5.2.23

Recensione: "Speak no evil" - Rocco's House

 

Può un film che parte da un presupposto completamente inverosimile (nel senso peggiore del termine, ovvero con un vero e proprio errore macroscopico) esser comunque bellissimo?
Sì, perchè io di film come Speak no evil ne vorrei ancora, ancora e ancora.
Speak no evil, al netto dei difetti di cui parleremo (e so già che saranno difetti diversi da quelli che molti altri hanno visto) è grandissimo cinema del disagio, della minaccia, della paura sottile, del fastidio.
Un film che ha bisogno di esser letto, e ognuno lo farà con la propria esperienza, la propria psicologia e la propria sensibilità, come è giusto che sia.
Perchè i comportamenti dei suoi protagonisti vi sembreranno a volte sbagliati, inverosimili e privi di senso.
Eppure potrebbe non essere così,
Provo a dire perchè.

(purtroppo la recensione è stata scritta in una settimana, in 3 mezz'ore diverse e distanti tra loro. Quindi, se vi sembrerà ancora più caotica del solito, e magari in alcuni momenti ripetitiva, è perchè non avevo voglia di riprendere perfettamente il filo del discorso)

PRESENTI SPOILER DOPO IMMAGINE CHE URLANO INSIEME




Mannaggia, dico io.
Perchè un film come "Speak no evil", con qualche accortezza in più, poteva finire di diritto in quella ristretta cerchia di filmoni straordinari misconosciuti che uno non si dimentica più, quel club, per capirsi, dove metto roba come Possessor, November o il recentissimo visto You won't be alone.
Eppure questo bellissimo film danese è penalizzato da - almeno - un peccato originale non superabile e qualche altro peccatuccio minore qua e là, cose che per quanto mi riguarda non
 rovinano completamente il risultato, eh, ma incidono sulla grandezza assoluta del film.
Siamo in Italia, nel - da me ben conosciuto - entroterra toscano, luoghi magnifici con i borghi e le colline tra i più belli d'Italia.
Una famiglia danese e una olandese sono ospiti dello stesso resort.
Fanno amicizia, passano qualche giorno insieme, poi tutti a casa loro,
Senonchè un giorno i danesi riceveranno un invito a passare un week end dagli olandesi.
Ecco, non torneranno più.

Speak no evil, al netto dei difetti di cui parleremo (e so già che saranno difetti diversi da quelli che molti altri hanno visto) è grandissimo cinema del disagio, della minaccia, della paura sottile, del fastidio. Uno di quei film che alla fine stigrancazzi se non tutto torna (nel qual caso sarebbe stato sicuramente un piccolo capolavoro di genere), l'atmosfera vissuta è stata eccezionale lo stesso, quindi "grazie così" e "magari sempre" aggiungo io.
Tutto quello che avviene dal momento in cui la famiglia danese arriva a casa degli olandesi è talmente disagiante, e in modo così sottile, nascosto e intelligente, che compensa tutti gli errori "razionali" che troveremo poi.
Tafdrup - il regista - riesce a calarci in un horror psicologico che riesce ad esser tale anche quando nei significanti, nelle cose che mostra, sembra mostrare tutt'altro.
Questo grazie ad un magnifico lavoro sugli attori, sui dettagli, sulla colonna sonora (ad esempio immagini luminose e festose iniziali sono accompagnate da suoni e musiche disagianti, veri e propri - secondo me perfetti - spoiler di quello che vedremo).
Più vediamo cose apparentemente normali più, però, di pari passo insieme ai danesi, il nostro fastidio sale sempre di più, la paura serpeggia, l'inquietudine fa capolino.
Certo, a volte i segni che sotto si celi qualcosa di terribile son tangibili (vedi ad esempio la splendida scena dell'urlo muto del bambino senza lingua - tra l'altro scena scelta per l'immensa locandina -) ma quasi sempre il terrore sta dietro piccole cose o piccoli comportamenti che, normalmente, in situazioni meno "dense", sarebbero del tutto innocui, come la battuta del capofamiglia olandese su come Luoise fosse la cosa più bella della Danimarca, come il ballo abbracciati degli olandesi, come il conto non pagato, come il letto per la bimba troppo piccolo e basso, come loro che parlano olandese cosicchè gli altri - e noi con loro - non capiscono.


Insomma, vero cinema del disagio, quello che probabilmente più amo.
Di cose ne accadono tante altre, come lui (bellissimo che non ci sia certezza che sia lui ma noi siam sicuri, e questo è merito della sceneggiatura, che sia lui) che lava tranquillamente i denti mentre la moglie dell'altro fa la doccia, come sempre lui (vero ed eccezionale protagonista del film) che li scorge mentre fanno sesso, fino ad arrivare a quella che è forse la scena madre del disagio, ovvero la bambina portata a dormire a letto con gli altri, perlopiù nudi (ma anche questa scena ha un eccezionale contraltare morale, perchè alla fine mentre la bimba chiedeva aiuto di notte i genitori, pur sentendola, continuano a far sesso, quasi una scena da senso di colpa da incipit di Antichrist).
Questa scena porta i danesi, legittimamente, a fuggire.
E il film, fino ad allora perfetto, inizia a presentare situazioni molto opinabili.

Prima di addentrarci, come sempre, nell'analisi dei significati è bello ricordare come questo film - ma ormai nel cinema di oggi il livello estetico è quasi sempre altissimo - sia una gran bella cosa da vedere.
Già solo l'incipit (che non ho ancora ben capito se mostri il loro arrivo alla villa in Toscana o sia un'anticipazione di una scena che vedremo poi in Olanda) con quella macchina nella notte è davvero bellissimo, con quei colori terra marrone e un'atmosfera inquietante che, da subito (come del resto farà anche la colonna sonora) ti "anticipa" che anche se vedremo immagini di festa, di vacanze, di sole e divertimento il film, prima o poi, finirà nell'incubo.
E che lo spettatore sappia questa cosa sin da subito e stia tutto il film ad "aspettarla" lo rende ancora più suggestivo per me.
Location stupende, come la campagna toscana, come i borghi, come i campi olandesi, come la cava, come quelle strade buie e polverose notturne.
Fotografia cangiante e bellissima, calda, fredda, livida, sporca, cambierà più volte come, del resto, cambiano continuamente i mood psicologici del film.
Psicologia che, alla fine, è alla base dell'intera opera, suo punto di forza e di debolezza.


Andiamo con ordine.
Intanto, l'errore macroscopico di base.
Di serial killer che uccidono decine di persone ne sono esistiti non tantissimi ma comunque nemmeno pochi.
Anche l'esser stati scoperti molto tardi (o non esserlo stati per niente) è abbastanza frequente.
Il problema è che i serial killer :

1 non uccidono più volte intere famiglie
2 di certo non invitano alla luce del sole le loro vittime a casa

Speak no evil pecca di questo peccato originario, facendoci credere che una famiglia può invitare altre famiglie, così, alla luce del sole, farle fuori, prendergli i bambini e non essere scoperta.
Questa cosa non solo non può accadere decine di volte (come ci mostrano le foto sullo sgabuzzino) ma non può riuscire, facendola franca, nemmeno una sola volta.
Una famiglia che va un week end da un'altra parte lo sanno in tanti, amici, altri parenti etc..
Se quella famiglia non torna e si sa perfettamente dove sia andata è poi impossibile che la famiglia che l'accoglieva non venga sentita o indagata.
E ok, una volta le può andar bene, magari due volte (già impossibile) ma non decine.
Se pensate poi che quella famiglia di assassini tiene ogni volta a casa il figlio/a di quella precedente (quindi chiunque indaga troverebbe il figlio della famiglia scomparsa) ecco che il film ha una falla non rimarginabile, diventa completamente sbagliato e inverosimile. E questo anche sposando la chiave metaforica che, invece, spiega e, anzi, eleva, molti altri comportamenti.
Mi riferisco, e qui arriviamo all'anima dell'opera, alla "presunta" (vedremo perchè ho scritto presunta) o reale passività della famiglia danese.
Partiamo dalla fine.
Molti amici hanno trovato "incredibile" come loro accettino tutto quello che gli accade, morte tremenda compresa (in un finale - anzi, pre-finale - maestoso, terribile ed "epico") ma, anche qui, dobbiamo un attimo rispolverare la letteratura criminale.
Spessissimo, direi addirittura in maniera più o meno forte quasi sempre, le vittime di killer si ritrovano inermi a morire. Aver paura di morire, capire che l'altro ha assolutamente la "capacità" di ucciderti (e Bjorn lo sa perfettamente) ti mette in uno stato di shock e di "impreparazione" (nessuno di noi può essere preparato a ritrovarsi nelle mani di un assassino) che ti provocano, quasi sempre, passività, inerzia, blocco.
Accetti tutto quello che accade, speri che, accondiscendendo, puoi salvarti e solo raramente, a meno che non ci ritroviamo in omicidi d'impeto (ma il film racconta tutt'altro) hai una reazione violenta.
E quei due coniugi non solo sanno che stanno per morire (e già questo basterebbe) ma hanno appena perso loro figlia, uno degli shock più devastanti che si possano provare.
Quindi sì, i loro ultimi 10 minuti in cui come automi e marionette sottostanno a qualsiasi cosa gli si chieda sono perfettamente verosimili.
Prima invece hanno lottato, e anche duramente (mi riferisco alla scena in macchina quando lui prova più volte a reagire e lei protegge con tutta sè stessa la figlia) ma era una lotta impari che, una volta persa, li ha portati ad una condizione psicologica (vista la situazione per cui hai perso tua figlia e non hai modo di salvarti) di pre-morte, ovvero di mancanza di forza fisica e psicologica, di completo abbandono agli eventi.
Non c'è una sola azione, in questi 20 minuti finali, in cui io stesso, credo, mi sarei comportato in maniera migliore di loro, anzi, probabilmente sarei stato ancora più immobile e scioccato.
Però questo finale, finale, lo ripeto, in cui i due lottano come animali per poi "accettare" la fine, è arrivato a causa di tanti piccoli comportamenti avuti per tutto il film, quei comportamenti che hanno portato poi gli olandesi a proferire la frase simbolo del film, ovvero :

"No, siete voi che ce lo avete lasciato fare"

Frase straordinaria che, da sola, "legge" l'intera opera.
Perchè "Speak no evil" racconta alla fine di una famiglia che pur reagendo più volte (penso alla prima fuga, alle accuse che lei ha il coraggio di muovere contro gli altri, e ad un paio di forti discussioni),  e pur non essendo assolutamente passiva (anzi, è una famiglia di forti valori che sin da subito riconosce il giusto e lo sbagliato e sin da subito ha una giusta reazione emotiva alle cose), pur, insomma, reagendo e capendo la gravità delle situazioni, alla fine, volendo o nolendo, sembra far di tutto per arrivare a quel finale.
Ed è questo che rende il film ancora più bello, perchè qui non abbiamo un personaggio del tipo del protagonista di Calvaire (ad esempio), ovvero un essere umano incredibilmente incapace di reagire, ma una famiglia che capisce, che reagisce, che si incazza, che scappa, che lotta, che sin da subito trova inquietanti gli altri, eppure, eppure, arriva a quel finale, eppure non ha mai la forza per andare fino in fondo e fuggire, eppure viene manipolata malgrado sembri avere mille comportamenti di non manipolazione.
Ecco, "Voi ce lo avete lasciato fare" è vero, perchè anche se voi siete fuggiti una volta (anzi, due), anche se voi avevate capito chi eravamo, anche se voi eravate in forte disagio, alla fine siete qui con noi, e noi adesso completiamo la nostra terribile opera.
E non dimentichiamo che lui, l'olandese, è un grandissimo manipolatore, pensiamo alla scena in cui ritornano per il peluche (ne scrivo appena sotto) in cui si mostra dispiaciuto e chiede scusa, o a quella - da buddy movie - delle urla alla cava.
Comportamenti di grande umanità e comprensione per far sentire in colpa gli altri e, in qualche modo, tenerli con sè.


In questo senso va letta quella che, secondo me (a parte la cornice completamente inverosimile di cui parlavo) è l'unica scena veramente "sbagliata" ed inconcepibile del film, ovvero loro che ritornano alla casa di una famiglia di cui hanno paura e da cui sono fuggiti di notte senza nemmeno avvertirli, e tornano solo perchè la bimba ha lasciato (anzi, no...) il suo amato peluche.
Ecco, questa azione, più di tutte, è emblema della frase di cui sopra e, seppur "verosimile" (nel senso che è comunque un'azione reale e non metaforica), va letta in chiave simbolica secondo me.
Perchè tutto il film, alla fine, può esser visto come simbolico e forse non a caso nel finale la morte avverrà tramite lapidazione, un'immagine biblica (in una cornice stupenda, sembra quasi una scena presa da Von Trier) dove ci si confonde su chi siano i peccatori, su di chi sia "la colpa" di tutto.
Tra l'altro, molto sottotraccia, secondo me nel personaggio di Bjorn era avvertibile sin dei primi 10 minuti (in cui lo vediamo "emozionato" e turbato più volte) una specie di debolezza da "vittima designata", come un uomo che sta presagendo qualcosa di bruttissimo e che sa già che non riuscirà - per carattere o forza maggiore - a combattere.

In ogni caso, sia che gli atteggiamenti dei protagonisti riusciate a comprenderli che no, questo resta un film di altissimo livello sotto il profilo della densità psicologica.
Sentirete più volte il disagio provato dai protagonisti (in questo senso anche la scena del ballo - alla Dogtooth - e quella della televisione a volume altissimo di notte non scherzano), avrete paura per loro, soffrirete per il tremendo destino riservato alla figlia e ai genitori. 
Insomma, "vivrete" il film in maniera assoluta.
E vi farà male.
E un film vissuto così è un film che, malgrado tutto, andrebbe solo amato

29 commenti:

  1. Ecco, io ci ho dato un altro senso ancora.
    Per me parla di una famiglia che sta per scoppiare. I momenti di Bjørn (con quel sorriso da ebete perenne) in solitaria quando va a cercare il coniglietto in Toscana e la meccanicità con cui mostrano la loro routine, mentre sono in procinto di mostrarsi perfetti e vengono fatti fuori da chi esaspera gli stilemi della perfezione...

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    1. Ah, ci sta

      tra l'altro ti giuro questo è il film negli ultimi anni che, almeno nelle mie cerchie (a voce con gli amici, in piccolissimo qua e tantissimo su fb) sta portando avanti più teorie e discussioni

      è veramente straordinario quante cose tiri fuori, non ricordo dialoghi così vivi su un film da anni

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  2. Anche io la penso più come Giacomo, sopra. Comunque, gran film, che mi ha messo addosso un nervoso indicibile e che, di conseguenza, non riguarderò mai più nella vita.

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  3. Intanto condivido il commento di Matteo visto che Blogger ormai è una merda sempre più merda

    "Speak No Evil è uno di quei film che a visione conclusa lasciano il bisogno di lavarsi di dosso quello strato di unto, di disagio e di disperazione che ci sommerge; esperienza ripetuta solo con pochi altri espressionisti della sofferenza, Von Trier (Nymphomaniac, Antichrist,The House that Jack Built), Noe (Carne, Seul Contre Tous), Laugier (Martyrs) quelli che ricordo vividamente. Io credo che l'inettitudine estrema coadiuvata dal perbenismo dei protagonisti sia il punto focale di Speak No Evil, evidenziato dal titolo e dalla risposta degli aguzzini alla domanda "perchè fate questo?". E' proprio il senso di assoluta impotenza che lascia il segno. Al netto di alcune fallacie di sceneggiatura lo ritengo un'opera potente, senza dubbio uno dei migliori horror visti nel 2022, un anno che nel merito del genere mi ha soddisfatto molto poco (X, Pearl, Guillermo del Toro's Cabinet of Curiosities) e deluso in svariate occasioni (Barbarian, Cerdita, Hellbender, Gwledd); vale la pena menzionare The Innocents di Vogt (sceneggiatore di Trier) come altra opera rilevante dell'anno passato in termini di film del disagio famigliare di aria scandinava."

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    1. Firmo tutto Matteo.
      Anche il fatto che non è stato un grande anno per l'horror (per me il migliore è Piove).

      E anche io c'ho visto sia tanto Trier

      Ad un mio amico invece ha ricordato tanto Borgman, ci devo riflettere

      The Innocents in lista!

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  4. Ho visto questo film e più passava il tempo e più ero indeciso se ridere o piangere: mai vista una coppia di protagonisti più idiota di quella.

    Alla fine, in modo sarcastico, direi che hanno avuto quello che si meritavano.

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    1. Peccato, secondo me invece è un gioiello a livello psicologico. E anche tutti i comportamenti mi sembrano davvero interessantissimi e per niente inverosimili

      ma, come dicevo sopra a Giacomo, mai visto ultimamente un film che ha portato a più discussioni di questo (non qua ovviamente, ormai commentare nei blog è un miracolo)

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  5. "siete stati voi ad averci permesso di farvelo ...."

    forse molti altri, tra i tantissimi delle foto, non glielo hanno permesso.

    Questo giustificherebbe in parte il come ad oggi non siano stati ancora scoperti. Per certo sappiamo solo di un'altra coppia vittima, tutte le altre potrebbero essere tornate a casa loro, solo con un po' di disagio.

    Fatta la tara a questa parziale giustificazione, ho trovato tutto poco credibile e la forzatura che si perpetua per tutta la sceneggiatura mi ha trasmesso un non sense davvero difficile da digerire.
    Peccato perchè l'idea era valida e la regia sapiente nel mettere addosso malessere e ansia

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    1. come non detto, tra foto e foto ci sono troppi scambi di bambini, quindi di vittime ce ne sono molte, moltissime. Impossibile che dopo la seconda, qualcuno non abbia denunciato, che qualcuno non abbia indagato.

      un vizio per me non accettabile, quindi bene l'emozione, disagio, fastidio ... ma presupposto fondante che smonta tutto, guastando inesorabilmente il mio giudizio


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    2. Ti capisco...

      Secondo me resta un grande film a cui non va data completamente una lettura realistica ma metaforica.
      Il fatto, però, è che l0impianto è invece fortemente realisitco, vuole farci immedesimare, non è sicuramente un film surreale o che non cerca empatia

      E in questo mood così reale quell'errore alla base anche per me è quasi inaccettabile

      Però solo quello, gli altri li capisco o digerisco tutti

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  6. 1/2
    Speak no evil a me è piaciuto davvero tanto. L'ho visto l'altra sera - dopo aver rimandato per mesi la visione. Lo dico subito: per me c'è un solo errore, ovvero l'idea della coppia olandese come assassini seriali che invitano, alla luce del sole, le loro vittime a casa propria. Un presupposto fin troppo inverosimile. Non regge a nessuna logica. Eppure il film funziona: inquieta, disturba, preoccupa, scombussola lo spettatore, e lo fa sempre in modo intelligente. Per come la vedo io, tutti i comportamenti della coppia danese ospite, non solo sono verosimili, ma addirittura plausibili e più comuni di quanto si possa credere. Mi spiego meglio. La chiave del film è nella frase "voi ce lo avete lasciato fare": tutto qui. Il film gioca sull'ambiguità dell'agire umano e, soprattutto, sulla conseguente modalità di risposta dell'individuo: ogni volta, di fronte a ogni situazione, vi sono due possibilità, entrambe valide: 1) questi due sono pericolosi, meglio andare e chiudere la storia; 2) ho frainteso tutto, meglio restare e comprendere la storia. C'è una costante sensazione di ambivalenza, e noi possiamo percepirla tutta: perché siamo Bjorne e sua moglie. E ritengo che avremmo agito come loro. Noi non diciamo di no a nessuno, se non quando è troppo tardi. Credo che ognuno di noi, se si fermi a riflettere un attimo, possa guardare a delle situazioni della propria vita in cui avrebbe dovuto agire in un modo specifico, e non l'ha fatto, perché magari troppo spaventato, o troppo intimorito, o eccessivamente bloccato da freni inibitori di qualche tipo (si pensi alla coppia danese che, pronta per andare a cena con la figlia, si vede arrivare il babysitter: uno sconosciuto di etnia diversa, e loro non vogliono lasciargli la figlia, ma hanno paura di poter sembrare razzisti, quindi non dicono niente).

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    1. 2/2
      Oppure: quando il padre decide di tornare indietro perché la figlia ha dimenticato il suo peluche nella casa (ma che in realtà aveva in auto con sé): lui torna perché è il padre, e il padre è tale solo quando indossa l'elmo e va in battaglia (come Ettore) - e non è un caso che a inizio film, in Italia, quando Bjorn torna indietro a prendere il peluche della figlia, l'altro uomo definisce questo gesto come "eroico" (ed è proprio la veste dell'eroe che lui indossa quando decide di tornare indietro). Questo è un discorso che ha a che fare con il processo di radicale ridefinizione identitaria che sta subendo la figura paterna, tema di interesse estremo, ma di cui non voglio aggiungere altro. A ogni modo, Speak no evil è un sottilissimo horror psicologico, secondo me veramente ben riuscito, capace di raccontare l'incontro tra noi e il "male", lo scontro che ne deriva, e la nostra irrimediabile incapacità di combatterlo con le sue stesse armi. Per un motivo molto semplice, quasi banale: non ci appartengono. Allora non diciamo di no, non diciamo nulla, restiamo paralizzati, e lasciamo che le cose accadano. Non siamo abituati al male, non nella vita di tutti i giorni. E se ci capita di incontrarlo non sappiamo come reagire. Il più delle volte, sorridiamo. E la nostra paura si manifesta in modi paradossali, amichevoli, comprensivi. Perché questi sono i nostri strumenti. Almeno fino a quando non è troppo tardi, come fanno i due coniugi danesi, quando in auto lottano fino alla fine per salvare la loro bambina. E poi, semplicemente, si lasciano uccidere. Lapidati, come peccatori. E noi siamo lì, ancora esterrefatti, attraversati da disturbanti sensazioni, a chiederci: "ma perché cazzo non stai facendo niente, Bjorn?". Credo sia una domanda che chiunque si farà guardando questo film. Ma credo, allo stesso tempo, che questa sia la reazione che molti di noi avrebbe. Noi non ci aspettiamo di essere uccisi. Insomma, noi sorridiamo al prossimo, ne comprendiamo i dilemmi e le speranze, è un essere umano come me, avrà le mie stesse incertezze, sogni e timori, desideri e angosce. E allora ci specchiamo negli altri. E va bene. Ma a volte lasciamo loro fare ciò che vogliono. Mi rendo conto che è un commento scritto di getto, senza rileggere, in cui mi sono concentrato forse su un aspetto marginale del film, ma ci tenevo molto a dirlo. Spero di esserci riuscito. Ad avercene di film del genere. Un grande abbraccio, vecchio mio :)

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    2. Quell'errore è inaccettabile anche in chiave simbolica, come forse va letto il film.
      Perchè se è vero che il film è simbolo è anche vero che ha una cornice e un racconto che cerca verosimiglianza. Insomma, uno di quei film simbolici non di primo livello (simbolici tout court) ma di secondo, quelli che sembrano realistici e in realtà sono metafora

      Ora io non ricordo perfettamente cosa ho scritto in rece ma trovo perfette le tue parole.
      I comportamenti sono verosimili, è solo che noi, dal nostro divano, non li accettiamo. Io però riesco quasi sempre a mettermi nei panni dei personaggi (traslandoli in una ipotetica vita reale) e sì, trovo questo film eccezionale in come racconta alcuni comportamenti e alcuni non comportamenti che succedono milioni di volte al giorno

      a tutti

      esatto, la frase simbolo, non a caso detta nel finale, come un sunto di tutto, è quella

      ho finito la tua prima parte

      esattamente, i comportamenti della coppia sono quotidiani e, anzi, nei casi di crime (da 20 anni guardo almeno 3 ore di crime al giorno, fai un pò te...) sono spessissimo i comportamenti canonici che poi hanno portato alle tragedie

      perchè come esiste chi vede il pericolo anche dove non c'è esistono, anzi, sono molti di più, le persone che anche se percepiscono il pericolo o trovano alcune situazioni strane comunque cercano di capire, si tranquillizzano dicendo che non è niente, si vergognano ad andar via o fare gesti eclatanti, tengono il sangue freddo e cercano di aspettare un attimo e vedere che succede

      sì, siamo tutti noi

      poi certo, a memoria un paio di comportamenti per cui ho storto il naso ci sono ma, ripeto, il film è quasi perfetto

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    3. Cavolo, mi hai quasi convinto anche sulla scena del peluche...

      ahah

      No, in realtà quella la giustifico poco ma la tua lettura,sia intrinseca al film (con riferimento al prologo) sia "sociale" è super interessante

      "Per un motivo molto semplice, quasi banale: non ci appartengono. Allora non diciamo di no, non diciamo nulla, restiamo paralizzati, e lasciamo che le cose accadano. Non siamo abituati al male, non nella vita di tutti i giorni. E se ci capita di incontrarlo non sappiamo come reagire. Il più delle volte, sorridiamo. E la nostra paura si manifesta in modi paradossali, amichevoli, comprensivi. Perché questi sono i nostri strumenti. Almeno fino a quando non è troppo tardi, come fanno i due coniugi danesi, quando in auto lottano fino alla fine per salvare la loro bambina. E poi, semplicemente, si lasciano uccidere. Lapidati, come peccatori. E noi siamo lì, ancora esterrefatti, attraversati da disturbanti sensazioni, a chiederci: "ma perché cazzo non stai facendo niente, Bjorn?". Credo sia una domanda che chiunque si farà guardando questo film. Ma credo, allo stesso tempo, che questa sia la reazione che molti di noi avrebbe. Noi non ci aspettiamo di essere uccisi. Insomma, noi sorridiamo al prossimo, ne comprendiamo i dilemmi e le speranze, è un essere umano come me, avrà le mie stesse incertezze, sogni e timori, desideri e angosce. E allora ci specchiamo negli altri. E va bene. Ma a volte lasciamo loro fare ciò che vogliono."

      vabbeh, game, set e match, inutile dire altro su sto film

      chiunque me ne parli in futuro e lo critichi glie incollo ste parole

      hai vinto tutto ;)

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  7. Questo film è merda pura.

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    1. Grazie per il commento, me hai fatto ricordà che dovevo risponde a roberto (me sarei ricordato comunque eh, ma meglio così)

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  8. Belle riflessioni,
    Ho qualche dubbio sulla scena del ritorno per recuperare il coniglio: ricalca quella in Italia in cui gli vengono fatti i complimenti “sei un eroe” per averlo cercato e trovato. Del resto lui fino alla sera prima diceva alla moglie che fosse esagerata. Ammira il suo ospite olandese e magari vuole dimostrare qualcosa.
    Per me è poco chiara la figura dell’uomo che alla fine, che come avrete notato li aveva aiutati in altra veste. Ma chi è e perché li aiuta? Questo mi pare inverosimile, addirittura un trio di “serial killer”… vorrei una opinione su questo.

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    1. Sì sì, assolutamente, quella scena "esiste" grazie al rimando all'incipit
      Ma al netto del rimando, al netto delle altre due ipotesi che fai te, boh, secondo me serve una sospensione dell'incredulità grande

      mi ricordo poco di quell'uomo ma sì, mi pare semplicemente che si capisse che alla fine c'era un'organizzazione più grande di sole due persone. Non che anche lui uccidesse ma che ci fossero comunque complici

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  9. Decine di persone scomparse in Europa, tutte dopo essere partite per andare a trovare dei loro amici olandesi conosciuti in vacanza in Italia, con tanto di foto pubblicate sui social network di loro stessi in compagnia degli amici durante tali vacanze, per non parlare delle prenotazioni hotel, targa auto attraverso la quale monitorare lo spostamento, tracciamento celle telefoniche e chi più ne ha più ne metta. Persino il Commissario Lo Gatto ci avrebbe messo 2 minuti a baccare i serial killer. E che serial killer! Così tremendi da lasciarsi sfuggire 2 volte le vittime, la prima graziati dalla presunta perdita di un peluche che fa tornare indietro i fuggitivi (roba da matti!), la seconda per un guasto all'auto (e te pareva!). Il messaggio dichiarato esplicitamente dal regista è la condanna della troppa bontà, della gentilezza, del pacifismo per i quali siamo disposti persino a rischiare la nostra vita mettendola nelle mani del male che vogliamo perdonare. Vero che molte donne purtroppo vengono uccise dopo aver accettato l'ultimo appuntamento "chiarificatore", è anche vero però che molte persone vengono uccise per aver messo da parte la loro gentilezza ed aver reagito all'ingiustizia. Ed allora come la risolviamo? In un modo semplice: condannando sempre e solo il colpevole e mai la vittima. Perchè se condanniamo il bene e le vittime, il mondo finisce oggi signori miei. Il messaggio di questo film è più becero e violento delle immagini stesse: la condanna della bontà d'animo. In un mondo in cui la prima industria è quella della guerra ed il pacifismo non ha alcun potere decisionale.

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    1. Sì sì, tutta la prima parte del tuo discorso è assolutamente così, a memoria credo che anche io ne parlai molto in recensione.
      Tra l'altro è una casa grandissima, alla luce del sole, con un gabbiotto con tutte le prove e...ogni volta la figlia senza lingua della coppia uccisa, ahah

      Mentre riguardo il discorso peluche o macchina rotta va veramentge tutto nella metafora del film, in quel "facciamo ogni possibile errore per arrivare alla nostra rovina"

      una specie di legge di Murphy autoimposta, quella del debole contro il forte, del buono contro il carismatico cattivo, del potente (psicologicamente) contro il manipolato

      riguardo tutta la tua seconda parte non la condivido ma la comprendo, assolutamente

      credo e spero che semmai film del genere "insegnino" altro, ovvero ad essere più forti, più attenti, più pronti a ribellarti

      per me il film addirittura "serve", fa bene

      anche due lettrici mi hanno scritto dicendosi shockate dal film e con la sensazione che gli abbia insegnato qualcosa

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  10. Ciao Giuseppe, al solito ho recuperato il film ma arrivo ampiamente in ritardo (avete già detto tutto tu e gli altri qui sopra).

    In generale ho trovato Speak no Evil molto inquietante proprio perchè ho percepito lo sviluppo degli eventi come molto realistico in realtà. Io mi sono immaginato nei panni dei protagonisti e non sono sicuro che mi sarei comportato molto diversamente da loro. Sarà che ho sempre avuto anch'io lo stesso problema, cioè di essere troppo "educato e gentile", di carattere troppo accondiscendente e di fare fatica a esprimere il mio dissenso di fronte agli altri. In particolare nella scena incriminata, quando tornano indietro per cercare il coniglio, mi sono proprio immedesimato nel loro imbarazzo e disagio nello spiegare in faccia agli olandesi il perché non si sono trovati bene da loro (lui va beh, un'ameba senza spina dorsale, ma anche lei seppur più ferma e decisa balbetta vistosamente mentre inizia a parlare).

    Siamo d'accordo che il momento più assurdo è proprio quello, anche perché una volta preso finalmente il coraggio di andartene di nascosto senza avvisare (per loro impresa titanica) non torni più indietro, è chiaro. Sul modus operandi irrealistico e senza senso dei serial killer non mi esprimo, perchè non sono per niente appassionato e esperto di true crime e affini( su questo siamo proprio agli antipodi) e queste cose tendo proprio a non notarle. Però è evidente che al regista non gliene fregava più di tanto, il focus del film è tutto sulla coppia danese.

    Diciamo che dovevano decidere se portare il film sui binari del dramma psicologico tosto e più realistico (quello che è il mio genere preferito) o su quello dell'horror seppur sempre psicologico e hanno scelto il secondo. Tra l'altro il regista lo ha proprio dichiarato in alcune interviste, il suo obiettivo a un certo punto è stato quello di realizzare il finale più shockante e estremo della storia del cinema danese. (Ti consiglio di recuperare l'intervista a Tafdrup dei ragazzi di Andrea del canale Shiva Produzioni).

    Quindi tutte le scelte narrative, anche quelle più assurde e penalizzanti per il film e qualche clichè da horror (la stanza tappezzata di foto delle vittime e anche la scena finale con il martirio con colonna sonora epica e incalzante mi sanno un po' di già visto e già fatto nel genere horror estremo, ma non lo so per certo perchè è un genere che guardo di rado) puntano tutti in quella direzione.

    Poi mi ha sorpreso che tu non abbia approfondito nella recensione un tema che è comunque saltato fuori nei commenti qui sopra: quello della crisi della mascolinità incarnata dal protagonista. Bjorn è molto insicuro, represso e bloccato come dice lui stesso. Si sente poco virile e anche poco attraente agli occhi della moglie. Io almeno l'ho avvertita molto l'insoddisfazione e la frustrazione, forse anche sessuale, tra lui e sua moglie. In questo mi ricorda ovviamente Forza maggiore di Oestlund, anche quello un film scandinavo, secondo me si può leggere entrambi i film come una critica caustica di tutta la società nordica, che dall'esterno è vista come estremamente "civile, calma, flemmatica". Sempre in questo senso ho interpretato gli incroci di sguardi che ricorrono già dall'inizio del film tra Bjorn e Patrick. Bjorn ammira e prova attrazione per il selvaggio olandese.

    Poi va beh, mi fa molto ridere che nei film e nei romanzi che ho visto e letto sugli olandesi e sull'Olanda, sono sempre dipinti come psicopatici fuori di melone, famiglie perfette che sono tutta apparenza, dietro è quasi solo perversione e follia. Ti consiglio in questo senso un libro, non so se lo conosci: Il maestro di cerimonie di Arnon Grunberg. Davvero uno dei libri più agghiaccianti che abbia mai letto. Poi c'è la cena di herman Koch, più famoso perchè ne hanno fatto due o tre adattamenti cinematografici, o film come Schemer, ma sono sicuro che anche tu avevi consigliato titoli sul genere "olandesi fuori di testa e inquietanti".

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    1. Scusa , ho pubblicato due volte perchè non c'era il nome nel primo commento

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    2. Eccomi!

      1 Assolutamente Fabio, anche io sono come te (loro) anche se più cresco più divento meno buono e coglione, per fortuna ;)
      Ma infatti secondo me pur restando il film profondamente metaforico è anche super realistico quasi ovunque. Non c'è alcuna scelta dei danesi totalmente incomprensibile, sono tutte "esagerazioni" dovute ad un carattere debole, buono e facilmente manipolabile da qualcuno più carismatico e manipolatore

      semmai le assurdità del film sono altrove, ma continuo a leggerti perchè magari le dici dopo (calcola che leggo e rispondo un paragrafo per volta)

      2 Ecco, sì, ne parlavi qua (anzi, non parlavi per disinteresse). Ma vedi Fabio, anche senza esperienza di true crime capisci che se una famiglia "dentro la società" (come erano i danesi) va in vacanza da un'altra famiglia e non torna il caso è già risolto. Si va dall'altra famiglia e si trovano 2000 prove di tutot, ahah. Compresa una prova LEGGERMENTE grande, la figlia degli scomparsi è lì, e senza lingua ;)
      Capisci che questa cosa non può funzionare una sola volta, figurati 30 come si vede dalle foto nello chalet ;)

      3 Ma sai che mi ero accorto di quell'intervista? sono iscritto a quel canale. Eppure non so, faccio sempre fatica a sentire le voci "ufficiali", specie dei film dove ho messo del mio per dare interpretazioni. Però sono tentato, ahah

      4 Però quel finale a me non sembra un "già visto", anzi, pare un finale davvero incredibile che rimane addosso per sempre. Qualcosa che ricorda forse un certo Trier, ecco

      5 Sì sì, hai perfettamente descritto quell'aspetto che, come dici, io ho saltato. Ma infatti il danese è succubo dell'olandese anche per questo, per questa virilità dell'uno contrapposta alla "debolezza" e poca attrattività dell'altro. Vedi anche la scena della danza al ristorante, veramente simbolica

      6 Ahah, e se fosse davvero così? cavolo, non leggo da secoli ma questi suggerimenti sono di una appetibilità assurda, ti giuro, li sento tantissimo "miei" come consigli

      me li appunto, sperando che torni il fuoco ;)

      fortuna che avevamo detto tutto noi, ahah, grande

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  11. Ciao, e complimenti per il tuo splendido blog. Sono d'accordo con la tua recensione, tranne che su alcune tue considerazioni riguardo la "passivita'" della coppia sia nella scena finale in auto, e sia nel momento della loro "esecuzione". Dalle tua parole mi sembra di capire che tu consideri quasi naturale il loro comportamento, mentre per me non lo e' affatto.
    Secondo me non consideri due cose: l'istinto materno/paterno di protezione nei confronti dei figli, e l'istinto di sopravvivenza, comuni ad esseri umani e animali. Secondo me cio' che accade in macchina alla fine e' inverosimile. Il padre riceve un singolo pugno in faccia e dopo di quello resta li' inerme mentre tagliano la lingua alla figlia sul sedile posteriore. Io, come penso la maggior parte dei padri, mi sarei scagliato su di lui con tutte le mie intere forze. Magari non ce l'avrei fatta, ma di sicuro non sarei stato li' fermo e passivo mentre mia figlia urlava dietro. Io gli sarei per esempio saltato immediatamente agli occhi infilandogli le dita nelle orbite e cavandoglieli, io avrei usato mani, piedi, calci, morsi, tutto, fino allo stremo delle mie forze. Io sarei stato mosso da un istinto primordiale, lui invece "solo" da una voglia di uccidere che secondo me e' "meno forte" dell'istinto di chi deve proteggere la vita della propria prole. E secondo me e' inverosimile anche la scena della loro morte alla fine. I due assassini non erano armati, quindi non potevano uccidere sparando a distanza. L'istinto di sopravvivenza secondo me avrebbe portato le vittime a voltarsi, e correre il piu' veloce possibile via da li'. Anche in questo caso, un killer corre finche' ha fiato e puo' anche considerare di fermarsi se gli inizia a venire il fiatone, mentre la vittima corre fino alla morte per infarto. Ripeto, sono d'accordo con tutta la recensione, tranne che con il punto in cui sembra che tu faccia passare come "naturali" le reazioni iperpassive delle vittime

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    1. 1 Grazie amico!

      2 Ho rivisto il film e confermo quello che scrissi all'epoca, a me la scena della macchina sembra perfetta.
      Sono due genitori che stanno vivendo un incubo, scioccati, in netta inferiorità psicologica, fisica e situazionale. Lottano per quel che possono ma la sfida è impari, lo spazio angusto e ormai - metaforicamente e non - sono due vittime designate. Non a caso la scena finale loro si spogliano senza dire niente e si fanno uccidere, è perfettamente coerente con quella della macchina.
      In queste situazioni, vedi anche rapimenti di terroristi (secondo me molto simili) o reagiamo in modo scomposto e irrazionale finendo uccisi oppure ormai la situazione è talmente scioccante e senza via d'uscita che oltre una reazione normale non riusciamo ad andare.
      Anche io sono padre, vivo per mia figlia ma non posso mai sapere se mi trovassi in quell'incubo se riuscirei a fare più di quanto hanno fatto loro.
      E, ripeto, a me è sembrata una scena tremendamente realistica.
      Ma ci sta alla grande che non lo sia sembrato a te

      Ah, ecco!
      poi parlavi anche del finale :)
      E sì, nella tua lettura solo "realistica" queste due scene sembrano strane, a tuo modo sei perfettamente coerente

      ma nella lettura sia metaforica che psicologica sia la scena della macchina che quella del finale sono secondo me agghiaccianti e perfette

      Iperpassività che è raccontata per tutto il film e che nel finale arriva al suo apice (se loro avessero fatto tutto quello che dici secondo me l'intero film non aveva senso, non aveva compiuto nessun percorso)

      l'ho trovato un finale incredibile, perfetto, coerente, metaforico, tragico, emblematico

      e, ripeto, forse pensare ai rapimenti dei terroristi è il mood migliore per capire questo film

      un abbraccione!

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  12. Vorrei argomentare il laconico commento anonimo del 17 ottobre 2023 (non mio :D ) perché, anche se non in quei termini così eccessivi, è in linea con la mia opinione sul film. Purtroppo è venuto fuori un saggio breve :D
    Ci sono dei film divisivi in cui, a prescindere da come uno si collochi, si riesce comunque a comprendere le ragioni di una parte o dell’altra. E poi ci sono i film che giudico sostanzialmente banali, per i quali non riesco a capire che cosa gli altri ci trovino, tanto da chiedermi se abbiamo visto lo stesso film. Per assurdo, se arrivassi a vederli non perché portati in palmo di mano ma proposti come un filmetto per passare una serata, non sarei così negativa ma è il fatto di percepirli come una colossale montatura, un’allucinazione collettiva che mi spinge a scrivere commenti-fiume (Mi è successo di recente con The Holdovers, di cui a te ho risparmiato lo sproloquio, anche se mi sono sfogata altrove).

    In un libriccino “del cuore” (dal titolo “Portala al cinema”) che dava le informazioni più disparate sul cinema, in modo spassosamente caotico, c’era una sezione “Come sopravvivere a un film dell’orrore” con indicazioni che già giravano in rete e che evidenziavano le comuni situazioni che si verificano negli horror nonché le azioni insensate dei loro protagonisti (i classici “andare in giro in casa al buio” o “il gruppo in pericolo che si divide”, per intenderci).
    Ecco, io non capisco perché certe dinamiche illogiche, giustificate solo dal “far andare” la storia, ormai non li tolleriamo più (oppure ne ridiamo) in alcuni film, mentre per altre pellicole soprassediamo.
    Speak no evil è un film che si è lasciato guardare e mi ha “intrattenuto”, se non altro per la curiosità di vedere dove andasse a parare (fino all’ultima notte ho sperato che mi sorprendesse in qualche modo e che magari gli olandesi non fossero davvero pericolosi), ma di certo non lo consiglierei. (Vera e unica perla la frase di Patrick “io non credo nel lavoro”: da stamparsela su una maglietta!)
    Si deve sospendere l’incredulità così tante volte che, arrivati alla fine e guardandosi indietro, il giudizio non può che essere negativo. Il problema non è né la passività delle vittime nell’ultima notte (che può accadere, come tu hai spiegato) e neanche, per quanto mi riguarda, il fatto che gli olandesi possano commettere omicidi impunemente. Quest’ultimo aspetto non mi ha dato fastidio: il film non è un poliziesco; gli omicidi in sé non sono il tema principale; ci può essere una spiegazione al loro farla franca, oppure (probabilmente) no, ma non l’ho ritenuto così rilevante.
    Il problema è la totale mancanza di aderenza alla realtà in altre occasioni.
    Quella più macroscopica in ordine cronologico: ma quale genitore al mondo che trova la propria figlia addormentata nel letto di due, di fatto, estranei (e già questo basterebbe), con l’uomo nudo, non se andrebbe via senza tornare indietro per nessuna ragione al mondo? E, invece, viene accettata come giustificazione il fatto che la bambina piangeva e loro non le avevano risposto. Embè? E un pigiama non potevi mettertelo? Non potevate farle compagnia nel suo letto? Non potevate venire a chiamarci anche voi? Non esiste che il senso di colpa non li rende in grado di capire quanto fosse inappropriato e ingiustificabile il tutto. Che nessuno si immagina di venire ammazzato e, quindi, si è ciechi di fronte a certi segnali di allarme è un conto, ma situazioni equivoche, che evocano scenari pedofili, non sono così improbabili e, quindi, non è credibile che continuino a restare in loro compagnia. Tanto più con l’aggiunta degli altri due episodi allarmanti, sempre nella sfera intima/sessuale, dell’entrata in bagno e del voyeurismo. (Apro una parentesi: ma chiudersi a chiave? Non usa? Cavoli, a me disturbano i bagni delle case con le porte che hanno il vetro smerigliato, figurarsi non potersi chiudere dentro).
    Tra l’altro, non mi pare plausibile neanche che dei genitori lascino la propria figlia con un babysitter che non conoscono affatto.
    CONTINUA >

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    1. < PROSEGUE 1
      Altro problema enorme: Bjørn e Louise non si parlano! Louise non gli dice che qualcuno è entrato nel bagno mentre si faceva la doccia, Bjørn non le dice che Patrick guardava dentro la loro camera da letto. Mi rimane il dubbio se Louise racconti al marito di dove avesse trovato la figlia addormentata (o se Bjørn lo scopra solo durante il confronto tra le coppie in cucina). Poi il capolavoro dell’assurdo: Bjørn non dice a Louise di quello che ha trovato nella dependance!!! “Cara, dobbiamo andare via, ti spiego dopo però, ‘na sciocchezza, figurati” :D La butto sul ridere ma davvero le battute sono “dobbiamo andare via” – “ma che sta succedendo?” - “te lo dico dopo”. “TE LO DICO DOPO”. Ma sei scemo? E il dopo quando sarebbe? Perché fanno diversi chilometri senza che le spieghi niente! (E non può essere giustificato con la presenza della figlia in ascolto, un modo lo trovi). Sarà un “dopo” del tipo quando arriviamo a casa. Certo, perché solo così la moglie può entrare tutta giuliva in auto degli olandesi, ignara di tutto. E non ho capito se li ha proprio chiamati lei, come dice Patrick! In tal caso, si apre il capitolo “le incredibili coincidenze che servono alla trama”: il cellulare che prende campo solo per la chiamata agli assassini. D’altra parte lei non ha colpe, eh, cioè il marito ha pensato che fosse saggio non dirle che stavano scappando proprio da loro. E, comunque, fossi stata in Louise, non li avrei chiamati in ogni caso: eri in imbarazzo quando sei ritornata dopo la prima “fuga” notturna e, mo’, che fai li richiami dopo una seconda “fuga” notturna? Ma, piuttosto, meglio passare la notte in auto…
      Tornando indietro su un altro momento topico, al segnale della benzina in riserva stavo per mettermi a urlare (temevo l’ennesimo cliché)… e invece no… riescono ad arrivare a un distributore. Bjørn si guarderà intorno per chiedere aiuto, tenterà di mettersi in contatto con la polizia? NISBA! Manco ci prova. Testimone di fatti criminali e forse inseguito, ma che vuoi che sia? Godiamoci la brezza notturna mentre il serbatoio si riempie!
      E poi, ancora, Bjørn che prende all’improvviso una strada sterrata in piena notte e mica Louise gliene chiede il motivo… solo quando si impantano se ne esce con il suo solito “che succede?” ma si vede che non gliene importa davvero perché mica insiste perché il marito le risponda. Domandare è lecito, rispondere è cortesia, insistere è rompere il ... xD
      Vogliamo parlare della scena del ballo? Assisti a una condotta genitoriale da segnalazione al telefono azzurro, con scatto d’ira annesso, Louise ha una mezza crisi di panico e, considerati tutti i precedenti, non decidi di andartene seduta stante? Ma inventatevi una scusa e andatevene, cosa che, tra l’altro, poteva essere fatta fin da subito senza dover passare per quelli poco riconoscenti dell’ospitalità.
      L’idiozia non è una prerogativa solo dei danesi, comunque… Perché lasciare aperta la porta della dependance con le prove dei tuoi crimini? Vuoi che le prove vengano trovate per giocare al gatto col topo? Ma allora perché non vediamo la coppia olandese partire al loro inseguimento? Bjørn ha la paranoia di essere inseguito ma non è detto sia così. Non mi convince: lasciare la depandance aperta sembra solo giustificato dal fatto che serviva per far andare avanti il film e dare info agli spettatori.

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    2. < PROSEGUE 2
      Io capisco che il regista-sceneggiatore voglia esprimere il concetto di come, per voler essere educati e per fiducia nella bontà del prossimo, si finisca incontro al pericolo, ma lo fa male.
      La frase “Ce l’avete permesso” certo che in sé è da pelle d’oca ma per me non rappresenta quanto ho visto. Non è andata così. Che il male si compia lo ha permesso semplicemente chi ha concepito dei personaggi che agiscono dall’inizio alla fine in modo perlopiù assurdo e inverosimile, marionette al servizio della trama (si DEVONO comportare in modo illogico altrimenti il film finisce dopo la prima mezz’ora, come un banale horror movie). E gliel’ho permesso io quando non ho spento all’ennesima red flag a cui questi fanno spallucce. E non si tratta di aver timore di finire ammazzati (per quanto, permettere a uno di guidare da ubriaco ci va vicino) ma che a casa di gente disturbata si levano le tende il prima possibile (bugiardi, manipolatori, scrocconi, guardoni, invadenti, inopportuni, offensivi, violenti… ma non basta?). Se si voleva mostrare la dinamica per la quale si permette agli altri di farci del male doveva essere fatto in modo molto più equilibrato e sottile.
      In Millenium di Fincher viene espresso qualcosa di simile, in un breve momento (di fatto è una scena di pochi minuti) ma in un modo molto più efficace di quanto non faccia Speak no evil, proprio perché ciò che accade è molto più plausibile nel contesto e ha una sua spiegazione.
      Per chi ha visto Millenium metto la frase del dialogo che dovrebbe richiamare alla memoria la scena a cui mi sto riferendo senza dover entrare nel dettaglio. Non è una frase spoiler ma se si vuole apprezzare il pensiero espresso solo durante la visione si può saltarne la lettura. Il mio mega commento si conclude qui. :)))



      “È assurdo pensare che la paura di offendere sia più forte della paura di soffrire, ma assurdo o no è così.”

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