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3.2.22

Recensione: "Il sale delle lacrime" - Scritti da Voi - Rocco



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Il mio amico Rocco torna a scrivere per il blog recensendo l'ultimo film di Philip Garrel, ovviamente sempre nel suo stile colto (ho già letto "spinoziano" nella prima riga, cominciamo bene...).
Vi lascio prima alle 3 righe di presentazione e poi alla recensione.
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L'ultimo film di Philip Garrel segue, in un melanconico e quanto azzeccato bianco e nero, il complicato percorso sentimentale di un giovane tra sogni e delusioni e come esse si intreccino nei volti di tre donne.

Partiamo da un assioma semplice, spinoziano, l’idea di un qualunque modo in cui il Corpo umano è affetto dai corpi esterni, deve implicare la natura del Corpo umano e, simultaneamente, la natura del corpo esterno. E già perché la natura dei sentimenti che pare sfuggire dappertutto mentre se ne è trasportati, il più delle volte obbedisce a leggi antiche, che scorrono incessanti e profonde come il corso di un fiume carsico. Ogni conoscenza che facciamo di un corpo che incontriamo, spiega qualcosa della natura dell'altro, ma anche qualcosa della natura della nostra complicata essenza. E' come se lo stesso processo di conoscenza schiudesse al mondo anche qualcosa del nostro mistero. Qualcosa di improbabile, nascosto nelle pieghe del nostro corpo.
Luc arriva a Parigi dalla Provenza per sostenere un esame per la scuola di ebanisteria, vuol fare il mestiere del padre, l'intagliatore, in un certo senso vuole essere all'altezza dei desideri del padre. Un desiderio è grande quando permane tale, pur sottoposto alla distrazione del mondo. Il desiderio di Luc non viene meno alla grandezza di Parigi, ma Parigi contamina le aspirazioni e i desideri di Luc. Così, presto, per Luc Parigi diventa anche il volto pulito di Djemila, una giovane e bella proletaria che da indicazioni allo straniero su quella città caotica. Ciò che è spaesante diviene subito rassicurante accanto a lei e alla sua dolcezza. Djemila è una ragazza semplice che, a sua volta, rimane colpita dalla dolcezza e dai modi cordiali del ragazzo venuto dalla campagna, le sue attenzioni fanno presto breccia nel cuore della giovane donna. 


Ma l'amore è questione di tempistiche faceva dire Wong Kar Wai al suo personaggio in 2046, e sostenuto l'esame con profitto Luc deve tornare a lavorare presso la bottega del padre, perciò un grande e struggente primo piano dei loro volti in una banlieue marca un addio composto e affettato pieno di lacrime e promesse. Luc torna quindi in Provenza ai suoi lavori manuali ed ecco una seconda legge degli affetti ancora da Spinoza: "Se il Corpo umano è affetto da un modo che implica la natura di un certo Corpo esterno, la Mente umana contemplerà lo stesso corpo esterno come esistente in atto o come a sé presente, fino a quando il Corpo non venga affetto da un affetto che escluda l’esistenza o presenza dello stesso corpo." Sì certo, Luc conserva il ricordo affettivo di Djemila, ma arriva presto Genevieve, una ragazza con cui aveva avuto una storia in passato e con cui è facile tornare in intimità. Difficile dimenticare come dare piacere ad un corpo, anche a distanza di tempo quando se ne è conosciuta fino in fondo l'intimità più recondita. La corporeità di Genevieve, i suoi fianchi larghi e la rotondità del suo seno occupano fino a sostituire la giovane parigina. Djemila, ancora illusa e fulminata dalla passione organizza una trasferta per rivedere il suo amante, ma rimarrà presto delusa e sola in una stanza vuota ad attendere un uomo che non si presenterà mai, mentre il trucco cola dal suo volto di fronte allo specchio. Intanto Luc si abitua a Genevieve e alla sua appassionata corporeità, ma è forse quella abitudinaria frugalità l'amore? Luc ha il sospetto di non averlo ancora conosciuto, e bene che si presenti finalmente l'occasione di tornare a Parigi, la prestigiosa scuola di ebanisteria lo ha accettato come studente. Il desiderio di affermazione è ancora grande, ed esso si è nutrito già di due donne. Luc infatti lascia Genevieve, incinta, accusandola di averlo ingannato. Non era il suo sogno quello di fare un figlio.
Non c'è peggior incubo che quello di essere presi nel sogno di un altro, scriveva Deleuze. Luc arriva a Parigi all'acme del suo desiderio e ad un richiamo tanto alto risponde Betsy, una giovane infermiera ritratto della carnalità e della passione. Ma non è la passione famiglia e focolare di Genevieve, Betsy è un serpente le cui spire stringono Luc nel vortice fino a perdere se stesso. Betsy ama Luc, ma anche il suo amico Paco. Così ben presto, il giovane, stretto e oppresso dal vincolo della passione, finisce per amare la sua propria schiavitù e la sua propria umiliazione.
Tornare a vedere Djemila per rimpiazzare Betsy è solo l'ultimo errore della catena di rimandi, la giovane l'ha ormai dimenticato e intrapreso un'altra vita. 
Ancora Spinoza con un ultima inesorabile legge: "La Mente umana non conosce lo stesso Corpo umano, né sa che esso esiste, se non per mezzo delle idee delle affezioni dalle quali il Corpo è affetto." In qualche modo, cioè, non conosciamo adeguatamente un'altra persona se non attraverso i sentimenti che proviamo per lei.
In una certa misura non potremmo mai conoscere davvero bene una persona che amiamo. Solo dopo un forte trauma possiamo riconoscere chi siamo e chi essa sia veramente.
Così Luc, alla morte del padre sembra improvvisamente spazzare via tutti i fantasmi e le illusioni.
Così, in una impenetrabile solitudine nascosta alla nostra vista dentro un piccolo bagno che la curiosità della macchina da presa non riesce a scalfire, Luc elabora il pensiero più nero.
Dal momento che non crede in Dio non potrà mai più rivedere il proprio padre.
Dal momento che tutte le illusioni sono morte, sarà difficile rivedersi e riconoscersi ancora.


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