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27.11.20
Recensione: "Se succede qualcosa, vi voglio bene" - Su Netflix - I Corti de Il Buio in Sala
24.11.20
Appuntamento in live alle 20.30 per fare due chiacchiere di cinema
22.11.20
Recensione: "November"
Credo non ci sia niente di più soddisfacente di quando hai la sensazione di aver visto un film unico.
November è uno di quei film che, già lo sai, ricorderai per sempre, non lo confonderai con nessuno, ti resterà appiccicato.
Che poi, diciamocelo, November ha suggestioni di almeno una decina di pellicole che ho già visto, ma l'assemblaggio del tutto è straordinario.
Pensiamo a The Witch, allo stesso Lighthouse sempre di Eggers, a Sauna, a La Quinta Stagione, ad Hagazussa, tutti film che raccontano epoche passate, piccole comunità, fortemente condizionate da credenze e malefici.
Guardiamo già il prologo.
Una mucca è impaurita. Da cosa?
Da una specie di robot costruito soltanto da utensili da attrezzi agricoli, che si muove tipo in stop motion (tanto che sembra un film di Svankmajer).
E così ci sono questi "spiriti", i Kratt, che servono appunto alla popolazione per procurarsi cibo, aiutare in casa, dare una mano. Sono tutti costruiti con degli oggetti casalinghi, coltelli, pali, vanghe, pezzuole, niente di più.
Siamo in Estonia.
Un bianco e nero che forse è il più bello che ho visto nel cinema recente, una serie di inquadrature pazzesche, un uso dei volti straordinario (vedere la scena della Comunione), una capacità di portare nel cinema le credenze popolari davvero unico.
Ci sono delle scene capolavoro, come tutta la mini-vicenda della Peste, l'arrivo come bella ragazza, la prima morte, la trasformazione in Caprone, i paesani che creano "due sederi" per non farsi trovare, l'uscita del Caprone, la ricerca dell'oggetto dove potrebbe essersi nascosta (in un film in cui le metamorfosi sono la base di tutto, tutto può metamorfizzarsi, oggetti, metafore, uomini, animali), poi il ritorno come maiale, quel giuramento che diventa un urlo belluino che ti stordisce, poi la gioia di averla sconfitta, in un ballo che sembra quello di Calvaire mentre si mangia neve come in Lady Vendetta.
Cinema di livello stratosferico, cinema di immagini, di racconto, di metafora, di ritmo.
18.11.20
Torino film festival 2020, purtroppo solo in streaming. Post di presentazione dei film più interessanti (di Stefano De Rosa e Riccardo Simoncini)
E invece in questo maledetto 2020 non sono riuscito ad andare nemmeno una volta.
Ci rifaremo nel 2021, e sarà bellissimo.
Questo il link ufficiale con tutto.
LINK AL TORINO FILM FESTIVAL
Ecco un elenco (volutamente parziale e sintetico) dei titoli per noi potenzialmente più interessanti nelle varie sezioni, quelli da seguire e su cui poi tornare a confrontarci come fossimo in un'edizione torinese di grande normalità:
MOVING ON (Heung-ju Yang, Corea del Sud) – Torino38
IDENTIFYING FEATURES (Fernanda Valadez, Messico-Spagna) - Torino38
MEMORY HOUSE (Joao Paulo Miranda Maria, Brasile/Francia) - Torino38
EYIMOFE - THIS IS MY DESIRE (Arie & Chuko Esiri, Nigeria) - Torino38
THE DARK AND THE WICKED (Bryan Bertino, USA) – Le stanze di Rol
FRIED BARRY (Ryan Kruger, Sud Africa) – Le stanze di Rol
ANTIDISTURBIOS/RIOT POLICE (Rodrigo Sorogoyen, Spagna) - Le stanze di Rol
FUNNY FACE (Tim Sutton, USA) - Le stanze di Rol
FOR SAMA (Waad Al-Kateab, Edward Watts, UK/Siria/USA) - Masterclass
UN SOUPÇON D'AMOUR (Paul Vecchiali, Francia) – Fuori Concorso
GUNDA (Victor Kossakovsky, Norvegia-USA) - TFFdoc/Fuori Concorso
I TUFFATORI (Daniele Babbo, Italia/Bosnia ed Erzegovina) - Italiana.doc
IN THE MOOD FOR LOVE (Wong Kar-Wai, Hong Kong/Cina) – Fuori Concorso
16.11.20
"La vita dal vero", i 20 documentari più belli che ho visto negli anni 2000
(Avrei tanto voluto linkare le recensioni sui titoli, ma non ce la faccio. Vi invito, se volete, sulla pagina dei documentari, QUESTA, lì ogni titolo porta alla recensione.)
Si inizia a pensare che dentro quella casa avvengano cose molto brutte, abusi sessuali.
ANATOMIA DEL MIRACOLO
Sant'Anastasia, Napoli
Siamo nei giorni della processione della Madonna dell'Arco, una Maria ferita nel volto che è punto di riferimento dell'intera, devotissima, comunità.
Ci sono una ragazza in carrozzina che non crede più ai miracoli, una pianista coreana che vede Dio nella musica e una trans che vive invece la sua religiosità in maniera più classica e sentita.
STO LYKO
12.11.20
Recensione: "Nessuno siamo perfetti" - Passeggiate, il cinema della poesia - 11 - di Roberto Flauto
Undicesimo appuntamento col recensore poeta Roberto qui alle prese con un'opera fino ad adesso a me sconosciuta ma che, sono sicuro, interesserà molti.
Vi lascio a lui
------------------------------------------------------Nessuno siamo perfetti è un film documentario di Giancarlo Soldi incentrato su Tiziano Sclavi.Autore di talento a tratti geniale, estremamente schivo e riservato, Sclavi si racconta (e viene raccontato) come di rado ha fatto.Un piccolo film, senza pretese, un affettuoso e gradito omaggio a un uomo che ci ha regalato pagine e personaggi di assoluta meraviglia.
Mentre accade tutto questo, c’è una meraviglia esplosiva dentro un cuore che non smette di inventarsi. Ed è quanto a lui basta per essere felice nel mentre.Quel cuore tempestato di mostri, costellato di tormenti e assurdità, contornato di meraviglie e ossessioni, batte nel petto di Tiziano Sclavi.Nessuno siamo perfetti è un film documentario di Giancarlo Soldi, che racconta l’amico Tiziano, attraverso le sue stesse parole (con un parallelo di due interviste – una di una decina d’anni prima, e parzialmente già nota, l’altra realizzata appositamente per il film), ma anche attraverso le parole di amici e collaboratori, che hanno accompagnato il suo percorso esistenziale e professionale.Chi conosce Tiziano Sclavi sa che si tratta di una persona estremamente riservata. Forse non esiste nemmeno. Questo è ciò che sicuramente direbbe di lui uno dei suoi personaggi. Però è vero: l’inesistenza gli è sempre appartenuta. O meglio: l’insistenza dell’inesistenza. Chi ha letto Memorie dall’invisibile sa di cosa parlo.I suoi libri contengono tutta la sua vita, e viceversa.C’è l’inquietudine, assassina e buia (Apocalisse). Ci sono la depressione e la solitudine, che non lasciano scampo (Il tornado di valle Scuropasso). Ci sono l’ossessione, la vita quotidiana come gabbia, la follia dell’istante che si fa eterno e dell’eternità che dura un attimo (Nero., Tre, Film). C’è la deforme mano della vita che ti accarezza (Mostri), e che ti dice «non ti preoccupare, andrà tutto bene», come il più dolce degli assassini. C’è l’ironia, che è forse, insieme all’amore, la sola vera arma per resistere a questa assurda e grottesca vita.E la paura, onnipresente. Paura di tutti, soprattutto di ognuno. Del vicino di casa, di quei ragazzi laggiù («vedevo teppisti dappertutto»), dell’impiegato allo sportello, di quella ragazza così bella, dello specchio, del mondo, dei mondi, del tempo che passa e che non passa mai.Come ogni pioggia.Tiziano Sclavi è uno scrittore sopraffino.Un autore per molti aspetti geniale. Ha scritto decine di romanzi, testi per l’infanzia, poesie, canzoni, ballate, filastrocche, fumetti. Ma il suo nome è indissolubilmente legato a quello della sua creatura più grande, potente e meravigliosa. Dylan Dog.
11.11.20
Recensione: "L'abominevole sposa" - Episodio speciale/film della serie Sherlock
In realtà questo L'abominevole sposa - se non si è vista la serie - è solo un godibilissimo giallo gotico ambientato, a differenza della serie, nella vera epoca di Sherlock Holmes, a fine 800 (coff coff), veramente consigliabile a tutti.
Ho iniziato a vedere la serie Sherlock come "compagnia" in un periodo delicato.
Doveva essere solo uno scorrere di immagini piacevoli che mi si parava davanti.
Ma non siamo qui per parlare della serie, chissà se quando l'avrò finita avrò voglia di scriverci due righe, non lo so.
6.11.20
Recensione "His House" - Su Netflix
Evidentemente sì se ha una certa sensibilità ed onestà.
Ogni tanto quando si dice "Meno male che non è americano" si usa un luogo comune anche troppo duro verso un cinema, quello statunitense appunto, che più di tutti gli altri ha scritto la storia di quest'arte.
Ricordo che questa frase l'avevo usata recentissimamente per Relic ma, scusate, devo riutilizzarla di nuovo.
Perchè il soggetto, coraggiosissimo, di questo nuovo horror Netflix nelle mani del 90% dei registi americani avrebbe portato o ad una retorica incredibile o ad una mancanza di coraggio che, invece, il cinema britannico (His House è inglese) ha sempre avuto.
Se poi aggiungiamo che il regista del film è di colore allora abbiamo fato bingo, sappiamo che sia personalmente che come produzione il film è finito nelle mani giuste.
Come si fa a strumentalizzare storie tanto dolorose in un film di paura?
Ma dov'è il rispetto?
C'era solo un modo per farlo, il modo in cui l'ha fatto His House, ovvero attraverso una sceneggiatura molto complessa, scomoda, una sceneggiatura che ha il coraggio di dare anche la colpa agli ultimi, non fare passare i clandestini come vittime sacrificali ma, anzi, intraprendere un discorso umano e culturale incredibile che scuoterà lo spettatore.
Nel naufragio hanno perso la loro piccola bimba.
Il quartiere dove vengono portati è terribile, un mostro di cemento e sporcizia.
Ma, specialmente Bol, vuole che questa diventi la sua nuova casa (attenzione, il concetto di "casa" è basilare). Lui cerca di adattarsi al popolo inglese mentre sua moglie Rial non ce la fa, la sua "africanità" è troppo forte e radicata.
Ma, piano piano, dalle pareti della casa iniziano a venire strani rumori...
Allora, ci tengo subito a parlare di aspetti che per me, lo sapete, sono un pochino marginali rispetto al significato.