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Mi ha letteralmente folgorato. Guardo poche, pochissime serie tv, ma una giapponese in live action, per di più “comica” (con gli asiatici e la commedia si cammina sempre sugli specchi), almeno all’inizio, era un vero salto nel buio. E lo sarà anche per gente molto meno diffidente di me, visto che un prodotto così radicale può solo essere destinato a spaccare le opinioni. Una volta cominciata però, mi ha preso in ostaggio costringendomi a fare una cosa che odio, ovvero guardarmela tutta d’un fiato, come un enorme film di 6 ore. E l’ho amata in ogni sua componente.
La trama innanzitutto. Comincia subito, in quarta, con un professore morto, e le sue studentesse che, per cose da nascondere, comprensibile paura della notorietà o illogica paura di affrontare la realtà, fanno finta che nulla sia successo, e vanno avanti nella loro ordinaria vita scolastica. Per la location, radicale se ce n’è una: il set di una classe. Manco una scuola (c’è un’unica panoramica esterna che sa di modellino lontano un miglio), manco un’ala della scuola, e magari la palestra o la piscina. No no, proprio una CLASSE, con giusto il pezzo di corridoio esterno e nient’altro. Un radicalismo che farebbe impallidire Roman Polanski. Con rimandi a quest’ultimo pure nel tono: più che a quello orrorifico di un Inquilino del terzo piano, a quello grottesco del sottovalutatissimo Cul de sac, sempre del mitico regista polacco.
Forse però esiste una luce ancora più luminosa a guidare questi creatori, tanto che potremmo chiamare Who killed Daigoro Tokuyama “la serie dei più grandi fanboy viventi di Nakashima Tetsuya”. O almeno del film Confessions, direttamente citato nell’episodio 2. A parte quello, ci sono innumerevoli similitudini, la cattiveria con cui viene demolito il microcosmo scolastico, le trovate arzigogolate di sceneggiatura, l’esaltazione di temi difficili (le molestie, la pressione sociale, l’individuo schiacciato dal gruppo) tramite uno stile pop, sopra le righe, pieno di slow motion, dettagli, voce fuori campo. Abbastanza da farmi stoppare la serie e andare a controllare i crediti aspettandomi di veder comparire il suo nome. Non l’ho trovato, ma l’ispirazione è evidente, se compare addirittura il meraviglioso orologio che gira al contrario, in una delirante scena onirica.
Poi c’è il cast. In questo, è uno show con fegato da vendere, fatto di una ventina di attrici giovanissime, un attore prestato a fare il cadavere (e che attore, bravissimo nella sua non-presenza) e pochi altri, appena più che comparse. La recitazione cede al sopra le righe solo in sporadici momenti, e quasi sempre, cosa sorprendente, da parte dei pochi adulti che fanno capolino nella fortezza fisica (l’aula) e psicologica (la bugia) delle ragazze. Tra questi però impossibile non citare il bidello, con i suoi monologhi sulla natura degli oggetti, il suo sudore sgocciolante, il ruolo apparentemente passivo di chi sembra all’oscuro di tutto. Lo lascio subito, facendo ammissione di colpa: parliamo di un personaggio talmente assurdo, bello e sconfinato, quasi un Demiurgo degli strati bassi, che ci vorrebbe un’analisi intera solo per lui. Ma non si può, ci sono troppe cose di cui parlare, troppe. Nemmeno ho toccato il lavoro enorme delle ragazzine, protagoniste assolute.
E quando dico “ragazzine” lo intendo davvero, con l’età dell’epoca che si aggirava tra i 15 e i 18 anni. Gli aspiranti registi prendano esempio, da chi ha il coraggio di spiegare a ragazze di quell’età, che oggi hanno un paio d’anni appena meno di me, senza riserve o ipocrisie, come interpretare questa assurda storia di morte, sospetti di molestie, tendenze suicide, complotti, scherzi crudeli. Tra l’altro, questa serie è uscita nel 2016, l’anno di The Witch, e del cast spicca proprio la più giovane, la “detective”: praticamente l’Anya Taylor-Joy giapponese. Che, ho scoperto, non solo essere talentuosissima, ma addirittura la voce principale della sigla. Mi levo il cappello, c’è poco da fare.
Già mi aveva sorpreso questa performance da furto totale della scena, ma in più si nota una chimica spontanea, straordinaria tra queste studentesse, tutte, e dico TUTTE bravissime. E ciò probabilmente è dovuto, come ho scoperto, all’essere o essere state membri di un gruppo idol, uno di quei classici fenomeni giapponesi. In calce, consiglio caldamente il film Perfect Blue, se volete vedere questo tipo di intrattenimento smitizzato e demolito fino alle fondamenta. A differenza del trio del compianto Satoshi Kon, qui parliamo di un gruppo veramente immenso, una cosa tipo cinquanta membri stabili. Sapendolo, è surreale vederne questa fotografia d’epoca in salsa scolastica, dove ognuna di loro si chiama col proprio nome anziché uno fittizio. Cioè, la piccola detective Yurina Hirate, si chiama veramente così, pur non interpretando se stessa.
Evidentemente hanno capito che era impossibile caratterizzare una ventina di ragazze senza stereotiparle, specie avendo già una personalità pubblica ben definita, oltre che rapporti di conoscenza tra loro. Ecco allora il colpo di genio, che va oltre la bella provocazione alla Spring Breakers (prendi le ragazze simbolo d’innocenza e carineria e le fai diventare terrene, imperfette): fondere la personalità pubblica a quella fittizia, in un modo che guarda direttamente al grande Takeshi Kitano, e alle sue ricorrenti interpretazioni del personaggio di “Beat Takeshi” nei suoi film.
Tutto questo insomma, frullato in una specie di piece teatrale, filmata in 12 atti, uno di quei misteri a teatro stile Trappola per topi. Proprio Agatha Christie e i suoi gialli vengono in mente, tributati da questa serie nelle due incarnazioni più famose, ovvero Dieci Piccoli Indiani (per la situazione dove chiunque potrebbe essere contemporaneamente vittima, carnefice ed investigatore allo stesso tempo) e Assassinio sull’Orient Express (la colpevolezza collettiva, e fidatevi sembra uno spoiler ma non lo è); meccanismi oliati, con raffiche di sceneggiatura magistrali. Sono episodi dialogatissimi, una specie di mitragliatrice. Ma ciò che eleva un godibilissimo mistero da questo scenario teatrale, che si basa sull’unica idea di una scolaresca che trova un cadavere e invece di denunciarlo si fa in quattro per nasconderlo, è la sua energia vulcanica, che la rende una delle serie più vitali e sprizzanti personalità mai viste. Specie la prima metà, sorta di Bunuel scolastico, un capolavoro del macabro e commedia nera.
Faccio almeno un esempio, l’emblematica scena dell’episodio 4, quando arriva una persona molto particolare in classe. Si pensa ad un parente di chi in quel momento non è presente, per poi scoprire che è qualcuno di vicino a Tokuyama. E c’è la scena meravigliosamente assurda e imbarazzante del coriandolo e dei macaron nascosti. La cinesi è inarrestabile: torna chi non era presente, la persona intanto parla col bidello, si rischia di nuovo di essere scoperti.
E poi, due secondi dopo il grottesco e la tensione, arriva una scena così meravigliosamente genuina da sciogliere il cuore. In quella classe dove forse c’è un’assassina, in quella classe che mira solo a non farsi scoprire mentendo spudoratamente, le studentesse difendono il loro professore morto dalla morte. Veramente da pelle d’oca, quella persona disperata che parla in un armadietto a chi ormai parlare non può più, e si commuove perché “hai delle studentesse veramente carine, si vede che ti vogliono bene”. E la ragazza in lacrime, che fa “la prego, esca fuori”, come se potesse realmente succedere. Mi ha ricordato incredibilmente il finale di Inception, quando Fisher vede suo padre, un’immagine creata per conto di altri, da ladri di sogni. Tutto falso, ma l’emozione è tale che non avrebbe potuto essere più vera, fosse stata vera nella realtà.
Il coinvolgimento rimane alto anche nei suoi risvolti più drammatici, con l’accumularsi delle sottotrame per sviare dalla soluzione del mistero, e soprattutto la presenza costante del convitato di pietra, tenuto nascosto finora come tentano di tenerlo nascosto le sue studentesse: il morto in persona, professore Daigoro Tokuyama. Esattamente come nel capolavoro del noir I Diabolici, di Pierre Boileau e Thomas Narcejac, abbiamo un cadavere che perseguita i vivi, sebbene da un certo punto di vista sembri piuttosto il contrario. Grande performance, quella di Kyusaku Shimada, forse il più bravo di tutti, perché deve interpretare un morto (ma anche un vivo, per certi versi), quindi occhi fissi, espressione sempre uguale, sballottato comicamente da tutte le parti, piegato negli armadietti, incartato nei teloni, sbattuto di faccia sul pavimento. Insomma, se ne becca più di Fantozzi e senza nemmeno poter fare una piega. È stato incredibile accorgersi dell’affezione per quella macabra presenza, giustificata anche dal tentativo della classe, capitanata dalla piccola detective, di scoprire la verità sulla sua morte. C’è addirittura un certo tocco di realismo, nel fatto che lei manco sia un genio investigativo (in capacità di improvvisazione sì, ma in quella classe ha competizione), perché d’altronde è una ragazzina, e quindi la soluzione, come è ovvio che sia, sarebbe stata scoperta in mezza giornata dalla polizia.
Il punto però è proprio qui, senza nascondere il cadavere, non avrebbero imparato niente.
Il colpevole finale è pure abbastanza prevedibile, c’è un colpo di scena supplementare che casca davvero dalle nuvole. Ma se siete di quelli che per valutare un giallo da vedere, devono essere rassicurati dalla promessa di un buon finale, non temete. Perché le motivazioni dietro a tutto ciò che è successo rasentano il colpo di genio, non tanto nell’originalità, come ho detto, ma nella rottura della quarta parete, che parla proprio a noi, appassionati di film e serie tv con misteri e gente ammazzata. Certo, noi non faremmo mai quelle cose. Ma non ci divertiamo da pazzi a sperimentarle, anche se dietro uno schermo? Non siamo arricchiti dall’intelligenza e sagacia deduttiva di quei detective? Non porteremo sempre dentro di noi il viaggio verso la verità, più che la scoperta del colpevole?
Ecco un altro miracolo di questa serie stupenda, tirando le somme di tutto, viene fuori un originale elogio del gruppo, dell’essere compatti. Ancora, senza la minima ipocrisia, perché questa classe è più di una volta sull’orlo della catastrofe, e non ci si fa nessuno scrupolo a roteare queste ragazze tra l’essere carnefici e vittime, a scoperchiare i gruppetti contrapposti, le amicizie di una vita che si infrangono con poche frasi e sguardi, i piccoli atti di bullismo. Come nella scena che ho parafrasato però, l’arco emotivo giù nel nero della disperazione, può risalire fino a picchi altissimi, con la classe che collabora, e si dà man forte, e perdona e si confronta a viso aperto, invece di accanirsi. Sarebbe stato facile fare un ritratto totalmente pessimista, con le ragazze deformate dalla paranoia, a essere l’uomo lupo per gli altri uomini, e sarebbe stato ancora più facile farmelo piacere, appassionato come sono de La Cosa (il mio horror preferito) o appunto Confessions, che distrugge ogni singolo aspetto sociale della scuola e di chi ci gira intorno. La scommessa in questo caso, è stata quella coraggiosissima di prendere questo ritratto, e aggiungerci le giuste pennellate perché venisse fuori una composizione positiva, dove tutti, in quella situazione tremenda, devono quantomeno imparare qualcosa.
In questo senso, una grande scoperta le ragazze l’hanno fatta: Daiboro Tokuyama è stato un grande professore, con pregi e difetti. Ha consacrato la sua vita (letteralmente) per far migliorare le sue studentesse. Il sacrificio massimo per un insegnante che nessuna dimenticherà mai, nemmeno quando saranno grandi e impegnate come quelle universitarie venute a trovarle, le ex studentesse del loro defunto maestro.
Come dicono nella serie, il prof ha fatto proprio un “good showtime”. Scommetto che pochi falò d’inizio estate, al mondo, saranno emozionanti come quello.
I giapponesi ci sanno fare, potrei dargli una chance, comunque a prima vista mi ha ricordato Confessions, gran film ;)
RispondiEliminaGrande film davvero ;) e questa serie è della stessa pasta
Elimina"Povero carrello, bisognerebbe mettersi nei suoi panni, tutto solo nel corridoio..."
RispondiEliminaGrazie EnricoG senza la tua presentazione non l'avrei mai visto e mi piaciuto un sacco, sin da subito.
L'omaggio e le anologie con Confession sono palesi e pure esplicitate quando si parla di cadaveri e piscine... ma ad un certo punto non c'ho pensato più, va bene le analogie di genere ma quest'opera ha una sua identità (mai visto una roba così)
Certo il mio è un parere da persona "poco informata dei fatti", a parte un po' di film asiatici, soprattutto coreani, non so niente di gruppi idol, Anime e Serie del Sol Levante (a parte Nana, prima il graphic nel lontano 2002-2003 poi la serie animata e naturalmente Miyazaki e poca altra roba)
Comunque tutto quello che c'era da dire su trama, cast, personaggi - il bidello il mio preferito - costruzione, riferimenti ad altri registi e opere l'hai scritto tu, mi limito a sottoscrivere.
Bello bello, ora vedo di recuperare altro seguendo le tracce disseminate nel tuo post.
"Gli oggetti hanno anime..."
EliminaGrazie a te marang per aver commentato, e soprattutto per aver accettato il mio consiglio e cominciato la serie. In fondo serve a questo lo spazio di Anime e core, avvicinare al fantastico mondo dell'intrattenimento nipponico. Senza nessun pregiudizio verso lo spettatore medio, anzi io stesso non mi considero "informato", specie quando si parla di opere recenti, sono solo un appassionato con un gigantesco interesse per questo campo ;) anche la cosa del gruppo idol per dire, l'ho scoperta casualmente, cercando qualche info sulle bravissime protagoniste, e l'unico filo comune che trovavo era quest'appartenenza. Insomma, ho solo fatto due più due hahaha.
Condivido in pieno l'amore per la figura del bidello, non saprei nemmeno da dove cominciare per descrivere perché mi piace. È semplicemente unico, come è unica questa serie (sottoscrivo in pieno che "non si è mai vista una cosa del genere), ed è incredibile come riesca a formarsi un'identità partendo da una premessa così "Confessions-iana".
Spero continui a piacerti, e sentirei volentieri la tua opinione nel caso la finissi, specie sul famigerato episodio 4... ora sono molto contento di averlo solo sfiorato, perché anticipare un tale momento sarebbe stato a dir poco crudele ;)
Per ora buona visione.
Enrico
"L'aria condizionata è come un umano, crolla se spinto troppo forte" (dal 4° ep.)
EliminaAh ma lo già visto! Non ho potuto resistergli e l'ho finito in due serate...
Forse avrei preferito in finale meno conciliante più dark, più shock insomma ma è comunque allineato all'opera dove si accenna a temi profondi, quali la solitudine, l'esclusione sociale - o scottanti, come la pedofilia, senza indugiarvi troppo; poi humor nero, mistero e tanta leggerezza.
Alla fine vien fuori uno strano mix, molto piacevole; bisogna liberare la testa e lasciarsi accogliere, poi capisco anche che possa non piacere. A me ha intrigato assai. Quindi a te, per averla recensita
どうも。
Domo
Grazie.
Ah ma allora avevo ragione, è una spinta irresistibile quella a divorararsi la serie in poco tempo ;)
EliminaPure io ho espresso una minima riserva sul finale, alla fine il "colpevole" è quello che non fa nulla dall'inizio alla fine, non proprio impossibile da prendere in considerazione. Però le motivazioni dietro l'atto sono geniali, come hai detto, un silenzioso grido contro la solitudine, un'ode all'affrontare le cose insieme e alla pericolosa bellezza del "giallo", del mistero. E anche la morte di Tokuyama ha il suo perché, una volta impartita la lezione viene subito "sistemata" dal nostro grandioso bidello e rimarrà impressa per sempre nelle sue studentesse, nel ricordo di quel falò...
Insomma, una serie straordinaria e irripetibile per certi versi, e sono molto contento di averla svelata, anche solo per una persona ;)