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28.1.20

Recensione: "La ragazza d'autunno" (Dylda)


L'opera seconda di Balagov (ma la prima che vedo) è un film grandissimo.
Sembra incredibile che un ragazzo di 26 anni (età alla quale presumo abbia scritto il film) possa avere una tale sensibilità, gusto, padronanza dei mezzi e, soprattutto, capacità di togliere invece che di aggiungere, raccontare, costruire.
La storia di una ragazza altissima, scemotta, di gran cuore, e della sua amica che ritorna dal fronte.
Due personaggi femminili che diventano indimenticabili nell'attimo stesso in cui li vedi.
Un film che è meraviglioso da vedere per messinscena, colori e fotografia ma che nei contenuti e nella sensibilità in cui sono scritti personaggi e vicende, è ancora più grande.

presenti spoiler

La sensibilità non ha età.
Anzi, è forse vero che il periodo della nostra vita in cui la nostra sensibilità raggiunge vette più alte è quello dell'adolescenza, periodo in cui abbiamo ancora forte l'istintualità delle emozioni dei bambini e la coscienza dei sentimenti che poi si farà sempre più forte in età adulta.
Quindi, che Kantemir Balagov a 26 anni (età in cui presumo abbia scritto Dylda) abbia questa sensibilità ci sta.
Un'altra cosa però è riuscire a dare forma alla sensibilità, a raccontarla in Arte, a riuscire a trattenerla dentro parole e immagini, a riuscire ad essere così maturi nell'esporla.
A 26 anni tanti possono avere la sensibilità di Balagov ma, se va bene, uno su un milione può scrivere e realizzare Dylda.

Quando lo vedi ti sembra di immergerti in quella letteratura russa che hai divorato da giovane, non tanto quella ad ampio respiro di Tolstoj quanto quella più intima, psicologica e penetrante di Dostoevskj.
E ti stupisci di questo giovane che riesce a fare un film di due ore e un quarto senza mai urlare, senza scene madri eclatanti (ma tante lo sono in modo soffuso), una storia in cui è il togliere a dominare.
E, di solito, nelle opere giovanili non è mai così.


Dylda (giraffa) è una ragazzona alta come il cielo, biondissima, tontolona, quasi analfabeta della vita e con un cuore proporzionato alla sua altezza.
Fa l'infermiera in un ospedale per reduci di guerra, cura i malati, sgrana gli occhi, fa qualche dolce sorriso e poi torna a casa - una specie di casa comune con appartamenti singoli e stanza condivise - ad accudire il suo piccolo bambino, Pashka.
Ilya, questo il suo vero nome, soffre di tremendi attacchi epilettici, attacchi in cui si blocca e il rumore del mondo diventa solo uno stridente sibilo che tutto nasconde.
Un giorno, mentre gioca col bimbo a terra, ha uno di quei attacchi.
Il suo grande corpo rimane sopra quello del povero bambino, per interminabili minuti.
Una manina non si nuove più.
Già solo questa scena ci urla contro la grandezza di un regista in cui la scrittura, la forma e la realizzazione delle scene formano un connubio praticamente perfetto.
Tra l'altro questa scena di questo grande corpo sopra quel corpicino sarà il manifesto di tutto il film, un film che dal primo all'ultimo minuto racconta di corpi che si toccano, che si abbracciano, di visi che si sfiorano, un film di continui ed emozionanti contatti umani, strettissimi.
Davvero, sono decine.
Non sarà un caso che il film finirà con un ennesimo, ultimo, abbraccio.

Per sbaglio ho letto alcuni minicommenti sul film e ho visto parlare di film "formale", estetizzante, povero di contenuto.
Per una volta vorrei perdere il mio famoso aplomb e incazzarmi, ma lascio perdere, tanto è inutile.
Dylda è una storia bellissima, è un film in cui vengono costruiti due personaggi impressionanti, è una sceneggiatura di piccole storie che in qualche modo poi riescono tutte a incastrarsi perfettamente, è un film che parla di un'epoca e dell'animo umano, specialmente delle sue debolezze e delle sue tenere mancanze, è un film di stramaledetto contenuto che poi ha il merito di mostrarci tutto in una veste cinematografica eccelsa, con dei colori pastello di abiti e scenografie meravigliosi, con una fotografia sublime, con un uso dei volti magistrale.
Probabilmente chi vede solo la forma non ha la capacità di percepire la grandezza delle piccole storie, non ha la voglia di capire quanto un racconto sotto le righe sia enormemente più difficile da scrivere di quelli eclatanti e pieni di cose.
Ma bastano i due profili psicologici delle due protagoniste a rendere Dylda un film di contenuti, di incredibile sensibilità e misura.

Ilya è una ragazza rimasta quasi bambina, una che conosce pochissimo del mondo, quasi priva di carattere ma che ama il prossimo e ha valori, come l'amicizia, conservati con forza e gelosamente, forse proprio perchè del mondo sa poco e allora tutte le sue energie e la sua intelligenza sono concentrati nei rapporti umani.
Masha è quasi opposta a lei, è una ragazza molto sveglia, indipendente, fortissima caratterialmente, reduce di guerra.


Forse grazie alla straordinaria interpretazione dell'attrice (se possibile ancora più grande della protagonista) no riusciamo però bene mai a capire quanto sia una persona di cuore o quanto "furba". Quel suo eterno sorriso è enigmatico, al tempo stesso sembra quello di una persona manipolatrice e cattiva ma anche il sorriso autentico, struggente, di una ragazza che sta andando fuori di testa, con un dolore dentro insopportabile.
Ed è così che Dylda diventa un film di traumi, quasi tutti concentrati in Masha.
Il trauma della guerra finita, guerra in cui doveva vendere il proprio corpo per sopravvivere, si affianca al trauma molto più intimo della perdita del figlio, figlio che doveva essere proprio il simbolo del suo ritorno alla vita.
Ecco così che quello di Masha diventa un lentissimo sprofondare nella pazzia, un ipnotico vivere una specie di incubo sospeso in cui si muove al tempo stesso come un automa e cercando di "progettar" cose.
E, paradossalmente, la fortissima Masha diventa colei che deve essere aiutata dall'ingenua e debole Ilya, in nome di un'amicizia viscerale che porterà a più d'una scena da pelle d'oca come ad esempio quella in cui Ilya chiede a Masha di stare nello stesso letto mentre deve far sesso, scena che ho trovata straziante, non nascondo una lacrima.
Ma il film è pieno di dolore, ovunque.
Nella figura del capo medico, personaggio di grandissima dignità e padre di due bambini morti (attenzione, il suo dar morte ai soldati è gesto che prima di essere giudicato andrebbe molto analizzato), in quella del soldato Stepan, sempre sorridente, legatissimo apparentemente alla vita ma poi deciso a togliersela e in tanti personaggi minori, in un film che racconta povertà e miseria ma senza mai piangersi addosso, anzi, con più d'una scena vitalistica e quasi ironica che ricorda certo cinema slavo alla Kusturica.
Però l'anima del film quella resta, un film di anime che hanno perso qualcosa, piene di lutti, piene di traumi (non a caso una delle due è epilettica, l'altra perde continuamente sangue dal naso, che può essere sia metafora, che sintomo di stress che di malattia) ma che, incredibilmente, riescono spesso a sorridersi e farsi forza.
In questo senso quel finale "folle" è anche sottilmente positivo, indice di come si può comunque andare avanti e farcela.

In ogni caso siamo davanti a un film sublime che ha forse come unico difetto quello di una parte centrale in cui tende ad arenarsi un pochino rischiando di farci perdere attenzione.
Ma se inizio a tesserne le lodi non smetto più.
Sin dal prologo notiamo una grande attenzione al sonoro (con quei rumori ovattati dovuti a quella specie di acufene), sonoro che sarà perfetto per l'intero film.
I colori, che dire, una meraviglia, roba da fermare l'immagine ogni 2 minuti e farci uno screen, anche grazie alla perfetta messinscena, tra corpi e location.
Le location, per l'appunto, sono molto suggestive ma del resto chi come me ha amato così tanto la letteratura russa resta sempre affascinato da questi ambienti poveri, da questi muri scrostati, da questi arredamenti scarni, da questo popolo di tavoli di legno e alcool.
C'è stata anche una grandissima attenzione nei volti, volti lividi, emaciati, con occhiaie di freddo e fame.


Bagalov sembra un feticista di corpi, quasi ogni inquadratura è ravvicinata, i volti sono in primissimo piano, i protagonisti si toccano e sussurrano, i corpi si spogliano a mostrare cicatrici, è indubbio come il materiale umano, per lui, sia quello principale.
Le scene indimenticabili sono tante, dalla sopracitata morte del piccolo, a Masha che entra nella stanza di Dylda e la trova al buio appoggiata al muro, dall'entrata della folla nel tram (anche qui grande sonoro con quelle voci dietro ai finestrini), alle imitazione degli animali nell'ospedale (a proposito, segnalo il rumeno Inimi Cicatrizate, troverete molte suggestioni di Dylda), alla sequenza, dolcissima ma anche dolorosa, del sesso in macchina, alla stupenda scena di Ilya che "uccide" il militare e che per constatarne il decesso gli soffia in bocca fumo di sigaretta (con Masha che, non vista, assiste a tutto), alla scena citata prima - impressionante - del sesso con l'amica vicina girata di spalle (in quei 5-6 minuti ho rivissuto "4 mesi 3 settimane 2 giorni" di Mungiu), alle giravolte col vestito verde (altra scena psicologicamente magistrale, quello di una ragazza con la morte dentro che a metà tra il vezzo e la pazzia si perde in un mondo tutto suo) fino ad arrivare alla scena a casa dei diplomatici (figure importanti dello Stato, non so dire bene quali) che è forse la più forte di tutte.
Il dialogo tra Masha e la madre del rampollo coglione (madonna che viso, perfetto) è da stampare e far vedere a chiunque voglia scrivere film e fare cinema.
Quella ragazza inizialmente muta e servile che poi per orgoglio tira fuori tutta la verità, con rabbia, decisione, forza. Ma davanti a sè ha comunque una donna che, forse, proprio in quel momento, quello in cui avrebbe dovuto più odiare la fidanzata del figlio, riesce a capirla e, credo, anche a stimarla, senza curarsi delle offese che le sta facendo ("lei avrebbe resistito 2 giorni").
Poi Masha se ne va e quando vede una "dylda" sotto il tram inizia a correre, sembra che io suo personaggio così calmo e apparentemente calcolatore segua finalmente l'istinto, dovuto forse alla paura  di aver perso l'amica.
Arriverà da lei, lo spettatore si aspetterebbe forse una catarsi definitiva, un'uscita dall'incubo, una lucidità.
E invece no, e invece malgrado tutto Masha parla ancora a Dylda del figlio che avranno, forse non per pazzia ma perchè è l'unico motivo che la fa sentire ancora viva.
E Dylda perde sangue dal naso, come lei, quasi a dire "sono come te".
E non ci interessa se questo sia metaforico, se è una malattia contagiosa, qualsiasi cosa sia abbiamo due amiche che si stringono per l'ultima volta, così diverse e così maledettamente uguali.
Entrambe sono vuote dentro, entrambe non possono procreare.
Forse, però, dentro di loro hanno comunque altro.
Non sarà un figlio ma qualcosa è.
E magari può renderle felici lo stesso

9

58 commenti:

  1. Grande film visto al TFF ma che ho voglia di rivedere....

    SPOILER

    Forse nella tua recensione è poco chiaro il fatto che il bambino che muore sotto di lei non sia suo, ma dell'amica, tu dici che lei torna a casa dal lavoro e dal suo bambino... sarà da lì che partirà poi il tutto, il suo ricatto spietato ( o forse è stato voluto per non spiegare troppo, non so....)

    Spero di recuperare anche Tesnota che a breve lo daranno al cineforum, davvero un regista promettente e profondo, dalla Russia arrivano sempre film dolorosi e anche questo ti fa riflettere parecchio...
    Ciao !

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    1. sì sì, hai ragione ma è voluto

      in quelle righe enuncio la trama per come vede il film lo spettatore i primi 20 minuti

      poi non ho specificato che non è suo ma tanto chi ha visto il film lo sa ;)

      anche io spero di recuperare Tesnota, perso per un pelo al cinema :)

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  2. Io pero'ho avuto l'impressione, magari mi sbaglio, che Ilya provasse qualcosa in piu' di un'amicizia verso Masha, la scena dei suoi baci quando erano coricate sul tappeto mi aveva fatto pensare questo, avevo capito che avesse accettato di avere un bambino per amore, il suo sogno era vivere con masha per sempre col loro bambino...

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    1. senza dubbio Paolo, anzi, avrei dovuto scriverlo

      ma però sulla "genesi" di quello che dici ho un pensiero leggermente diverso

      Ilya è una bimba, quella ragazza è tutto quello che ha, la persona a cui è più legata

      lei non sa cosa sia amore e sesso, semplicemente prova una dipendenza incredibile da Masha

      i suoi timidi tentativi di baciarla sono quelli di una che "non sa come si fa"

      insomma, non parlerei di omosessualità ma di rapporto fortissimo e maneggiato da una ragazza analfabeta dell'argomento

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    2. Sono d'accordo, io ho pensato per tutto il film che Ilya non riuscisse a capire bene ancora quello che provava nei confronti di Masha... comunque a parte tutto abbiamo gia' visto sicuramente uno dei film migliori del 2020...

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    3. ma infatti è come dici

      poi capire il perchè della cosa è capire chi è Ilya, come funziona la sua testa, quello che sa e invece quello che sente, e lì possimo sbizzarrirci

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  3. (Parte 1) Come sempre magnifica recensione. È incredibile come tu riesca con le tue parole a far rivivere letteralmente ogni emozione provata durante la visione. Bravissimo davvero!
    Non avevo dubbi ti sarebbe piaciuto, ma te lo dissi già al tempo fresco di visione. Ero sicuro che l’avresti amato.
    Tutto quello che ora scriverò nasce in primo luogo in risposta a ciò che hai scritto tu, integrando il tutto con la mia recensione scritta al TFF per il blog, insieme a nuove riflessioni scaturite da una seconda visione in sala ora all’uscita italiana.

    Trovo innanzitutto paradossale che qualcuno sia riuscito a recepire solamente l’aspetto formale di fronte a così tanto contenuto e così tanta emozione narrativa. L’unica spiegazione che riesco a darmi (perché qui non è neanche una questione di gusti) è che queste persone manchino notevolmente di sensibilità (la stessa invece che, come dici tu, rende così unico per la sua età Kantemir Balagov). Perché, davvero, la cura estetica e sensoriale della rappresentazione (l’aspetto tecnico sostanzialmente) non è che la cassa di risonanza, attraverso cui amplificare quell’emozione così intensa da parlare da sé in ogni singola magistrale scena.
    Dylda è, in poche parole, un’opera concreta, fisica, da toccare, guardare ed ascoltare. Da vivere, prima ancora che da ammirare. E qui sta anche infatti il suo essere profondamente contemporanea, partendo da uno dei temi più abusati di sempre (la Seconda Guerra mondiale) e facendone qualcosa di nuovo. Non ci sono fatti storici precisi, o dati oggettivi a cui attingere, ma solo esperienze soggettive all’ennesima potenza. La Storia, cioè, deve essere raccontata partendo da chi l’ha vissuta (o meglio subita in questo caso). La pura e semplice dimensione cronachistica ed impersonale che tende all’assoluto deve lasciare invece spazio ad un racconto intimo (e per questo certamente parziale), dove il tempo del racconto è quello di chi c’era e non di c’è ora a mettere ordine. Per questo mi ha ricordato lo stesso approccio tematico de “Il figlio di Saul”. Anche in quel caso la Storia era raccontata senza preoccuparsi di fornire uno sguardo completo e sintetico sulla guerra, che avrebbe portato ad una visione fredda, dove gli essere umani sarebbe stati visti dall’alto, da distante, come puntini; al contrario l’opera prima di Nemes esaltava magistralmente l’emozione costante in quel volto ebreo che seguivamo fisso durante tutto il film. E tra l’altro proprio in relazione a “Il figlio di Saul” ho ritrovato in Dylda lo stesso utilizzo dell’azione sullo sfondo, in secondo piano: di un volto, di un protagonista centrale e di qualcosa che avviene (spesso solo inteso) nello spazio circostante.

    E poi c’è quell’incredibile continuum teorico che lega Dylda all’opera prima Tesnota, così come erano legate indissolubilmente le due opere di Nemes ( “Il figlio di Saul” citato poco sopra e “Sunset”) e allo stesso modo di Corbet (“L’infanzia di un capo” e “Vox Lux”), tali da rendere i tre registi esordienti già oggi grandissimi autori. E la Storia (nei suoi diversi periodi storici) in tutti questi film citati è sempre stata in qualche modo protagonista: come ambientazione, come personaggio, come punto di inizio o di fine, di conclamazione o di solo presagio. Ma in tutti questi casi si è cercato di raccontare sempre qualcosa di grande, storico, umanitario ed universale attraverso gli occhi e le vite di singole e particolari persone. E proprio in questo sta la grande contemporaneità di queste opere.

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    1. (Parte 2) Ma torniamo a Balagov e al confronto tra Dylda e l’opera prima Tesnota, che, seppur per me di poco inferiore alla prima citata, sono sicuro ti possa piacere (e spero per questo che vedrai e recensirai ahah). Come già detto poco sopra, anche in quel primo film (Tesnota) la Storia era presente, ma rimaneva sullo sfondo, in un momento di pace e di transizione tra la prima e la seconda guerra cecena, capace di condizionare solo psicologicamente le vite dei personaggi che quivi si muovevano. Dylda rappresenta, invece, una Storia (quella del 1945 a Leningrado) che, nonostante la guerra sia finita, è ancora viva e protagonista e che continua incessantemente a lasciare tracce fisiche su chi la sta vivendo, non fermandosi semplicemente all’animo (come accadeva in Tesnota), ma sconvolgendo e martoriando la carne e il corpo (il discorso sulla fisicità che si faceva poco sopra). Ma non è il fronte quello che viene rappresentato, o almeno non il fronte di guerra. Piuttosto quello di chi di quel conflitto ne percepisce in maniera più violenta le conseguenze. L’ospedale per reduci di guerra: il luogo dove sopravvivere spesso non è che una condanna. Paralizzati, amputati, bendati, ingessati. Tutti soffrono per essersi salvati. Tutti sentono forse il presagio della fine di una guerra collettiva, che non è però accompagnata da un’analoga fine di sofferenza personale. E qui, come te, ho ritrovato quelle atmosfere magiche e sospese che permeavano il meraviglioso Scarred Hearts di Radu Jude. Qui, però, non è un paziente ad essere protagonista, ma un’infermiera, Iya: alta, altissima, bionda e timidissima. Ma se da un lato la sua funzione è quella di occuparsi dei pazienti (e ci riesce anche bene, data la sua bontà quasi innocente), in realtà avrebbe tutte le caratteristiche per essere dall’altra parte, a causa del suo trauma da stress, che la obbliga in alcuni momenti ad “incantarsi” (come dicono le persone che la circondano), in uno stato di immobilità estrema che le congela temporaneamente il corpo ed il respiro. Per questo potrebbe apparire “strana”, con una fisicità eccessiva, tale da accomunarla quasi alla presenza vampiresca di Tilda Swinton in “Solo gli amanti sopravvivono”. Un vampiro che cura le ferite, invece di produrle, che può forse incuriosire, ma mai far paura nel suo essere quasi bambinesca. Ma, nonostante le sue caratteristiche, lei è tutt’altro che eccentrica, nascosta com’è in grandi e spaziosi maglioni colorati, che celano quel suo corpo allungato, ma apparentemente inviolabile, che ha conosciuto il mondo solo attraverso la sua componente più violenta e disumana. Timida, silenziosa, intrappolata in un mondo claustrofobico (come già succedeva in Tesnota) dove persino respirare è doloroso.

      Ma se in tutti i film contemporanei sulla Storia citati poco fa (Tesnota, Il figlio di Saul, Sunset, L’infanzia di un capo, Vox Lux) era sempre UN singolo ad essere protagonista, in Dylda è nel binomio umano che sta il nucleo narrativo e da cui poi dipenderà, a livello tematico, l’unica possibile forma di salvezza. Perché Iya non sarà sola, e dovrà presto rapportarsi con un’altra lei, Masha, che pare, nella sua estrema diversità oppositiva, una figura complementare. Tra le due, infatti, seguirà, un indomabile flusso di tensioni, che condurrà inevitabilmente ad un gioco di opposti, che più si attraggono, più si danneggiano, più allo stesso mondo si rendono conto di avere bisogno l’una dell’altra, rimarcando con ancor più forza le conseguenze fisiche della guerra nel riflesso dei due visi e corpi femminili, che, come detto, si completano idealmente e reciprocamente nelle loro figure. Per questo non è difficile ritrovare lo stesso dialogo esistenziale ed umano che si stabilisce tra Elisabeth ed Alma in Persona di Bergman o più recentemente (seppur con caratteri ed esiti notevolmente diversi) in Marriage Story di Noah Baumbach.

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    2. (Parte 3) Ma, a riconferma dell’esasperato soggettivismo con cui si intende affrontare il racconto, oltre a quelle due donne, inconfondibili ed uniche protagoniste, sono presenti inoltre tanti e diversissimi ritratti individuali, di persone e personaggi che in modi diversi vivono sulla loro pelle le conseguenze di una guerra che solo storicamente sembra essersi conclusa. Le ferite rimangono aperte, il dolore persiste e quegli individui, più che soggetti, sembrano pedine passive, che provano solo, spesso in maniera fallimentare, ad opporre una reazione disperata, per tornare ad essere di nuovo protagonisti della loro vita, della loro semplice esistenza, e non per forza di qualcosa di più grande.

      È come essere morti in vita e per questo, capiamo, molti preferiscono essere solo semplici morti.
      Qui sta l’unica possibilità di salvezza e di slancio vitale: in quel binomio umano di cui si diceva prima, rappresentato da Iya e Masha, in quegli strani esseri che sembrano sfuggire insieme alla solitudine, nonostante le apparenti caratteristiche antitetiche. Quest’opposizione reale ed esistenziale (che porta però le due donne insieme a completarsi) viene resa esplicitamente nel film attraverso l’utilizzo ricorrente della palette di colori: un rosso e un verde, che si invertono e si sovrappongono, conciliandosi e perdendosi, ma mantenendosi sempre unici e distinti, come fossimo in un dipinto di Vermeer. Iya e Masha sono infatti diverse, diversissime, come quel verde e quel rosso, inconciliabili forse fisicamente e caratterialmente. Ma sono entrambe accomunate da un ossessivo bisogno di aggrapparsi a qualcosa di nuovo e vero, che si possa sentire fisicamente (come il bisogno morboso di percepire un figlio dentro il proprio corpo) e che mostri dunque concretamente anche i segni della nascita di una nuova epoca. Qualcosa che cresca e che conferisca ritmo ad un tempo che sembra essersi fermato. Qualcosa che possa condurle in salvo insieme (in un abbraccio) da quella condizione collettiva che obbliga tutti a vivere da sopravvissuti, più che da viventi. In un limbo esistenziale, dove il tempo non è né prima né dopo. Né fine, né inizio.

      Speriamo che la prossima volta che mancherà il respiro ad Iya sia per qualcosa di bello, bellissimo, in grado di stupirla e commuoverla, e non per effetto di un trauma legato alla guerra. Anche se forse quel bello può essere ormai solo immaginato, vestito di rosso e verde.

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    3. riccardo, al solito, non ha senso commentarti nulla

      avrai tirato fuori 10 tematiche, tutte interessanti e benissimo spiegate, anche nei confronti con tutte le altre pellicole

      siccome poi non abbiamo nessun punto in contrasto inutile aggiungere nulla

      ogni tuo commento vale 3-4 recensioni

      vediamo invece gli altri due che, se ho capito bene, non sono d'accordo con noi

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  4. Promettimi di non arrabbiarti...
    Intanto di fronte al tuo commento (e anche quello qui sopra, che davvero complimenti) mi sento in colpa anche solo a proferire verbo, men che meno dissenso. Ma vorrei capire perché il film non mi ha entusiasmato, quindi provo a scrivere. Intanto mi sembra quasi superfluo dire che il film è eccezionale sotto molti punti di vista, e che ho trovato molto da ammirare e da studiare; se poi si aggiunge che il regista ha 27 anni, ecco, c'è solo da stare zitti e piangere, ché un controllo formale simile a questa età è più unico che raro. Eppure qualcosa non ha funzionato non so se nel tono del film o nel mio mood. Dalla prima inquadratura con il bambino già si percepisce che questa povera creatura non verrà risparmiata; tuttavia la sua morte non ha quasi significato nel film, se non dare avvio ad un altro dramma a cui verremo introdotti dopo. Il bambino muore accidentalmente, senza che ci siano motivazioni profonde dietro, e può iniziare il film, senza che nessuno lo pianga o se ne rammarichi più di tanto. Ciononostante, la telecamera indugia quasi ossessivamente sui dettagli della morte del bambino, soffermandocisi per lunghi minuti, con il particolare della manina che te osservi giustamente; quello che però per te è grande intelligenza autoriale, per me in questo caso è un'insistenza poco giustificata, dalla trama o dalla filosofia del film, e un modo a mio parere un po' scorretto e strumentale per farci tuffare subito in un'atmosfera cupa e ossessiva, che mi dà vagamente quell'impressione di "sadismo autoriale" di cui ogni tanto sembrano abusare alcuni giovani registi. Sottolineo che questo tipo di impressioni sono estremamente soggettive, e quello che a me sembra un calcare la mano in maniera ingiustificata per un altro è pietas cristiana e sguardo umano e compassionevole, ma è l'unica cosa che posso prendere ad esempio per spiegare cosa mi abbia "tirato fuori" dal film sin dall'inizio.

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    1. La seconda obiezione (capace che domani ritratto tutto, sono impressioni a caldissimo) riguarda la scelta della protagonista, che inizia il film inerte, finisce inerte, non fa scelte, quasi tutto le accade e basta, quasi come se non uscisse quasi mai realmente dallo stato catatonico di cui ogni tanto cade vittima. La fisicità dell'attrice, sicuramente carismatica e particolare, la sincera ricerca di affetto del suo personaggio sarebbero state più efficaci forse se convertite in una qualche scelta drammatica; ora come ora le potenzialità del personaggio sembrano quasi inespresse, e degne di miglior approfondimento. Al contrario l'altra figura risulta molto più interessante, la vera catalizzatrice dell'azione e protagonista di quella che è a mio dire una delle scene più riuscite del film, ossia il pranzo a casa dei genitori di quel disgraziato, in cui per qualche secondo il film si apre, esce da questa sorta di ossessione (e feticismo di corpi, come osservi) per farci prendere una boccata d'aria, dare profondità a un personaggio che finora sembrava vago e indeciso. Ma è un po' poco e un po' tardi, e si ripiomba presto nell'ossessione. L'ultima osservazione riguarda l'ambientazione storica: perfettamente ricostruita e resa splendidamente, ma non mi ha quasi mai dato l'impressione di essere giustificata, né dai comportamenti delle parti in causa, né dai contenuti del film. Rimane uno sfondo che non interagisce, così come avevo percepito in Suspiria di Guadagnino. La guerra, la miseria, sono tutte conformazioni già viste in mille altri film che finiscono per fare da sfondo "comodo" e che conferiscono al film già un'aura drammatica per "prestito". Ripeto, magari domani mi sveglio e lo reputo un capolavoro, però per ora mi è mancata proprio la partecipazione emotiva, e mi interessava solo capire cosa non abbia funzionato. Balagov ha talento da far schifo però, quindi il cappello intanto me lo levo, giusto per essere sicuri, sperando che nel suo prossimo film riesca a trovare quella commozione che molti hanno trovato qui e che a me è sfuggita.

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    2. 1 il bambino

      io questo destino ineluttabile non ce l'avevo letto, anzi, sai che pensavo fosse un protagonista fino alla fine?
      però è molto interessante quello che dici sul suo "scomparire".
      Però è una scomparsa, scusa l'ossimoro, sempre presente, perchè per tutto il film la voglia di maternità di Masha la farà da padrona. Vero, magari è orribile che un figlio si possa sostituire così (penso alla Franzoni e a quel suo dire al marito appena dopo aver ucciso il figlio "ne facciamo un altro?") ma ci sono sottigliezze psicologiche potentissime in questo

      quella ragazza era stata stuprata decine di volte, torna ferita peensando di avere un figlio, scopre che è morto. A quel punto o impazzisci del tutto per il dolore o entri in quel limbo dove entra lei e provi a salvare la tua testa pensando solo a una cosa, devo tornare madre

      2 il racconto della sua morte

      hai già anticipato la mia risposta, abbiamo vissuto quella scena molto diversamente. Io sì, ci ho visto grande misura, grande sensibilità (ad esempio non vediamo mai il controcampo del bambino), la maniera più "piccola" per poter raccontare una enormità

      tra l'altro mi sembra non arriviamo alla manina che si ferma del tutto, ci fermiamo un attimo prima

      3 Ilya

      hai descritto perfettamente lei Enrico. Ma io credo che la forza di quel personaggio sia proprio in quella inerzia, in quella "deficienza" del mondo ed emotiva. Ilya, anche se sti giorni molti mi hanno criticato per questo, è evidentemente una minus habens, poi possiamo raccontarci questo in purezza o in restare bambini

      ma lei non ha proprio la forza mentale di prendere decisioni

      Masha, come dici, è l'opposto anche se lei in qualche modo risulta menomata (in un film di menomati, come dice Riccardo sopra)
      anche per me quella scena è la più bella del film, anche per quello che dici, per come ci fa vedere e sentire qualcosa di diverso. Mi pare in rece ho adirittura scritto che prima di quella scena il film si stava arenando un pò

      eccezionale il tuo paragone con Suspiria su quell'aspetto, sono concorde. Riccardo ha visto questo raccontare poco lo sfondo come una specie di pregio, te come un difetto, io sto nel mezzo, nel senso che penso che il film se voleva raccontare la seconda guerra e le sue scorie un pochino si dimentica di questo ma, paradossalmente, questo lo fa diventare più universale, e rende quei traumi più generali

      grazie anche a te del bellissimo commento

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  5. Ecco, visto il largo consenso mi toccherà fare "quel tipo" a cui non è piaciuto. Io rispetto il cinema, soprattutto questo, povero ed intimo, avrei voluto amare questo film alla follia, ma ad essere onesto, la visione è stata quasi una tortura. Glielo concedo, non è un film mediocre, ovvero la morte del cinema, ma lo trovo un brutto film e non c'è nulla che potrà cambiare quello che ho provato.
    Il mio più grande problema è qualcosa che non mi tocca quasi mai nel cinema, l'etica. L'arte può allargarsi, può provocare e andare dove perbenismo ed ipocrisia si rifiutano. Su questo blog si è parlato de Il sacrificio del cervo sacro, film che molti hanno difeso e che anch'io trovo meraviglioso, per nulla "sbagliato". Raramente, invece, mi è capitato con il cinema d'autore un film che mi risultasse così perverso e malato come la Ragazza d'autunno. Ed è principalmente dovuto ai personaggi.

    Non ce n'è uno, uno soltanto, che mi abbia trasmesso la minima empatia. Persino quelli che mi piacevano, come la Giraffa o il dottore, mi risultavano odiosi alla luce delle scelte fatte, del loro piegarsi continuo al ricatto degli altri. Come il dottore, che si è preso cura durante e dopo la guerra dei suoi pazienti, e gli viene chiesto di porre fine ad una di quelle vite. Lo dice pure (quindi il regista ha padronanza di ciò che scrive, e in molti punti si vede, ne ha consapevolezza) alla moglie del paralitico: perché non lo aiuti tu, se vuoi mettere fine alle sue sofferenze? Non è che si mette in mezzo, ognuno è padrone della sua vita e lui lo sa: però no, il dottore deve occuparsene, tra l'altro incaricando dell'atto pratico la sua infermiera (la Giraffa), in modo che entrambi siano in seguito ricattabili da Masha. È sadismo allo stato puro, ma lo accetterei se avesse una sua risoluzione sul finale (ci arrivo) in stile Haneke. E già che ci siamo, immaginate se i protagonisti di Amour o Million Dollar Baby avessero delegato la fine delle sofferenze dei loro cari ai medici che li avevano in cura! Non sarebbe stato altrettanto potente e doloroso, opinione mia come tutto il resto.

    Ma stavamo dicendo di Masha. Premetto che mi dispiace per l'attrice, ha davvero una faccia cinematografica ed è pure identica ad una mia cugina, ma l'ho trovata davvero inconcepibile come recitazione. Ho visto il film in lingua originale, il russo già è una lingua strascicata, ma come lo usa lei, mormorando per due ore e 20 di fila, risulta insopportabile. Anzi, tutto il cast alterna le battute e addirittura le pause stesse tra una parola e l'altra (le ho contate a tratti) con una lentezza esasperante, per dare pesantezza e lunghezza inutile ad una storia tutto sommato semplice.
    Poi sorride sempre. Ok, ti incuriosisce la prima mezzora, ma quando poi sorride davanti a qualsiasi cosa, dall'esame di infertilità al suo spasimante all'ospedale, dalla perdita del figlio a farsi spruzzare in faccia, dalle giravolte nel vestito al ricattare l'amica, cominci a chiederti se ci è, ci fa, o recita solo male.
    Forse era intenzionale, l'unica scena in cui non sorride è il pranzo dai genitori del rampollo, ovvero l'unica in cui non è una subdola manipolatrice. Che poi all'inizio pensavo che stesse mentendo per provocare la madre, visto che mi pare strano che una pluridecorata (si vede addirittura una sua divisa con tre/quattro medaglie) fosse poco più che una prostituta da campo.

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    1. Il suo personaggio, mi dispiace ma è mostruoso. Ricatta la sua amica per avere un bambino, perché quelli di cui sono pieni gli orfanatrofi "non sono figli veri", ricatta il dottore, sfrutta il rampollo (idiota quanto vuoi, in malafede non mi pare) in tutto, cibo, sesso, pittura dell'appartamento, per poi scaricarlo (in base a cosa? Ad una mezza frase di sua madre?), lavora non perché è brava ma perché gli garantisce il posto essere una veterana. E dovremmo stare dalla sua parte perché ha perso il figlio ed è malata (come un soldato su due, lo dicono pure nel film)? No, non così, non come l'hanno messa giù.

      Abbiamo recentemente parlato di come io tenda ad andare contro al cinema americano. Ti farà piacere sapere Giuseppe, che stavolta è il contrario. Un vero ritratto dell'elaborazione del lutto, fatto come piace a me, e affrontato in modo originale è Demolition di Jean Marc Vallee. Un film poco capito, che nasconde una sofferenza enorme che nessuna delle inquadrature fisse e il degrado di la Ragazza d'Autunno mi hanno fatto provare.

      Mi sono sentito preso in giro anche come uomo (praticamente mai successo prima): si parla tanto di oggettificazione della donna nei film, ma questa non lo è? Vedere i maschi solo e unicamente come strumento da concepimento, o risorsa economica, o da compatire, non è forse oggettificazione? La settimana prima di questo ho visto Ritratto della giovane in fiamme, anche questo con protagoniste due donne dai rapporti simili, ambientazione storica, tono intimista europeo. Meraviglioso, e senza bisogno di denigrare la virilità per raccontare quanto è splendida la femminilità. Ed è diretto e scritto da una donna, che credo abbia molto più rispetto del sesso maschile di Balagov.

      Io ci credevo, ci credevo ancora, dopo quella meravigliosa scena di sesso nel letto in tre. Iya poteva liberarsi di questa ossessione per Masha, assieme al dottore, poteva fallire e trasmetterci la drammaticità della cosa, poteva desiderare di rimanere in cinta "per avere potere su di lei". Quando ho sentito quella frase ho quasi esultato dopo ore di noia, avrei accettato qualsiasi di questi tre finali pur di ricredermi.
      Invece niente. Il film fa un triplo salto mortale all'indietro, e riporta tutto ai primi 20 minuti di film: un bambino che non c'è, Masha è ancora in controllo, Iya è ancora sottomessa, e ce lo spacciano pure come un finale relativamente speranzoso, come un nuovo inizio.

      Molti l'hanno amato, questo film, lungi da me impedirvelo. Mi riservo solo il diritto della mia opinione: io non lo riuscirò ad amare, con i suoi messaggi orribili, il suo tono ricattatorio, la perfidia e sadismo dei suoi personaggi e delle sue dinamiche. E non sapete quanto mi dispiace di ciò.

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    2. eccoci, leggo poche righe per volta e rispondo

      1 credo che l'etica di ognuno di noi sia sacra. Io stesso ho distrutto 4-5 film per etica. Ognuno di noi ha il proprio punto di rottura. Secondo me il concetto di etica nell'arte deve essere molto ampio e tollerante ma quando, appunto, colpisce il nostro punto di rottura non si può far niente.

      2 in realtà il dottore e Dylda avevano messo fine molte volte alle vite dei pazienti. Questo qua era un caso ibrido, nel senso che il soldato non era morente ma aveva "solo" voglia di morire. Credo sia impossibile paragonare la nostra etica nel 2020 sui nostri divani con quella del 1945, in russia, in un ospedale di guerra. Per questo, come accennavo in recensione, non solo non riesco a giudicare male il dottore ma lo capisco. Ma io sono uno che pensa (e sono quasi sicuro) che il 90% di noi se fosse vissuto nella Germani degli anni 30 e 40 sarebbe nazista. E' un fatto innegabile, siamo tutti figli delle nostre epoche e dei nostri spazi

      3 però le morti di Amour e Milion Dollar, come dici, sono più potenti e dolorose ma, per me, anche più sadiche. Non nel senso cattivo del termine ma nel senso che eticamente sono anche più coraggiose

      e comunque quelle sono vicende private, in epoche moderne, non sono reduci di guerra in un ospedale militare, luogo e tempo che ha regole tutte sue

      4 la tua analisi del personaggio di Masha e della prova d'attrice è molto interessante. Ovviamente la penso all'opposto ma mi sembra una critica intelligente e pensata. Io invece trovo appunto quel sorriso (l'ho scritto in rece) straordinario perchè ci regala un personaggio ambiguo, e quell'ambiguità è tutta nel sorriso. Cattiva? Dolcissima? Pazza? è tutto in quel sorriso

      5 il suo personaggio è molto discutibile sì. Ma, insomma, il film è pieno di personaggi mostruosi e discutibili, te stesso avrai amato centinaia di film con personaggi così. Io però la difendo, non in senso lato, ma capisco il dramma che ha vissuto e quello che fa e che dice, una protezione dalla follia e dal lasciarsi andare

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    3. 6 non ho visto quel film ahimè

      7 riguardo gli uomini non so, alla fine ce ne sono giusto due e secondo me uno è sì un personaggio reso ridicolo e l'altro, il dottore, un grande personaggio, molto rispettato dal regista

      8 lo trovo un grande finale, coerente da morire con i due personaggi raccontati, personaggi "marchiati" dentro, che anche se ambiscono ad altro sono invece condannati

      9 beh, comunque che a 20 anni un film ti faccia incazzare eticamente è una cosa molto positiva

      io l'ho trovato meraviglioso e molto sensibile (e rispettoso) però è bello leggere opinioni così opposte

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    4. 1 Sono contento di sentire questa tua posizione sull'etica, è proprio ciò che mi ha fatto odiare un film che avrei potuto adorare. A volte semplicemente ci sono cose che non puoi accettare, non sono fatte per te. Capita :)

      2 ma infatti io trovo inconcepibile la decisione del dottore anche alla luce del periodo storico. L'eutanasia è poco accettata pure oggi, figuriamoci nella Russia stalinista degli anni '40.
      Soprattutto, mi dà fastidio come è usata questa svolta narrativa, dove l'egoismo (passami il termine) del paralitico e di sua moglie serve a coinvolgere il dottore, che coinvolge Iya, che subisce il ricatto di Masha. È una scalata di perversione che io non ho potuto fare a meno di trovare artificiosa e ricattatoria, sempre per l'etica di cui sopra.

      3 vero, la società e la mentalità di Amour e Million Dollar Baby sono imparagonabili a quelle di Dylda, ma la morte è universale, esiste in ogni luogo e in ogni tempo. E nel caso del veterano, trovo assurdo che abbia preferito una morte "pubblica", coinvolgendo un dottore e un'infermiera che nulla c'entravano, rispetto a una privata, solo sua e di sua moglie. Certo, non voleva soffrire inutilmente (altra cosa universale), ma perché allora sua moglie non si è fatta dare la sostanza fatale? Lo so io perché: perché altrimenti il ricatto di Masha non avrebbe avuto luogo.

      4 tu l'hai trovato ambiguo, io fin troppo rivelatore ;) dare diverse percezioni della stessa cosa è uno dei pregi del film, bisogna dirlo

      5 hai centrato il punto, io amo l'ambiguità morale, o la vera e propria mostruosità. A patto che il film riconosca che quel personaggio è tale. Qui Masha ha sempre una scusante, che sia il figlio morto o la perdita di equilibrio mentale. Condizioni, ricordo, che in un paese che ha appena perso 25 milioni di vite tra militari e civili, riguarderà 9 persone su 10.
      È quello stesso vittimismo del "non è lui/lei che sbaglia, è sempre e solo colpa della società!" che mi ha lasciato tiepido nei confronti di Joker.

      6 Demolition è un film meraviglioso. Se ti capita dacci uno sguardo, ti sorprenderà.

      7 il dottore è certamente il migliore, ma come ho detto le sue scelte mi hanno tolto ogni empatia residua. Comunque se si voleva davvero denigrare il rampollo, complimenti a chi ha fatto il casting, una faccia da cazzo così è rarissimo trovarla ;)

      8 qui sai già come la penso...

      9 ti giuro, mai capitato. Di brutti film con pessimi messaggi ce ne sono a iosa, questo mi ha urtato un nervo scoperto proprio perché poteva essere bellissimo

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    5. 1 io è successo 3/4 volte, ma niente come A Serbian Film

      2 ci sta quello che dici. Pensa che io l'ho vissuta esattamente al contrario, vedendo umanità in tutti questi 4 personaggi (tranne la moglie del paralitico)

      3 spetta, dici a livello di scenegguatura la pensi così

      in quel senso interessante come visione

      se invece con "altrimenti il ricatto non poteva esserci stato" lo riferisci ai personaggi ovviamente no, Masha è lì per caso e Ilya e il dottore non lo sapevano

      5 capito, ti sei spiegato bene :)

      7 sì, veramente assurdo, ahah

      9 ne verranno anche degli altri. Di solito poi quando si diventa padri aumentano esponenzialmente ;)

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  6. Al TFF si parlava molto di questo film che si dava già come vincitore. Sono state premiate invece le due protagoniste al loro esordio entrambe.
    A tratti lento, primi piani insistenti e numerosi che mi avevano infastidito, ma anche tanto altro, talmente tanto che non si può rimanere indifferenti alla potenza di questa storia e di quello che non sempre il film ci fa capire. Nel tempo (2 mesi), ti rendi conto che un film ti è rimasto, perché mi ha lasciato domande e la curiosità di approfondire l'argomento.

    Per questo film il regista si è particolarmente ispirato al libro di Svetlana Aleksievic "La guerra non ha un volto di donna". A causa della censura sovietica il volume terminato nel 1983 tardò a giungere alle stampe e conseguentemente ad essere diffuso. L'intento della giornalista non fu raccontare la guerra, ma le persone nella guerra, la storia e i sentimenti. La censura la accusò di dissacrazione della figura della donna sovietica, di essere una giornalista dissidente. Il libro venne bloccato per due anni.
    La giornalista per anni annotò i racconti delle donne che parteciparono al secondo conflitto mondiale. Ragazze di 16/17 anni che si arruolarono volontarie per amore di Stalin e del Partito. Le donne hanno dovuto affrontare più ostacoli: una storia maschilista e crudele che le ha volute dimenticare, un regime ottuso che mai avrebbe voluto rivelare il loro impegno e le condizioni in cui furono costrette ad operare. I mariti stessi che prima delle interviste le indottrinavano o le inibivano o le mandavano a preparare il té per raccontare indisturbati la loro guerra e le loro medaglie. Donne insignite di medaglie per il Coraggio, per l'Onore, donne che cadevano addormentate per la stanchezza mentre camminavano, donne di neanche cinquanta chili che trascinavano feriti di ottanta chili. Indossavano uniformi e biancheria maschile e per giunta, dopo aver rischiato la vita e difeso la Patria, una volta tornate, subivano l'onta di essere state a lungo tempo a contatto con tanti uomini e chissà chi le avrebbe mai più sposate. Questi sono stralci del libro di Svetlana Aleksievic premio Nobel per la Letteratura, altri se ne trovano in rete.


    2 donne che tornano dalla guerra con il loro bagaglio di ferite fisiche e psicologiche che il regista ci mostra da vicino....

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    1. pochi giorni fa mi hanno detto del libro, non lo sapevo

      però, ecco, sapevo solo che fosse tratto da un libro quindi tutto questo tuo commento è interessantissimo e ti ringrazio molto di averlo messo

      se fossi il giuseppe fino a 6 anni fa l'avrei già comprato e letto ;)

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  7. d'accordo su tutto, bellissimo e terribile, avevo visto Tesnota, merita moltissimo


    e si può vedere anche questo:

    https://markx7.blogspot.com/2017/06/first-i-kantemir-balagov.html

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  8. A Ismaele: Io non riesco a vederlo, non sono una grande esperta, ma mi dice "inesistente"... sigh!

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  9. riprova da qui:

    https://www.youtube.com/watch?v=h72fnhkbTWw

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  10. Visto. Cercherò di farmelo tradurre, l'ho capito a grandi linee, grazie!

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    1. comunque Lory quando vuoi rispondere direttamente a qualcuno basta che clicchi "rispondi" su quel commento invece di quello in fondo

      insomma, non c'è bisogno che dici a chi stai rispondendo, puoi farlo già "tecnicamente"

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  11. Penso che sia uno dei primi lavori suoi, vedo Sukarov nei titoli, che è stato suo mentore..
    Il tema è la preghiera, era un periodo particolare della sua gioventù quando ancora non sai chi sei e cosa vuoi...ma forse la preghiera non basta e in un mondo circoscritto, bianco e desolato, la ricerca e il sogno, lo studio lo portano a desiderare altro: amore, musica, CINEMA..Il desiderio ancora inespresso di un giovane uomo, ho capito giusto?

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  12. risposto a riccardo ed enrico

    enrico g., lory e ismaele arrivo

    questo periodo sono arrivati molti commenti lunghissimi ai film e, lo sapete, preferisco leggere e rispondere con tutto l'impegno possibile e non tanto per

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    1. Ti ringrazio per l'impegno, considerato che abbiamo pareri diametralmente opposti, come avrai visto :)

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    2. no, in realtà non ho visto ;)

      i commenti lunghi li leggo solo nel momento in cui rispondo, trovo che è inutile fare la "fatica" (in senso buono) di lggerli due volte se tanto la prima non rispondi

      però sì, la prima riga la leggo e ho intuito, ahah

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  13. Ciao, sono la Simona di facebook, leggo da anni il blog, ma non avevo mai commentato qui. Mi trovo in prevalenza d'accordo con quello che ha scritto EnricoG:
    anche secondo me il problema più grande sono i personaggi e la totale mancanza di empatia che ho provato verso di loro. anche io ho avuto lo stesso problema con Masha: ho visto il film doppiato ed avevo dato la colpa in parte alla doppiatrice, invece leggo dal commento di chi l'ha visto in originale che non è così.
    In quanto a "ritratto di una giovane in fiamme" anche per me, di gran lunga sopra a questo, l'avevo visto al cinema doppiato e il giorno dopo l'ho cercato in francese per poterlo rivedere. meraviglioso, mi ha emozionato tantissimo. in Dylda invece è successo solo in qualche sequenza. E' vero ci sono scene magistrali: quella della morte del bambino, che si ripete poi con le due "amiche", ma soprattutto quella verso la fine, quando Masha va a pranzo dai genitori del ragazzo, lì davvero ho avuto i brividi. Ma troppo poco per un film da cui mi aspettavo tantissimo.
    Ho messo "amiche" tra virgolette perchè secondo me, Dylda è chiaramente innamorata dell'amica. una cosa all'epoca del tutto inconcepibile. del resto le lesbiche in Russia sono ancora perseguitate dallo Stato anche adesso, figuriamoci a quei tempi. una relazione tra due donne era una cosa oltre i confini della realtà. anche per questo motivo ho odiato ancora di più il personaggio di Masha, che ovviamente non ricambia l'amore dell'amica e la usa solo per i suoi comodi.
    ammetto però dopo aver letto la rece di Giuseppe, di esserci tornata sopra. effettivamente Masha mentre era al fronte ha subito i peggiori soprusi, che oltre a portarla forse alla pazzia, l'hanno sicuramente disumanizzata e da questo punto di vista i suoi comportamenti sono sicuramente più accettabili.

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    1. credo che letti questi commenti in rete difficilmente si può trovare un "luogo" che su questo film presenti così tante posizioni e tutte così ben argomentate

      sul doppiaggio non so, è sempre molto interessante vedere e capire quando (e quanto) un doppiaggio possa "cambiare" un personaggio

      sono molto contento che quasi tutti troviamo la scena del pranzo dai ricconi come la più bella, è veramente magistrale

      riguardo le emozioni il discorso è lungo, nel senso che un film non è migliore se emoziona tanto o meno buono se emoziona poco, anche perchè, ad esempio, Lanthimos ed Haneke emozionano quasi zero e fanno tutti capolavori, ahah

      il problema è quando un film vorrebbe emozionare e non ci riesce (ad esempio con 1917 un pò è successo questo con me)

      io non so dove l'ho scritto, se qui o su fb, ma sono convinto che quello provato da Dylda non sia amore, o meglio non l'amore consapevole. Dylda è una bambina, una che dipende dagli altri e da alcuni sentimenti quasi "sconosciuti" che prova

      quindi semmai lei ha amore per la "figura" di Masha, per lei importantissima ma secondo me è un sentimento istintivo e non maturo

      non per difendere il film o "me" ma qello che dici nell'ultimo paragrafo è a mio parere la vera lettura di tutto il film ;)

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  14. Alcuni film di Haneke sono stati per me sconcertanti, quindi altro che se emoziona!
    non ho mai detto che è un brutto film, anzi ce ne fossero. solo che mi aspettavo di più e sono rimasta delusa. non ha saputo toccare le corde giuste, non mi è arrivato, non so come dire. ma non dipende solo dal film, dipende anche da me.
    poi è inevitabile il paragone con il precedente (film che sull' autodeterminazione della donna) è una perla. tematica a me molto cara, probabilmente solo per questo mi ha preso di più del secondo. che comunque ho rivalutato dopo aver letto la tua recez ;)

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    1. Giuseppe scrive troppo bene e ci frega tutti, è questa la verita hahaha. Sono parzialmente d'accordo sulle critiche a Dylda, direi che non ha toccato le giuste corde di entrambi (a me nemmeno nella scena del pranzo ma vabbè). Sugli altri film copia e incolla: Haneke, ma anche Lanthimos o Refn mi emozionano, solo che lo fanno con strumenti diversi da tutti gli altri, sono cerebrali, viscerali, stilistici.
      E a proposito di emozione, ma quanto è bello il finale di Ritratto della giovane in fiamme? Io su quelle note di Vivaldi praticamente non respiravo nemmeno...

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    2. Ritratto della giovane in fiamme era uno dei film che attendevo di più nel 2019. in quanto seguo ed apprezzo la regista Celine Sciamma che per realizzare il film ha impiegato 3 anni, scrivendone anche la sceneggiatura. Quindi anche qui grandi aspettative che però, in questo caso, sono state ampiamente soddisfatte.
      Giuseppe è il mio pusher di fiducia, ormai da tempo ahahah. Il problema è che vorrei scrivesse una recensione per ogni film che mi è piaciuto. A sto punto oltre a The Rider, vedi di recuperare anche Ritratto quest'estate ;)

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    3. Ritratto della giovane in fiamme, visto settimana scorsa anch'io l' ho molto apprezzato. La storia scritta molto bene, una fotografia straordinaria, l'amore per l'estetica, dagli interni fantastici, alle inquadrature meravigliose...( loro due sulla spiaggia), una Bretagna selvaggia, la scena bellissima del sabba una delle più belle per me, tutto il messaggio di questo bel film ha toccato le mie corde, ma soprattutto i dialoghi, gli scambi tra loro due mi hanno affascinato.
      Come sempre le casualità a volte sono così stupefacenti, esattamente il giorno dopo guardai in DVD "Ti do i miei occhi", film spagnolo del 2003 di Iciar Bollain, che per argomento è un'altra cosa, si parla di violenza domestica, ma la protagonista lavorerà in un museo e scoprirà di amare il mondo della pittura, c'è il riferimento a Orfeo e Euridice, ho trovato molti tratti in comune....se non l'hai visto te lo consiglio, anche se per il tema devi avere voglia di entrarci.

      A Enrico G. Il mio amore è per la sala, poi vengono i DVD che noleggio e compro. Demolition ce l'ho da un po', in attesa, come altri che aspettano da tempo, colgo l'occasione che ne hai parlato per vederlo al più presto, grazie!

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    4. Ciao Lory, ma l'hai visto al cinema? nel caso sono contenta di sapere che si trova ancora in sala dopo tanto tempo. io l'ho visto prima di Natale. Leggendo il tuo commento mi è quasi venuta voglia di rivederlo per la terza volta.
      Tra le scene memorabili io aggiungerei anche quella del parto...
      comunque sono d'accordo è un film di un'urgenza tematica attualissima, il lentissimo incedere della Sciamma ti lascia il cuore in frantumi, con uno dei finali più belli ed emozionanti che abbia mai visto. come diceva Enrico nel commento precedente.
      Non conosco il film spagnolo, me lo segno, sperando di trovarlo.

      una domanda tecnica: c'è un modo per ricevere una notifica quando qualcuno lascia un commento sul blog? io ogni volta devo entrare nella pagina per controllare.

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    5. Simona: Non sapevo della sceneggiatura di Giovane in fiamme, effettivamente per calibrare così emozioni, mistero e tensione ci sarà voluta una rifinitura continua. Ma la Sciamma quindi ha altri film arrivati in Italia? Perché se è così me li recupero subito...
      Per sapere se ti rispondono metti la spunta su "ricevi notifiche", appena accanto a "pubblica", a me arriva il messaggio in mail.
      Lory: mi segno pure io lo spagnolo. Comunque qui a Milano dove studio Ritratto lo fanno ancora, ma il Beltrade non fa testo, è il cinema d'essai per eccellenza...
      Comunque esiste ancora il noleggio? Da me praticamente hanno chiuso tutti, rimane o la biblioteca o comprarsi i DVD. Ora mi è venuta voglia di aggiungere Demolition alla mia collezione hahaha. Quando lo vidi un annetto fa in TV ricordo di essere stato inizialmente contrariato, non capivo dove volesse andare a parare. Ma più proseguiva e più dietro le stranezze ci vedevo immenso dolore, confusione, insomma il lutto, che poi è ciò di cui parla. E quando è finito, mi sono sentito felice e triste allo stesso tempo, come dopo aver assistito a qualcosa di speciale...

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    6. Ciao Enrico, io uso soprattutto la biblioteca per il noleggio, la videoteca oggi meno, perché ho avuto diversi problemi con film che mi si bloccavano e non riuscivo in nessun modo a farli ripartire, con la biblioteca è successo ma raramente, però devono passare due anni dall'uscita del film per poter riuscire a visionarlo. Cerco sempre di vedere il film in sala, ma non sempre mi è possibile, i DVD sono una risorsa, anche nei negozi dell'usato trovo sempre delle chicche. Demolition ce l'ho da un po' perché quando uscì lessi parecchie recensioni e mi colpì, inoltre c'è J. Gyllenhaal che mi piace un casino e il regista è bravo. Belli i tuoi commenti sul film che non ha avuto tutto questa risonanza, ma quest'attore ha sempre fatto film interessanti, non mi ha mai deluso e l'argomento che credo sia "demolire per ricominciare" desta già curiosità. Amo il cinema, sono cresciuta a latte e storie, i libri divorati negli anni e il cinema amore immenso che mi hanno trasmesso fin da piccola.
      Grazie a questo blog scoperto casualmente da pochissimo, in due mesi ho visto tanti film tutti noleggiati, qualcuno l'ho anche acquistato. Tanta gente scrive di film, ma Giuseppe ha un modo tutto suo per farlo, e questo ti conquista perché parla di una storia ma nello stesso tempo ti parla di lui. Non sono attrezzata per vedere film in digitale, per cui tanti film non avrò modo di vederli, ma sono raccontati e commentati così bene che è come se già li avessi visti. A proposito, della Sciamma in biblioteca trovi "Diamante nero" sicuramente, altri non so, non ho approfondito. Ciao!


      CIAO GIUSEPPE!

      Federica: Ciao Fede, si, si, Ritratto visto in sala dove è stato giù per quattro giorni lo scorso weekend. Piccola sala d'essai. Si, davvero un gioiellino, tanti l'avevano messo nella loro classifica e questo è stato un input. Sono riuscita a recuperare anche J'accuse (grande) e lunedì sera finalmente riuscirò a vedere anche "The rider il sogno di un cowboy" un film che ci tenevo a vedere anche qua grazie al passaparola per un film visto da pochi. Il film che ti ho consigliato io l'ho preso in biblioteca. Fatto bene, la regista anche in questo caso è una donna, film che ha ricevuto molti premi. Ciao alla prossima!

      A proposito, domani sera, (domenica), su Iris in TV ore 21 danno Manchester by the Sea, se non l'avete visto guardatelo, un film che merita!

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    7. a parte ringraziare per i complimenti non posso dire altro, sapete che non leggo niente di film non visti e ne avete nominati almeno 5 (e non ho visto nessuno)

      a enrico invece rispondo appena posso (mi riferisco a sopra)

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  15. A Simona: Scusa, scusa ti ho chiamato Federica e non so perché, deve essermi rimasto in testa qualche altro commento, ma stavo rispondendo a te, mi sono accorta adesso dell'errore, scusami tanto!

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  16. Enrico: ok grazie, provo a mettere la spunta.
    Di Celine Sciamma bisogna anche dire che ha avuto una storia sentimentale con Adele Haenel, una delle protagoniste e le ha pure dedicato il film mi pare di aver letto da qualche parte, quindi c'è qualcosa di molto personale sotto.
    Suoi ho visto Diamante Nero e Tomboy, nessuno dei due arriva ai livelli dell'ultimo, ma sono comunque buoni film. entrambi racconti di formazione al femminile. in particolare ricordo che mi colpì tomboy per il modo in cui riesce a toccare il tema dell'identità di genere.
    Ma sai che io invece non ho mai visto Demoliton ?!?!? a parte Jake Gyllenhaal ho visto che è diretto da Jean-Marc Vallée!!! non so come ho fatto a perdermi questo film

    Ciao Lory, Non posso credere che vedrai The Rider, <3<3<3 un piccolo film che io ho amato tantissimo. Non ci crederai, ma ho addirittura comprato il DVD. Anche se è lontano anni luce dal mio mondo e da tutto quello che m'interessa (non ho mai capito di cosa ci sia di così entusiasmante a montare un animale selvaggio che scalcia in un recinto) mi ha colpito nel profondo, perchè secondo me è stato fatto col cuore. senza spoilerare, fai attenzione ai nomi degli attori durante i titoli di coda, io sono rimasta a bocca aperta;)
    ogni volta che incrocio Giuseppe in qualche commento su facebook gli ricordo che lo deve vedere e poi scriverci la recensione.
    CIAO GIUSEPPE e scusa per tutti questi OT ;)

    Manchester l'ho vidi al cinema.. dolorosissimo ma un gran film, forse me lo rivedo grazie.

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    1. Si, conosco la storia e i retroscena di Rider, questo il motivo principale per cui andrò a vederlo; avevo sentito in passato una recensione così bella su questo film che mi rimase impressa. Poi i film così poco visti e conosciuti, assumono un'importanza diversa quando trovi qualcuno che ne parla tanto bene. Ciao!

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    2. Anche io ho conosciuto il film sentendo la recensione in un podcast:) la prima volta che l'ho visto non sapevo niente dei retroscena. Quando poi l'ho rivisto sapendo tutto mi è piaciuto ancora di più. Ma lo vedi al cinema? Dove lo danno a Milano?

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    3. Wow, non avrei mai pensato che un paio di righe di commento su due film neanche recensiti avrebbe dato origine a tutta questa discussione :,) è anche questo il bello del blog di Giuseppe, amano tutti il cinema a discapito delle opinioni. A questo punto vado da film a film.

      The rider: non so nulla della storia (sto lontano da trailer s spoiler), ne avevo solo sentito parlare e adoro i cowboys, stranamente visto che non amo molto la cultura americana. Però nemmeno a Milano si trova più, bisogna comprarsi il dvd. Sarà per la prima occasione, a meno che non lo rimandino in sala per una rassegna. Anche io cerco di evitare il digitale se posso, sono un amante del buon vecchio home video, noleggiato o pescato nei mercatini delle pulci.

      Demolition: Jake Gyllenhaal è quasi una garanzia di qualità, di Jean Marc Vallee avevo visto Dallas Buyers Club (non il mio genere ma buon film), eppure non mi aspettavo di essere così sorpreso. La critica americana ai tempi mi pare lo stroncò (non ho idea del perché) e da allora è praticamente sparito, lasciando questa idea che sia un brutto film. Niente di più falso, basta guardarlo senza preconcetti per accorgersi che è un filmone.

      Diamante nero e Tomboy: grazie ad entrambe per i pareri allora, darò un occhiata se mi ispirano

      Manchester by the sea: non so se lo guarderò stasera, basterà già la cerimonia degli Oscar a deprimermi hahaha

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    4. J'accuse: un film grandioso, e siccome Polanski è uno dei miei registi preferiti avere l'onore di vederlo presentato a Venezia mi avrebbe compensato anche se il resto del festival avesse fatto schifo hahaha

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    5. e anche di tutta questa serie di commenti non posso dir nulla :)

      sì, anche io stasera avevo adocchiato Manchester by the sea ma Iris la odio, fa oltre 35 minuti di pubblicità a film

      e poi c'è milan - inter

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  17. Hii Caden
    Ho  lasciato per qualche giorno a decantare stò film, per recuperare un po' di obiettività. Mi ha ricordato le emozioni avute in sala con Le onde del destino, piu' di vent'anni fa' accipicchia, mi ha lasciato lo stesso senso di fragilità.

    Qui tutto è in equilibrio, il giovane regista ha un tocco sensibile nel dosare gli ingredienti, ma non ci risparmia le durezze di queste vite. L'uso dei colori complementari non e' fine a se stesso ma lega e lenisce come un balsamo, ci permette di  arrivare alla fine di questa dolorosa storia. Il rosso è il sangue che perde Masha per il deperimento e poi Dylda per saldare il loro legame di dipendenza, colore presente in tutte le sue tonalità è forza della sopravvivenza che fà andare avanti nonostante i traumi. A questo si oppone, il suo freddo complementare, il verde che e' la natura che continua a rigenerarsi, la psicologia lo riconosce come il colore del rapporto materno. Qui i due colori son presenti ad opporsi e completarsi come Masha e Dylda, che non conoscono la dolcezza dell'affetto ma han dovuto trovare le loro strategie per vivere, un po' di calore nel gelo. Qui non ci sono campi di battaglia ed azioni belliche ma corpi segnati da ferite ed amputazioni non solo fisiche.
    ...
    Presenti spoillerini
    Ci sono scene che sarà difficile dimenticare, il gioco con il bimbo che si trasforma progressivamente in altro e la stessa scena che si ripete tra Dylda e Masha, come se fosse una confessione senza parole, tra le due amiche. Incredibile.
    La 'giraffa' e' traumatizzata ma passiva solo all'apparenza, Dylda lo dice chiaramente al dottore, quando lo raggiunge a casa, che vuole un bambino per non perdere il suo potere su Masha e anche quando si impone dicendo che Sephan sara' il  suo ultimo aiuto di dolce morte.
    Che dire della scena del fumo, pensiamo di essere solo noi gli spettatori ma alla fine scopriamo lo sguardo di Masha, che tutto guarda e sfrutta per raggiungere il suo obiettivo.
    La gita dalla famiglia del 'fidanzato' è perfetta, le due donne di verde vestite, non sò se per la cultura russa vale il nostro detto "chi di verde si veste di sua belta' si fida". Masha voleva mettere un suo abitino a fiori ma è Dylda che le propone  di chiedere in prestito l'abito verde alla sarta, vicina di stanza, abito che tornerà macchiato di sangue.
    Quando Masha racconta, durante il pranzo, una versione diversa della sua storia ho creduto che mentisse, per provocare come difesa al rifiuto della 'suocera' e non passare da vittima, Masha parte in attacco  "lei non sarebbe sopravvissuta due giorni" ed  il racconto si fà sempre più duro. Un punto e a capo per chiudere la breve storia di fidanzamento e tornare al suo progetto con Dylda. Mentre al medico aveva detto che era rimasta al fronte per vendicare la morte del marito, ed affidato il figlio a Dylda.
    Ma dopo aver letto, qui sopra, il riferimento al libro della giornalista ho pensato che son vere tutte e due le versioni, che racconta, perche' Masha è la donna in guerra, corpo fragile ed esposto alle violenze ma anche resistente e tenace.
    Grande film, questo quanto Tesnota, tanta sensibilita' verso le donne e capacita' nel accoglierne l'urlo di dolore.
    Francesca Basile

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    1. Grazie Lory,
      Accolgo il tuo complimento arrossendo. Che fatica elaborare quello che mette in moto la visione di certi film ma piano piano mi alleno per metter ordine e dare un nome alle emozioni.

      E poi ho scelto un ottimo personal trainer. ;)
      Francesca Basile

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    2. Si, credo sia veramente difficile andare al di là di quello che il film ti mostra, oltre la superficie, perché apprezzarlo, vuol dire fare questo, riuscire a entrare in questo contesto, riuscire a vedere quello che ci sta dietro, il periodo storico, i drammi che comporta una guerra, merita veramente inoltrarci e lasciarci guidare. Io trovo incredibile che un ragazzo tanto giovane abbia voluto parlarci di un periodo ormai lontano, ma che probabilmente ha lasciato strascichi ancora insoluti, stravolgimenti politici.. il dietro le quinte, cosa smuove qualcuno a realizzare un progetto a me è sempre interessato molto. Non so se hai visto il video che Ismaele ha postato sopra, merita, guardalo. Questo è stato un film che alla visione mi lasciò perplessa, l'ho veramente fatto mio con il tempo e capivo che andava fatto un lavoro profondo per capirlo. Giuseppe, Riccardo, ne hanno fatto una disamina incredibile, quando avrò modo, lo rivedrò, con una consapevolezza diversa. Un film difficile da recensire, sei stata brava.
      Trovo i film russi difficili e sempre molto tristi, dolorosi. Non so se hai visto "Il ritorno" di Andrey Zvaginstev Leone d'Oro Venezia 2003, mi ha devastata..ti fa entrare in un mondo e una cultura che non ti appartiene, ti lascia domande...

      Tanti hanno collegato Dylda a "Il figlio di Saul". Io non ho avuto questo pensiero, a me, forse perché visto da poco, mi ha ricordato invece "Sole alto", due periodi diversi, non hanno niente in comune questi due film ma parlano tutti e due del dopo, quello che resta, le macerie dolorose sulle case, sulla terra,le ferite sui corpi e dentro l'anima....

      Ciao Francesca.

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    3. Ciao Lory
      Che impressione avevo completamente rimosso la visione del film "Il ritorno", l'hai fatto riemergere e ho dovuto riguardare mio vecchio diario. 9 nov 2003 Tutto simbolico ed arcaico. In ultimo annoto la carrellata finale di foto, fatte dai figli durante il viaggio sull'isola, il padre non appare mai se non come ombra, una memoria per la loro crescita.

      Ero nella mia fase russa, leggevo e guardavo tutto quello che arrivava da quella cultura.
      Francesca Basile

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    4. Un film che ancora oggi mi ha lasciato domande...senza risposte.
      Scusa la curiosità, ma è un diario legato a film, letture? O è un tuo diario personale? Bellissima in ogni caso questa cosa.
      Ho appena finito di vedere in DVD Reality di M. Garrone. Pazzesco! Vado a leggermi la recensione di Giuseppe poi vado a nanna.
      Ciao ciao!

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    5. Ciao Lory
      Diario personale da quando ero ragazzina, segnavo tutto ma l'ho interrotto qualche anno fa'. Ora appunto sul agendina non ho piu' il tempo per argomentare come nel diario.

      Bellissimo il film di Garrone, parte da cose reali e ti porta lontano. Mi mancano alcuni sui film d'esordio e Pinocchio ma gli altri son davvero belli.
      Francesca Basile
      X Caden, grazie per l'ospitalita'. :)

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  18. è un film in cui vengono costruiti

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