Un piccolo miracolo. Ieri mattina mi sono messo a girare un pò per il blog dell'amico Eddy e per puro caso mi imbatto nella recensione di Shadow. Lascio un commento. Poco dopo Eddy mi risponde e butta là una mezza frase: "perchè non chiedi a Zampaglione qualche notizia sul nuovo film?".
(Flashback: ho conosciuto Zampaglione in un modo un pò particolare. Senza dilungarmi troppo potete vedere qui come è iniziato il "rapporto". Fine del flashback.)
Insomma, buona idea quella di Eddy, improbabile è dir poco, ma buona. Mando un sms a Zampaglione perchè tanto non costa niente (davvero, ne ho 250 gratuiti al mese...). Dopo 3 minuti Federico mi chiama, è appena uscito da una sessione di pugilato in palestra nella quale credo che di botte ne abbia prese parecchie , solo così si spiegherebbe la non lucidità nel dirmi di sì. Insomma, parliamo un paio di minuti, quanto basta perchè lui accetti l' "intervista". L'indomani mattina, neanche 24 ore dopo il mio commento a Shadow nel blog di Eddy, tutto era già pronto, in attesa di pubblicazione.
Intendiamoci, questa non è un'anteprima assoluta (quasi però...), ma credo che siano almeno due i grossi meriti che questo post possa vantare. Il primo è l'esaustività. Rispetto ad altre mezze notizie che si trovano in rete credo che qua le informazioni siano di più, e non solo sul nuovo film (anzi...). L'altro merito, il più importante, è che tali informazioni vengano dalla voce VIVA di Federico, non da canali interposti come Ansa o comunicati stampa vari.
E qui, di conseguenza, andiamo al punto ancor più importante. Questo post testimonia che a volte non c'è distanza tra noi e "loro", che un artista stra-affermato come Zampaglione si concede con la massima disponibilità al mondo dei blog, persino a un blog piccolo e insignificante come il mio. Sfidando la retorica mi piace affermare che questo è un post di speranza per tutti quelli che, a tempo perso, amano scrivere due righe su ciò che amano. Anche quelli a cui non piace lo Zampaglione cantante o regista non potranno non provare una profondissima stima per l'uomo. Fosse anche soltanto per questo motivo, sono sicuro che Federico vi ringrazierebbe uno a uno.
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Visto che l'idea è stata di Eddy, ho creduto opportuno coinvolgerlo alla pari. Tra l'altro, mentre io sono tipo una seconda punta che svaria un pò sul fronte d'attacco cinematografico, lui è proprio un centravanti boa dell' Horror, quindi poteva solo far bene all'iniziativa.
Si parte, Federico è vestito come nella foto, sguardo pensieroso e un pò impaurito. (tutte ca..ate, ovviamente non è stato un tête-à-tête anche se una volta di persona ci siam visti, quanto basta per confermare la straordinaria opinione che mi son fatto di lui).
Oh dae-Soo : Ciao Federico, per prima cosa facciamo un passo indietro. Ci puoi raccontare il cammino che ha avuto Shadow dopo l'uscita nelle sale italiane? Ha incontrato qualche difficoltà oppure ha raggiunto risultati, di pubblico e critica, che sono andati oltre le tue aspettative?
Federico Zampaglione : Ciao Giuseppe. Shadow e' stato fatto per pura passione, mentre giravo non pensavo affatto a incassi e riscontri. Il film ha dato i suoi buoni risultati in Italia e soprattutto all' estero, dove e' stato venduto praticamente ovunque e proiettato nei piu' importanti festival del fantastico. Al di la' di questo la mia piu' grande soddisfazione e' che il mio film ha in qualche modo sbloccato una situazione di terribile stallo che da anni avvolgeva il cinema horror italiano, aprendo le porte a tutta una serie di film che stanno uscendo in questo periodo, con ottimi riscontri. Il terreno sembra lentamente tornare fertile.
O.D.S : A proposito di terreno fertile per nuovi film. Puoi dirci qualcosa sul tuo nuovo progetto? L'idea di partenza è tua? Resteremo sempre nell'horror o ti cimenterai ancora, per la terza volta in tre film, in un genere diverso?
F.Z : il prossimo film si chiamera' Tulpa, e sara' un giallo all' italiana . Sarà molto violento e con qualche venatura soprannaturale. Il tulpa e' un termine che viene dal buddismo tibetano. Con la meditazione e le pratiche esoteriche e' possibile costruire il nostro tulpa..una sorta di materializzazione della nostra parte metafisica. I tulpa cooperano con i loro creatori a fin di bene..ma a volte capita che diventino cattivi e crudelissimi, totalmente fuori controllo. Il soggetto del film e' scritto col leggendario Dardano Sacchetti, autore di molti capolavori di Fulci, Argento e Bava( padre e figlio). La sceneggiatura vedra' coinvolto anche Giacomo Gensini, gia' co-sceneggiatore di Shadow.
O.D.S : Come accaduto in Shadow inserirai riflessioni e tematiche che cercano di donare maggiore profondità all'opera, oppure ci dobbiamo aspettare un classico film di genere?
F.Z : Anche in questo caso il film parlera' dell' animo umano e delle sue possibili devianze, perchè niente e' piu' oscuro e labirintico della nostra mente.
O.D.S : Puoi darci qualche informazione in più, un breve accenno alla trama, all'atmosfera e alle location? Girerai ancora in Italia?
F.Z : Il film sara' ambientato per lo piu' a Roma, nel quartiere Eur. Quelle zone hanno un che di estremamente inquietante, e architettonicamente sono fuori dal tempo. Una sorta di preistoria monumentale. Si parlera' di denaro, potere, perversione e morte. Sara' comunque un film piu' complesso ed articolato di Shadow, non posso dirti altro.
O.D.S : Tulpa ha qualche punto di contatto con opere del passato? Sei stato ispirato da qualche film o regista in particolare, italiano e non?
F.Z : Le atmosfere possono ricordare alcune opere del primo Argento e Sergio Martino. Il film puo' essere definito un power Giallo e avra' elementi erotici e fortemente morbosi. La mano di Sacchetti sul soggetto pesa, e riporta alla mente gli anni Settanta, con tutta la loro follia, sregolatezza e visionarieta'. Il bello pero' e' che non e' un omaggio, in quanto Dardano e' uno degli alfieri di quel cinema e la sua penna e' ancora ispirata e potente. Percio' sara' un ritorno modernizzato a quelle atmosfere... che tanto amo.
O.D.S : Manterrai qualche figura importante della vecchia troupe o del cast di Shadow?
F.Z : Siamo ancora in piena fase di scrittura, quindi mi riesce difficile pensare gia' al cast e alla troupe. Tutte le nostre cure ed attenzioni ora sono rivolte essenzialmente all' aspetto cartaceo.
O.D.S : Quindi credo che tu sappia ben poco sull'eventuale data di uscita...
F.Z : L' arrivo nelle sale e' ancora lontano. Voglio cercare di fare il miglior film possibile e mi prendero' il tempo necessario. Conto comunque di cominciare a girare in primavera 2012.
O.D.S : Anche se per un artista l'opera migliore è sempre la prossima, te la senti di dire se Tulpa sarà senza ombra di dubbio un passo in avanti (e non uno indietro) nella carriera di Zampaglione regista?
F.Z : E' difficile dire se sara' un passo avanti o meno...me ne accorgero' solo vedendolo finito in sala. Posso pero' dirti che e' un film estremamente complesso e con sfumature psicologiche che andranno rese al meglio. Gli omicidi contenuti nella storia, mi piacciono molto e tentero' di dargli la massima forza ed impatto.
O.D.S : Ultima domanda... . Quanto la tua carriera nel cinema potrà influire in quella di musicista? La prima sta via via affiancando la seconda oppure ritieni ancora la musica la tua attività principale?
F.Z : Le mie due carriere si daranno il cambio, cosi' evitero' di finire nella routine. Un bel privilegio , non ti pare ?
Ecco invece le domande di Eddy che ho girato successivamente a Federico. Come vedrete son molto più "di settore" delle mie, rappresentano un passo successivo rispetto a quelle più scontate e principalmente mirate al nuovo film che in qualche modo ero obbligato a fare io. Malgrado questo, Federico non si è tirato indietro, anzi...
EDDY : Qual'è il tuo rapporto con il nuovo movimento underground horror italiano? Penso ad esempio a Ivan Zuccon in testa, ai nuovi mondo-movie della Bad House Film, etc...
FEDERICO ZAMPAGLIONE : Il mio rapporto con la scena horror e' ottimo, sono amico dei grandi maestri come dei giovani registi come Albanesi, Picchio, Alema' , Zarantonello e tanti altri. L' horror in fin dei conti e' una appassionata famiglia di pazzi.
E : Perché hai scelto l'horror e non dramma o commedia come hanno fatto altri tuoi colleghi, come ad esempio Ligabue?
F.Z : Ho scelto l' horror perche' e' il genere che amo e di cui sono da sempre fan , altrimenti non mi sarei buttato nella folle avventura di regista, avendo gia' un lavoro che fortunatamente va bene. A volte penso che sia proprio l' horror ad aver scelto me...venendomi a tirare per i piedi di notte. eh eh eh
E : A tuo parere perché l'horror italiano fa così fatica a decollare di nuovo? Eppure nel sottosuolo si muove un mondo... (Shinigami, Edizioni XII, etc.)
F.Z : Quando il sottosuolo ribolle, prima o poi erutta verso l'alto. E' esattamente cio' che spero di veder succedere tra un po'. Nulla finisce per sempre nell' arte , ma tutto si rigenera in cicli piu' o meno lunghi. E' successo sempre cosi', bisogna avere la forza di combattere e la pazienza di aspettare il momento giusto....ma senza farsi cogliere impreparati.
E : Ti spaventano le enormi aspettative che ci sono sul tuo nuovo progetto?
F.Z : Mi e' successo gia' molte volte di essere atteso al varco. Ma il primo ad avere il fucile puntato su di me..sono sempre io. Percio' sereni, la pressione e le aspettative non mi spaventano, fanno parte del gioco e a me piace giocare.
E : Con che letture e film sei cresciuto? Sei sei sempre stato un amante del genere horror?
F.Z : Sono cresciuto leggendo i capolavori di Edgar Allan Poe. Un vero maestro nel riuscire a rendere la paura vivida e palpabile. Di lui ho letto praticamente tutto.
E : Ad oggi qual'è il tuo regista di riferimento e visto che gli americani ti vogliono, cosa ti piacerebbe girare e con che attori?
F.Z : In questo momento lavorare con gli americani non mi interessa affatto. Il loro sistema e' drammaticamente rivolto ai remakes dei grandi classici. Francamente non mi interessa rifare film che sono gia' belli cosi' come sono. Che senso ha ? e poi hanno ricette per tutto..il cast deve essere sempre quello, culi al vento e tettone...il coglione cannarolo e panzone e l' eroe biondo pompato con gli steroidi...finisce tutto all' insegna della superficialita e degli stereotipi'. Ho troppo rispetto per certi film per contribuire a farne scempio. Guardate cosa hanno fatto a Nightamare, o a Texas Chainsaw Massacre...roba da segarli davvero in mille pezzi. Un film USA di quest' anno che mi e' piaciuto pero' e' stato INSIDIOUS. Una sorta di remake di Poltergeist..ma almeno aveva ritmo e buone idee di fondo. Comunque sono ora concentrato sull' horror dal sapore italiano. Questo e' cio' che vorrei continuare a fare.
O.D.S ed EDDY : Grazie Federico e... in bocca al lupo!
F.Z : Un saluto, e che l' Orrore sia con voi.
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Perchè abbia detto tutte queste cose a noi "preferendoci" a qualche organo più ufficiale non è dato sapersi, ma del resto è o non è il leader dei tiro...mancino?
Pagine
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28.6.11
27.6.11
Recensione: "Wrestlemaniac"
Quando insegnavo tennis capitavano
ragazzi non proprio portatissimi, insomma, ragazzi cui consigliare di tenere
una racchetta in mano era pari a dare una pistola a un parkinsoniano. Però si
impegnavano, si divertivano (e facevano divertire), avevano passione. Poi il
non sapersi muovere, il non colpire la pallina o colpirla in modi insensati, il
non ricordarsi i punteggi alla fine stancava anche loro. Wrestlemaniac è un
ragazzo cicciottello volenteroso che si presenta a lezione di tennis; per
quanto sia scarso e irrecuperabile comunque non te la senti di bocciarlo, lo
inviti sì a non riprovarci ma con una pacca sulle spalle.
Girare un film porno in una città
messicana fantasma dove leggenda narra si sia ritirato a farsi le pippe al
claro de luna un ex wrestler assassino è una trama che soltanto Dead Snow in
questi anni è riuscita a battere.
Dov'è il senso, dov'è il senso, dove?
Dov'è il senso, dov'è il senso, dove? canterebbe senz'altro il Vecchioni del
Bandolero Stanco.
Doppiaggio parrocchiale ( e nessuna
possibilità di vedere in lingua neanche sul dvd originale causa mancanza di sub
italiani ! ), storia, come accennato, completamente assurda, scene che per
poterle definire plausibili vorrei un bonifico dagli autori. Malgrado il
regista si chiami Baget :) , i soldi spesi paiono esse stati pochini...
Vedere per credere la stanza del ring
con le mura piene di quelle che avrebbero dovuto esser facce umane, in realtà
penosi disegni materici visti di migliori all'asilo di mia figlia. Il culmine
si raggiunge con la pin up figlia di meccanico che si mette ad aggiustare il
furgoncino la mattina ed ha la pazienza di farlo fino a notte inoltrata senza
pensare minimamente agli altri compagni, all'esser sola in un luogo sconosciuto
e alla rottura di balle di esser stata 10 ore sul cofano di una autovettura.
Da fucilazione il personaggio del
porno regista-attore, la cui battuta più sobria parla di vagina e il cui
comportamento più controllato è lo strillare insensatamente verso qualcuno. Sul
grassone simil Hurley lostiano passo oltre. Sul lottatore Mascarado (nessun
riferimento al premier) che dire? E' un personaggio che non ha senso, come
mettere Freddy Kruger in una commedia indiana. Delle morti e/o torture da
rimarcare solo quella spaccadenti. E l'attore
nella stazione di servizio è praticamente identico a un Jean Marc Barr (quello
di Parc,
brrrrrr) affetto da 4,5 malattie degenerative contemporanee. L'inizio però è
MERAVIGLIOSO, con la ragazza in audio-off che esce dalla porta e con le
immagini di repertorio di wrestling messicano sulle note di una canzone locale
indimenticabile.
Grande Wrestlemaniac, mi hai fatto
divertire. Ora, cambia sport.
(voto 5)
26.6.11
Recensione: "Black Death"
Black Death non è affatto quello che sembra. Si vende in un modo, quello del cappa e spada medievale fatto di scontri armati e sangue, cavalieri e ferro, preti e streghe ma, come accadde già nell'affascinatissimo Valhalla Rising, ha dentro di più, molto di più. Certo, dimenticate la forza allegorica e la parziale inconoscibilità del film (capolavoro ?) di Refn, no, Smith al contrario ci offre tutte le carte per comprendere senza alcuna difficoltà il proprio film ma l'analisi e la critica delle religioni e delle derive cui esse hanno portato l'uomo ha esattamente la stessa forza del film danese. A livello cinematografico tutto qua è più classico, dalla sceneggiatura alla fotografia, dalle ambientazioni alla recitazione stessa, ma in sottotesto i film sono accomunabili.
La peste, la terribile Peste Nera che in pochi anni uccise un terzo della popolazione Europea nella metà del 14° secolo dà il titolo al film. Il fenomeno, incomprensibile ai medici dell'epoca, fu ritenuto da molti come una punizione divina quindi, come tale, giusta e giustificata (vedere ad esempio la scena dei Flagellanti).
Nel film si viene a sapere di un villaggio nel quale la peste sembra non aver colpito nessuno, tutti stanno bene, nessuno muore. Alla Chiesa non sta bene (se punizione divina deve essere lo deve essere per tutti), si crede quindi che il villaggio sia in mano al demonio. Un manipolo di mercenari cristiani parte verso il villaggio per mettere a posto le cose...
Amo moltissimo l'ambientazione medievale, buia, sporca e intrisa di misticismo, ancora più affascinante in periodi di pestilenza come questi, con corpi ammassati, bubboni, sangue e paura dell' Ignoto. Il film di Smith (regista sempre originale nelle proprie opere, riuscite o meno), è nettamente diviso in 2 parti: la prima è un on the road ante litteram, racconta il viaggio verso il villaggio; la seconda si svolge tutta nel villaggio stesso. Particolare l'uso della telecamera a mano in parecchie sequenze. Nella prima parte si procede a tappe: la terribile scena della "strega", i supplizianti, l'omicidio del loro compagno appestato, la battaglia nella foresta (ottima), la palude, e finalmente il villaggio. Da qua in poi il film di Smith diventa praticamente fermo e immobile (con i cristiani imprigionati nella gabbia d'acqua gelida) ma acquista moltissimo in interesse. Nel villaggio non si crede più nel Cristianesimo. Una (presunta) negromante ha plagiato tutti gli abitanti portandoli ad una nuova religione di cui lei è praticamente la divinità. Tutti credono che grazie a lei e all'abiura del Cristo il villaggio sia protetto dalla peste.
Smith non lesina fortissime critiche all'una e all'altra parte. A questo proposito bastino due splendide frasi pronunciate nel film. "Era bellissima ed era... reale" questo affermano gli abitanti del villaggio alla domanda perchè credessero nella negromante.
Bellissima e reale, già, perchè una cosa è credere in un Dio invisibile nell'immagine e nelle opere, un'altra aver davanti in carne ed ossa un essere umano superiore con cui si può addirittura parlare, che compie miracoli evidenti davanti ai nostri occhi. La Fede in questo caso non sarà più cieca ma, come se la ragazza fosse un nuovo Cristo, risulterà in qualche modo antropoformizzata e reale. In più, dicono gli abitanti, lei è bellissima, e il Bello attira sempre e da sempre, quindi non lamentiamoci se anche oggi per vendere uno spazzolino ci deve essere una gnocca in pubblicità.
L'altra frase è "Voi avete bisogno di miracoli" e lo dic dice la stregona al frate protagonista. Già, abbiamo bisogno di miracoli per credere. Del resto questa è una debolezza umana da sempre; abbiamo bisogno del miracolo per credere in Dio, abbiamo bisogno di soldi per credere nel futuro, abbiamo bisogno di gioie per credere nella vita, abbiamo bisogno di un "ti amo" per credere nell'amore.
( voto 7,5)
25.6.11
Comunicazioni deficienti di servizio
Approfitto di una pausa di due giorni senza visioni (domani però si torna in carreggiata...) per un post, come si dice, di servizio in cui, insieme a 2,3 cose stupidissime ne voglio dire anche una più seria. Questa:
1 Questo blog è nato senza alcun motivo, senza alcuna speranza, senza alcuna velleità. Per un anno non ho avuto praticamente neanche un lettore (sinceramente non sapevo neanche l'esistenza dei lettori fissi ad esempio; quando ho visto il primo-mi sembra Antonio- non capivo cosa fosse) e non ho mai cercato di pubblicizzare il blog. Questo fortunatamente è l'atteggiamento che ho ancora oggi. In realtà con un pò di intraprendenza farsi conoscere e trovare lettori è un attimo, ma la vedo come una forzatura che mi deprimerebbe e basta (parlo per me eh, apprezzo moltissimo chi lo fa). Tutto questo per dire cosa? Che l'unico motivo per cui ho creato il blog è (era) la possibilità che questo diventasse uno spazio di tutti, non il MIO blog, ma una "piattaforma" dove chiunque potesse scrivere.Dunque ripropongo per la 3° volta la possibilità PER TUTTI di inviarmi le proprie recensioni che poi io pubblicherò. Ovviamente mi rivolgo a tutti quelli che non hanno un blog, che non hanno mai avuto la voglia, il tempo o il coraggio di aprirne uno. Avete il desiderio di fare un commento un pò più articolato su un film? Mandatemelo per mail. Basta che sia in italiano accettabile, minimamente critico (insomma, non dire solo "m'è piaciuto") e un pochino lunghetto, almeno una ventina di righe. E' l'occasione per tutti di veder pubblicato qualcosa, non vergognatevi. So che nessuno parteciperà, ma ne basterebbe uno per far arrivare altri. Io ovviamente posterò sempre CON LA STESSA COSTANZA le mie recensioni ma non ci saranno giorni vuoti e si creerebbe una specie di "squadra". Insomma, sarete pieni di film di Oh dae-soo (purtroppo per voi) ma avreste ogni tanto la possibilità di leggere un'altra campana. Ovviamente si potrebbero recensire anche titoli sui quali sono già passato io. Se poi qualcuno è troppo bravo gli tarperò le ali subito, non vorrei che le mie recensioni diventassero quelle da evitare...
2 Ecco le cose stupide, stupidissime. La dimostrazione di quanto poco sappia del mondo blog viene dal fatto che abbia scoperto solo 20 giorni fa che c'era un metodo per seguire tutte le risposte date a un determinato post. Insomma, commentavo poco in altri blog perchè mi dicevo "come faccio a ricordarmi dove ho commentato e controllare se mi hanno risposto?". Beh, per quei 3 che non lo sapessero, in fondo a ogni post, sotto il box commenti, c'è ISCRIVITI PER MAIL. Basta un click e tutte le risposte che scriveranno lì vi arriveranno per mail. Sento già i blogger esperti che si sganasciano ma sono convinto che a 3,4 persone questa indicazione sembrerà straordinaria.
3 Proprio per questo potete commentare qualsiasi film della lista, tanto sapete che io lo saprò e vi risponderò, e allo stesso modo voi saprete che io l'ho saputo e ho risposto. Se siete usciti da questo scioglilingua alla Io so che lui sa che io so, andate al passo 4.
4 Sì, vabbeh, direte: io ora ho la possibilità di sapere se dove ho commentato qualcuno ha risposto, ma come fare a sapere se sono nate discussioni altrove, in post dove magari non ho mai scritto?
Due modi: o cliccate ISCRIVITI PER MAIL in tutti i post o in quelli che vi interessano (ipotesi da matti) oppure controllate a destra il gadget "ULTIMI COMMENTI". Spesso le discussioni più interessanti si trovano così.
Sono convinto che a chi ha scoperto il mondo del blog da poco tempo queste indicazioni possono far comodo, dagli altri attendo pure bottigliate...
Intanto magari sta paginetta la metto fissa come link, poi ogni volta che mi viene in mente qualche altro stupido consiglio lo aggiungo.
See you tomorrow. Si va nel Medioevo...
23.6.11
Recensione: "Vieni avanti Cretino"
Non posso negare di essermi
approcciato alla visione di questo cult della commedia italiana con le peggiori
predisposizioni. Un pò perchè quando vedo la faccia di Lino Banfi inizio sempre
a sentirmi poco bene (anche se sono anch'io un addicted de
l'allenatorenelpallone). Un altro pochino perchè il mio rapporto col comico è
sempre un pò difficoltoso e diffidente, malgrado sia uno che su un'isola
deserta si porterebbe probabilmente dietro la saga di Fantozzi rispetto alla
filmografia di Kubrick, se non altro per ridere nella disgrazia.
Però mi attirava vedere un'opera
della quale non sapevo assolutamente niente, se non l'esistenza e il
"successo".
Definire film "Vieni avanti
cretino" è come definire libro la raccolta di barzellette di Totti. Un
filo conduttore che più esile e forzato non si potrebbe, l'assoluta assenza di
sceneggiatura (se non quella delle singole gag), la sensazione di ritrovarsi in
una sequenza di accadimenti che messi al contrario darebbero lo stesso identico
film.
Per non parlare delle stucchevoli e
mal riuscite scene di cornice, il prologo e l'epilogo, che mi danno la
sensazione, quasi certezza, che siano state appendici messe successivamente per
raggiungere la durata minima (chi sa parli).
Eppure...
Eppure Vieni avanti cretino fa
ridere, cavolo se fa ridere. Non sempre, non troppo, ma fa ridere. E,
intendiamoci, la forza principale non sta in Banfi o nella costruzione delle
gag, ma in una categoria ormai persa dal cinema italiano, quella dei
caratteristi. Cioè, non proprio persa, nei film di Parenti ad esempio son tutti
caratteristi ma il livello... mamma mia.
E così lo straordinario Gigi Reder
(senza il quale fantozzi non sarebbe Fantozzi, è bene ricordarlo) e la sua
entrata col mal di denti sono da antologia. E ottimo è Bracardi nella scena del
mimo o la Schiavone in quello dell'esaminatrice (nell'episodio più debole,
quello per il posto da ornitologo). E che dire poi di Nello Pazzafini nei panni
del barista Gargiulo o del meraviglioso Alfonso Tomas nell'ultimo
indimenticabile episodio, quello della fabbrica (dove anche Banfi dà il meglio
di sè)?
Salce non ha nemmeno bisogno di
dirigere. Basta una location per volta, Banfi e il caratterista di turno e il
film è fatto. Se aggiungi poi la bellezza stratosferica di Michela Miti e butti
là una Moana Pozzi e una Ramona Dell'abate il successo è assicurato. Penosa
l'interpretazione del sosia di Benigni e fuori luogo la battuta
metacinematografica che Banfi gli rivolge "Lei è quello toscano? Quello
che ha parlato male del Papa? (con riferimento al Pap'occhio).
In fin dei conti Vieni avanti cretino
è un film senza alcun senso e con numerosi momenti deboli, ma ha la forza
grezza dell'artigianalità, si sente l'odore del legno del palco teatrale, si
avverte la sensazione che ha dentro gente che sa fare un mestiere, quello
dell'attore, dell'attor comico.
Soprattutto, è un film che sa
prendersi per il culo da solo e anche soltanto per questo a mio parere vale
tutto il rispetto che merita.
(voto 7)
21.6.11
Recensione: "Biutiful"
In una Barcellona che non profuma di
paella ma di cibo in scatola, che sta lontana dalla rambla per percorrere
stretti e sozzi vicoli, che invece della movida trasuda disperazione, vive
Uxbal e i suoi due bambini. Uxbal è un uomo speciale, parla con chi ha appena
lasciato questa vita, lo interroga, cerca di capire se è passato aldilà in modo
sereno o con qualcosa rimasto in sospeso. Uxbal gestisce il mercato
clandestino, sia quello dei neri che quello nuovo e dirompente dei cinesi. Non
è uno sfruttatore, tutt'altro, quasi un mecenate. Vive in semipovertà coi suoi
due figli. Li ama alla follia. Scopre di avere il cancro. Due mesi, al massimo,
quello che gli rimane.
Film mastodontico sulla vita e sulla
morte, sull'amore e sulla malattia, sulla speranza e sulla disperazione.
Inarritu quasi se ne frega del
cinema. Se non fosse per la parentesi paranormale (invero, alla fin dei conti,
minimamente influente nel plot) ci sarebbe così tanta verità in Biutiful da
star male. Perchè niente è più vero, penetrante e shockante nello spettatore
quanto il tema della malattia terminale. Siamo praticamente costretti ad uscire
dalla pellicola e porsi quella fatidica domanda: "e se capitasse a
me?". Ogni singola azione, ogni singolo pensiero, ogni singolo rapporto
non sarà più quello di prima. Due mesi. Perchè, allora, non farla finita
subito? Perchè trascorrere fino all'utimo i nostri pochi, ultimi giorni?
Perchè, anche se la nostra vita è
ormai una parentesi che sta per chiudersi (e abbiamo la tremenda (s)fortuna di
saper quando), non lo è per chi farà scorrere il nostro sangue su questa terra
per parecchio altro tempo ancora. Uxbal lo sa. Uxbal che non ha mai conosciuto
suo padre, fuggito giovanissimo in Messico. Ha di lui soltanto poche e vecchie
foto. La sequenza del ricongiungimento post mortem tra i due (che ricorda
moltissimo il racconto finale di No country for old men) è di una bellezza e
poesia unica. Uxbal vede suo padre giovanissimo, molto più giovane di sè
stesso, perchè quella è l'unica sua immagine che ha mai conosciuto. Son pezzi
di cinema unici questi. Per questo motivo Uxbal abbraccia sua figlia. "Ti
prego, ricordati di me. Non dimenticarmi" le dice. Perchè sa quanto sia
importante avere un ricordo del proprio padre, un ricordo vivo, pelle contro
pelle, viso a viso, col sudore e le lacrime che bagnano il viso e non un
ricordo radicato a una semplice e fredda foto. Se questo non fosse cinema, se
questa fosse la vita reale, noi, grazie a Inarritu, grazie a Bardem (attore che
considero un privilegio il solo poter vederlo recitare), sapremmo che no, è
impossibile, la figlia di Uxbal non si dimenticherà mai di suo padre. Quel
momento le resterà così scolpito nella memoria che nessun'altra cosa che le
capiterà nella vita potrà mai avere la stessa forza e potenza nel ricordo.
Uxbal ha avuto coraggio, umiltà, non è facile dir questo ai propri figli. Forse
meglio lasciarli senza tanto rumore, come niente fosse, non con parole così
forti e dirimenti per la loro vita futura.
"Biutiful", scrive
erroneamente la figlia nel disegno. Già, beautiful, bellissima, quello che
dovrebbe essere la vita. Ma alcune volte accadono cose, apparentemente piccole
cose, come la notizia di avere un cancro. Il cancro è quella piccola lettera
che sconvolge il significato della parola, quella "i", una piccola ma
tremenda variante nella bellezza della vita.
Biutiful, appunto.
(voto 78,5)
20.6.11
Recensione: "Gorbaciof"
Secondo voi se Lionel Messi andasse
al Cesena, che risultato potrebbe raggiungere la squadra? Certo come minimo si
salverebbe con largo anticipo.
Questo accade con Gorbaciof, un film
abbastanza ben scritto e ben girato ma che arriva poco oltre la sufficienza
soltanto (o quasi) per merito di un fuoriclasse, l'immenso Toni Servillo. Mi
sta venendo sempre di più la convinzione che alcuni giovani registi italiani
semi-impegnati scrivano le sceneggiature PER Servillo. E' talmente
straordinario l'eco de Le Conseguenze dell'amore che quasi quasi sta venendo
fuori una specie di format, quello del film incentrato al 90% sull'attore
napoletano, con ruoli che lo vedono impegnato in giri loschi, malavita, soldi
sporchi e doppie vite. Le Conseguenze dell'amore, Gomorra, Una Vita tranquilla
e Gorbaciof, il personaggio di Servillo presenta quasi sempre questi tratti
comuni sopracitati.
Anche nel film di Incerti si ritrova
ad interpretare Marino Pacileo (chiamato Gorbaciof per una vistosa voglia sulla
fronte), un contabile del carcere di Poggioreale amante del gioco d'azzardo
(soprattutto poker, ma anche videopoker, bingo e scommesse...) con una manina
un pò troppo lunga, visti i soldi continuamente sottratti alle casse del
carcere dove lavora. Come nel film di Sorrentino si troverà però ad avere a che
fare con le conseguenze dell'amore, quello per una giovane cinese figlia del
proprietario del ristorante dove nel retro va a giocare a poker.
E' un film sulla non comunicazione,
sul non detto, sui silenzi. La prima frase compiuta che sentiamo dire da
Gorbaciof arriva dopo oltre mezz'ora e non è un caso che anche il suo rapporto
con la giovane cinese avvenga soltanto tramite gesta. E centrale è infatti il
poker, il gioco dell'impassibilità e della non comunicazione, se non quella
regolamentata, per eccellenza.
Ma è anche un film sulla solitudine e
sul vuoto vivere. La routine dell'esistenza di Gorbaciof ci viene mostrata da
Incerti in modo prepotente, reiterato. Sveglia, lavoro al carcere, mensa,
partita a poker, autobus, ritorno a casa, il regista ci mostra intere giornate
tutte uguali una all'altra, fino a che l'innamoramento non previsto sconvolgerà
questa routine e la vita del protagonista.
Si ha la sensazione che senza
Servillo il film sarebbe stato troppo piatto, privo di guizzi di sceneggiatura,
quasi un compitino ben fatto e nulla più. Incerti sta addosso all'attore più
che può, lo segue con la macchina da presa dapertutto, sembra non volerlo
abbandonare nemmeno un secondo per non rischiare di sprofondare. E in effetti,
da sola, la camminata che Servillo regala al suo personaggio vale più di
parecchie scene madri di altri attori.
Particolare la scena
straordinariamente kafkiana (quasi un omaggio a Il Processo direi) della
riunione dei giudici. Buono il finale nell'automobile in quella che è forse la
scena più riuscita dell'intero film. Non c'è possibilità d'amore in Gorbaciof,
non c'è speranza, nessun futuro migliore. Perchè, quasi sempre, quando nella
vita entri in una spirale puoi anche vedere la via d'uscita vicinissima ma poi,
inevitabilmente, la spirale ti risucchierà dentro. E soccomberai. Gli occhi di
Servillo nel finale sono l'ennesimo capolavoro di un attore che è nostro
patrimonio, vero valore aggiunto di ogni progetto cui entra a far parte. Che
Dio ce lo conservi.
(voto 6,5)
18.6.11
Uno di Due (4/20) Michael Myers O Jason?
Eccoci di nuovo qua con Uno di Due, il match pugilistico de Il Buio in Sala che ha come unica regola l'impossibilità di non finire ai punti ma con un k.o obbligatorio di uno degli sfidanti. Trovate le puntate predenti qua. Ricordo anche il favore/diktat per chi si imbatte per la prima volta in questo divertissement di votare anche i precedenti sondaggi, altrimenti gli mando a casa i simpatici ragazzi qui a destra e sinistra.
Finalmente! In un blog in cui l'horror è senz'altro una delle piste più battute doveva arrivare prima o poi un match. Alla sinistra dei vostri schermi Michael Myers, meglio conosciuto come il Mostro di Halloween; alla destra Jason, lo Sterminatore del Venerdì. Perchè ho scelto loro due in particolare? Perchè, ad esempio, con Leatherface e Freddy non avrebbero avuto chance. Troppo più personaggi, simpatici e casinari questi ultimi. Ho preferito quindi prendere in considerazione i due antipatici del gruppo, i più musoni, schivi, nascosti e inespressivi (grazie al ca..., direte voi, con quelle maschere!).
Michael Myers è un personaggio nato nel 1978 dalla mente di Carpenter. Gigantesco, fortissimo, praticamente immortale, è caratterizzato da una maschera bianca completamente inespressiva, creata quasi per caso sul set e divenuta ormai leggendaria.
Infanzia difficile a causa probabilmente di una playstation non comprata dai genitori, comincia la sua opera di sterminio a circa 6 anni uccidendo il ragazzo di sua sorella. Finirà in carcere, uscirà e aumenterà di qualche decina di numeri il suo curriculum mortae. Praticamente in tutta la saga non spiccica una parola. Rob Zombie pochi anni fa lo ha riportato alla gloria.
Due anni dopo (1980) rispetto a Micheal, vede la luce il personaggio di Jason Voorhees. Bello grosso anche lui e brutto come la fame, inizia in realtà la sua carriera di kattivone per vendicare la madre. Da ragazzo infatti fu dato per morto e la madre, per tal motivo, si travestì da supermammakiller e fece fuori tutti i presunti responsabili del tragico incidente in cui Jason fu coinvolto (aggredito e buttato in un lago, il lago adiacente al mitico campeggio location della maggior parte dei film). In realtà Jason era sopravvisuto e vista dal vivo (eh eh) la morte della madre (uccisa da una ragazza a lei sopravvissuta) comincia il suo cammino di mietitore, un cammino che lo porterà ad essere il mostro cinematografico con il più alto body count, 121 vittime. Indimenticabile maschera da portiere di hockey, Jason a differenza di Myers (che malgrado le apparenze non muore mai...), viene ucciso e cremato. Siccome la saga doveva andare avanti però divenne una specie di zombie sovrannaturale, quindi i cazzi da amari divennero amarissimi per tutti. Anche lui è mezzo muto, però il suo "respiro" ( ci ci ci ci ah ah ah ah) è assolutamente indimenticabile.
IL VERDETTO
Tremendamente antipatici e troppo "orsi" tutti e due, preferisco per un pelo Jason perchè da piccolo mi faceva letteralmente terrorizzare. E per il respiro of course. Quindi butto giù il Myers (voi di sotto, spostatevi!) con l'accortezza però di fiondarmi subito giù per gli scalini della Torre. Non credo infatti che resisterei più di 30 secondi solo lassù con Jason.
CI CI CI CI AH AH AH AH
17.6.11
Recensione "Jekyll + Hyde (2006)" - Gli Abomini di serie Z - 10 -
Seguo il regista Nick Stillwell da
tempo, da quando mi capitarono sottomano in modo fortuito alcuni suoi super 8
girati quando aveva appena 7 anni. Quei piccoli filmati amatoriali ( nel
dettaglio: lui che lava i denti del cagnolino con lo spazzolino; sua sorella
Lorna, di 2 anni più grande, che imita Kate Winslet in Titanic; i suoi genitori
che annaffiano il giardino e gli spruzzano l'acqua sulla telecamera-momento
dolcissimo-; lui che si riprende allo specchio e si autointervista), dicevo,
già in questi brevi e giovanili filmati si intravedeva il talento che
finalmente nel 2006 troverà la sua consacrazione nel primo lungometraggio,
Jekyll + Hyde, raffinatissima trasposizione (l'ennesima peraltro)
dell'indimenticabile racconto di Stevenson.
Stillwell superà però se stesso
riuscendo anche in un'altra impresa, ben più importante dell'aver girato un
(quasi) capolavoro. Dove centinaia di popoli e filosofi hanno fallito, cioè sul
significato ultimo del Nulla o dello Zero ( 0 ), ci arriva Stillwell e non solo
astrattamente ma regalandoci la prova provata.
Jekyll + Hyde è il Nulla assoluto, lo
Zero (0 ) cinematografico, ma non nell'accezione nobile e intoccabile del
Brutto (che Dio ce lo preservi) ma in quella dell' Inutilità, del Non succede
Niente, del Meglio un Calcio nelle Palle. Se potessimo antropoformizzare il
film, questo diverrebbe il guardiano del girone degli Ignavi nell'Inferno
dantesco. Guardare il film o star seduti davanti a un muro è quasi la stessa
cosa, quasi, perchè almeno davanti a un muro abbiamo la possibilità di pensare
senza esser distratti da immagini in movimento. Non c'è una scena particolarmente
girata male, non ci sono momenti di Trash, non c'è una bella splatterata giusto
per movimentare un pò, non c'è Niente.
Uno studente di medicina inventa una
pillola che gli cambia la personalità. Ovviamente si chiama Jekyll. Fine trama.
Ah, no, questo ragazzo è anche un
guru che ci ammorba con i suoi paroloni, invero senza senso, sul significato
della Vita e della Morte. Tra dialoghi imbarazzanti, scene di sesso messe tanto
per fare e successione degli eventi illogica, Jekyll + Hyde va avanti schematicamente
e senza guizzi, quasi una puntata di Cotto e Mangiato senza però la suspense di
vedere se la Parodi (moglie di Caressa....) questa volta metta il peperoncino o
no.
Se io fossi un discendente di
Stevenson inventerei devvero una pillola che mi faccia cambiare la personalità
e ucciderei l'intera troupe riprendendo tutto con la telecamera per poi
distribuire Jekyll + Hyde 2. Ah, ovviamente il fatto della pillola era solo per
avere un alibi in tribunale, mica ce ne sarebbe bisogno.
(voto 2) perchè lo 0 e l'1 hanno una
propria dignità.
14.6.11
Recensione: "Rachel sta per sposarsi"
Ci sono registi che senza alcun
merito riescono a salire nello scintillante treno dei dollari facili, quel
treno che per tutta la vita li farà campare di rendita, treno che ha un solo
binario da seguire e loro, sorriso a 32 denti d'ordinanza, seguono volentieri.
Ci sono altri registi che invece di Transformers girano uno dopo l'altro Il
Silenzio degli Innocenti e Philadelphia ma su quel treno treno non ci son
saliti (o non ce li hanno fatti salire), forse se ne sono addirittura fregati e
con umiltà e coerenza hanno seguito i propri binari, binari di periferia
lontani dalle ville lumiere di turno.
Ritrovo finalmente Jonathan Demme,
regista che potè aver tutto ma non ebbe quasi niente, con un piccolo-grande
film, Rachel sta per sposarsi, colpevolmente sottovalutato da pubblico e
critica. Eppure, se non fosse per un eccesso di
"anticinematograficità" che poi vedremo, questa pellicola sarebbe un
piccolo gioiello.
Anne è una tossicodipendente. Esce
dalla sua rehab solo pochi giorni per partecipare alla preparazione del
matrimonio di sua sorella Rachel e, ovviamente, al matrimonio stesso. Pochi
giorni che dovrebbero esser di festa, ma la presenza e il comportamento di Anne
cambieranno completamente l'atmosfera.
Rachel getting married (titolo
magnifico, perfetto, per fortuna rispettato dai nostri ditributori) è un film
scritto alla meraviglia (dalla figlia di Sydney Lumet...), tutto incentrato
sulle sottili dinamiche psicologiche che si vengono a creare nel momento che
una famiglia tira fuori i propri scheletri dall'armadio. E' un film che
racconta una crisi, una crisi familiare , proprio nei giorni in cui al
contrario anche le famiglie più disastrate e snaturate riescono solitamente a
mascherare i propri problemi.
Rachel sta per sposarsi e questo
dovrebbe essere il suo momento, questi dovrebbero essere i suoi giorni più
belli ma Anne le rovina la festa, le ruba la scena, si prende il palcoscenico
facendo la parte della vittima, della persona che deve esser curata e
compatita. Latente c'è anche un'importante nodo di tensione tra la ragazza e la
famiglia visto che anni prima Anne ha involontariamente causato la morte del
fratellino quando, guidando tossica, fu vittima di un incidente stradale.
Il film, più che raccontare una
storia, analizza ogni singolo rapporto famigliare: quello del padre con le due
figlie, in special modo con Anne, pecora nera della famiglia che, come ogni
pecora nera, riceve le attenzioni più importanti (più della figlia che sta per
sposarsi), perchè un padre in un figlio apparentemente "sbagliato"
vede sempre la possibilità di cercar di rimediare a un proprio (e spesso
presunto) senso di colpa; oppure quello tra le due sorelle, rapporto teso e
tenero allo stesso tempo o ancora quello tra la madre separata ed Anne o tra i
due coniugi divorziati.
Demme sta addosso agli attori con la
camera a mano e si prende tutto il tempo per raccontare la sua storia, molto
lontano dagli script tradizionali. Tutto sembra molto reale e poco cinematografico
ma si raggiunge quasi il parossismo quando Demme dilata al massimo (anche un
quarto d'ora) 2,3 scene che sarebbero potute durare soltanto pochi minuti
(discorsi nella cena di prova, lo spettacolino di musica e cabaret, il ballo
del matrimonio). Va talmente contro le regole base del cinema che, forse,
rischia di esagerare un pò. Il cast è strepitoso, al fianco dell'ottima
Hathaway c'è un gruppo di attori poco o mediamente sconosciuti tra i quali
spiccano la DeWitt (Rachel) e Irwin (il padre). La scena madre, meravigliosa, è
quella della lavastoviglie in cui un semplice piattino riporta a galla un
dolore faticosamente tenuto sommerso. Non è un caso che quella pila di piatti
sia stata messa sul tavolo dalla stessa Anne, è come se volesse inconsciamente
riaffermare la propria colpevolezza tanto che lo stesso padre che la difende in
ogni modo e cerca di "reinserirla" in famiglia, non ce la fa comunque
a trattenere l'emozione ed uscir dalla stanza.
Film che tanti faranno come proprio e
tanti, al contrario, scanseranno con forza perchè nessuno di noi, anche chi
apparentemente vive una vita perfetta, non può non ritrovarsi in tematiche del
genere. C'è chi preferisce affrontarle, analizzarle e prenderle di petto e chi
ne è terrorizzato e spera con tutto l'animo di tenerle nascoste per sempre.
(voto 7,5)
12.6.11
Recensione: "Blindness"
(ci sono spoiler)
C'è da fare una doverosa premessa.
Quello che significa per me Cecità di Saramago è difficile da spiegare. Basti
dire che lo considero senza ombra di dubbio tra i 5 libri della mia vita; basti
dire che dopo aver letto l'opera omnia dello straordinario scrittore portoghese
(saggi esclusi) ho praticamente smesso di leggere perchè ingenuamente (e
scusate se la frase sembra uscita da un libro di Baricco) non credo che potrei
mai trovare niente di altrettanto bello; basti dire che se avessi trovato
compagnia sarei andato ai funerali del Maestro; basti dire che ho chiamato il
mio cagnolino Jose in suo onore.
Quindi per una volta mi sono
approcciato alla visione del film col bastone e non con la carota convinto che
l'avrei stroncato. Di solito tendo a scindere l'opera filmica da quella
letteraria ma esistono casi in cui questo non è possibile, e questo avviene
quando la seconda è così importante da risultar quasi "intoccabile".
Insomma, se qualcuno facesse la trasposizione della Commedia di Dante, come si
potrebbe giudicare il film senza constatare se ha rispetto per l'opera
originale?
Malgrado tutto, applaudo Meirelles.
Certo lo spaesamento, l'angoscia, l'orrore e la profondità del testo originario
sono lontanissimi ma era comunque difficile far meglio. L'incredibile stile di
Saramago, quello di una prosa che raggiunge per carica emotiva e
"altezza" quasi il lirismo, un tragico e surreale lirismo (in questo
lo vedo opposto ad esempio ad Alda Merini la cui poesia, al contrario, diventa
prosa drammaticamente "reale"), non l'ho mai considerato traferibile
in pellicola malgrado le sue trame, i suoi soggetti, sarebbero invece in potenza
tutti film meravigliosi.
Meirelles ha avuto rispetto. Nessun
nome proprio ai personaggi, stessa se non identica dinamica degli eventi,
presenza di tutte le "scene" emotivamente più importanti del libro,
anche quelle apparentemente minori, nessuna spiegazione nè delle cause
dell'epidemia nè della guarigione.
Ah, per chi non lo sapesse, Blindness
(o meglio "Ensaio sobre a cegueira") racconta la storia di un'improvvisa cecità
generale. Una cecità particolare, bianca come il latte e non classicamente
nera. I primi uomini colpiti vengono messi in quarantena in una specie di
vecchia caserma senza alcun comfort, come animali. Gli viene mandato del cibo
razionato, non possono nè uscire nè venir curati. Sono soli. E ciechi. In mezzo
a loro però c'è una donna e lei, incredibilmente, vede.
L' unico grosso errore che addosso al
regista è quello di aver voluto inserire la coppia orientale che parla nella
propria lingua. Nessuno mi leva dalla testa che l'operazione non sia stata
decisa a tavolino copiando Sun e Jin di Lost. Molto mal riuscita anche la
figura dell'uomo con la benda, veramente centrale e carismatica nel libro. Per
il resto c'è (quasi) tutto. La terribile scena degli stupri
"contrattati" (forse quella che emotivamente và più vicina al testo),
l'omicidio con le forbici, il senso di sporcizia (fisica e morale) che più vai
avanti più si fa forte, la Chiesa, il ripostiglio del supermercato, la doccia
nude sul terrazzo, il cane che asciuga la lacrima, il finale nel quale per un
momento la moglie del medico crede di esser diventata lei stessa cieca.
Solo in un fondamentale passaggio il
film si discosta dal libro: la scoperta dell'avvenuta guarigione del primo
cieco. Meirelles passa dal bianco latteo della cecità al bianco del vero latte,
poi "sporcato" dal caffè. Saramago passava dal bianco al nero degli
occhi chiusi. Chapeau per Meirelles che osa in un momento decisivo e riesce
forse persino a migliorare l'originale.
Per il resto interpretazioni buone ma
non esaltanti (il doppiaggio poi...) ma c'è una spiegazione. Ci sarà sempre
un'enorme differenza tra un attore che interpreta un cieco ed un vero cieco,
puoi esser bravo come ti pare ma non vedere è diverso da far finta di non
vedere, c'è poco da fare. L'attenzione resta sempre su buoni livelli, la
storia, per chi non la conosce, è davvero affascinante. Insomma, un buon film,
forse ottimo, arrivato in Italia con anni di ritardo per il famoso problema che
coinvolse anche The Road (troppo deprimente). Ci sarà senz'altro qualche
"pseudointellettuale librofilo" che distruggerà il film. Saramago ha pianto alla prima
e questo vale più di tutto, più di qualsiasi cosa ognuno di noi abbia l'umiltà
o la sfacciataggine di scrivere in merito.
(voto 7)
10.6.11
Uno di Due (3/20) MOCCIA O NATALE A... ?
Ed eccoci così arrivato al terzo appuntamento con Uno di Due, il gioco della Torre de Il Buio in Sala (le puntate precedenti qui, comprese del "live" dei risultati (mammamia commestò).
Per chi non conoscesse il regolamento niente di più semplice: uno dei due contendenti deve restar su e l'altro sfracellarsi al suolo. Si prega a chi vota per la prima volta di recuperare i precedenti per poter così stilare alla fine il proprio profilo completo appositamente redatto dalla C.I.A (Chiamatemi Imbecille Allegramente).
Questa sfida non viene a caso dopo Pixar-Miyazagi. Volevo appositamente passare da una nella quale buttar giù qualcuno era quasi impossibile, ad un'altra in cui salvare uno dei due è quasi un delitto riconosciuto dalla Costituzione. Non ho messo Neri Parenti (sarebbe stato più giusto, come ruolo, contrapporlo a Moccia) perchè ho creduto che il "tenore" della sfida fosse più immediato in questo modo. Inoltre è impossibile disconoscere al buon Neri la regia di alcuni cult assoluti come i primi Fantozzi o Fracchia, anche se credo che il merito in quei casi sia stato tutto di Villaggio, dallo script alla realizzazione.
Quindi, Moccia o Natale a...?
Chi è Federico Moccia? E' uno scrittore che ha avuto la fortuna che il suo primo libro, "Tre metri sopra il cielo" diventasse il testo di riferimento dei giovani nati negli anni '80. E' stato così grande il successo che, oltre a creare l'assurdo fenomeno del Ponte Milvio, vera cartina di tornasole per giudicare le generazioni attuali, ha quasi costretto il buon Federico a perseverare e, novello King, far uscire PIU' di un libro all'anno. Quasi tutti i suoi testi sono stati poi trasposti in pellicola, i primi 2 con regia altrui, poi Moccia, cui il soldo piace e non poco, ha voluto far tutto da solo: libro, sceneggiatura e film. Amori adolescenziali o storie ai limiti della pedofilia sono i soggetti trattati.
A livello morale stanno forse un pelino sopra a Moccia i cinepanettoni della saga di Natale. Molto meno ipocriti, morbosi e leccaculo della saga mocciosa ma forse ancor più devastanti nei danni arrecati. Piano piano infatti, film dopo film (ormai circa una quindicina) hanno cambiato completamente lo spettatore tipo dei cinema italiani e, di conseguenza, hanno generato centinaia di emuli (quasi un genere a sè ormai) e fatto nascere la cultura dei multisala nei quali è ormai quasi impossibile trovare opere di qualità. La triste realtà è che se non ci fossero loro il cinema italiano avrebbe chiuso bottega.
IL VERDETTO:
Confesso (non avrei problemi a sostenere il contrario) di non aver mai visto UN SINGOLO FILM del primo o del secondo schieramento. Resta il fatto che la colpa di due tali successi non è certo a monte (chiunque può scrivere o girare ciò che vuole) ma a valle, nella valle di lacrime del pubblico. Siccome posso sceglier solo uno, butto giù energicamente Moccia, perchè allisciarsi a quasi 50 anni le ragazzine, giocare così con le loro menti acerbe, speculare a tavolino in modo così superficiale su tematiche invece importanti lo trovo semplicemente ributtante. In più se il mio mestiere di videotecaro va ancora avanti lo devo molto ai Natali e simili purtroppo. Quindi pieno di ipocrisia li ringrazio, li tengo sopra la Torre ma chiamo un mio amico strafatto di crack che avrà pronte cure medievali per il loro culo.
Per chi non conoscesse il regolamento niente di più semplice: uno dei due contendenti deve restar su e l'altro sfracellarsi al suolo. Si prega a chi vota per la prima volta di recuperare i precedenti per poter così stilare alla fine il proprio profilo completo appositamente redatto dalla C.I.A (Chiamatemi Imbecille Allegramente).
Questa sfida non viene a caso dopo Pixar-Miyazagi. Volevo appositamente passare da una nella quale buttar giù qualcuno era quasi impossibile, ad un'altra in cui salvare uno dei due è quasi un delitto riconosciuto dalla Costituzione. Non ho messo Neri Parenti (sarebbe stato più giusto, come ruolo, contrapporlo a Moccia) perchè ho creduto che il "tenore" della sfida fosse più immediato in questo modo. Inoltre è impossibile disconoscere al buon Neri la regia di alcuni cult assoluti come i primi Fantozzi o Fracchia, anche se credo che il merito in quei casi sia stato tutto di Villaggio, dallo script alla realizzazione.
Quindi, Moccia o Natale a...?
Chi è Federico Moccia? E' uno scrittore che ha avuto la fortuna che il suo primo libro, "Tre metri sopra il cielo" diventasse il testo di riferimento dei giovani nati negli anni '80. E' stato così grande il successo che, oltre a creare l'assurdo fenomeno del Ponte Milvio, vera cartina di tornasole per giudicare le generazioni attuali, ha quasi costretto il buon Federico a perseverare e, novello King, far uscire PIU' di un libro all'anno. Quasi tutti i suoi testi sono stati poi trasposti in pellicola, i primi 2 con regia altrui, poi Moccia, cui il soldo piace e non poco, ha voluto far tutto da solo: libro, sceneggiatura e film. Amori adolescenziali o storie ai limiti della pedofilia sono i soggetti trattati.
A livello morale stanno forse un pelino sopra a Moccia i cinepanettoni della saga di Natale. Molto meno ipocriti, morbosi e leccaculo della saga mocciosa ma forse ancor più devastanti nei danni arrecati. Piano piano infatti, film dopo film (ormai circa una quindicina) hanno cambiato completamente lo spettatore tipo dei cinema italiani e, di conseguenza, hanno generato centinaia di emuli (quasi un genere a sè ormai) e fatto nascere la cultura dei multisala nei quali è ormai quasi impossibile trovare opere di qualità. La triste realtà è che se non ci fossero loro il cinema italiano avrebbe chiuso bottega.
IL VERDETTO:
Confesso (non avrei problemi a sostenere il contrario) di non aver mai visto UN SINGOLO FILM del primo o del secondo schieramento. Resta il fatto che la colpa di due tali successi non è certo a monte (chiunque può scrivere o girare ciò che vuole) ma a valle, nella valle di lacrime del pubblico. Siccome posso sceglier solo uno, butto giù energicamente Moccia, perchè allisciarsi a quasi 50 anni le ragazzine, giocare così con le loro menti acerbe, speculare a tavolino in modo così superficiale su tematiche invece importanti lo trovo semplicemente ributtante. In più se il mio mestiere di videotecaro va ancora avanti lo devo molto ai Natali e simili purtroppo. Quindi pieno di ipocrisia li ringrazio, li tengo sopra la Torre ma chiamo un mio amico strafatto di crack che avrà pronte cure medievali per il loro culo.
8.6.11
Recensione: "Nicolas e i suoi genitori"
La leggerezza fatta pellicola. E'
davvero difficile trovare in questi ultimi anni un film così delicato,
divertente, garbato e innocente come Le Petit Nicolas. La sensazione che si
prova guardandolo è difficile da descrivere, sembra di star sopra una nuvola
per quanto vola alto sopra le nostre preoccupazioni ed è soffice e puro. Ne Le
Petit Nicolas il male non esiste, non esistono i problemi, non ci sono spigoli,
il mondo è incantato perchè non racconta il nostro mondo, quello vero, ma
quello visto dagli occhi dei bambini, specie del protagonista, Nicolas, un
9enne dalla grandissima immaginazione che si mette paura perchè crede che la
madre sia incinta e lo abbandoni nel bosco una volta nato il fratellino.
Le Petit Nicolas è lo splendido Les
Choristes che incontra Amelie. Prende il mondo del primo (e non è un caso
che ci sia, proprio in una scena di coro, un cameo di Gerard Jugnot,
l'indimenticabile professore di musica Mathieu) e lo racconta nella maniera
incantata del film di Jeunet fin dalla presentazione, spassosissima, dei
piccoli protagonisti. Non ci sono tragedie familiari o situazioni
particolarmente difficili o, se ci sono, è così alta la leggerezza con cui
vengono raccontate che non te ne accorgi neanche.
I piccoli attori sono tutti splendidi, tra tutti mi piace ricordare Victor Carles nel ruolo di Clotaire, il bambino destinato quasi sempre alla punizione. Il suo viso ha qualcosa di magico, mi ha riportato agli indimenticabili volti dei nostri bimbi della grande epoca neorealista. La regia è ottima, l'ambietazione negli anni '50 favolosa e non mancano neanche le trovate grafiche. Il divertimento è assicurato (visite mediche-pozione della forza) e raggiunge il suo apice nella fantastica scena della cena col datore di lavoro. La struttura alla fine è quella classica della commedia degli equivoci per la quale agli occhi di Nicolas ogni cosa che gli accade è intepretata in maniera errata.Quello che sorprende, ripeto, è l'assenza totale di intenti moraleggianti o di scene leggermente più serie o impegnate. No, Nicolas e i suoi amici vedono il mondo dal basso dei loro 9 anni e il mondo, a quell'età e a quell'altezza, è e deve essere un mondo spensierato. Per questo è impossibile attaccare il film, reputarlo falso o troppo idealizzato, dato che non racconta la realtà. E il Cinema, da che mondo è mondo, ha sempre avuto questa magia, non raccontare la realtà e farci stare, per un'oretta e mezzo, sopra una nuvola.
I piccoli attori sono tutti splendidi, tra tutti mi piace ricordare Victor Carles nel ruolo di Clotaire, il bambino destinato quasi sempre alla punizione. Il suo viso ha qualcosa di magico, mi ha riportato agli indimenticabili volti dei nostri bimbi della grande epoca neorealista. La regia è ottima, l'ambietazione negli anni '50 favolosa e non mancano neanche le trovate grafiche. Il divertimento è assicurato (visite mediche-pozione della forza) e raggiunge il suo apice nella fantastica scena della cena col datore di lavoro. La struttura alla fine è quella classica della commedia degli equivoci per la quale agli occhi di Nicolas ogni cosa che gli accade è intepretata in maniera errata.Quello che sorprende, ripeto, è l'assenza totale di intenti moraleggianti o di scene leggermente più serie o impegnate. No, Nicolas e i suoi amici vedono il mondo dal basso dei loro 9 anni e il mondo, a quell'età e a quell'altezza, è e deve essere un mondo spensierato. Per questo è impossibile attaccare il film, reputarlo falso o troppo idealizzato, dato che non racconta la realtà. E il Cinema, da che mondo è mondo, ha sempre avuto questa magia, non raccontare la realtà e farci stare, per un'oretta e mezzo, sopra una nuvola.
(voto 8)