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28.1.12

Recensione "A.C.A.B."

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leggeri spoiler

Notevolissimo esordio nel grande schermo per Sollima, il regista della serie tv cult Romanzo Criminale.
Pur non avendo visto la serie (che so per certo essere bellissima) non posso che constatare come questo A.C.A.B. sia un'opera prima davvero sorprendente. Sollima riesce nel mezzo miracolo di fare un film allo stesso tempo bello e importante, di genere ma originale, profondamente d'autore malgrado rischi di vendersi come prodotto per appassionati .
A.C.A.B., titolo-acronimo che sta per "All Cops Are Bastards", espressione nata nel mondo degli skinheads per manifestare un odio viscerale nei confronti dell forze dell'ordine, è un film molto importante, quasi necessario, che affronta con coraggio un tema che non possiamo far finta di ignorare, quello della presenza di teste calde e soggetti non troppo puliti anche nella frangia che teoricamente quelle teste calde, quei delinquenti dovrebbe combatterli, la Polizia di Stato. Attenzione, il film è molto intelligente e critico, non cade nella (aberrante) constatazione per cui la Polizia sia corrotta e "delinquente" peggio dei delinquenti stessi, no, vuole solo mostrare  un aspetto, un cancro che per fortuna presenta (spero) poche metastasi.


Partendo dalle vicende di 4 "celerini" il film più va avanti più allarga i propri orizzonti, sfiorando e qualche volta prendendo anche di petto la Storia recente italiana, dalla selvaggia missione nella scuola Diaz durante il G8 di Genova all'omicidio di Giovanna Reggiani (con relativa vendetta privata di una parte della città contro il campo rom dell'assassino), dall'assassinio di Filippo Raciti a quello, "all'opposto", di Gabriele Sandri. La sceneggiatura, che credo in buona parte deve rendere merito all'opera letteraria primigenia di Carlo Bonini, è straordinaria perchè malgrado il film sia molto frammentato (vuoi perchè spesso "seguiamo" i celerini nelle rispettive vite in montaggio alternato, vuoi perchè inframmezzata da tante singole "missioni") mantiene un'omogeneità di base davvero mirabile e non è un caso che la spedizione punitiva finale che porterà alla denuncia sia come un punto d'incontro di tutte le vicende indipendenti che il film ci ha fino a quel momento raccontato, la necessità di sfogare in un'unica soluzione tutta la rabbia e l'odio che i personaggi avevano accumulato fino ad allora (il problema con la moglie e l'affido della figlia di uno, la mancanza di una casa dell'altro, il desiderio di vendetta dovuto all'accoltellamento di Mazinga e Cobra etc...). Mi pare quasi di aver assistito ad un altro Gomorra per qualità di scrittura e per la capacità di avere un unico filo conduttore malgrado l'apparente dispersione delle varie storie. Qualità di scrittura riscontrabile anche nella caratterizzazione dei singoli personaggi, specie quello di Adriano, il giovane ex coatto interpretato da un sorprendente Domenico Diele (per me m.v.p della pellicola davanti anche al sempre straordinario Favino e a tutto il resto dell' eccellente cast). 

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Inizialmente violentissimo e indisciplinato (a causa anche del suo passato, praticamente opposto a quello delle forze dell'ordine) piano piano verrà educato dai colleghi più anziani al rispetto della divisa e del lavoro che compie anche se sarà proprio questa "educazione" che poi si ritorcerà contro gli stessi colleghi nel finale. Anche se, e qui sta forse una delle vicende più amare del film, alla fine (il regista ce lo suggerisce con Adriano che torna in caserma a prendere gli effetti personali e con l'arrivo del Negro e di Mazinga allo stadio) tutto il tentativo di "pulizia etica" fatto dal giovane si è probabilmente concluso in una bolla di sapone.  Il processo di formazione di Adriano è solo una delle tante piccole perle disseminate nelle pellicola. C'è davvero di tutto, l'immigrazione, l'abusivismo, la difficoltà dei padri dopo aver ottenuto la separazione, il razzismo, i due poliziotti che non riescono ad educare il proprio figlio (forse è questa la vicenda fil rouge dell'intero film), la corruzione, la violenza negli stadi e chi più ne ha più ne metta. La regia non ha niente da invidiare ad un prodotto di grande respiro internazionale, le scene visivamente magnifiche si sprecano e non solo quando l'azione e la violenza prendono il sopravvento (per il regista di Romanzo Criminale un gioco da ragazzi) ma anche in sequenze molto più controllate e "scritte". Ad esempio il dialogo nella stanza in cui viene fuori il pasticciaccio brutto della Diaz, tra qualcuno che fa finta di niente ed esce dalla stanza ed altri che stanno in silenzio, è davvero potentissima.
Per non parlare della grande, davvero grande, colonna sonora.
Film destinato a creare polemiche incredibili (anche la componente fascista e nazista entrano prepotentmente in gioco, sia dalla parte dei "buoni" che dei "cattivi") ma che dovrebbe portare ad un'unica, singola, riflessione.
E' un mondo violento, sempre più violento.
E la violenza in questo mondo si combatte con la violenza.
Dobbiamo solo prenderne atto.

( voto 8,5 )

27.1.12

Recensione: "In the electric mist"


Come l'immortale regista francese Bertrand Tavernier si sia trovato a 70 anni a girare negli USA un thriller su un serial killer della Louisiana è davvero particolare (se non è il suo primo film extraeuropeo poco ci manca). Anche perchè In The Electric Mist è un film che sprigiona americanità da tutti i pori, sia nella materia trattata, sia nella struttura, sia, giocoforza, nelle meravigliose ambientazioni, tutte incentrate dentro e intorno la New Orleans post Katrina. Piccola digressione: credo che la Louisiana sia una delle zone cinematograficamente più belle che il cinema possa sfruttare specie, purtroppo, dopo il terribile uragano che l'ha sconvolta. Non parlo soltanto dei luoghi però, è meraviglioso ed affascinante anche il suo popolo così radicato nelle tradizioni, nei riti, nel misticismo, un popolo che ha una profonda storia di schiavitù alle spalle (storia che in maniera nemmeno troppo velata entra prepotentemente anche in The electric mist) e che rappresenta uno strano mix tra due culture così differenti come la statunitense e la francese. Poi, c'è qualcosa di più bello della pioggia nelle paludi? Io mi chiedo: perchè Nostro Signore ha creato le paludi? E perchè la pioggia? Semplice, per il Cinema!




Comunque... film particolarissimo perchè ad una struttura che più classica non di può (omicidi-vecchio ispettore che indaga-serial killer) affianca una venatura paranormale davvero interessante che a sua volta affonda le sue radici nella Storia Americana, inevitabilmente visto il luogo dove ci troviamo, alla Guerra di Secessione.
Sarà per la presenza del grande Tommy Lee Jones ma a me In the electric mist pare in tutto e per tutto una specie di Non è un paese per vecchi parte seconda, non tanto nel plot o nella qualità dell'opera (il film dei Coen è sicuramente superiore, e non di poco) quanto nel cuore stesso della pellicola, nella riflessione di un mondo che più va avanti più si sta distruggendo con le sue mani, nella constatazione del protagonista-e in questo senso i due personaggi interpretati da Lee Jones nei due film sono praticamente identici- che i tempi che furono non torneranno mai più, che questo è ormai un mondo dove le prevaricazioni, la violenza, la mancanza di valori ed ideali la facciano ormai da padrone. Lui stesso, a proprie spese (sarà coinvolto più o meno direttamente nell'omicidio di due ragazze) sarà costretto ad adeguarvisi. La vena malinconica del film è inframmezzata (come nei Coen) così da sprazzi di violenza purissima ( a dir la verità tutte le migliori scene sembrano essere proprio quelle di ammazzamenti vari). Splendido Goodman, forse persino superiore a Lee Jones. Ad una prima parte molto imbolsita, segue una seconda davvero buona. 
Si vede che il film è tratto da un romanzo, non mancano due o tre dialoghi veramente stupendi e alcune riflessioni (specie quella sulla salamandra) veramente profondissime. Molto contorto e a tratti quasi indecifrabile il rapporto tra le vicende che vedono coinvolto il vecchio detective e le apparizioni che ha, specie quella reiterata del vecchio Generale Confederato, una specie di coscienza privata e storica che aiuterà il detective nella sua ricerca. Tavernier ci ricorda come ogni americano racchiuda dentro di sè un passato macchiato di sangue, come tutto quello che ora sono gli Stati Uniti siano venuti fuori da un processo lungo e sanguinoso. Il detective è così profondamente legato alle proprie radici che, in un finale che ricorda Shining in maniera impressionante, sembra quasi averne" fatto parte". Un film probabilmente più intelligente e profondo di quello che pare, forse proprio per questo thriller atipico che sarà apprezzato da pochi.

( voto 7 )

16.1.12

Recensione: "Wolf Creek"



PRESENTI SPOILER
Incredibile, non si fa a tempo di parlare di horror australiano (con Primal) che Rai Movie mi mette in programmazione 2 giorni dopo questo ottimo, quasi grandissimo, Wolf Creek. Ed è altrettanto incredibile come per 5 lunghi anni non l'avessi mai visto malgrado l'abbia sempre avuto in dvd e sentito sulla bocca di tanti.
Bello, davvero bello.
Film sobrio ed essenziale come il paesaggio in cui è ambientato, lo sterminato e cinematograficamente magnifico bush australiano.
Niente di nuovo nel plot, anzi, trama piuttosto banalotta. Tre amici partono per il solito viaggio all'insegna dell'avventura, la macchina gli si ferma, vengono aiutati da un finto buon samaritano che si rivela essere invece un killer bla bla bla bla.
Quello che fa grande Wolf Creek è la qualità dell'insieme, davvero notevolissima.
Ad una prima parte standard incentrata sui vari cazzeggi dei giovini, fa seguito l'arrivo allo straordinario cratere di Wolf Creek (in realtà Wolfe dal nome dello scopritore, i lupi non c'entrano niente). Si inizia a respirare un pò di fatalismo nell'aria, l'atmosfera si fa sempre più densa. E ad una brevissima cornice che flirta un pò col paranormale (lo stop agli orologi e all'automobile), fa seguito l'arrivo del mitico Mick.



Comincia con lui un altro film, una mezz'ora pazzesca per ritmo e qualità (anche qualche errorino ma ci sta), tra le migliori mezz'ore nel genere survival degli ultimi anni.
Mick è un personaggio davvero straordinario perchè fisicamente e caratterialmente normale. Nessun uomo deforme, nessun pazzo (a almeno non all'apparenza), niente case degli orrori et similia. Mick è strano, quello sì, le sue battutine e doppi sensi accanto al fuoco mettono i brividi. Il modo poi in cui si mette a fissare il ragazzo è davvero inquietante. Però i ragazzi si fidano. La mattina del giorno dopo capiranno, loro malgrado, con chi avevano a che fare...
In Wolf Creek c'è un uso delle location favoloso, la discarica in cui si ambienta buona parte del massacro ad esempio è eccezionale, un luogo quasi alla videogame, pieno di posti ed anfratti, finestre, macchine ferme e casupole. Suggestive anche le immense praterie degli esterni e il burrone. In questo aspetto aiuta molto una splendida fotografia.
La regia, a mio parere, dà il meglio di sè nella fantastica scena in soggettiva dalla finestra, girata (e interpretata) davvero magistralmente. Anche il livello della violenza è davvero notevole, terribile a questo proposito "la testa sullo stecco", una scena che oltrepassa il genere del torture per andare in una dimensione più "intima" ed emotivamente devastante, una di quelle scene cioè in cui la pena per il protagonista e l'empatia con lo stesso raggiunge climax altissimi.



Ma è altrove il capolavoro di Wolf Creek. Non so se abbia già visto questa "tecnica" in precedenza ma ho trovato assolutamente geniale il fatto di farci credere ogni volta che il/la protagonista principale fosse uno per poi smentirci poco dopo. E' evidente sin da subito come la protagonista assoluta, la cosiddetta final girl, sia Liz. Ebbene, sarà la prima a morire. E quando gli "subentra" Kristy, lo spettatore è tutto con lei, sicuro che sia il suo lo scontro definitivo con il pazzo assassino. Ecco invece che c'è la seconda sorpresa, anche Kristy esce di scena e dal dimenticatoio torna fuori  Ben, che da comprimario diventa personaggio principale, tra l'altro in un finale che non mi aspettavo affatto.
Una chicca di sceneggiatura in un horror davvero notevole.
Tra l'altro, bravissimi gli attori, anni luce sopra la media del genere.
Chapeau!

(voto 7,5)

15.1.12

Recensione "Shame"


Piccolo excursus. Chi volesse passare direttamente alla recensione vada oltre la linea di separazione.
Per entrare nella ristrettissima scuderia di Oh Dae-Soo bisogna presentare le caratteristiche sottoelencate.
1 Avere qualcosa nel viso, negli occhi, nei tratti somatici, che mi emoziona a prescindere.
2 Essere grandi attori.
3 Avere fatto la gavetta o comunque avere offerto interpretazioni meravigliose in piccoli film.
4 Stare più lontano possibile dal cinema fracassone e mainstream, fare scelte coraggiose e di qualità.

Annunciamo l'arrivo nel club di Michael Fassbender, già mezzo colpo di fulmine in Fish tank, conferma in Eden Lake e amore definitivo in questo  Shame.
Sam Rockwell e Philipp Seymour Hoffmann lo accoglieranno nel migliore dei modi, ne sono sicuro. Ricordiamo che il club non potrà avere più di 5 membri.
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(piccoli spoiler presenti)

Non nascondo un pizzico di delusione...
Shame sarebbe potuto essere un film straordinario ma forse non c'è riuscito proprio per questo motivo, l'aver tentato di essere un film straordinario.
Brandon è un sex addicted, un sesso dipendente. L'arrivo in casa sua della sorella Sissy, una ragazza molto fragile e incapace di badare a se stessa, costringerà Brandon a uscire dalla sua (malata) routine.

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Il pregio più grande di Shame è la straordinaria cura nella caratterizzazione psicologica del suo personaggio principale. Credo che mai nel cinema si sia affrontata e resa così protagonista una "malattia" così particolare, l'assoluto bisogno di sesso (anche "privato", ovviamente) . Brandon non riesce a controllarsi, il bisogno di soddisfare le sue fantasie, reali o virtuali che siano, è incontrollabile. Il suo è un sesso rapido, sfuggente, improvvisato, occasionale, senza nessun'altra implicazione. Non è un caso che l'unica volta in cui c'era qualcosa di "programmato" e il rischio di raggiungere un coinvolgimento più serio (mi riferisco alla storia con la collega di colore) Brandon abbia fatto cilecca. Il suo è un sesso usa e getta, semplice bisogno fisiologico.
Sua sorella, all'opposto, è alla disperata ricerca dell'amore, per lei anche una sola notte di fuoco porta ad un incredibile coinvolgimento. In modo forse inconsapevole e (quasi) tragico riusciranno in qualche modo ad aiutarsi l'un l'altra.
Il problema di Shame è la ridondanza.
E' ridondante nel mostrare i nudi, quasi sempre integrali (anche di Fassbender e della Mulligan). E' vero che la tematica affrontata dal film doveva giocoforza passare per un eccesso, ma credo che si sia passato il limite inutilmente.
E' ridondante nelle singole scene, assurdamente dilatate al massimo. 

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Emblematica la sequenza in cui la Mulligan canta New York New York per intero, 5 minuti di primissimo piano. Se non fosse per gli straordinari 30 secondi di piano di ascolto di Fassbender (che attore ragazzi....) ci troveremmo davanti a un esercizio di stile davvero esagerato (bastava poco meno, forse un minuto, per renderla una grandissima scena). Stessa cosa per la sequenza del ristorante o per quella del dialogo sul divano tra i due fratelli, entrambe sequenze che da ottime (specialmente la seconda, gara di bravura tra Fassbender e la Mulligan) per un pelo, ma un pelo decisivo, rischiano di diventare quasi noiose.
Ed è ridondante la ripetitività con la quale si susseguono le stesse scene. Solo quelle di sesso sono almeno 7 (3 con prostitute, la ragazza in tailleur, la collega, il "colpo di scena", l'allegro trio), senza contare le 3,4 di masturbazione. C'è rischio che il film diventi un pochino monotono e perda troppo del suo tempo nel mostrare sesso tralasciando snodi narrativi che potevano essere più importanti.
Attenzione, parliamo comunque di scene girate alla grande, la regia è pazzesca. La carrellata laterale su Brandon in corsa nella notte ad esempio è strepitosa. Ed è potentissima la colonna sonora.
A livello di sceneggiatura ho trovato magnifica la scena della metropolitana in cui sembra accaduta una specifica tragedia (anticipata ad inizio film dalla Mulligan, troppo vicina al bordo della banchina) mentre la tragedia è sì avvenuta, ma in un'altra maniera, anche questa con un proprio rimando (il dialogo tra Sissy e il datore di lavoro di Brandon), segno davvero di una scrittura notevolissima.


E nel prefinale, in quel Brandon in lacrime per terra, ecco che il titolo, Shame, acquista un'altra possibile interpretazione alle due che ci aveva già offerto la pellicola.
Brandon si vergogna della sua malattia?
O si vergogna della sua vera natura (quella del colpo di scena sopracitato) così che tutto il sesso che ricerca, e quasi si costringe a soddisfare, non è altro che un tentativo di nascondere a se stesso la verità?
Oppure, e il finale ce lo ricorda, Brandon potrebbe solamente vergognarsi della sua vita, una vita in cui non è riuscito a costruire niente sentimentalmente, in cui ogni rapporto interpersonale, compreso quello con la sorella, non ha saputo gestirlo, una vita che, oltre un buon stipendio e una bella casa, rischia di non lasciargli nulla.
Cinema d'autore che, probabilmente, avrebbe solo bisogno di una piccola asciugatura.

( voto 7,5 )

11.1.12

Recensione: "Primal"


"Scusi Chef, la sua Bernese è ottima, veramente strepitosa con questo bollito, ma mi sembra comunque che manchi qualcosa"
"Ne è sicuro?"
"Sì, sento il dragoncello, anche il pepe di Cayenna, c'è la panna, il giusto sale e tutto il resto ma... manca qualcosa, lo sento"
"Le assicuro che si sbagl..."
"L'uovo! porca zozza Chef, non c'ha messo l'uovo! Mi sa dire che cazzo di Bernese è senza l'uovo?"
"Ha perfettamente ragione"
"Certo che ho ragione, cazzo!"
" Le ho detto che ha ragione, ora se può smettere di dire parolacce nel mio locale mi fa un favore, grazie"
" Oddio, mi scusi, il fatto è che sto scrivendo in un blog, non sono effettivamente nel suo ristorante altrimenti non l'avrei mai fatto, anzi, probabilmente non le avrei nemmeno detto che mancava l'uovo"
" Dunque lei sta mangiando nel mio ristorante attraverso il blog, mi sta dicendo questo? Quindi vuole dire che non vedrò una lira?"
" E' proprio così caro Chef, e ci aggiungo un altro cazzo alla fine per dimostrarle che siamo in un mondo assolutamente virtuale. Comunque il bollito era ottimo"

Ora fate una cosa, sostituite a Bernese--> Primal e a Uovo--> Coerenza .
Perchè questo horroretto australiano "nature" non era affatto male se non avesse avuto tremendi difetti di coerenza. E non parlo solo di coerenza narrativa (sulla quale poi magari torneremo) ma anche di una coerenza meno orizzontale e più verticale, quella della costruzione dei singoli personaggi.
Un passo indietro. Il solito gruppo di ragazzi da macello dell'horror moderno questa volta ha a che fare con qualcosa di primitivo, una forza oscura che si nasconde in una caverna sconosciuta all'uomo da millenni. Siamo insomma dalle parti del grande The Descent e del buon Rovine, Uomo vs Natura Minacciosa. Ma se negli altri due film la minaccia era ben individuabile, qua mica se capisce tanto.

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E' l'acqua? Sono gli insetti? Sono le creature animalesche? O il Vermone Merolone? Sembra che si siano mischiate 3,4 sceneggiature diverse. La coerenza dicevamo, già. E parlavamo di personaggi. La prima infetta, quella ragazza che passa rapidamente dalla ninfomania all'animalità predatrice è la summa dell'incoerenza.
-Fa balzi di 20 metri alla velocità della luce ma quando gli pare corre goffa e non raggiunge una ragazza a 6 km all'ora.
-Attacca quasi sempre furtivamente e improvvisamente ma alcune volte si piazza dietro alla vittima ferma in piedi alla Michael Myers e finchè il malcapitato di turno non si gira aspetta e non muove un ciglio.
- Morde e azzanna come un animale (quale è) ma altre volte si mette in sciopero come Pannella o semplicemente di dimentica di essere un animale (quale è).
- Prende 10 badilate in faccia da Mr Olimpia e non gli fanno un baffo ma prende uno schiaffetto da una ragazza e quasi sviene per terra

Peccato, perchè Primal ha anche tante qualità. Una trama minimamente originale (e già è tanto), delle belle location, ottimi effetti, buoni mostri e una cattiveria mica da ridere.
Chi l'ha visto non potrà mai dimenticare la figura di Chad, Il Ragazzo Più Innamorato Della Storia Del Cinema, uno che anche quando la ragazza uccide e sbrana le viscere di 3 suoi amici, ancora crede nell'Amore e alla possibilità che sia soltanto un pochino malata.
E allora da penoso sceneggiatore quale sarei, io avrei fatto così, scritto questa scena e per quello che sarebbe stato un finale veramente tosto, ditemi se ho ragione.

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La ragazza alla fine, dopo aver resistito al tentativo di stupro del Vermone Merolone, arriva dall'altra parte del tunnel? Arriva anche la prima infetta? Bene. Sarebbe stato meraviglioso se la ragazza infetta fosse tornata normale. Due piccioni con una fava ( i famosi Siamesi). Per prima cosa si sarebbe capito che il Maleficio che albergava nella natura era solo dall'altra parte del Tunnel, come fosse un'altra dimensione.
Seconda cosa, il povero, insopportabile Chad avrebbe avuto ragione: la sua ragazza era ancora là dentro, poteva veramente essere ancora salvata. E tutti gli spettatori che hanno odiato Chad durante tutta la durata del film si sarebbero ricreduti e avrebbero detto:
"Cazzo che finale!"
"Le ho detto di non dire parolacce!"
"Le ho detto che siamo in un blog! Comunque il bollito era buono."

( voto 6 )

10.1.12

Recensione: "Hanna"



So che non c'entra niente col film, ma oggi rovistando tra l'usato ho notato uno slasher con una bella copertina, Summer's moon. Quando ho letto il sottotitolo sono rimasto basito : "il sangue sporca più dell'acqua". Egraziealcazzo! Ma che sottotitolo è? Non potevano mettere anche "il coltello taglia più del cucchiaio" allora? Mah. Me lo sono segnato, arriverà presto.
Hanna...
Ottimo film, non grandissimo proprio per colpa di quello che in realtà fa finta di essere, un action killers-vs-killer d'autore. Se avesse prestato meno il fianco a sparatorie, corse in macchina e scazzottate avrebbe avuto sì forse ancor meno pubblico ma sarebbe stato veramente un grande film.
Soprattutto perchè è una pellicola "pensata", costruita, intelligente, piena zeppo di scene ben scritte, alcune davvero notevoli.
L'incipit è terribile ma non nel senso qualitativo del termine, bensì per quello che mostra. Hanna, una ragazzina cresciuta nei boschi (per motivi che sapremo poi) ed allenata per diventare una killer perfetta, uccide, con tanto di colpo di grazia, un cervo inerme. Scena forse eccessiva ma atta a caratterizzare in pochi secondi l'indiscussa protagonista del film e ad aprire un cerchio che si chiuderà perfettamente con il finale, altrettanto cinico e spietato. Come Oh dae-soo, ma a differenza sua in modo assolutamente consapevole, Hanna dopo 15 anni è finalmente pronta a mettere in atto la sua vendetta, uccidere la donna che ha assassinato sua madre.




La bravissima Saoirse Ronan, già utilizzata dal bravissimo regista Wright nell'ottimo Espiazione, interpreta magnificamente Hanna, una ragazzina incattivita in cattività :) che vuoi per geni (non anticipo niente) vuoi per l'educazione avuta non conosce niente del mondo di fuori, nè i buoni sentimenti che, a volte, lo contraddistinguono ( l'amore, l'amicizia etc..) nè aspetti molto meno astratti come l'elettricità o la musica.
La struttura base del film è molto semplice. Hanna vuole uccidere la sua "matrigna" mentre la sua matrigna, pezzo grosso dell' Intelligence americana, vuole uccidere Hanna.
A questa base però Wright, con misura e umiltà, cerca di aggiungere molto altro: un delicato rapporto padre-madre-figlia, la scoperta delle emozioni, la diversità, la natura, il destino.
Il fatto è che poi ci sono alcune scene clichè del genere action che fanno crollare tutto.
Io mi chiedo perchè in questo genere di film l'eroe riesca sempre a sgominare gli avversari, anche in rapporto 5 contro 1.



Se poi  ci aggiungiamo il personaggio dell'omossessuale ( da specificare perchè volutamente e fortemente caratterizzato in questo senso nel film) che dovrebbe essere il capo dei capi... ehm, il killer dei killer e invece, prima di essere messo a tacere, si limita soltanto a fischiettare e guidare la macchina, allora qualcosina non torna. (c'è da dire però che tale personaggio, malgrado inutile e alla fin dei conti quasi inoffensivo, è comunque dannatamente riuscito)
Restano un numero di buone scene davvero impressionante -l'attacco alla baita, l'omicidio in flash back della madre, l'incontro con la ragazzina nel deserto, l'omicidio della nonna, il piano sequenza di Eric alla stazione, il finale- che dimostrano come Hanna sia un film tutt'altro che superficiale o abbozzato.
Hanna è una favola nera come una di quelle dei Grimm così tanto "presenti" nella pellicola.
E come le "vere" favole dei fratelli Grimm, quelle non ancora edulcorate da Disney, il finale di Hanna è molto cattivo e solo fintamente consolatorio.

( voto 7,5 )

4.1.12

Le classifiche de Il Buio In Sala 2011: I migliori 15 film dell'anno

Eccoci finalmente dopo le 10 chicche, le 10 interpretazioni migliori, le 15 scene più indimenticabili e i 10 peggiori film alla classifica più importante, quella delle 15 migliori opere che ho visto visto in questo ottimo 2011. Sa tanto di excusatio non petita ma mi piace ricordare come in questo blog si preferisca quasi sempre il significato al significante, il contenuto al contenitore, l'emozione provata all'elemento che l'ha provocata.
La classifica contiene tutte le mie visioni 2011 a prescindere dall'anno di uscita. Sono ESCLUSI però quei film che pur essendo stati recensiti quest'anno o erano alla seconda visione (tipo The Orphanage) o sono dei cult straconsolidati del cinema (Le ali della Libertà, Halloween, Strade Perdute e decine di altri).
Insomma, sono tutti mie prime visioni e film recentissimi o comunque ancora non entrati nella storia di questa magnifica arte.
(i titoli rimandano alle recensioni)



Uno dei migliori film di sempre sul mondo dello Sport, probabilmente il migliore sul calcio. Un personaggio incredibile, Brian Clough, raccontato nei 44 giorni passati alla guida dell'odiato (odio reciproco) Leeds United. Interpretazione di Sheen incredibile, due, tre, sequenze strepitose e l'occasione per saperne di più su quello che, Mourinho se ne faccia una ragione, è stato il più grande allenatore-personaggio della Storia del calcio.




Visione freschissima del blog, questo film italiano quasi dimenticato fa in tempo ad entrare in classifica proprio in extremis. Il tema del diverso e quel processo di accettazione che in certe realtà non riesce nemmeno a partire. E alla fine una morte che rappresenta la sconfitta di un intero paese, di un'intera comunità. E l'occasione, per chi ancora non l'avesse ancora fatto, di conoscere un regista italiano coi controrazzi, Giogio Diritti.




Se cercate un film sull'aborto credo che questo sia quello definitivo. Nessun fronzolo in quest'opera, tutto asciutto ed essenziale. E quel feto per terra non si dimentica facilmente. Attrici strepitose. Se amate le grandi pellicole che fanno riflettere.




Questo è oggettivamente tra i più bei film italiani usciti nell'ultimo decennio. Come in Sorrentino c'è il rischio che la straordinaria maestria tecnica e registica lasci un pò sullo sfondo il contenuto dell'opera ma averne di film così potenti. Se non fosse per gli ultimi minuti,un pochino ripetitivi, parleremmo di capolavoro senza se e senza ma.




Opera incredibile, devastante. Un uomo che non ha più nulla da perdere, niente più da spartire con il mondo. O forse no... Proprio quando tutto sembra finito, quando il più terribile dei gesti pare compiuto accade qualcosa. I 10 minuti finali sono leggenda.




Il soggetto (tratto da un famoso libro) vale da solo la visione. Film unico nel suo genere fa della sottrazione delle emozioni la sua componente più emozionante. Profondissimo, e con 3 giovani attori che fanno faville. Sottovalutato.




Il più bel film italiano visto quest'anno. Piccola opera che racconta senza nessun pietismo e nessuna retorica come a volte l'handicap possa diventare un dono. Dolce, misurato, poetico. E con una sequenza finale indimenticabile.




Quasi sicuramente il più bel survival che abbia mai visto, un incubo lungo più di un'ora che mi ha suscitato un'angoscia incredibile. Non mi era mai capitato di entrare così in empatia con la protagonista di un horror e soffrire così tanto per lei da, alla fine, desiderarne la morte. Fa davvero paura perchè racconta l'orrore del quotidiano, un orrore tremendamente possibile.




Probabilmente il più bel omaggio che il Cinema abbia mai fatto alla morte. Film di una poesia e leggerezza unica. Sfiora più volte il rischio melassa, è vero, ma si ha comunque la sensazione che tutto il lirismo che lo pervade sia assolutamente parte del film, nessun trucco. Per chi vuole affrontare un tema tabù in una maniera dolce e delicata.




A livello di sceneggiatura è probabilmente il vincitore dell'anno. Una scrittura incredibile che mischia il giallo, il thriller, il drammatico, il sentimentale e lo storico in maniera mirabile. Una storia affascinante lunga una vita intera. Ed anche a livello tecnico ed interpretativo non siamo da meno.





Credo che sia indubbiamente il film più potente dell'anno. Qualcosa di unico, una vera e propria esperienza. Regia e colonna sonora da primo posto incontrastato, personaggio principale magnifico. Gli manca una sceneggiatura un pochino più curata per renderlo perfetto.




Si è dibattuto tanto su questo straordinario film. Soggetto strepitoso (l'idea di aspettare la fine del mondo-e che fine del mondo poi- concentrandosi solo su 3,4 persone), atmosfera nel secondo tempo indescrivibile. Lo ripeto per l'ultima volta, Von Trier, e Melancholia con lui, non lo si deve condividere, non lo si deve accettare, non lo si deve amare, bisogna solo restare ammirati e affascinati da quello che la sua malattia riesce a produrre. Io lo odio, ma ne sono rimasto tramortito.




Se non fosse per la componente paranormale assolutamente inutile ci troveremmo davanti ad un'opera mastodontica che affronta la tematica della malattia, della morte e dell'amore filiale e paterno in un modo che mette i brividi addosso. Inarritu ci offre un cubo di Rubik che ha già tutte le sei facce nere senza che precedentemente si sia avvalso di tutti i magnifici incastri dell'inseparabile Arriaga. La scena finale è per profondità e lirismo qualcosa di indescrivibile.




Pellicola straordinaria, devastante, praticamente perfetta. Un viaggio nella memoria e nel passato per arrivare alla più sconvolgente delle verità. Attrici strepitose, sceneggiatura che gioca con il tempo e con i luoghi in maniera impeccabile, due, tre scene da antologia e un finale da pelle d'oca. 1+1 può fare 1? Brividi.




Sì, vince Dogtooth perchè è un film unico, una pellicola che rende brutale anche il nulla. Chiaramente ispirato da Haneke, Lanthimos forse riesce anche a superare il maestro. Soggetto sconvolgente che mette in crisi qualsiasi nostra certezza. Basta poco per realizzare una pellicola spietata. Intellettualmente credo sia uno dei film più belli della storia recente del cinema. Finale sì bastardo, ma perfetto. Vince Dogtooth perchè è uno dei pochi film che mi sia capitato di vedere in vita mia che non somiglia a nessun altro.

3.1.12

Le classifiche de Il Buio in Sala 2011: I peggiori film

Questo non è un blog come gli altri...
Nessuna presunzione, al contrario, con questo intendo solo dire che i film brutti che passano di qua non ce l'ha nessuno (solo blog o siti specializzati).
Per questo avete la certezza che tutti gli obbrobri presenti in questa classifica (sì, stavolta una vera e propria classifica) sono davvero brutti, diciamo inguardabili.
Tra trash allucinanti (roba che il cestino del trash rigetterebbe fuori) e presunti capolavori autoriali che istigano all'omicidio, cominciamo a vedere, citando il meraviglioso blog dell'amica Lucia, qual è Lammerda dell'anno:



Questo non è un film, questo è il ritorno dello zio Sam che vuole te nell'esercito. Unica megaproduzione di questa classifica World Invasion è un vergognoso video di reclutamento mascherato da film.




Altro filmettino che non è costato sicuramente 2 lire. Marc Caro si stacca da Jeunet e tenta il colpaccio della vita con un fantascienza mistico che vorrebbe parlare dell' Origine delli Uomo, di Religione e altri massimi sistemi. Non provoca nessuna riflessione, solo una voglia sfrenata di farla finita (col film intendo). La scena finale è qualcosa che non ce se crede.




Cosa succederebbe se la lobby dei doppiatori italiani decidesse di saltar la barricata ed inventarsi sceneggiatori, registi ed attori? Succederebbe questo.




Qui non è questione di bello o brutto. Qui è solo che hanno rotto le palpebre co sti z-movies con protagoniste creature modificate di tutti i tipi. In compenso il film mi ha ispirato la prima rece non in prosa della carriera.




Ecco il caso italiano dell'anno (il regista (?) è umbro poi). Dal trailer sembrava stocazzo e invece stocazzo che era come il trailer. I 3 attori protagonisti vincono 1°, 2° e 3° premio dei tre peggiori interpreti dell'anno. Si salva, oltre Stivaletti, soltanto il grande Blitch, qui nei panni di un sadico e colto macellaio lettore di Baricco.




Andate a casa, toglietevi il cappotto e le scarpe e mettetevi seduti in poltrona. Fatevi preparare un thè. Ecco, ora, tazza in mano, iniziate a fissare il muro. Fatelo per un'ora e 27. Perfetto, potete recensire il film anche voi.




Andate a casa, toglietevi il cappotto e le scarpe e mettetevi seduti in poltrona. Ora LEGGETE LA MIA RECENSIONE. Poi, fatevi preparare quello che vedete.. Ecco, ora, PIATTO in mano, iniziate a fissare il muro. Fatelo per un'ora e 25. Perfetto, potete recensire il fim anche voi.




Antonio Zequila, il Maestro Mazza, Antonella Mosetti e altri personaggi indimenticabili della nostra televisione (li trovate in rece) in una pellicola che non ha un minimo senso dall'inizio alla fine. Ripeto, il MINIMO senso. Poteva esser battuto solo dai primi due.




Questo è probabilmente il più brutto film della storia del cinema. Soltanto altre questioni, non strettamente cinematografiche, potevano non farlo vincere. Questa è la storia di un uomo brutto come la fame che con la scusa di farle partecipare a un film, riesce a battezzare 5,6 ragazze deficienti.
Abominio.

1 PARC 



La mia nemesi. L'unica volta in vita mia che ho provato un istinto omicida fortissimo. Come scrivo in rece: " In confronto un nano che vuole giocare in Nba è meno presuntuoso". Ho sfidato chiunque a tentare l'impresa di vederlo fino alla fine. C'è riuscito solo un utente, Al Pacino. A lui dedico questa classifica.