e ascolto una musica carica di mostri in un insensato pomeriggio di autunno.

Maionese. Suono il pianoforte con i piedi. Avete presente quella breve sensazione di spaesamento che si prova quando vedi una persona che conosci appena, ma fuori dal suo contesto abituale? Tipo quando vedi il tuo benzinaio alla posta. Ecco, in quegli istanti fioriscono universi sconfinati. Infatti io sono un acrobata circense con doti da contorsionista e in questo momento sono sospeso per aria.

[“Nel mio mondo sono tutti dei pony e mangiano arcobaleni e pupù di farfalla”.]

No, aspetta, ti prego. Non andare via. Forse… Non so… Mi dispiace, mi dispiace. Ho fatto un casino…

Mi sveglio accanto a lei e tutto è blu.

Di mondo in mondo, mondo le mie colpe.

Chiudo gli occhi. Qualcosa di inatteso, inusuale, improvviso, un gesto catastrofico, una frazione di secondo per lasciarmi possedere dall’io che non sono. Attraverso specchi e lascio impronte sull’acqua.

Io sono tutto e tutto sono io, così mi ha detto la persona che amo, ma io non sono niente e non so fare altro che passeggiare.

Devo preparare la festa per questa sera. Canteremo, balleremo, suoneremo, gioiremo, finiremo.

La lavatrice si è mangiata i soldi. Allora questi moduli, signor Flauto? L’inganno del tempo. Sì, li sto compilando, sto raccogliendo tutto il necessario, saranno pronti tra qualche giorno. L’oblò da cui filtra la luce del mondo. Lei è davvero molto gentile. Preparare la colazione, un altro passo di danza. No, non so come dirlo. È impossibile. È impossibile perché hai paura. È tutto finito. È tutto finito? È tutto infinito. È tutto indefinito. Niente luce, niente Euridice. La possibilità. Guardi, funzionava fino a stamattina, ora controllo. I dinosauri. Ma da chi devo salvare l’universo? Ma io non sono capace di niente. Scivolo nel fango gelido, sono il capitano della galassia, riparo lavatrici e cuori infranti, è tutta colpa mia, ho creato la poesia che ha creato il mondo, sono solo solo solissimo, mamma abbracciami, un diplodoco, maionese e ketchup e senape e un vecchio film in bianco e nero in televisione, le cose da accettare o peggio ancora da comprendere o molto peggio ancora da amare: amore a forma di moglie, figlia, famiglia e frammenti di incontenibile blu.

Le cose hanno un senso solo per qualche particella infinitesimale di tempo.

I’m hanging from vines and I’m dancing.
Da Da Da Da Da Dancing.

Sto arrivando, amore mio.
Tu sei l’universo.

Chiudo gli occhi.
Reclino la testa.
Sono un altro me stesso.



Bibliografia essenziale:

Auden W.H. (1999), La mano del tintore, Adelphi, Milano.
Bateson G. (1977), Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano.
Berger P., Luckman T. (1969), La realtà come costruzione sociale, il Mulino, Bologna.
Bergonzoni A. (2005), Non ardo dal desiderio di diventare uomo finché posso essere anche donna bambino animale o cosa, Bompiani, Milano.
Bloom H. (2014), L’angoscia dell’influenza. Una teoria della poesia, SE, Milano.
Bracale R. (2019), Comme se magna a Nnapule. Le ricette della cucina napoletana scritte nell'idioma napoletano ordinate per categoria, Cultura Nova Edizioni, Napoli.
Borges J.L. (1959), L’Aleph, Feltrinelli, Milano.
Brodskij I. (1998), Dolore e ragione, Adelphi, Milano.
Buchanan M. (2003), Nexus. Perché la natura, la società, l'economia, la comunicazione funzionano allo stesso modo, Mondadori, Milano.
Buzzati D. (1945), Il deserto dei Tartari, Mondadori, Milano.
Calvino I. (1965), Le Cosmicomiche, Einaudi, Torino.
Celan P. (1993), La verità della poesia, Einaudi, Torino.
Chatwin B. (1990), Che ci faccio qui?, Adelphi, Milano.
Cipolla C.M. (1988), Allegro ma non troppo. Le leggi fondamentali della stupidità umana, il Mulino, Bologna.
Clowes D. (2016), Patience, Bao Publishing, Milano.
Diamond J. (2006), Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni, Einaudi, Torino.
Dorst D., Abrams J.J. (2014), S. La nave di Teseo, Rizzoli, Milano.
Dostoevskij F. (1957), Le notti bianche, Einaudi, Torino.
Emerson R.W. (2007), Essere poeta, Moretti & Vitali, Bergamo.
Flauto R. (2018), Il verso dell’uomo. Ontologia e sviluppo del poetico: una prospettiva sociologica, Guida Editori, Napoli.
Freud S. (1989), Caducità, in “Opere”, vol. VIII, Bollati Boringhieri, Torino.
Gestern H. (2012), Loro due in quella foto, Frassinelli, Milano.
Goffman E. (1969), La vita quotidiana come rappresentazione, il Mulino, Bologna.
Hölderlin F. (1977), Le liriche, Adelphi, Milano.
Kauffman S. (2001), A casa nell’universo. Le leggi del caos e della complessi­tà, Editori Riuniti, Roma.
Laborit H. (1982), Elogio della fuga, Mondadori, Milano.
Lacan J. (1974), Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’io, in “Scritti”, vol. I, Einaudi, Torino.
Leopardi G. (2008), Operette morali, BUR, Milano.
Lerner B. (2017), Odiare la poesia, Sellerio, Palermo.
Marx G. (1993), Memorie di un irresistibile libertino, Bur, Milano.
Medina Reyes E. (2004), Tecniche di masturbazione fra Batman e Robin, Feltrinelli, Milano.
Morin E. (1974), Il paradigma perduto. Che cos’è la natura umana?, Bompiani, Milano.
Nothomb A. (2002), Igiene dell’assassino, Guanda, Parma.
Ong W.J. (1986), Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, il Mulino, Bologna.
Pirsig R.M. (1981), Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, Adelphi, Milano.
Rilke R.M. (2006), I sonetti a Orfeo, Passigli, Firenze.
Satrapi M. (2005), Pollo alle prugne, Sperling & Kupfer, Milano.
Sclavi T. (2013), Ballate della notte scura, Squilibri, Roma.
Solmi S., Fruttero C. (a curda di) (1959), Le meraviglie del possibile, Einaudi, Torino.
Szymborska W. (1998), Vista con granello di sabbia, Adelphi, Milano.
Taleb N.N. (2008), Il Cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita, Il Saggiatore, Milano.
Thom R. (1980), Stabilità strutturale e morfogenesi, Einaudi, Torino.
Vian B. (2006), Sputerò sulle vostre tombe, Mondadori, Milano.
von Hofmannsthall H. (2008), Le parole non sono di questo mondo, Quodlibet, Macerata.
Wallace D.F. (2000), Infinite Jest, Fandango, Roma.


Iconografia essenziale:

Max Ernst – L’angelo del focolare.
René Magritte – I due misteri.
Théodore Géricault – La zattera della medusa.
William Turner – Vesuvius in eruption.
Albert Bierstadt – Among the Sierra Nevada, California.
Francis Bacon – Screaming Pope.
Tarsilia do Amaral – Abaporu.
Alfred Kubin – Siberian Fairy Tale.
Giorgio De Chirico – Le muse inquietanti.
Il'ja Efimovič Repin – I cosacchi dello Zaporož'e scrivono una lettera al sultano di Turchia.
Albrecht Dürer – La grande zolla.
Paul Klee – Angelus Novus.
Al Held – The Big N.
Gustave Courbet – L’origine du monde.
Victor Brauner – Téléventré.


Soundtrack essenziale:

Pantha Du Prince & The Bell Laboratory - Spectral Split.
Matt Elliott – The Maid We Messed.
Johnny Jewel – Houston.
Sleep Party People – Maybe This Could Be The Music For A Film?.
Piero Ciampi – Mia Moglie.
n u a g e s – Closer.
Ezio Bosso – Tree’s Sacrifice.
The End of the Ocean – We Always Think There Is Going to Be More Time...



Tutto, ovunque, tutto in una volta, niente e subito, in un hic et nunc che buca l’atmosfera e attraversa lo spaziotempo, perché è un qui che è anche altrove, dappertutto e in nessun luogo, un ora che è anche altroquando, dopo, prima, sempre, mai e farei qualunque cosa pur di non essere io.



Parte 2:
IO EVERYWHERE

Sì, il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli.


Ancora.
Sono io.
Ci sono.
Chi sono?
Sono io.
Io chi?
Chi io?
Qui io.
Ma dove sei?
Sono ovunque.

Cerco di parlarle, ma dalla mia bocca escono suoni privi di significato. Beh, sì, vedi, il fatto è che io. Mi vedo dall’esterno, sono il satellite di me stesso, e quello che vedo mi fa venire voglia di prendermi a pugni, lanciarmi da un dirupo: perché io sono un sasso. Sì, il mio cuore è una pietra. Ogni battito del mio cuore sposta l’asse terrestre, incrina la curvatura dello spaziotempo, spegne le stelle, desertifica le galassie bambine. Ecco, sì, no, voglio dire, anche se non riesco a capirti, però tu dovresti, lo dico per te, perché poi io, capisci, fai come ti dico, aspetta, vorrei, vorrei che tu, lasciamo perdere. Cerco di parlarle, ma dalla mia bocca escono solo calci e pugni e notte fonda.

Procione mon amour.

Questa è la mia nuova penna. Che cosa ci scriverai? Scriverò una storia fatta di universi che si compenetrano e si cannibalizzano, ma solo in certi istanti (distanti) e in certe fantasie (malattie). Aggiungo occhi alle cose perché non vedo l’ora. Moltiplico assenze, ostruisco vene poetiche, muoio alla giornata. Ma vuoi vedere che sono io quello da cui l’universo deve salvarsi? Forse lei si è sbagliata e non sono il salvatore, non sono il buono di questa storia, ma il cattivo, il lupo, l’orco, l’assassino. Sono ovunque e ovunque è io.

È tardi, scusami, c’era traffico. Sì, ho preso il vino e pure i dolci. Andiamo? Vedrai che sarà una bella serata. Sai, per la prima volta nella mia vita ogni cosa è in ordine. Ho domato l’universo.

Esco alle dieci di s’era fatta una certa ora come ora non si può calpestare la neve e farla franca. (E credimi io ci sto provando davvero a spiegarti come mi sento, ma il fatto è che ho perso la bocca). Perché a un certo punto ti ritrovi senza nessun punto certo per il semplice fatto che non esiste alcun semplice fatto, d’altra parte dall’altra parte puoi stare al sicuro solo se sei sicuro di certe certezze ma soprattutto di alcune alcunezze. Sì, è così. Lo so perché l’ho appena inventato. Adesso mi credi? Riesci a sentirmi? Ci sei? Effe otto? Aiutami, ho paura, l’universo mi sommerge, mi nascondo, dammi un ricordo, quello che ti spaventa di più e che eviti, me ne sto lì, in attesa, ma ovunque è poesia e io non posso sottrarmi al mondo che sei per il mio mon(d)o di essere e cado ancora, scivolo, precipito e
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e sono
perché siamo noi
perché sì, amo noi
che poi noi
al contrario
è io alla n
e così sia
e così mia
e chiudo gli occhi
ancora una volta
per salvare il mondo
ma stavolta piango.

Che cosa mi manca? Dov’è che sbaglio? Perché le cose continuano a finire? Che fine fa il mondo quando chiudo gli occhi? E se chiedessi il divorzio? E se lo chiedesse lei? Ma perché deve essere tutto così difficile? Un minuto intero di beatitudine è troppo poco per colmare l’intera vita di un uomo? E questi moduli ancora da compilare, come faccio? Ma sì, finiamola qui, che senso ha continuare? L’universo se ne farà una ragione.

Salto ancora. Sono un altro me stesso: sono un cavaliere senza macchia e senza paura, un uomo di un’altra tempra, altra levatura, altra pasta (no, guardi, sono sazio). E sono sicuro dei miei sentimenti e li so esporre e condividere in maniera chiara e precisa, riesco a descrivere cosa si agita nel mio cuore ogni volta che la stringo a me, sono capace di comporre in versi ogni niente al profumo di amore e cespugli di calicanto, sono così bravo a compilare i moduli per la dichiarazione dei redditi, che ci vuole, scusatemi? Non c’è niente di più facile e rassicurante della burocrazia, nome in stampatello? Un gioco da ragazzi, da bambini. Ma io sono un cavaliere con qualche macchia e diverse paure, e non ho nessuna abilità, sono campione del mondo di discesa libera all’inferno, sono un uomo inesistente, un uomo di scarsa tempre, altra levatura, altra pasta (ma sa che mi ha convinto, la prendo questa volta). Però chiudo gli occhi e non ci/mi/ti/vi penso.

È capitato che ho visto un film, si chiama Everything Everywhere All at Once, e mi è piaciuto tanto. Ho pensato di scrivere qualcosa, come spesso mi capita, per dare un senso alla massa informe che mi porto dentro al cuore. Però non so scrivere, soprattutto non so scrivere di film, quindi parlo sempre d’altro, parlo sempre di me (perché io sono ovunque). Allora ho cominciato così: “Noi percepiamo nella poesia la vera natura della materia. E ne perce­piamo anche l’inafferrabilità, l’oscurità, il vago e l’indefinito – che sono, o forse sembrano, almeno per ora, un suo tratto ineliminabile. Sto dicendo che alla base di ogni conoscenza umana vi è un atto di fede. Sto dicendo che il visibile è permeato di invisibile. Sto dicendo che i fantasmi sono ovunque, colmano l’universo.” Qualcosa che con il film dei Daniels non c’entra niente, eppure (eppure: che parola meravigliosa) c’entra tutto. Anzi: centra tutto, perché fa centro. E non sto parlando delle mie parole, ma di un dito che ti accarezza le labbra, perché forse non ve ne siete accorti, ma siamo già dentro la notte e questo è un sogno.

Mi sveglio accanto a lei ma lei è già andata via. Cos’è successo? Cos’è questo posto? Come posso sentirmi a casa se lei non è con me? Sto parlando di amori dai denti aguzzi, gli stessi di quei dinosauri che popolavano i miei sogni di bambino, cioè domani. O meglio: domani nelle mani e l’evoluzione dell’uomo che devia il suo percorso, allora suoniamo il pianoforte con i piedi e il mio cuore è una pietra del mesozoico. Ma non una pietra di tanto tempo fa: una pietra di tanto tempo fra. Perché tutto ciò che è accaduto sta per accadere. Perché malgrado le previsioni e i viaggi nel tempo, non si può cambiare il futuro.

Fermiamoci un attimo. Ti prego, spiegami che cosa sta succedendo. Io non ci capisco più niente. Eravamo in ascensore e tu mi hai detto che dovevo salvare l’universo, non ho capito. Ma tu non eri tu, cioè eri sempre tu, ma un’altra te, diversa ma sempre uguale, come quando vidi il mio benzinaio alla posta e non lo riconobbi. Mi spiego? Scusami, il fatto è che questa è la mia nuova penna ma scrive solo storie di dinosauri inventati che hanno preso il potere e di viaggiatori nel tempo perso. Come? Sì, ora taccio, ascoltiamo l’intervista del presidente diplodoco.

Lei è consapevole delle conseguenze di questo gesto, vero?
Sì.
Sì?
Sì, almeno credo.
Ma lo sa che non è possibile tornare indietro?
Lo so bene.
Allora, se lo sa bene, metta pure la firma qui.
Grazie, lei è davvero molto gentile.

Continuo a correre, ma sono sempre più lontano dal mio procione. Lui era tutto per me. Il mio sud, il mio nord, il mio est, il mio ovest (e fu in questo momento che Roberto si chiese quante persone avrebbero colto il riferimento a Wystan Hugh Auden, e subito dopo pensò che aveva voglia di tramonto e fu grato agli dei di essere nato a Napoli). Lui era il faro della mia esistenza e ora non posso che piangere, perché ho il cuore come il mio cappello: vuoto.

Nel vicolo parliamo di adolescenza e mari ghiacciati (che poi sono la stessa cosa). Lei dice di ricordarsi tutto e io naturalmente non le credo. Non saprò mai quanto mi sbaglio. Io penso che la fine sia l’estinzione, lei dice che il mondo continua a esistere anche quando chiudo gli occhi. Nel vicolo parliamo di futuro e boschi affamati (che poi sono la stessa cosa).

Verrai alla festa, stasera? Ci sarà da mangiare, da ballare, avremo anche il karaoke. Dai, vieni, porta pure chi vuoi. Abbiamo tanto da festeggiare.

Le cose hanno un senso solo per qualche particella infinitesimale di tempo.

Allora, nome in stampatello, giusto? Dai, ce la posso fare. Vero, che ce la possa fare? Ehi, che significa che non è un tuo problema? Guarda che ho fatto tutto questo anche per te! No, non mi interessa. Nella buona e nella cattiva sorte, ricordi? Va bene, e allora se le cose stanno così, abbi il coraggio di dirmelo chiaramente: come mi chiamo?

Sono sulla soglia. Sto per voltarmi. Intravedo la luce. È lì, l’aurora bollente, la più bella delle albe, così carica di promesse e universi possibili. Però decido di voltarmi. Perché voglio incrociare i suoi occhi, proprio ora, un attimo prima di risorgere. Sarà solo un attimo. Non accadrà niente di male. Voglio solo assicurarmi che lei ci sia ancora. Sono sulla soglia. Sto per voltarmi. Tutto è possibilità.

Chiudo gli occhi. Gesto improvviso. Sono ormai padrone di tutti i me stesso. Contengo l’universo. Io sono tutto. Io sono ovunque. Io tutto in una volta. Io niente. Io adesso. Io libero per sempre. Io e te. Che poi è l’unica cosa che importa. Ma l’ho capito solo alla fine del mondo, alla fine del tempo, alla fine del cosmo, sulla soglia del buco nero che inghiottirà la materia, compresa la mia nuova penna, con cui non ho fatto in tempo a scriverti ciò che volevo.

Caro universo, mi dispiace, io non posso salvarti.

Non lo so, io non sono bravo con le parole. Vorrei dirti di restare, ma qui non conta quello che voglio io. Vorrei dirti di andartene via, ma sarebbe solo l’ennesima scusa che accamperei pur di non ammettere che io esisto e che abbiamo un problema. Però tu mi guardi, piangi, dici che sono il tuo Jobu Tupaki e alla fine dei giochi credo tu abbia ragione. E mi fa rabbia, questo mondo, e tutto quello che contiene. E non capisco e non voglio capire, e non so niente e non voglio sapere. Se sono un mostro, voglio esserlo fino in fondo. Io sono il cattivo, il lupo, l’orco, l’assassino. Ho il cuore di pietra. L’universo adesso è in pace, tutto è in armonia, tutto è sereno. Che tranquillità (sarà perché non ti amo).

Roberto, basta con tutta questa patetica poesia. Così mi hai detto una volta. O forse era solo un sogno. Perché quando mi sono svegliato tu non c’eri, e quando non ci sei confondo sempre i piani del reale. E non so se sto sognando o sono morto o sto sognando di essere morto. Mamma, abbracciami, aiutami, non so dove sono (io sono ovunque), mi sento a pezzi e ho paura, voglio fuggire ma non ho posto, non sono nessuno, niente (io sono tutto), come devo fare? Io sono l’universo, e l’universo è in disordine, l’ho creato a mia immagine e confusione (sarà perché ti amo).

Chiudo gli occhi fortissimo.
Li tengo ancora chiusi.
Ancora un po’.
Li stringo forte.
La verità è che non ho mai creduto in niente.

La lavanderia a gettoni è un posto meraviglioso per un sociologo, per un antropologo, finanche per un filosofo (se ha dimenticato Platone e ha visto tutti gli episodi dei Simpson). Io per esempio guardo i volti delle persone e costruisco ipotesi su ipotesi su mondi possibili. Anche perché devo passare il tempo in qualche modo, ora che ho raggiunto l’eternità. Credo che farò piovere meteoriti stanotte, così stermino l’umanità, tutti gli animali, le piante e ogni forma di vita. Ah no, dimenticavo: stasera ho una festa. Vabbuò, vi estinguo la prossima volta. A meno che tu… oh, no, non posso dirlo. Non capiresti. Ora attraverso lo specchio e faccio finta di essere una zolla d’erba.

Ma sai che io lo capisco perché continui a correre e a lottare, solo lo fai in maniera sbagliata. Ripenso a queste parole che forse non mi hai mai detto, come quella volta che io non ti ho detto “s'io m'intuassi, come tu t'inmii”, eppure lo pensavo. E allora perché faccio sempre così? Faccio mille variazioni di uno stesso errore. Non riesco a dirti quello che penso, nemmeno ora che stai andando via, come potrei salvare l’universo? Io mi sento continuamente fuori luogo, inadeguato, fuori dal cosmo, lontano da te, granello, minuscolo, incompiuto, insensato, impaurito, dal mondo e dalla vita, da noi, e nun capisco ’o pecché. Je stong ’a piezz, me sent nu scem, nun saccio c’aggia fa’. M’aggio jucato a mazza e pivezo tutto chello che tenevo, e aggio perzo. E aggio itt “vabbuò, nun fa nient, jamm annanze”. E ’a gente parla parla parla e je ’a sento ’e parlà. E ’o tiempo passa passa passa e je ’o sent e passà. Crirm, me ven a’ chiangnere. Pecché stu munno nun è ’o mio e manco tutto chello che ce sta ’ncoppa. Comme ’e chella sera, ‘nterra Margellina, tu parlav ’e chell ch’eram fa, ma je int all’anema tenevo nu mostro ch’ alluccav “Addò vai, Robbè, liev man, nun si buon, tu a chest piccerella ’a fai sul murì, forz è meglio si te stai zitt, abbuzz e fai a verè che ’o fatt nun è ’o tuoj”. E mentre tu chiagniv, je aggio fatt ’o core tuost, pensann ’e te salvà. E chello che è peggio è che io te penz ancora, pecché ti port’ dint all’anema, ammore mì.

Chiudo gli occhi.
Sento le cose nevicare in continuazione dentro di me.


Parte 3:
IO ALL AT ONCE

Vidi la circolazione del mio oscuro sangue, vidi il meccanismo dell’amore e la modificazione della morte, vidi l’Aleph, da tutti i punti, vidi nell’Aleph la terra e nella terra di nuovo l’Aleph e nell’Aleph la terra, vidi il mio volto e le mie viscere, vidi il tuo volto, e provai vertigine e piansi, perché i miei occhi avevano visto l’oggetto segreto e supposto, il cui nome usurpano gli uomini, ma che nessun uomo ha mai contemplato: l’inconcepibile universo.
(J.L. Borges)




[“Lo crederesti, Arianna?” disse Teseo. “Il Minotauro non s’è quasi difeso”.]



Luce blu.



In principio, dunque, era l’oscurità.
Non saprei come altro dirlo.
Forse non è troppo tardi.
Io sono solo un granello smarrito nell’infinità dell’universo.
Ma non c’è niente nell’universo che non sia dentro di me.
Tutto, ovunque, tutto in una volta:
ì
s
o
c
e
r
e
v
i
v
o
i
l
g
o
v
Come se tutto fosse, come se dovessi nascere domani, senza il desiderio di essere capito ma solo di essere, capito? Qualunque cosa significhi. Perché alla fine l’unica certezza che abbiamo è la scelta. E allora corri con me, che forse insieme il procione lo raggiungiamo. Allora tieni, eccoti la mia nuova penna, scrivi con me. Allora, sì, per favore, me lo spieghi di nuovo, lei è molto gentile. ROBERTO FLAUTO. Visto? Non era poi così difficile. Tu dici? Mi fa meno paura solo perché tu sei con me. L’universo sei tu. Tu sei tutto, tu sei ovunque, casa è dove sto con te. È ascensore, è teatro, è lavanderia, è una sedia che sfonda una finestra, è ritrovarsi a salvare il mondo con un atto di gentilezza. Di quella che spezza le corde che sorreggono le stelle, quegli atti gentili che esplodono le galassie, che generano meridiani imprevisti, imprevedibili, interstellari, cosmogonici. Le carezze sono più devastanti dei pugni. Ogni bacio frantuma il possibile, porta in scena il retroscena, tutto si mischia, siamo pittore, tela e paesaggio. Guidami l’esistenza, lascia che faccia (che sorride) lo stesso. Perché sì, il mio cuore è una pietra, ma rotola con il tuo.

Le cose hanno un senso solo per qualche particella infinitesimale di tempo.
E in quegli istanti si definisce ogni cosa.
L’inconcepibile universo sulla bocca.


Apro gli occhi.
Finalmente vedo.
Ho ancora tanta paura.
Ma lo sussurro, lo urlo, lo piango, lo canto:



I love you I love you I love you.
I. Love. You.
I.
Love.
You.
I (i)
L (l)
O (o)
V (v)
E (e)
Y (y)
O (o)
U (u)
IloveyouIloveyouIloveyouIloveyouIloveyou.
I love youuuuuuuUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUU.
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[Vi devo una risposta sul numero degli amanti di Caterina II di Russia. Ne ebbe solo dodici.]



23 commenti:

  1. Che dire, il film mi aveva fatto fare un viaggio assurdo, la recensione forse un altro ancora più ripido. Era da tanto che non leggevo così velocemente, forse perché se mi fossi soffermato pazientemente su ogni cosa il tutto avrebbe perso di significato. Mah. Comunque per dare anche un mio spunto sul film, quando mi sono alzato dalla poltrona del cinema ho pensato: ‘questo è cinema, tutte le emozioni insieme’ e ora ne sono ancora più convinto. Cose piccole e cose grandi, paura, odio, amore, rabbia, passione, compassione, speranza, e chi più ne ha ne metta. Tutto e niente. Io e l’universo

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    1. Capisco bene cosa intendi con "un viaggio assurdo". Un'esplosione di "tutte le emozioni insieme", un big bang che genera mondi possibili, nei quali mi sono immerso, e dai quali sono stato sommerso (e quello che ho scritto ne è il risultato).
      I Daniels fanno grande cinema. Li amo molto. Due film, due grandissime opere. Dove dentro ritrovo tutto quello che cerco, che necessito e che mi fa sognare. E poi, alla fine, sono sempre io e l'universo (che poi sono la stessa cosa). In attesa di altri viaggi assurdi e ripidi, quelli più belli.
      Grazie per il commento :)

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    2. Non ho visto l’altro loro, ma se mi dici così lo recupero il prima possibile. Grazie mille a te, è stato un piacere leggere e ragionare insieme!

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    3. Swiss Army Man per me fu una meravigliosa scoperta. Lo vidi senza saperne nulla, e ne fui entusiasta. E' un altro viaggio assurdo e ripido, nell'universo in tempesta che è il cuore dell'uomo. Grazie a te, caro anonimo, il piacere è reciproco :)

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  2. Film straordinario, sorprendente e stupendo, l'ho visto anche io e devo dire che l'ho adorato xD

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    1. Credo si intuisca dalla recensione/passeggiata quanto l'abbia adorato anche io :) Un film che ha dentro l'universo e l'universo che ha (è) dentro questo film. Sì, davvero straordinario.
      Ciao, Arwen!

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    2. felice che ti sia piaciuto ciao robrzf

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  3. Miglior film dell'anno per quel che mi riguarda e questo non vuol dire che sia un Capolavoro ma semplicemente che è un'opera a 360° che esula dalla definizione di genere (già..., a che genere appartiene questo lavoro?) e che la sorpassa.
    E' puro Cinema, moderno quanto volete, ma puro cinema senza nessun dubbio.
    Spero in qualche Oscar.

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    1. Già, a quale genere è ascrivibile? Ci sono gli universi paralleli, quindi è fantascienza, no? Sì, ma è un dramma famigliare. Vero, ma è una commedia, a tratti anche esilarante. Si ride. Ma si piange anche. Ci si commuove, a momenti. E' quindi un film romantico? E' una storia d'amore? Sì, c'è anche questo. Insomma, si tratta di cinema purissimo. Concordo pienamente. Sarei felice se lo premiassero con qualche oscar, vedremo. Di sicuro, è un'opera che lascia il segno, che conquista, che ti trascina via con sé. E io sono anche lì, in giro tra gli universi di me stesso.
      Grazie, Rael :)

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  4. E io che pensavo fosse difficile seguire il film! 😬

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    1. Lascia che sia lui a seguire te! :)

      A ogni modo, grazie per il commento, spero che il film ti sia piaciuto, a prescindere da tutte le possibili "difficoltà" - che poi sono le cose che, personalmente, mi fanno innamorare di certe opere.

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    2. No, per niente. Ma colpa mia. Sono andato a vederlo sulla scia delle recensioni positive e delle 11 nomination, senza nemmeno leggere di cosa trattasse. Purtroppo non sopporto la fantascienza, perciò è stata veramente una sofferenza stare lì per 2 ore e 20. Poi, anche il premio agli attori… mah!

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    3. Mi spiace molto che per te la visione sia stata una sofferenza, ma posso capire la tua fatica se non ami la fantascienza (anche se questo non è un film fantascientifico, come non lo sono Her o Eternal Sunshine of the Spotless Mind, per fare due esempi, benché tutti abbiano un elemento di sci-fi all'interno della loro narrazione). E non credo sia una colpa. Semplicemente, non siete fatti per stare insieme. Capita a tutti di trovare affinità elettive con un genere, con uno stile, con una certa poetica, e di non trovarne con altri.

      Il premio agli attori, per quanto discutibile e non troppo indicativo della bontà di un film, lascia il tempo che trova. Tutto sommato, credo ci possa pure stare. Personalmente, avrei trovato ugualmente "giusto" premiare, per esempio, Colin Farrell e Brendan Gleeson (attori che adoro, e che hanno offerto due prove splendide nel bellissimo Gli Spiriti dell'Isola). A mio modo di vedere, abbiamo avuto una bellissima annata cinematografica.

      Un caro saluto!

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    4. Her e se mi lasci ti cancello, li ho adorati. Ma, probabilmente erano meno fantascientifici per i miei gusti. Un caro saluto a te

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    5. Film che, personalmente, trovo meravigliosi, per ragioni e sensazioni diverse. Probabilmente è vero, lì l'elemento fantascientifico, benché motore dell'azione, è del tutto marginale: Her è una storia d'amore (e una storia dell'amore), ESOTSM è un film sul dolore e la disperazione che solo l'amore può portare, sulla necessità di sopravvivere alla morte dell'amore che è vita.

      Grazie ancora per i commenti, a presto!

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  5. Direi che come Oscar ci si può ritenere soddisfatti.

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    1. Direi proprio di sì. E ti dirò, ne ho lette e sentite diverse a proposito delle tante statuette date a EEAAO, ma io trovo che tutto sommato vada bene così. A mio avviso, c'erano tanti bei film in lizza (alcuni addirittura bellissimi), e avrei trovato "giusto" anche un'altra assegnazione. Ma in realtà tutto questo discorso legati ai premi, seppure affascinante, lascia il tempo che trova. Godiamoci la bellezza e la magia del cinema e basta.

      Grazie Rael, un caro saluto :)

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    2. Caro Roberto, i premi non sono tutto anzi proprio gli Oscar valgono meno di quello che percepisce il pubblico (Kubrick docet...).
      Il film coinvolge fin da subito e si intuisce, a mio avviso facilmente, che dietro c'è tanta scrittura mai banale o fine a se stessa.
      Poi va da se che le opere che hanno successo suscitano invidia e quindi se ne possa parlare male ma questo fa parte del gioco.
      Credo che una parte di coloro che hanno criticato questa opera abbiano puntato la loro analisi sulla confezione (il contesto fantascientifico) piuttosto che sull'oggetto (il senso dell'esistenza in se); tra una scena d'azione e una comica c'è molta sostanza, quasi sempre filosofica, che può ricordare tante opere: da Paprika a Kill Bill, passando per la cinematografia sulle arti marziali...

      E' cinema completo, totale, dove la storia, in alcuni frangenti, smette di narrare allo spettatore e, contemporaneamente, lo spinge a riflettere e a meditare.

      Forse però alcuni non l'hanno capito...

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    3. Credo sia chiaro quanto io abbia amato questo film. Dei premi, dei riconoscimenti ufficiali e quant'altro, mi interessa poco. Ne capisco l'esistenza, sono anche necessari, ma non sono la misura - non l'unica almeno - della bontà di un film. Concordo, naturalmente, sulla complessità di EEAAO. Una scrittura profonda, ricercata, mai banale. Un racconto che sfrutta magnificamente le potenzialità del codice che utilizza, ovvero il cinema ("completo" e "totale", come diresti tu). Forma e contenuto, a vicenda, si caricano di significato. Amo questo genere di opere. Le sento profondamente mie. E continuerò a godere della profonda, articolata, graffiante bellezza di questa opera seconda dei Daniels, insistendo nei miei viaggi, nelle mie digressioni, nei miei universi, nelle mie passeggiate. E tutte le critiche, i tentativi di detrazione, le tentate stroncature, i giudizi trancianti, vanno comunque bene, anche se non li condivido, fanno parte del gioco della vita. Io intanto vado sui bordi del cosmo.

      Grazie dei tuoi interventi, un abbraccio

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    4. Condivido pienamente quello che hai scritto.
      Aggiungo anche che se c'è una cosa che, a mio parere, hanno sbagliato è stata la locandina: sembra un film di supereroi...

      Questa sarebbe stata molto più attinente: https://posterspy.com/wp-content/uploads/2022/07/everything-everywhere-Copia.jpg

      Volendo anche questa: https://alternativemovieposters.com/wp-content/uploads/2022/06/Josh-Spicer_EverythingEverywhere.jpg

      Approfitto del post per fare gli auguri a Giuseppe e a tutti i papà!

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    5. Woow, entrambe bellissime locandine! Se le avessi trovate le avrei per la mia passeggiata. Decisamente, una locandina del genere, soprattutto la prima, avrebbe contribuito a diradare la sensazione che fosse un film sui supereroi, che magari qualcuno ha avuto.

      E mi unisco con entusiasmo agli auguri al nostro Giuseppe e a tutti i papà! :)

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  6. Lo ammetto: probabilmente non ho capito a fondo il film e per questo chiedo perdono a chi lo ha apprezzato.
    Sono fresco di visione, parecchio frastornato, forse troppo.
    Al netto dei mirabolanti effetti speciali e della scrittura apparentemente originale, credo che questo film sarà molto presto ridimensionato se non dimenticato.
    L'ennesimo racconto di formazione, l'ennesimo racconto sull'incomunicabilità tra generazioni, l'ennesimo esempio di come anche una vita che giudichiamo poco significativa è in realtà importante e impattante sul resto.
    The matrix in salsa multiverso, con tanto di combattimenti e reiterati, infiniti, nauseanti slow-motion...
    Confesso: ho rischiato di addormentarmi ben due volte dopo la prima metà del film.
    Ad un certo punto il film si trasforma in una specie di tortura. Coloratissimo, apparentemente ingarbugliatissimo, spiegoni continui (molto peggio che alla Nolan maniera)... Esaurito il 90% di quel che ha da dire nei primi 30 minuti pretende di diluire il restante 10% in 2h che ho trovato interminabili (ma, ripeto, coloratissime).
    Solo io la penso così?


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    1. Caro Massimo, sicuramente non sei il solo a pensarla così. Se a te questo film non ha detto niente, non c'è alcun problema. Credo che le tue siano critiche fondate, non aprioristiche né tendenziose, che naturalmente non condivido, tuttavia le comprendo. In questo spazio, io uso il cinema per parlare di me, e capita che mi lasci prendere dall'entusiasmo, dall'emozione, dal sogno, e finisco per scrivere cose che del film dicono forse poco, ma lasciano - credo - trasparire la mia visione del mondo e della vita. Ecco, come vedi, tendo a tracimare e trascendere anche nella sezione commenti. Sono certo che mi perdonerai. Venendo al film, e al merito delle tue considerazioni, io considero i Daniels davvero bravi, talentuosi, ottimi interpreti delle potenzialità del medium cinema. Questo loro lavoro, per quanto possa rappresentare un'ennesima variazione sul tema dell'incomunicabilità, a me è piaciuto davvero molto (ma questo si era capito...) e trovo che sia apprezzabile non solo per la messa in scena della storia, ma anche per scrittura e modalità di racconto. Insomma, è tanto forma quanto contenuto (ammesso che siano due dimensioni distinte, cose che in fondo non credo), è tanto colorato e frenetico guazzabuglio quanto delicata contemplazione. Almeno per me. E sono contento così. Perché, alla fin fine, questo film è stato creato solo per me. E' quello che penso di ogni cosa che amo. Come, mi auguro, faccia anche tu. E perdonami se non ho centrato il cuore della tua riflessione. Buon cinema! :)

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