Quando capiremo che nei licei italiani
oltre ad imparare seni e coseni, quartine a memoria e sbarchi dei Mille ci
sarebbe anche la necessità di affrontare profondamente e non superficialmente
la vita vera e tutte le su problematiche, e quando ci accorgeremo che per far
questo non c'è niente di più stimolante ed intelligente del Cinema, allora Il
vento fa il suo giro di Giorgio Diritti dovrebbe divenire uno dei
"testi" obbligatori da inserire in programma.
L'accettazione del diverso, del
forestiero, la capacità di adattamento, l'importanza delle tradizioni e delle
radici e la necessità, a volte dovuta ad una costrizione, altre ad una vera e
propria volontà, di accontentarsi delle piccole cose della vita, sono solo
alcune tra le tematiche affrontate dal film.
Philippe è un pastore francese che decide
di trasferirsi a vivere con la famiglia in un piccolissimo borgo di montagna,
praticamente disabitato 11 mesi all'anno, della Val Maira, nel cuneese.
Philippe è di un'altra nazionalità, Philippe parla un'altra lingua, Philippe fa
un lavoro che nessuno nel borgo ama più fare, Philippe è intelligente, Philippe
ha una bella famiglia e una bellissima moglie, Philippe non ha niente in comune
con i pochi abitanti del luogo. Per lui tutto questo è soltanto uno stimolo,
per i paesani un ostacolo insormontabile.
Certo che ancora una volta il piccolo
paese, la piccola comunità, esce completamente distrutta alla prova
cinematografica. Impossibile non tornare al Dogville trieriano o allo splendido
Cane di Paglia (durante la visione ho pensato continuamente, sbagliando, che la
vicenda sarebbe andata a finire come nel film di Peckinpah) ma mi piace anche
ricordare quel nero gioiello di Calvaire (e il suo bar, che per un istante ho
rivisto nel film di Diritti) o per restare ad un film che ho visto molto di
recente, l'ottimo Regreso
a Moira.
Il piccolo paese chiuso su se stesso, nelle proprie tradizioni o
nelle proprie credenze ma anche, particolare da non trascurare, nelle proprie
facce, non accetta un figura diversa da se oppure, al contrario, ne è
profondamente attratto. Luogo ristretto, mentalità ristretta, sembra una
semplificazione troppo netta o un'accusa troppo superficiale ma è inutile
nasconderselo, il più delle volte è così. Non è un caso che Diritti veda
nel clarinettista di "città" la persona più coscienziosa ma anche che
lo "scemo del villaggio", un ragazzo affetto da gravi problemi
mentali, sia l'unico a integrarsi perfettamente con la nuova famiglia, anzi,lo
faccia in modo così forte da arrivare persino ad averne bisogno.
Tra paesaggi mozzafiato, luoghi e facce
che riportano tanto alla bellissima letteratura di Mauro Corona, Diritti
racconta con calma ed accuratezza le invidie, le pulsioni sessuali, l'odio e i
tentativi di "boicottaggio" che la famiglia di Philippe è costretta a
subire per esser mandata via. Qui alal fine non c'è il padre di Grace a
bruciare tutto, il paese avrà la sua vittoria. Vittoria effimera però perchè in
un finale che è l'insieme di 4 finali, uno più bello dell'altro, anche il paese
dovrà pagare lo scotto di quello che ha fatto.
La ragazza più giovane se ne va, proprio
mentre torna nel borgo il più vecchio abitante.
Il ragazzo malato di mente appena saputo
della partenza di Philippe e della sua famiglia si uccide. Questo suicidio, il
suicidio di un proprio figlio, del sangue del proprio sangue, è per il paese la
consapevolezza del l'errore commesso perchè, indubbiamente, sono stati loro ad
averlo ucciso. Quel ragazzo che non c'è più rappresenta la reificazione di un
senso di colpa che deve venir fuori, di una coscienza collettiva che in qualche
modo ha bisogno di essere risvegliata. Non è un caso che la vicenda,
dall'arrivo di Philippe alla sua partenza, sia racchiusa in 9 mesi, 9 mesi,
quanti ne servono affinchè nasca qualcosa di nuovo.
E il racconto che lo splendido sindaco
legge in chiesa, un racconto che mi ha messo i brividi addosso per bellezza e
profondità, è soltanto il passo successivo di questo bisogno di nuova vita.
Tutti gli uomini hanno bisogno di sentirsi uguali, tutti, nessuno escluso, per
poter far qualcosa di grande insieme.
E nell'ultima immagine, nel mio personale
4° finale, un ragazzo decide forse di tornare ad abitare là nel borgo, proprio
dove è vissuto Philippe, e provare a ricominciare.
Perchè alla fine tutto torna al proprio
principio, il vento fa il suo giro e torna indietro.
E se Philippe è stato l'uomo che è venuto
a ricordarlo ai paesani, con un ritorno anche materiale alla vita di un tempo,
forse quel ragazzo è l' Uomo che Verrà a ribadirlo ancora.
Il vento fa il suo giro, tutto ritorna
prima o poi.
Magari tornerà anche Philippe.
E, magari, sarà tutto diverso.
( voto 8,5 )
ricordo che m'aveva colpito molto la figura della signora delle mucche (mi pare) e perché fisicamente somigliava un po' a mia nonna, e perché somiglia, purtroppo, a tante persone che conosco. (anche se, diciamo la verità, pure philippe non è proprio un personaggio simpaticissimo).
RispondiEliminabella cosa hai scritto. non concordo solo su corona. essere evitabile, secondo me.
:-)
OT -Buon Natale! ..a Lei e famiglia;)
RispondiEliminaUn film che ha portato una "ventata" di ottimismo nei confronti del cinema italiano. Bellissimo.
RispondiEliminafilm stupendo. una delle visioni più piacevoli che mi siano mai capitate :)
RispondiEliminasoprendente Diritti.
Concordo con Eraser e Einzige.
RispondiEliminaFilm bellissimo e potente.
Diritti è uno dei nostri patrimoni più importanti.
Ciao bello! Tanti auguri. Spero di tornare a commentarti con una certa costanza che ultimamente...
RispondiEliminaA tutti: ricambio gli auguri, quelli espliciti e quelli impliciti!
RispondiEliminaFilm bellissimo per tutti, meglio così.
Ciku, quella donna è allucinante, io l'avrei uccisa. :)
Su Corona non mi sono espresso riguardo l'uomo, ma riguardo le opere. I due romanzi che ho letto mi son piaciuti molto in effetti.
Ciao a tutti!
Ma che bella recensione!
RispondiEliminaE sono d'accordo, è un film che andrebbe fatto vedere nelle scuole, altro che quella rottura infinita di scatole de L'albero degli zoccoli di Olmi (per cui penso la stessa cosa di Fantozzi a proposito de La Corazzata Potemkin) che mi portarono a vedere alle medie, al liceo e che mi proposero pure all'università, ma lì almeno potei scegliere di non andare. ;-)
Grazie!
RispondiEliminaTi sei dimenticata le elementari, forse l'hai rimosso ma di sicuro te lo fecero vedere. :)
Ecco, sì, l'avrò sicuramente rimosso ;-)
RispondiEliminaDiritti è un regista ancora poco conosciuto e ancora poco apprezzato ma spero che la cinematografia italiana e, soprattutto, il pubblico gli dia ancora piu spazio....
RispondiEliminaQuesto non l'ho visto e mi sono ripromesso di farlo...
Ho visto, invece, e recensito "L'uomo che verra"
http://dino-freezone.blogspot.com/2011/01/luomo-che-verra.html
Bella recensione! Vidi questo film qualche anno fa, su suggerimento di un amico che vive in un contesto simile, e nel quale anche io ho provato a vivere per qualche anno. Se non ricordo male, tra i 'dispetti' che vengono fatti a Philippe c'è pure quello, vagamente simil-mafioso, di uccidergli alcuni dei 'suoi' animali. Una cosa che mi ha rattristato e indignato molto. Il film è molto bello, ed è sconcertante che in luoghi così elevati - ma anche molto, molto duri, lo so per esperienza - possano vivere persone così grette nell'animo. Ma è la verità, ed è commune a molte troppe piccole comunità chiuse, chiuse forse - anche e soprasttutto oggi - per paura ; il che non giustifica - anche se forse prova a spiegare - certi comportamenti davvero esecrabili. In questi luoghi, lo straniero che prova a inserirsi, rimane sempre tale - anche se resiste, anche se riesce a rimanere magari dopo decenni, ci sarà sempre qualcuno o qualcosa che gli ricorderà il suo essere non di quelle parti.
RispondiEliminaSì sì, gli uccidono le capre.
EliminaGuarda, tutto il tuo discorso è perfetto ma per una grandissima coincidenza di queste cose ho parlato proprio questi giorni visto che nel cinforum che gestisco abbiamo affrontato la tematica della piccola comunità e del "diverso".
C'era questo, Dogville e Il Sospetto.
Come dici te, Diritti ha raccontato la cosa in modo perfetto.
Questa si chiama serendipità! :) Guarda, il fatto che venissero uccise quelle capre, mi fece star male e indignare: son fin troppo prevedibili gli umani nelle loro crudeltà vigliacche. Un motivo in più, semmmai, per rivedere il film, magari per (ri)farne una critica anche sotto una interpretazione attenta agli animali, che non liquida in mezza riga, come mero evento narrativo, l'assassinio di capre, ma ne indaga a fondo le logiche di violenza ramificata.
RispondiEliminaInteressante la trilogia concettuale fatta nel vostro cineforum. Dogville mi rimase immpresso per la sua messa in scena quasi teatrale, che sulle prtime mi spiazzò. Non ho visto Il Sospetto, che sembra bello tosto, ma ricordo Mikkelsen in un film della Susanne Bier, altra regista che mi intriga e appassiona
Oltre al fatto gravissimo in sè l'uccisione di quella capre nel film è davvero inumana e ipocrita.
EliminaLui doveva andare a una riunione con tutto il paese per parlare della sa situazione e gli uccidono le capre proprio in quel momento. Infatti si vede lui che passa lo sguardo dalle capre al comune (è indeciso se andare o no) e poi giustamente non va.
No no, gli animali sono importanti nel film, le capre sono tutto quello che ha.
Ho gestito 3 rassegne, 10 film, questa era l'ultima, sono stanco, non è facile prepararsi i discorsi, far vedere film che ami e poi discuterne anche con gente che, giustamente, non li apprezza. Mi ci vuole una pausa e lascio la palla ad altri.
Una era sul cinema orientale, una sulla malattia psichica e una, appunto, sulle piccole comunità.
De Il Sospetto che dirti, per me è stato il più bel film dell'anno scorso.
E anche lì soffrirai molto in una scena. In più di una, ma in una soprattutto
Anche se è uscito prima rispetto a "L'uomo che verrà", mi piace ripensare a questo film più come al suo seguito. Due comunità analizzate per analizzarne il singolo: così genuino, ben disposto, amichevole, pieno di speranza, fedele ai propri principi, fraterno verso tutti gli altri ne "L'uomo che verrà". E questo nonostante tutta la precarietà di quei giorni.
RispondiEliminaCosì ipocrita, egoista,sospettoso, falso nonché approfittatore, quello de "Il vento fa il suo giro".
E questo nonostante la stabilità dei nostri giorni.
Se visti uno dietro l'altro, possiamo immaginare anche che i due film indichino quanto l'animo delle persone - che potremmo comunque definire "brave persone" - tenda ad inaridirsi sempre di più con il passare del tempo.
Nonostante mi siano piaciuti tantissimo entrambi i film, non mi decido mai a guardare anche "Un giorno devi andare".
davvero notevole il parallelismo (e contrasto) che hai trovato sui due capolavori di Diritti...
Eliminaè anche vero che i contesti, sia geografici che storici, sono abbastanza decisivi in questi due casi, quindi non so se possiamo parlare di "continuità" narrativa
ma di sicuro il tuo parallelismo ci sta alla grande
"Nonostante mi siano piaciuti tantissimo entrambi i film, non mi decido mai a guardare anche "Un giorno devi andare""
avrei potuto scrivere le stesse cose...