22.9.18

Recensione: "Un affare di famiglia"

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Il primo film che vedo di Kore'eda è un'opera molto più importante di quello che potrebbe all'inizio sembrare.
Una profonda, coraggiosa e non banale riflessione sulla famiglia, sul senso di essa, sulla differenza tra l'avere persone a fianco per legami di sangue oppure poterle scegliere le persone che vuoi vicino a te.
Potere sceglierle per stare meglio.
La piccola Yuri è una bimba che, tempo di una notte, si ritrova in una nuova famiglia.
Quasi un rapimento, è vero, ma la stranissima famiglia Shibata, a modo suo, sa darle affetto.
Un film sui diversi punti di vista, sulle diverse prospettive, sui giudizi affrettati, sulla capacità, che a volte non è pura ma comunque efficace, di saper dare amore

Era il mio primo Kore'eda, regista di culto di tanti tanti amici, stimatissimo.
Tra l'altro un regista che più volte (almeno una decina) mi era stato consigliato, anche perchè nei suoi film ci sono tematiche  - e sensibilità nel trattare quelle tematiche - molto adatte a me.
Finalmente un film è stato distribuito (ha vinto Cannes, vorrei vedere) e ci siamo fiondati al cinema.
E ho trovato un film bello, bellissimo, ma che, con non poca sorpresa, ho trovato più potente nel suo lato "impegnato" che in quello emozionale.
Intendiamoci, di scene da brividi a livello emotivo ce ne sono eh, ma sarebbe un gravissimo errore farsi accecare da quelle e non rendersi conto di quanto "Un affare di famiglia" sia film molto coraggioso, quasi ambiguo, politicamente non corretto.
Di sicuro questo film porta a riflessioni sul significato di famiglia e su quello degli affetti davvero importanti (a proposito, devo vedere Captain Fantastic non so da quanto, me l'appunto).
Osamu e suo figlio (dopo ne parleremo...) sono una buffa coppia criminale dedita a piccolissimi furtarelli nei supermercati. 
Qualche zuppa, spaghetti, shampoo, niente di più.
Il fatto è che vivono in un nucleo famigliare di 5 persone, strampalatissimo, e di soldi in casa ne entrano pochi.
Lui, il "capofamiglia", tanta voglia di lavorare non ce l'ha, fa l'operaio a chiamata e se si può far male al lavoro meglio ancora.
La sorella della moglie lavora in una specie di bordello in cui - solite perversioni giapponesi - i clienti guardano le ragazze masturbarsi da dietro un vetro.
La moglie di Osamu non lavora, il figlio, come detto, lo aiuta a rubicchiare e poi, per ultima, c'è la nonna, nonna che ha una pensione ma non è tanto propensa a metterla in comune.
Di ritorno dall'ennesimo furto Osamu e il figlio notano una bimba piccolissima - sui 5 anni - che se ne sta sul balcone di casa al freddo.
Le dicono se c'è la mamma, lei risponde di no, poi la invitano a casa loro.

Insomma, fatto sta che la piccola, meravigliosa, Yuri resta con quella nuova famiglia. Anche perchè ben presto si capisce che nella sua di famiglia è vittima di tremendi maltrattamenti.
Attenzione, in questo passaggio di sceneggiatura abbastanza assurdo (chi porterebbe una bambina di 5 anni a casa propria per poi tenerla, in buonafede, sempre con sè? ) non dobbiamo intravedere un errore quanto quello che è invece l'architrave di tutto il film.
Ovvero l'avere due entità, il microcosmo della famiglia Shibata e il macrocosmo della società.
Nella famiglia Shibata, nella composizione degli elementi e nei legami tra essi, niente ha senso, lo capiremo mentre andiamo avanti. E quindi anche questo nuovo arrivo, questa specie di "rapimento" a fin di bene è da leggere come l'ennesimo comportamento particolare di questa famiglia.
Poi c'è la società, ci siamo "noi", che non capiamo come quello che è successo sia possibile.
E questo doppio punto di vista tra noi e loro sarà quello che, specie nel finale, renderà questo film bellissimo e, come detto, molto interessante e coraggioso.
Mi è stato detto che da sempre Kore'eda analizza e racconta nuclei famigliari. Ogni suo film, se ho ben capito, tratta aspetti differenti e punti di vista diversi ma ha sempre e solo come protagonista la famiglia.
In ogni caso questo film in tal senso è emblematico.
Cos'è la famiglia?
Su quali basi poggia?
I genitori sono quelli che ti mettono al mondo o quelli che ti crescono e sanno darti affetto?
Temi su cui si discute da sempre e mai, credo, arriveremo a risposte definitive (come è giusto che sia).
Ma "Un affare di famiglia" va oltre.

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Perchè non ci racconta una famiglia adottiva "perfetta", così perfetta che lo spettatore, senza se e senza ma, capisce che al di là dei legami di sangue è quella la famiglia giusta.
No, Kore'eda ci mostra una famiglia molto ambigua, in cui non abbiamo certezza dei rapporti affettivi, di quanto siano forti, di quanto siano importanti, ma ci resta sempre il dubbio che le persone che ne fanno parte siano finite là (anche) per altri motivi.
O.k, siamo a metà recensione, possiamo svelare le carte.
Nella famiglia Shibata non c'è un solo legame di sangue.
"Marito e moglie" sono in realtà una ragazza che lavorava in un bordello (lo stesso che dicevo prima) e il suo cliente. 
Hanno addirittura ammazzato il marito di lei per stare insieme.
Il loro figlio in realtà è un ragazzo trovato in un'automobile ed è forte il sospetto che sia stato "preso" per avere un ragazzino da addestrare per rubare.
La nonna, anche lei, è stata "scelta" dalla famiglia probabilmente per la sua pensione o, comunque, per avere i soldi quando sarebbe morta.
L'altra ragazza non è la sorella della moglie ma, attenzione, la nipote dell'uomo che lasciò la nonna per un'altra donna.
Insomma, anche lei sembra esser stata rapita dalla donna in qualche modo (anche qui per interessi economici).
E adesso c'è la piccola Yuri, rapita da una vita di sofferenze.
Ecco cosa racconta il film, di una famiglia che sta insieme per un misto di affetto e convenienza, amore e opportunismo.
E lo spettatore non deve lasciarsi fregare, non deve lasciare farsi trasportare dalle emozioni.
Ripensi alla morte della nonna, in cui l'unica che piange è la ragazza rapita dalla stessa donna.
Ripensi a quando tutti se ne volevano scappare mentre il "figlio" era in ospedale.
Ripensi anche a questo figlio a cui tutti vogliono bene ma che sembra più che altro servire solo a rubare.
E ripensi anche a quella coppia che non fa l'amore da anni.
Eppure, ed è qui la magia del film, l'umanità che ne viene fuori è forte, a tratti fortissima.
Shota, il ragazzino, racconta di una storia in cui tanti piccoli pesci fanno squadra e nuotano insieme per fronteggiare un grande tonno.
E qui sembra essere la metafora del film, ovvero quello di un gruppo unito tra loro, a prescindere al motivo, che affronta insieme i problemi della vita.
Una famiglia che non ha niente di tradizionale eppure ha il piacere di stare insieme.
C'è una scena bellissima, quella in spiaggia, nonna sulla sabbia e gli altri 5 sul bagnasciuga che saltano insieme.
(Capisco perchè sia la locandina del film, è fortissima)
Kore'eda perde una grande occasione secondo me però, lo spettatore capisce che la nonna sta morendo (quel ringraziamento, bellissimo) ma doveva farlo lì, al mare, mentre vedeva davanti a sè quell'immagine.
Morirà invece a casa, quasi nell'indifferenza di tutti (e, ripeto caro spettatore, vedi tutto l'insieme, non solo le cose belle).

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Ho fatto fatica ad entrare nel film, nel primo tempo non riuscivo a provare l'empatia necessaria o sostenere quell'assenza di ritmo.
Poi però quel film diventa altro, diventa quasi un film a tesi, dimostrativo.
E si innalza.
Diventa un film sui punti di vista, sulle diverse percezioni.
Noi spettatori appoggiamo quella strana famiglia, con quegli strani rapporti.
Ma per il mondo, invece, là dentro ci sono due assassini, una vecchia rapita, un'altra giovane rapita, un bambino rapito e una bimba rapita.
Tutto quello che noi abbiamo vissuto naturalmente è invece visto dal mondo esterno e dall'autorità soltanto per il freddo gesto che nasconde dietro, senza vedere possibili motivazioni o benefici.
Un affare di famiglia diventa un'opera interessantissima sulla relatività delle cose e su quanto dei nostri giudizi affrettati possano essere sbagliati.
E ci regala personaggi particolarissimi, personaggi ai quali non puoi non voler bene ma anche non riconoscerne i tremendi limiti.
Un film sulla differenza tra il ritrovarsi contro la propria volontà in delle situazioni o nella possibilità, invece, di poterle scegliere quelle situazioni.
Più volte viene fuori questa parola, "scelta". Loro che hanno scelto la nonna ma che forse è stata invece lei a scegliere loro; loro che hanno scelto il bimbo ma che, come dirà alla fine, è stato invece lui a scegliere loro.
E così il film diventa una struggente opera sul bisogno di avere affetto.
La vecchia, il bimbo, la bimba, ma anche personaggi marginali come il cliente numero 4 del bordello diventano esempi di come bambini, anziani e persone sole abbiano un tremendo bisogno d'affetto.
E probabilmente la famiglia Shibata, in questo, non era onestissima, ma in qualche modo questo affetto, questa armonia, questa sensazione di essere tutti un un unico branco di pesci riusciva a darla e regalarla.
Potrei citare la bellissima scena di loro che dopo anni fanno sesso, così tenera e impacciata.
Potrei citare il primo piano di lei alla polizia che dice "non lo so, non lo so".
Potrei citare Shota che per la prima volta, una volta che lo ha perso, riesce a dire "papà" a quell'uomo che solo ora, anch'esso, capisce l'enormità di quello che se ne sta andando.
O potrei citare il meraviglioso finale in cui una bimba tornata nella tana dell'orco gioca fuori da sola e appoggia il proprio viso al parapetto.
Quel parapetto dove un giorno due persone la videro e presero con sè facendole vivere, malgrado tutto, la vita che una bambina dovrebbe vivere.
Eppure in questo film ambiguo, di affetto non puro e di punti di vista c'è una scena che di punti di vista non può averne.

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Nobuyo abbraccia Yuri davanti a un fuoco.
Yuri che non voleva comprare un vestitino perchè le ricordava gli abusi e le violenze subite a casa.
La abbraccia e le dice che è quello l'amore, è quello l'affetto.
Chi ama non può picchiare, mai.
Chi ama non può in nome dell'amore, di un amore malato, produrre violenza.
Nobuyo abbraccia forte Yuri e le insegna che solo quello è l'affetto, nessun'altra cosa, specie violenta, può permettersi di sostituirlo.
Speriamo che Yuri si ricordi questa cosa adesso che la società l'ha ridata in mano a chi questa cosa non gliel'ha mai insegnata.
 Ma io ho tanta paura. 
E vorrei essere lì dall'altra parte del parapetto, per portarla via ancora

8

12 commenti:

  1. Questo film è un piccolo miracolo di grazia e leggerezza, capace di affrontare temi pesanti, persino scabrosi direi, con la pacatezza e il raziocinio tipicamente orientali. Ma ce lo immaginiamo un film del genere fatto nel nostro continente? Sarebbe mai stato possibile? Ben vengano i festival se riescono a sdoganare piccole perle come questa!

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    1. vero, osservazione molto interessante

      forse la parte "occidentale" è proprio quella finale, oggettiva, fredda e logica

      prima c'è il racconto di una famiglia piena di vizi e reati che però, proprio grazie alla leggerezza e sobrietà orientale, sembra quasi una storia "normale", in cui emozionarci soltanto

      eh, il problema è che se non avesse vinto difficilmente arrivava in sala

      questo al tempo stesso rende i premi importanti ma anche "discriminatori". Ma fa parte del gioco ;)

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  2. Più leggevo e più mi chiedevo quando avresti parlato di quella scena :)

    Oltre a condividere la tua opinione trovo perfetta la considerazione di Kris.
    Mi ha suscitato riflessioni molto personali basate sulla mia vita e su ciò che vedo intorno a me. La domanda su cosa sia davvero una famiglia è presentissima e andrei cauto, molto cauto nel dare facili definizioni.

    È un film pieno zeppo di cose brutte anche fatte perseguendo un certo bene - frase che mi mette i brividi ma spero si capisca cosa intendo dire, eppure forse è proprio per questo che l'importanza dell'affetto trovo sia una delle chiavi di lettura più forti del film. Affetto, condivisione, accettazione, lo permeano quasi ovunque, tant'è che le scene che mi resteranno più impresse sono manifestazioni di questi sentimenti: abbracci, pugni che si toccano, mani che si stringono, chiacchere dopo l'amore.

    A proposito di scene, ci sono tanti momenti di pochi secondi che sono di una bellezza imbarazzante. Ne cito giusto tre: i piedi di Yuri - ma preferirei chiamarla Rin - che si attorcigliano allo sgabello mentre le tagliano i capelli (affetto, ancora una volta); diverse inquadrature fisse dei corpi nudi di marito e moglie; telecamera sulla moglie interrogata che si asciuga sudore e lacrime.

    Concludendo vado off-topic: hai visto Mr. Long? Altra perla d'oriente con temi in comune.

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    1. arrivo domani, te sempre due giorni o più ;)

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    2. Attenderò paziente un vero divo del cinema :)

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    3. scemo :)

      perfetto. Ma infatti quando vedo parlare o scrivere di questo film si va molto sul lato emozionale ma poche volte vedo riflessioni sulla parte più ambigua e delicata dello stesso

      ed è come dici. Potremmo dire che è anche un film dove si dimostra come a volte gli effetti siano più importanti delle cause. Se sto bene con delle persone, se mi danno - a modo loro - affetto e protezione, poi vedere le motivazioni che ci sono dietro o come tutto è nato è secondario. Quegli abbracci restano, ecco

      loro due nudi dopo aver fatto l'amore è una scena tenerissima e divertente. Il primo piano di lei alla fine impressionante (l'ho citato, ma poco e male), tanto che pensavo fosse il finale

      invece la cosa dei piedini è un piccolo capolavoro d'osservazione che ti lascio in toto ;)

      no, purtroppo Mr Long non l'hanno fatto qua (o me lo sono perso tra i vari cinema) ma so che vale e avrei voluto vederlo...

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    4. Prendere spunto dalla parte più intima e delicata di questo film per trattare poi della famiglia credo meriterebbe un articolo a parte.

      In effetti accade spesso (almeno a me) che verso la fine si veda una scena considerata perfetta per finire, qualche volta va avanti e si rimane convinti fosse meglio quella e qualche volta il film ci sorprende come in questo caso.

      Mr Long è un grande film, lo vedrai certamente. Potrebbe - dico potrebbe - finire nella Top Ten 2018 che qualche settimana fa mi sembrava più agevole di quella dell'anno scorso e invece...

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    5. a me succede quasi sempre ma con Il Sospetto, lo scrissi anche in recensione, ebbi la sensazione tre volte del finale

      e sarebbe stato sempre un finale diverso, con un significato diverso

      e tutti bellissimi

      il primo finale quando l'amico porta a Lukas da mangiare in casa sua, dopo Natale

      loro due uno davanti all'altro, Lukas mangia e si guardano, stupendo

      il secondo quando Lukas alla festa del figlio prende un braccio la bimba e le fa attraversare le "strisce"

      finale simbolico, bellissimo anche questo

      e poi c'è il finale vero, forse il più "triste" e inquietante. Ma notevole...

      ma scherzi, questo è l'anno cinematografico più incredibile degli ultimi 10 per me, non so manco se riuscirò a farla la classifica ;)

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    6. Il Sospetto è un capolavoro totale e quel finale ti rimane stampato in testa quasi come fosse successo a te.

      Ho la sensazione di aver colpevolmente perso qualcosa nei primi sei mesi, comunque siamo a fine settembre quindi siamo ancora in tempo per faticare più del previsto a scriverla :)

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    7. sì, in entrambe le cose

      guarda, io ho visto almeno, ma almeno 10 film al cinema da 8 pieno o sopra

      ma credo che nei primi 20 ci siano film che in altri anni finivano nei 10 alti ;)

      e ancora mancano Noè e Trier ;)

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  3. era la recensione che mi aspettavo.
    grazie

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due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

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3 ciao