Con questo 12imo appuntamento Edoardo affronta quello che è forse il film principe che una rubrica con questi propositi (provare a "spiegare" i film) deve affrontare, il capolavoro di Kubrick.
Al solito anche qua sono stati scritti saggi su saggi ma magari una lettura come quella di Edoardo agile e condensata fa sempre bene
vi lascio alle sue parole
L’ALBA DELL’UOMO
4 milioni di anni fa, siamo nel deserto, un gruppo di
ominidi scopre per caso un monolite nero. Non esiste ancora la civiltà, vale la
legge del più forte (ma è un dogma che vale sempre, in ogni spazio e in ogni
tempo, se non consideriamo la grande illusione del mondo civilizzato), e si
formano due gruppi antagonisti tra loro. I membri di uno impareranno presto a
usare oggetti per combattere, e prenderanno il sopravvento sugli altri. Assistiamo
all’evoluzione.
L’uomo, come tutti gli altri animali, uccide quelli della
sua stessa specie.
Da qui veniamo catapultati nel futuro (1999), l’essere umano
è schiavo della tecnologia. Un gruppo di astronauti viaggia nello spazio in
direzione di Giove, dove è stato avvistato uno strano monolite nero, e la loro
astronave è guidata da un computer avanzatissimo, HAL 9000, che sembra avere
una volontà propria.
E’ il 1968, e la fantascienza riparte da qui, da questo film
immortale, un capolavoro eterno ancora oggi insuperato.
Ispirato a un racconto breve di Arthur Clarke, “La
sentinella”, perfezionato e scritto sotto forma di libro dopo l’esposizione sul
grande schermo.
Rappresenta il salto di qualità definitivo a livello tecnico
di Stanley Kubrick, che si è dimostrato
nel corso della sua carriera come il regista più completo di tutti, trattando
ogni sorta di genere cinematografico possibile (e vorrei rimarcare la poca
valenza dei premi Oscar, visto che per questo film vinse solo il premio “Migliori
effetti speciali”, e poi non fu mai più considerato).
Qui nulla è lasciato al caso, ogni istante è eterno, le
immagini parlano da sole, senza il bisogno delle parole. I concetti filosofici espressi sono
tantissimi, ed è riduttivo dire che abbiano dato il via alla fantascienza
moderna. Non è solo una questione di “macchina che mostra di avere una volontà
propria e si ribella all’uomo”(“l’occhio di Hal” è rimasto impresso nella
storia del cinema); qui andiamo oltre, oltre la fantascienza cinematografica e narrativa. A tal proposito,
due grandi predecessori ai quali il regista si è ispirato sono Isaac Azimov e
Philip K. Dick, geniali scrittori (soprattutto il secondo) i quali, a mio
avviso, sono stati da lui entrambi superati.
Qui si parla della natura, del dover uccidere per poter
sopravvivere, dell’avvento della tecnologia, dell’ipotesi che forse è possibile
creare un essere cosciente, del confronto tra macrocosmo e microcosmo, della
vita, dello spazio, del tempo, della musica. E quale figura più emblematica del
monolite, quel monolite nero, nero come le tenebre più oscure.
E’ un elemento essenziale per rendere l’idea che Kubrick
aveva in testa, provare a spiegare l’inspiegabile, utilizzando così una figura
geometrica e affibbiandole le caratteristiche del buco nero.
Per chi non lo sapesse, lo spiegherò nella maniera più
semplice possibile: un buco nero è un corpo celeste che può originarsi per il
collasso di una stella a neutroni, che a sua volta è il nucleo freddo che
rimane dopo l’esplosione di una supernova. Se la massa di una stella a neutroni
supera di circa tre volte la massa del Sole, allora il collasso gravitazionale
non può essere contrastato in alcun modo. Qualunque oggetto entri dentro
l’Orizzonte degli Eventi (se siete curiosi di sapere cosa sia, cercate in rete,
o in libreria), viene inglobato dal buco nero, perfino la stessa luce, se vi
entra a contatto, non torna indietro.
E Kubrick trae ispirazione da una teoria scientifica che in
pratica accenna alla possibilità di giungere, attraverso il buco nero, a
un’altra dimensione, da un’altra parte dello spazio, che forse è la stessa del
nostro universo, o forse parallela.
Sarebbe una bella favola da credere, e molti scienziati
vogliono ancora crederci. E’ affascinante, ma rimane una favola. Se è vero che
tutti i buchi neri possono aumentare la loro massa, questo accade perché altri
corpi celesti (asteroidi, masse gassose, pianeti, stelle), e quindi altra
materia, giungono a contatto con essi. Semplicemente la materia viene inglobata
dal buco nero, divenendo parte di esso, e perdendo la sua identità.
Utilizzando la teoria citata sopra, attraverso il monolite
viene rappresentato il viaggio nel tempo (che in realtà è lo spazio), in una
maniera letteralmente sbalorditiva, ancora oggi insuperata e fonte di
ispirazione per una miriade di registi.
E senza dilungarmi oltre, dopo questa breve spiegazione
degli eventi mostrati (più o meno chiari a molti spettatori), arriviamo al
finale. Uno dei più grandi finali mai concepiti: l’astronauta che ritorna allo
stato embrionale, per poi evolversi in un essere superiore (l’uomo di domani,
come diceva il grande Lucio Dalla in una delle sue tante canzoni capolavoro:
L’ultima luna, per la quale in parte ha tratto ispirazione da questa pellicola)
che guarda la Terra dallo spazio. L’immortalità. E a scandire tutto, la musica,
della quale il film è permeato, e che qui lo eleva nell’Olimpo della storia. Il
capolavoro: Also Sprach Zarathustra.
E’ inutile dirvi quanto Kubrick sia bravo, lo sanno anche i
sassi. 2001: Odissea nello Spazio ha gettato le basi alla cinematografia
moderna, sia fantascientifica che non, e alla quasi totalità dei registi
arrivati dopo di lui. Uno di essi, ad esempio, è Terrence Malick, che ha fatto
tesoro di questa pellicola: le carrellate sui panorami, le riprese
dell’Universo, il confronto tra il macrocosmo e il microcosmo, e con lui
moltissimi altri, come Inarritu, Haneke, Herzog, e così via.
Clamorosi capolavori come “Arrival”, “A Ghost Story”, “Mr
Nobody”, “Sinecdoche, New York”, hanno tratto ispirazione da questa pellicola. Questo film trascende la
fantascienza, trascende il cinema, e trascende la filosofia.
Quindi, alla luce dei fatti, c’è forse qualche altra cosa da
aggiungere su un tale capolavoro?
Si, c’è un ultimo concetto fondamentale, sul film e su colui
che lo ha realizzato. Come detto qua sopra, Kubrick è stato un mostro, un
fenomeno, ha fatto scuola a tutti, ma c’è un regista senza il quale non avrebbe
potuto realizzare questo film, senza il quale non avrebbe potuto raggiungere un
tale livello di bravura tecnica e di potenza evocativa, senza il quale non
avrebbe potuto girare 2001: Odissea nello Spazio così come lo conosciamo, e
senza il quale, oltre a lui, anche tutti
registi postumi non sarebbero stati quello che sono, senza il quale il
cinema non sarebbe stato ciò che è oggi.
Se analizziamo la carriera del grande regista inglese, fin
dall’inizio si denota un innato talento, perfino quando doveva sottostare alle
istruzioni di Kirk Douglas (che era il produttore), senza però gridare al
miracolo, né dal punto di vista della sceneggiatura, né delle immagini (ma è
normale, le direttive le dava un altro). E’ dal suo discostamento con l’attore
americano che mostra finalmente l’impronta del fuoriclasse, firmando subito due
capolavori: Lolita e Il dottor Stranamore. Finalmente il grande regista può
mostrare al mondo di cosa è capace, sia dal punto di vista della scrittura, che
delle riprese, sviluppando uno stile personalissimo, come già prima di lui
avevano fatto Orson Welles, Alfred Hitchckock o Federico Fellini. Ma è con
2001: Odissea nello Spazio che il suo cinema raggiunge l’apice, la maturità
definitiva, che lo contraddistinguerà fino alla fine della sua carriera. Come
detto sopra, si passa al potere onirico delle immagini, a una geometria
perfetta delle inquadrature, che fino al 1964 nessuno era riuscito
completamente ad applicare alla settima arte.
Si, perché è nel 1964 che inizia la vera rivoluzione di
quello che oggi conosciamo come cinema moderno, attraverso un altro regista,
fonte d’ispirazione per Stanley Kubrick e per ogni altro regista vivente.
Kubrick trasse ispirazione dalle sue riprese per il capolavoro al quale è
dedicato questo articolo, e dal suo utilizzo della musica per incrementare
esponenzialmente il potere della pellicola. Chiese il suo aiuto per la
realizzazione di Barry Lyndon, nelle riprese e nelle musiche, dal momento che
doveva essere girato solo con l’ausilio delle luci naturali, e fu proprio
grazie a tre suoi film western (1964, 1965, 1966) che poté apprendere la vera
essenza del cinema, realizzando 2001: Odissea nello Spazio, e ricordandolo
sempre come la sua più grande fonte di ispirazione.
Era italiano, forse lo conoscete. Si chiamava Sergio Leone.
Complimenti per l'articolo.
RispondiEliminaPraticamente se so qualcosa di 2001 lo devo a te.
E' pure vero che la fantascienza se non è mischiata con l'horror mi piace così così'.
Non lo sapevo che Kubrick avesse Sergio leone come fonte d'ispirazione.
Spero di riuscire a vederlo con occhi diversi questo film dopo la tua coinvolgente recensione.
Visto che non son mai riuscito andare oltre i primi dieci minuti di film.
Ma mi succedeva lo stesso con tanti film capolavoro,in passato.
Adesso sono un po' cambiato (soprattutto da quando leggo questo blog -;)e più disponibile a dare delle chances a fim che non mi hanno mai attirato particolarmente.
Magari potrà pure piacermi.
Ciao
Guarda, quello che dico sempre a tutti è che un film non deve piacerti per forza, anche se piace al resto del mondo. Detto ciò il mio consiglio è di dargli un'altra chance, il cinema passa da qui. Grazie dei complimenti.
Eliminacomplimenti per la scrittura - agile, condensata - come ha detto bene caden, che offre sempre uno sguardo interessante.
RispondiEliminapeccato per quel refuso ... inarritu ... ;))) naaaaa!
(come sanno anche i sassi, qui al buio in sala, dalle mie parti non è che lo si ami proprio tanto il signor alejandro gonzalez)
per parte mia, sostituirei quel nome con un Lynch, per esempio.
Beh, non posso mettermi a fare l'elenco completo dei registi che ne hanno tratto ispirazione. Anche Lynch è stato influenzato da Kubrick, ma lì il discorso è diverso: quella parte dell'articolo mette in evidenza il confronto tra macrocosmo e microcosmo a livello di riprese, e Inarritu ne ha dato un esempio in Revenant (che poi, a mio avviso, sia il suo film meno riuscito è un altro discorso). Strano sentire qualcuno che non ama i suoi film, io li adoro ad esempio. Amores Perros lo considero una delle più grandi opere cinematografiche mai concepite. In ogni caso, come si evince dall'articolo, Kubrick, Inarritu, Lynch, e tutti gli altri, devono molto a Sergio Leone.
Eliminafare un elenco? ci mancherebbe! parlavo di lynch anche a quel livello ma non voglio addentrarmi (nonché addensarmi) in un commento monstre. per quanto riguarda inarritu concordo su amores perros (l'unico film che ho apprezzato e che trattandosi di un esordio mi aveva fatto pensare a un prosieguo diverso nella carriera del regista).
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