presenti spoiler
Son tante le cose che ho apprezzato un sacco.
La prima è vedere uno dei miei registi più amati buttarsi sul genere a lui meno congeniale.
Se ci pensate uno abituato ad "inventare", a crear storie e intrecci impossibili (e nessun genere come la fantascienza te lo permette, anzi, direi che te lo impone) che finisce nel cinema di guerra, ovvero il genere opposto, quello dove non puoi inventarti nulla, quello dove tutto è già scritto, beh, è meritevole.
Siamo proprio ai due poli opposti. Una bella sfida.
Poi ho apprezzato la sobrietà.
In tutto.
Avete mai visto un film di guerra, un film di bombe e morte, senza quasi una goccia di sangue?
Mi aspettavo una macelleria e invece così non è stato. E' incredibile come Nolan non solo non abbia puntato su un aspetto che, in un certo genere di film, fa la fortuna degli stessi, ma che l'abbia proprio volutamente cancellato. Si è limitato a qualche benda nella testa, nient'altro.
Ma, checchesenedica, il film è molto sobrio anche nel suo essere quasi completamente antieroistico. Dunkirk racconta di un esercito sconfitto, impaurito, un esercito che non spara, che non combatte, un esercito che si mette in ginocchio, mani sulle orecchie, sperando di non essere colpito dalle bombe. Probabilmente gli mericani avrebbero comunque inserito chissà quali gesti eroici, chissà quali sacrifici in nome di, chissà quanti ralenti trionfanti.
E invece Nolan ci racconta di un soldato che non vuole tornare a Dunkerque per paura, di 15 soldati dentro un peschereccio che al primo sparo da fuori invece di andare a combattere se ne stanno a guardarsi impauriti, di un finale in cui i soldati, in patria, vengono osannati mentre si vergognano di sè stessi, loro che sanno benissimo di esser stati protagonisti di una disfatta enorme, loro che sanno benissimo di non aver fatto nulla di meritevole, se non aspettare di essere salvati.
Due tra i protagonisti del film sono addirittura ragazzi che, di nascosto, salgono su una nave di feriti. No, nessun gesto eroico, anzi...
Si potrebbe pensare che alla fine l'unico eroe sia Hardy ma, in realtà, stiamo parlando "solo" di un soldato che fa meravigliosamente il lavoro assegnatogli.
Però sì, quell'aviatore merita ed è impossibile dimenticare il suo volo finale, senza più carburante, verso una spiaggia che lo vedrà giocoforza morire.
Ecco, c'è una sola scena dove la suddetta sobrietà è andata a farsi benedire, quella dell'arrivo dei soccorsi. Effettivamente un pò troppo pomposa, in realtà, se ci pensate, assolutamente in linea con la diegesi del film, con i fatti storici. L'arrivo di quelle barche deve essere sembrato a quei 330.000 soldati una cosa molto simile a come Nolan ce l'ha raccontata.
Sui 330.000 soldati, sul numero dico, avrei da storcere il naso in maniera quasi da rompermelo. Anche nei campi lunghissimi Nolan non ci mostra più di 1000 soldati, cioè, lo 0.00erotti di quello che avremmo dovuto vedere. Probabilmente ha preferito non affidarsi alla computer grafica e a dare uno scenario più che altro simbolico.
Ho amato poi la costruzione temporale, la vera nolanata del film, il suo marchio di fabbrica.
Queste tre temporalità a 3 passi diversi che solo negli ultimi 10 minuti collimano.
Quasi un paradosso zenoniano con il tempo del molo che è Achille, quello della nave che è un Achille azzoppato e quello dell'aereo che è la tartaruga.
Con la differenza che in questo caso usciamo dal paradosso, tutti si raggiungono.
All'inizio il giochino non lo capisci, poi, quando vedi che Hardy dall'alto inizia a vedere cose che presumibilmente vedremo nelle altre temporalità, ecco, che bello.
Ma cos'è Dunkirk?
Film di guerra atipico, come atipica è l'incredibile situazione in cui si trovò l'esercito inglese.
Cinema della minaccia se ce n'è uno, di una minaccia troppo più grande della possibile difesa, cinema dell'impotenza. Una settimana in un molo sperando di essere soccorsi. E quel nemico, e qui sta una delle più belle cose del film, che è presenza opprimente, ineludibile ma al tempo stesso invisibile, nascosta. Di tedesco vedremo giusto un paio di aerei e delle sagome accennate nella bellissima inquadratura finale con Hardy.
Per il resto la Germania sono soltanto bombe che arrivano in testa, volantini che intimano di arrendersi, siluri che sfrecciano in mare.
E noi siamo lì, in terra nel molo, nell'acqua nelle imbarcazioni, nel cielo dentro aerei, siamo lì che soffriamo con questi soldati.
Già, dovremmo soffrire.
Perchè malgrado la grandiosa messinscena, malgrado la colonna sonora straniante ed immersiva, malgrado luoghi aperti sotto l'attacco di bombe o luoghi chiusi dove poter annegare, ecco, quell'empatia alla fine non c'è mai del tutto.
Ma più che empatia coi personaggi, cosa che forse Nolan rifugge e che comunque non è mai stato il suo forte (forse sono i due ragazzini "civili" quelli a cui siamo più vicini) non c'è nemmeno quella sensazione di star là, di sentire la minaccia come la sentono loro.
Ecco, il distacco spettatore-cinema rimane, non si annulla.
Mi sarei aspettato di trovarmi soldato tra i soldati, non è accaduto.
Ci sono scene magnifiche.
Quelle aeree sono impressionanti ma, va detto, la parte nel cielo è la più ripetitiva.
La prima volta dici "meraviglioso", la seconda "straordinario", la terza "bellissimo" e poi sempre più a scendere, ti abitui, ti sembra che quelle cose le hai viste troppe volte e sempre uguali, quasi un videogame.
Ho amato moltissimo il montaggio parallelo tra i due annegamenti, quello sul peschereccio dei pavidi e quello del pilota che ha ammarato.
Ed è straordinaria la sequenza di fuoco e acqua (in un film dove gli elementi la fanno da padrone).
Voglio poi ricordare la scena degli elmetti rimasti in spiaggia, molto simile a quella dei cappelli a cilindro in The Prestige.
Narrativamente c'è almeno un problema. Nolan ci dice che passa una settimana nel molo ma ci mostra i soldati sempre nella stessa identica posizione, sia in spiaggia che sul ponte. Non si capisce come siano sopravvissuti, non è credibile che non si siano mai mossi. Lo stesso ammiraglio pare non essersi mai spostato dal ponte.
Ma, insomma, quisquilie.
Dunkirk resta un grande film, forse grandissimo, un film di silenzi e attese, paure e speranze.
E non posso, ancora una volta, non inserire un parallelo personale.
A volte lotti con tutte le tue forze, lanci missili, spari cartucce, vai allo sbaraglio.
Credi che soltanto lottando con tutte le tue forze puoi ottenere qualcosa.
E invece no, a volte ci sono battaglie che devi semplicemente accettare di aver perso.
E startene lì sulla spiaggia ad aspettare.
E resistere, non morire, finchè arriverà un'imbarcazione a portarti via, a salvarti.
E non importa se non sarà l'imbarcazione che sognavi, l'importante è salire su una barca e andarsene da quella spiaggia.
Tornare nel pericolosissimo, ma meraviglioso, mare della vita