30.7.19

Recensione: "Midsommar - Il Villaggio dei Dannati"

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La clamorosa conferma, dopo Hereditary, del talento di Ari Aster.
Midsommar è cinema "mainstream" come non se ne vede mai, visivamente bellissimo ma altrettanto profondo, derivativo ma originale, basico ma complessissimo e polisemico.
Non esente da difetti (purtroppo) questo è cinema grande, cinema del disorientamento, della manipolazione, della perdita di sè o forse dell'esatto contrario, del ritrovarsi.
Un film di bianco e luce per accecare la ragione e le tenebre del dolore

presenti spoiler


Bastano 3 premesse, senza nemmeno dover per forza analizzarlo o recensirlo, per capire quanto meriti Midsommar.

Premessa numero 1.
Buio e spazi angusti.
Sono questi i due elementi che ci troviamo quasi sempre negli horror, da soli o (a volte mal)accompagnati.
Perchè il buio e gli spazi angusti sono il modo migliore per nascondere, celare, creare atmosfere di minacce invisibili, rumori e presenze serpeggianti.
Vallo a fare un horror alla luce del sole (h24 poi, come nel Nord della Svezia) e girato in infiniti spazi campestri.
Vallo a fare.
Ma attenzione, o sei Ari Aster o quasi sicuramente finisce male

Premessa numero 2.
Sapete quale dovrebbe esse una delle cartine di tornasole più importanti per capire la grandezza di un film, specie di genere?
Vedere quanto te porta a riflette.
Lo so, il popolo bue si accontenta degli horror coi buuuuuuuu(e) e basta, ma quelli che davvero amano il cinema cercano altro.
E quando un film, come accade con Midsommar, per quanto ti possa esser piaciuto o no ti lascia anche un pò così, stranito e pensieroso, allora vuol dire che molto probabilmente è ancora più grande di quello che hai percepito o stai percependo.
Insomma, anche "oggettivamente" possiamo dire che questo è e sarà uno degli horror pietre miliari di questi nostri anni.

Premessa numero 3.
Distribuisce A24.
E ho detto tutto



La clamorosa conferma, dopo Hereditary, di un regista, Ari Aster, capace di girare horror che nel mondo mainstream non esistono, tremendamente derivativi (ho appuntato 10 film durante la visione) ma originali, basici ma complessissimi, lineari ma polisemici.
E visivamente impressionanti.
Lo dico, in entrambi i suoi film qualcosa non mi è tornato, difetti ne ho trovati, ma si fa sempre più strada in me la sensazione che la colpa sia mia, che questi film andrebbero visti e rivisti tanto dentro hanno cose.

E poi caspita se si somigliano...
E infatti anche in Midosmmar, nell'incipit, ci avviciniamo ad una casa. 
Se in Hereditary c'era quel fantastico effetto con la casa delle bambole qua abbiamo ad ogni squillo di telefono uno zoom improvviso.
Da qui partono 10 minuti perfetti, più che un incipit quasi un intero primo atto vista la costruzione e l'importanza del tutto.
La mail, la telefonata non risposta ai genitori, quella al ragazzo (e qui Florence Pugh si dimostra già grande), questa tensione basata solo su volti e parole, e poi quel "Nooooooooooo" che viene urlato, e l'immagine terribile del suicidio-omicidio e poi, ciliegina sulla torta, quel pc acceso con le 4 mail non risposte.
Sono piccoli dettagli che rendono però tutta la scena più vera e struggente, costruita in maniera incredibile.
Poi in una delle prime lentissime carrellate del film si va sulla finestra, poi fuori sulla neve, il film comincia.
E conosciamo meglio Dani, la nostra protagonista.
Per tutto il film ci troveremo davanti una ragazza quasi opposta alla sensualità (gli amici di lui dicono anche esplicitamente che non le piace far sesso), con quello sguardo sempre perso e mai malizioso e quei vestiti sformati che non le delineano il fisico.
Attenzione, questa distanza dal sesso di Dani è una delle tantissime tematiche presenti in Midsommar visto che il posto dove finirà, l'Harga, è invece una comunità di cazzi e vagine, tremendamente legata al sesso.
Qui abbiamo già uno dei legami con un altro grandissimo personaggio femminile recente, quello della Temple in Magic Magic.
In realtà i due film si somigliano per tantissimi versi, nella loro polisemia sono tantissimi i significati comuni
A questo proposito faccio un flash forward.
Dani ha appena preso il fungo.
Con un'altra carrellata avanti MAGISTRALE Aster si avvicina a lei sotto l'albero senza che il personaggio parli mai. Solo gli amici chiacchierano, solo loro agiscono e lo spettatore è portato ad osservare loro.

23.7.19

Oltre l'immagine, viaggio nel significato nascosto dei film (10) - Twin Peaks - di Edoardo Romanella



Per "festeggiare" il decimo appuntamento con questa rubrica (analisi di film o serie molto complesse) Edoardo Romanella ha deciso di fare "l'analisi della vita", ovvero quella di tutte e 3 le stagioni di Twin Peaks.
A detta dell'autore non troverete in rete disamine così dettagliate, ricche di particolari ed esaustive (non considero ovviamente i saggi e cose del genere).
Insomma, questa dovrebbe esse na specie de piccola Bibbia de Twin Peaks.
Inutile dire che l'articolo si rivolge a chi ha visto tutte le stagioni.
Buona (lunga) lettura :)

Dunque cari lettori, se avete letto il mio articolo su Lost avrete sicuramente notato che, pur ritenendola la più grande serie televisiva mai realizzata ad oggi, ho scritto che non è affatto rivoluzionaria.
Il motivo è semplice, perché la rivoluzione era iniziata molti anni prima, nel 1990, con questo immortale capolavoro: I segreti di Twin Peaks (o semplicemente Twin Peaks), di David Lynch, scritta con lo sceneggiatore Mark Frost.
E’ stata una rivoluzione televisiva nel vero senso della parola, perché da essa hanno praticamente attinto tutte le serie successive: Lost, I Soprano, Black Mirror, Fargo, X-Files, Breaking Bad, Stranger Things, solo per citarne alcune.
Fu trasmessa in Italia per la prima volta nel 1991, e fin da subito si dimostrò un successo colossale, dove perfino la sigla iniziale è diventata cult. Ma è facile rendere una sigla musicale un cult quando a realizzarla è quel genio che si è occupato dell’intera colonna sonora, e che ha seguito Lynch nel corso di tutta la sua carriera: Angelo Badalamenti (per intenderci, quello che sputa il caffè sul tovagliolo in Mulholland Drive).
A tal proposito vi linko qua sotto un video su come è nata la colonna sonora di Twin Peaks, per farvi capire di chi stiamo parlando e di quanto sia straordinaria la sua ispirazione musicale.



Partiamo dalla trama, che vi consiglio di non saltare. Leggetela attentamente, perché in essa ho inserito diversi elementi chiarificatori. In caso non abbiate ancora visto la serie, fermatevi qui nella lettura, poiché sarà pieno di spoiler.
Twin Peaks è una tranquilla cittadina di montagna nello Stato di Washington, vicino al Canada, dove un giorno, sulla riva di un fiume (o era un lago, non ricordo) viene ritrovato il corpo senza vita di una ragazza. Il suo nome è Laura Palmer (Sheryl Lee).




Questo sarà il fulcro centrale delle prime due stagioni, attorno al quale ruotano tutti gli strani personaggi ed eventi di contorno. In primis, l’agente dell’FBI Dale Cooper (Kyle MacLachlan), inviato a Twin Peaks per indagare sull’omicidio.






Iniziamo poi a fare conoscenza degli abitanti: Peter "Pete" Martell (colui che ha ritrovato il cadavere di Laura, interpretato da Jack Nance), Bobby Briggs (il “ragazzo” di Laura, e principale indiziato, interpretato da Dana Ashbrook), lo sceriffo Truman (Michael Ontkean), la cameriera Shelly Johnson (Mädchen Amick), Donna Hayward (Lara Flynn Boyle), i genitori di Laura, eccetera, eccetera, eccetera, non occorre che ve li presenti tutti (anche perché ci impiegherei mezza giornata). Posso solo dirvi che ogni personaggio (o quasi) è memorabile nella sua costruzione e interpretazione.
Nel bel mezzo delle indagini, a un certo punto, viene ritrovata una compagna di scuola di Laura, Ronette Pulaski, in stato confusionale e in precarie condizioni di salute. Poco dopo finirà in coma.
Mano a mano che la trama va avanti, ci vengono presentati nuovi personaggi, tutto in funzione delle indagini sull’omicidio di Laura Palmer.
Il primo episodio si conclude con Sarah Palmer (Grace Zabriskie), la madre di Laura, che guardando lo specchio ha la visione di un uomo coi capelli lunghi.

21.7.19

Recensione: "Behemoth" - BuioDoc - 41 -


Film documentario cinese gigantesco.
Behemoth è lo straordinario viaggio in una immensa miniera di carbone in Mongolia.
Viaggio, sì, perchè, con chiari riferimenti a Dante, questo film racconta un inumano, terribile e quasi struggente itinerario, dall'Inferno della miniera a un Paradiso finto e artificiale (non vi svelo nulla, il finale è grandioso).
Immagini mozzafiato, nessuna parola se non quella di un narratore "spirituale" che rimpiange quello che un giorno eravamo.
Non cinema degli ultimi, ma degli ultimissimi.
Impressionante


Schermo completamente rosso.
Un rosso vivissimo, sembra di essere da Tarantino o Noè.
Poi quel rosso a tinta unita inizia a sfaldarsi, disfarsi, scoprirsi.
E diventa sempre più un fuoco, il fuoco accecante e assoluto di una fornace.
Giuseppe si sente gli occhi gonfi di lacrime, senza che in quel passaggio da rosso a realtà ci sia quasi alcun contenuto.
E' una commozione di bellezza, cinematografica, estetica.
Mi ritrovo a parlare da solo per 3 minuti, incredulo.
Non è che servisse questa sequenza da brividi per ergere questo documentario cinese a capolavoro.
Perchè Behemoth capolavoro lo è, perchè capolavori sono quei film a cui niente toglieresti, quelli che ti danno tantissimo, quelli che raccontano cose, quelli che completano un cerchio, quelli che hanno un'anima.
Documentario ho detto, ma Behemoth è qualcosa in più, è un immergere il reale in un'ampolla di poesia e disperazione, è un parlare di universo e di massimi sistemi ricercando quell'universo e quei massimi sistemi in volti e gesti piccolissimi, primordiali, antichi, umani un tempo, forse, ma inumani oggi.


Siamo in Mongolia, in una miniera di carbone immensa, che cerchi di scorgerne i confini in quelle montagne martoriate e ferite, ma in confini mica li trovi, quei profili dissestati sono ovunque.
Un incipit che ce ne ricorda un altro, di un film parimenti immenso, Il Sale della Terra.
Ad un certo punto scorgi un prato bellissimo con delle pecore, anche questo molto grande.
Molto presto capiremo però che quel prato un giorno era molto più grande di adesso, che quelle pecore hanno sempre meno spazio, che arriva sempre più terra da quelle miniere, che si stanno formando altre montagne che prima non c'erano, montagne di terra gettata dai camion.
C'è un uomo nudo.
Quell'uomo è l'unico che ci parla, in un film in cui vedremo tantissime persone senza che nessuna di esse dica mai una parola.
Un narratore che ci racconta di Noi, di quello che eravamo, di quello che abbiamo perduto.
Quest'uomo sogna e il suo sogno è come il sogno della Commedia di Dante, un percorso terribile che parte dall'Inferno delle miniere fino a un Paradiso che, vedremo nell'indimenticabile finale, è Paradiso solo artificiale, inutile, un luogo che è stato costruito solo grazie dalla dannazione esperita in Inferno e Purgatorio.
Purtroppo il sogno di quest'uomo puro è dura realtà, talmente reale che Behemoth, senza mai urlarlo contro, diventa film di denuncia.
Ma torniamo a quella miniera, quella miniera dove esplosioni aprono ferite fumanti nelle montagne, quelle montagne che noi uomini non avevamo il permesso di toccare perchè gli dei o i demoni ci hanno detto di non farlo.
E per quello qualcuno ha costruito una statua del Buddha, per alleviare la propria colpa, per scusarsi.
La miniera è davvero un inferno, e quei minatori davvero dannati.
Li vedi muover terra, buttar sassi, caricare camion della stessa terra, martellare, scavare.
Tutto è terra, tutto è polvere, tutto è sassi.
Intorno a loro un rumore incessante di trivelle, stridente, metallico.
Sì, un inferno, un inferno dove non ha nemmeno senso parlarsi, dove non c'è individualità, dove tutti gli accessori dell'esistenza sono messi da parte essiccati in mani e vanghe, nient'altro.

18.7.19

Recensione: "A tempo pieno"


Un film francese che prende spunto (come un altro bellissimo film, L'Avversario) da una incredibile vicenda francese, quella di Jean-Claude Romand, un uomo che per 18 anni si finse a tutti (anche amici e famiglia) medico e ricercatore senza nemmeno essersi mai laureato.
In realtà, a differenza de L'Avversario, questo A tempo pieno si discosta molto dalla vicenda reale, tanto da doverci far parlare, semmai, di semplice ispirazione.
Film molto bello, essenziale, interessante.
Più che la recensione del film questo vuole essere uno spunto per parlare di questo fenomeno sempre troppo sottovalutato, ovvero di chi per mille motivi diversi decide di vivere una vita di menzogna e successo per non affrontare la vergogna della verità dell'insuccesso o del non farcela.
A tempo pieno ricorda le troppe vicende universitarie, spesso finite in tragedia, di quei ragazzi che sono arrivati alla laurea senza sostenere esami.
Racconta alla fine di tutti noi, chi più chi meno, esseri viventi che a volte devono farsi vedere belli o realizzati ma che, in realtà, si portano dentro un peso enorme di una realtà completamente diversa

presenti spoiler anche riguardo la vicenda Romand e di conseguenza sull'altro film, L'Avversario



Jean-Claude Romand è un uomo francese realmente esistito e ancora vivo.
E' un medico, stimatissimo, ricercatore dell'Oms da svariati anni.
No, non è vero.
Non è per niente vero.
Jean-Claude Romand ha fatto credere a tutti, famiglia, amici, parenti, di esser diventato medico.
Per 18 anni ha condotto una vita completamente falsa e tutti gli hanno creduto.
Non ha mai lavorato un giorno, fu bocciato addirittura al secondo anno di Medicina, eppure arrivò a quasi 40 anni senza che nessuno si accorse di nulla.
Un giorno, impaurito di poter essere scoperto (oltre alla vergogna umana c'erano debiti milionari che aveva accumulato) sterminò tutta la famiglia, moglie, figli e genitori.
Uno scrittore, un grande scrittore, Emmanuel Carrere, rimase impressionato dalla vicenda.
Decise allora di provare a contattare l'omicida. 
Da alcuni colloqui e da uno scambio epistolare venne fuori il romanzo L'Avversario, un'operazione simile a quella che fece Capote con A sangue freddo.
Da quel romanzo fu tratto un film, dallo stesso titolo, con Daniel Auteil (gran bel film).
L'anno prima, però, uscì anche un altro film, quello di cui stiamo parlando, che ufficialmente ha la stessa fonte.
Ecco, dopo averlo visto posso dire che sì, l'ispirazione di "A tempo pieno" può esser stata sicuramente la vicenda Romand, ma che no, secondo me non possiamo considerare questo film come la trasposizione della stessa vicenda.
Di sicuro l'elemento base c'è tutto, ovvero il padre di famiglia che finge una vita che non esiste e nasconde tutto a tutti.
Ma la durata della menzogna (pochi mesi contro 18 anni nella realtà) e il suo epilogo (nessuna strage, nemmeno tentata o sfiorata) portano "A tempo pieno" a livelli siderali di distanza dalla storia reale.
Quindi prendiamolo "solo" come un film a sè stante.


Intanto vorrei farvi sapere che il titolo originale è "L'emploi du temps", ovvero "l'occupazione del tempo", titolo assolutamente magnifico vista la materia del film.
Perchè in queste vite "finte" è proprio questo, forse anche più della menzogna, l'aspetto più tragico, incredibile e interessante, ovvero immaginarsi come queste persone possano impiegare gran parte del loro tempo - quello che chi li conosce pensa sia dedicato al lavoro - a fare assolutamente nulla.

10.7.19

Recensione: "Animals" (Tiere) - 2017


Se vi piacciono quei film in cui non potete spegnere il cervello Animals (Tiere) fa proprio per voi.
Una coppia in crisi va sei mesi nelle Alpi.
Cominciano a succedere cose strane, le realtà iniziano a mischiarsi spazialmente e temporalmente, i sogni iniziano a confondersi con la realtà.
Una specie di commedia tragicomica che poi diventa sempre più insidiosa, con forti richiami a Polanski, Mulholland Drive, Eyes Wide Shut e altri.
Il viso dell'amante di lei è ovunque, c'è un incidente con una pecora, c'è un gatto parlante, ci sono sogni dentro i sogni.
Più che una recensione questa è la mia pippa mentale per cercare di ricostruire il film.
Accidenti a me.

 Bellissimo.
Tiere è uno di quei film di quasi pura sceneggiatura e scrittura, colto, ostico, complesso.
Ma al tempo stesso capace di esser leggero, per almeno metà della sua durata quasi sull'orlo della commedia grottesca o tragicomica.
Resto sempre affascinato quando incontro film così, "divertenti" e densi allo stesso tempo.
In ogni caso uno di quei film da doppia visione.

Anna e Nick sono una coppia profondamente in crisi.
Lui, cuoco, ha un'amante, lei lo sa o quantomeno ha forti sospetti della cosa.
Partono per un viaggio di 6 mesi nelle Alpi Svizzere, non si sa se con la speranza di ritrovarsi o magari capire invece di farla finita una volta per tutte in un luogo "altro" che quello di casa propria, casa, tra l'altro, che lasciano da custodire a una donna, non si capisce se loro conoscente (non posso dire altro).
I due, in "vacanza", vivono in una baita.
Un giorno durante uno spostamento in macchina hanno un incidente, investono una pecora.


Lui rimane del tutto illeso, lei ha una specie di trauma cranico.
Anche la governante, nel frattempo, è incidentalmente caduta riportando lo stesso trauma.
I piani fisici e temporali cominciano a confondersi, i due luoghi - le due abitazioni - sembrano essere in qualche modo comunicanti tra loro, il passato si fonde al presente e al futuro, la realtà ai sogni.
Insomma, il cortocircuito è completo, spaziale, temporale e sogno/realtà.

7.7.19

Sesto Raduno de Il Buio in Sala (6,7 settembre, perugia, vernazzano), probabilmente il più bello di sempre (a parte il primo). Con almeno un paio di novità incredibili


Siamo arrivati al sesto appuntamento insieme, il quarto a settembre.
Quello di quest'anno si preannuncia, almeno a livello di "cose che accadono", come il più bello di sempre.
Al solito staremo 2,3,4 o 5 giorni insieme, mangeremo, gireremo posti, faremo il quiz del cinema, le solite cose, ma a tutte queste si aggiungono tre appuntamenti imperdibili.

Il primo è per me qualcosa di grandissimo.
Dopo 20 anni che lo ascolto (è il mio cantante preferito) avrò addirittura a suonare per noi l'immenso Umberto Maria Giardini (ex Moltheni).

Il concerto si terrà venerdì 6 settembre, un'ora e mezzo infilata in tutte le nostre altre attività (tranquilli, "l'anima" del raduno resterà la stessa).
Un onore per me e una gioia incredibile.

Come se non bastasse tra venerdì e sabato avremo due film con i registi presenti.

Il primo è una sorpresa, non posso dire nè il titolo del film nè il nome del regista ma, fidatevi, sarà una bomba

Il secondo è l'ultimo film di Davide Montecchi di cui vedemmo il bellissimo In a lonely place nell'indimenticabile primo raduno

Un concerto di un grande artista, due film con regista, tre chicche che si aggiungono a un evento in cui, anche se non facessimo niente, stiamo sempre benissimo


al solito metterò a disposizione (almeno) due tipi di alloggi, l'agriturismo della mia cara nonna appena scomparsa e un albergo in centro a Perugia

magari arriveranno altri post più dettagliati ma per qualsiasi domanda sono qui


5.7.19

Recensione: "La mia vita con John F. Donovan"


Il penultimo film di Dolan (ma l'ultimo ad esser stato distribuito) è anche il vero primo passo falso dell'ancor giovanissimo (ma già grande) regista canadese.
Il paradosso è che questo è il film forse più intimo, quello con più Dolan dentro, sia come uomo che come artista.
Paradosso perchè pur essendo il film con più aspetti autobiografici risulta anche essere il più pensato, il più costruito, quello meno spontaneo, vero ed immediato.
E così tutta l'intimità del progetto si perde in una macchina cinema troppo grande e poco personale.
Ne viene fuori un film retorico, spiegato, verboso e con una storia di fondo che non coinvolge lo spettatore.
Una delusione, grande.
Ma Dolan, ne sono sicuro, tornerà ancora più forte


 Prima o poi doveva accadere.
Alla fine questo ha cominciato a far cinema a 20 anni, non ha - credo - sbagliato mezzo film (mi mancano i primi due), ha tirato fori almeno due mezzi capolavori e ha sempre dimostrato di saper maneggiare qualsiasi aspetto della macchina cinema, dalla scrittura alla regia, dalla fotografia alla colonna sonora, dalla direzione degli attori alla capacità di mettere sè stesso dentro i propri film.
Un autore vero Dolan, uno di quelli che fa tutto, che vuole far tutto e che sa far tutto.
Con lui abbiamo gridato più volte al miracolo e ci aveva talmente ben abituato che ormai, seppur under 30, vederlo tirar fuori grandi film ci sembrava "normale".
Beh, no, non lo era.
E' invece normale fare un passo falso e stavolta Dolan l'ha fatto, inutile girarci intorno.
Io non so nulla delle infinite polemiche che ci sono state intorno a questo film, io non so nulla dei problemi che ha avuto in fase di post produzione (mi dicono ne abbia avuti), io so solo che l'ho visto e posso dire che non è un bel film.
Più che altro mi sembra un'opera che vive di un tremendo paradosso.
Ed è quello che al tempo stesso sembra l'opera più "personale" di Dolan, ovvero quella dove possiamo scorgere più di lui e della sua filmografia, ma anche la meno spontanea, la più pensata, la più costruita.


Io negli altri film del giovanissimo canadese avevo sempre visto una vitalità, una spontaneità e una freschezza sorprendenti, come se i film si fossero scritti da soli.
Qua abbiamo ancora (credo eh) più elementi autobiografici eppure il film risulta tremendamente costruito, e costruito anche male, come quei sentimentaloni americani che io rifuggo sempre.

1.7.19

"Il Corpo del reato", quando la musica diventa letteratura, emozione, cronaca e cinema


C'è un brano di un cantante non troppo conosciuto.
Quel cantante si chiama Iosonouncane, col nome così, tutto attaccato.
Ha 35 anni, sardo.
E quel brano si chiama "Il corpo del reato".
Ascolto cantautori italiani da una vita, eppure negli ultimi 15 anni non mi è mai capitato un pezzo che riuscisse ad essere così tante cose come questo.
Il corpo del reato è musica, certo.
Ma è anche una storia.
Ed è anche cronaca.
Ed è anche denuncia sociale.
Ed è anche letteratura.
Ed è anche, e forse questo è il motivo più forte per avermelo fatto portare qua, cinema.
Ascoltate questo brano e vedrete davanti ai vostri occhi tutto quello che racconta.
Non solo, il brano usa delle vere e proprie tecniche cinematografiche, lo vedremo.
Per favore ascoltatelo bene.
Poi leggete il testo e poi, se vorrete, tutta la mia lunga analisi.





Alzati, andiamo, non fare il cretino non fare il bambino ti porto a casa ti porto in braccio tornando a casa ci fermiamo a fare colazione un cappuccino le paste alla crema una sigaretta andiamo a casa
cosa vuoi fare? vuoi stare lì tutta la notte sull'asfalto vuoi riposare? non lo senti il maestrale? che umidità! mi spezza le ossa mi sento male andiamo a casa
lasciati andare ti tengo forte ve l'ho detto mille volte di rallentare, andiamo
non ci pensi a tua madre? non ci pensi a tua madre? ci sta aspettando ha appena preso la pensione ma pensa a tua madre
pensa a tua madre
pensa a tua made rimata lì inchiodata crocefissa sul portone di casa in bella mostra in mezzo alla strada Attenti al cane! attenti al cane! no! attenti a tua madre! attenti a tua madre! attenti a tua madre! non dice niente non si lamenta sospira soltanto dovresti vederla sulla pancia con lo spray le hanno scritto JUVE MERDA coi piedi coperti di fiori si guarda la pancia, la scritta intendo e lo sa meglio di me
lo sa meglio di te che per un figlio appena dato uno nuovo tale e quale è ricevuto e me lo ha chiesto balbettando di prendere in ostaggio il direttore
di una qualche agenzia di viaggio ma gliel'ho detto non c'ho le palle, non c'ho il coraggio Alzati, andiamo è quasi mattino mi sto addormentando pulisciti il viso mi fai impressione mi stai spaventando andiamo, lasciati sollevare che pensi di fare? se pensi di fare qualcosa di originale ti stai sbagliando non c'è niente di più scontato di più normale e molto meno originale di quelle scarpe che detto tra me e te davvero le ho viste ai piedi di almeno 300 persone andiamo, torniamo in paese
torniamo in paese
torniamo in paese dovresti vedere cos'è successo, ma non sei un po' curioso? ma te lo giuro, sembra di stare in un posto nuovo Dopo trent'anni abbiamo vinto le elezioni, te lo giuro è stato proprio un colpo duro per loro mia madre ha pure pianto ed io ho fatto lo stesso si respira un'aria nuova c'è un bell'entusiasmo e da quest'anno si balla in un chiosco appena aperto sulla spiaggia tutti i giorni tutti a bere sulla sabbia e i balli di gruppo, i latino americani, poi fino all'alba con la tecno e stiamo già organizzando un bel torneo di pallavolo di calcetto di biliardo la caccia al tesoro la sagra del pane del pesce del maiale e se ti perdi tutto questo sei proprio un fesso Allora hai deciso sei proprio convinto di fare qualcosa
qualcosa di originale non vuoi tornare ma sai che ti dico? sei proprio un cretino non ci stupisci non mi sorprendi stammi ad ascoltare un pochino quelli come te lo sappiamo stanno al mondo solo perché c'è spazio mani strappate all'enalotto le tue, mani strappate all'enalotto quelli come te lo sappiamo son stati vivi solo quando sono morti mani strappate al voto di scambio le tue, mani strappate al voto di scambio ma lasciati abbracciare, ti riporto a casa, ti riporto da tua madre ma guardami in faccia
non mi riconosci? andiamo a casa
non farmi disperare non so che cosa fare, ormai non mi rispondi, hai deciso sei testardo sei convinto ascoltami bene ti stai sbagliando ascoltami bene ti stai sbagliando la verità sta nei dettagli e allora te li elenco ti regalo altri minuti del mio tempo Strada provinciale 160 in lontananza un pezzetto di mare notte fonda cielo sereno l'estate alle porte un leggero maestrale Fiat punto nera del 2000 trecentomila i chilometri percorsi cerchi in lega da quindici pollici un impianto stereo davvero eccezionale il corpo steso sulla schiena di un trentenne sull'asfalto ha già smesso di respirare abbigliamento sportivo curato costoso nella norma niente di originale nelle tasche cinque euro e pochi spicci un mazzo di chiavi due cellulari sul braccio destro un tatuaggio tribale e sulle mani calli e vesciche profonde da muratore.


ANALISI

Siamo sulla strada.
Il brano inizia in medias res, qualcosa è già successo, dobbiamo capire cosa (è già cinema).
Ad un primo sbadato ascolto si potrebbero perdere molti dettagli e non capire bene ma poi, ascoltando o leggendo con attenzione, tutto è molto palese.
Siccome questa è una analisi "post ascolto" me ne frego degli spoiler.
C'è stato un incidente stradale, chi canta è sopravvissuto, il suo amico no, è già morto (e questo rende il tutto più surreale) o sta morendo.

Tutto il brano va letto come l'urlo disperato di un uomo che ha visto il suo amico morire.
Nella prima parte cerca di minimizzare l'accaduto

Alzati, andiamo, non fare il cretino non fare il bambino ti porto a casa ti porto in braccio tornando a casa ci fermiamo a fare colazione un cappuccino le paste alla crema una sigaretta andiamo a casa
cosa vuoi fare? vuoi stare lì tutta la notte sull'asfalto vuoi riposare?

sono le parole di qualcuno che non ha realizzato o non sta realizzando quello che è successo.
Alzati dai, che andiamo a casa, andiamo a far colazione, non te lo far ripetere due volte, alzati.
Iniziano a manifestarsi i primi disagi fisici, in realtà psicologici

che umidità! mi spezza le ossa mi sento male andiamo a casa

ecco poi che accade un'altra cosa che è puro cinema, ovvero che mentre l'uomo urla all'altro di alzarsi gli arriva in testa come un flash di quello che è in realtà accaduto

ve l'ho detto mille volte di rallentare

una sola frase, quasi un inciso, che è un bagliore di lucidità, lucidità che poi sarà completa nel devastante finale

ecco poi che comincia una delle parti più struggenti del brano, quella in cui l'uomo, per convincere l'amico morente (morto...) ad alzarsi gli ricorda sua madre

non ci pensi a tua madre? non ci pensi a tua madre? ci sta aspettando ha appena preso la pensione ma pensa a tua madre
pensa a tua madre
pensa a tua made rimata lì inchiodata crocefissa sul portone di casa in bella mostra in mezzo alla strada

è un'immagine tristissima e malinconica questa della madre davanti alla porta di casa ad aspettare.
Immagine che poi diventa addirittura surreale in quello che è il passaggio più indecifrabile (ma forse non c'è niente da decifrare, è letterale) del pezzo

dovresti vederla sulla pancia con lo spray le hanno scritto JUVE MERDA
juve merda coi piedi coperti di fiori si guarda la pancia, la scritta intendo

immagine spiazzante che ci suggerisce molto degrado e, forse, anche un problema mentale della madre

poi un passaggio molto difficile, secondo me di alta scrittura

e lo sa meglio di me
lo sa meglio di te che per un figlio appena dato uno nuovo tale e quale è ricevuto

che significa?
forse il figlio "appena dato" è quello appena morto, sostituito proprio da colui che parla, considerato da quella donna alla stregua di un figlio
Oppure "dato alla luce".
Sta di fatto che molto probabilmente chi sta parlando si sente come un secondo figlio per quella donna che, addirittura

e me lo ha chiesto balbettando di prendere in ostaggio il direttore
di una qualche agenzia di viaggio ma gliel'ho detto non c'ho le palle, non c'ho il coraggio

altre immagini di profonda povertà e degrado, come chiedere all'amico del figlio di fare una rapina per salvare tutti loro

appena dopo secondo flash cinematografico di lucidità

pulisciti il viso mi fai impressione mi stai spaventando

poi, però, appena la riga dopo, ricomincia a insultarlo

che pensi di fare? se pensi di fare qualcosa di originale ti stai sbagliando non c'è niente di più scontato di più normale e molto meno originale di quelle scarpe che detto tra me e te davvero le ho viste ai piedi di almeno 300 persone

ed è geniale questa similitudine tra la banalità di "fare il morto" e le scarpe che indossa l'amico. Paragone assurdo ma che viene fuori in questo delirio di non lucidità mentale.
L'occhio del lettore diventa sempre più spettatore, ormai da tempo abbiamo davanti quest'immagine dell'amico morto. E iniziamo ad entrare nel dettaglio per arrivare poi a quello che sarà un incredibile finale in questo senso

Comincia adesso un'altra parte bellissima, ancora un cambio di scenario.
Qui il brano diventa simbolo di una denuncia sociale, quella di quei paesini dove tutto è sempre uguale da anni, dove tutte le cose si ripetono, dove le sagre e il biliardino diventano importanti e "belle".
Questa morte in provincia si fa sempre più struggente.

Righe meravigliose:

andiamo, torniamo in paese
torniamo in paese
torniamo in paese dovresti vedere cos'è successo, ma non sei un po' curioso? ma te lo giuro, sembra di stare in un posto nuovo Dopo trent'anni abbiamo vinto le elezioni, te lo giuro è stato proprio un colpo duro per loro mia madre ha pure pianto ed io ho fatto lo stesso si respira un'aria nuova c'è un bell'entusiasmo e da quest'anno si balla in un chiosco appena aperto sulla spiaggia tutti i giorni tutti a bere sulla sabbia e i balli di gruppo, i latino americani, poi fino all'alba con la techno e stiamo già organizzando un bel torneo di pallavolo di calcetto di biliardo la caccia al tesoro la sagra del pane del pesce del maiale e se ti perdi tutto questo sei proprio un fesso

Poi, dopo questo ultimo disperato e patetico tentativo di far rialzare l'amico (attirarlo con le "bellezze" del loro paesino) chi canta ha perso ormai la pazienza e comincia la parte più dura del brano, quella di vere e proprie offese all'amico morto a terra

Prima c'è questa frase quasi esistenziale

Allora hai deciso sei proprio convinto di fare qualcosa
qualcosa di originale non vuoi tornare

poi un fiume in piena di cattiveria

quelli come te lo sappiamo stanno al mondo solo perché c'è spazio mani strappate all'enalotto le tue, mani strappate all'enalotto quelli come te lo sappiamo son stati vivi solo quando sono morti mani strappate al voto di scambio le tue, mani strappate al voto di scambio

"mani strappare all'enalotto le tue"
"quelli come te son stati vivi solo quando son morti"

straordinario Iosonouncane in queste frasi, specialmente in quella seconda che sta a significare di come la vita dell'amico sia stata una completa nullità, insignificante, così insignificante che ci si accorge che è stato vivo solo ora che è morto

ed è qui che accade l'ennesimo cambiamento in questo brano che è quasi un flusso di coscienza emotivo, senza stacchi, un piano sequenza di mille stati d'animo

Dopo le offese più grandi che abbiamo appena letto, LA RIGA DOPO, c'è questo:

ma lasciati abbracciare, ti riporto a casa, ti riporto da tua madre ma guardami in faccia
non mi riconosci? andiamo a casa
non farmi disperare non so che cosa fare, ormai non mi rispondi

sembrano due persone diverse in questi due passaggi ma è sempre lui

è l'ultimo tentativo, l'ultimo, disperato
Ormai si rende conto che l'amico non gli ha mai risposto, la lucidità sta arrivando ed è qui che Iosonouncane costruisce un finale devastante e leggendario.
E, ancora una volta, sembra di essere al cinema.
Se prima abbiamo assistito ad un film a metà tra il drammatico, l'emozionale e il surreale adesso arriva il cinema verità, quello freddo e cinico, puro realismo, quasi parossistico

Ed è stupendo che i dettagli del "corpo del reato", della scena dell'incidente, siano raccontati al morto
Non sono dettagli che arrivano alla testa di chi parla, no, chi parla li "elenca" al morto, straordinario

la verità sta nei dettagli e allora te li elenco ti regalo altri minuti del mio tempo

ed ecco finalmente che tutta la scena che abbiamo intravisto durante questa "canzone-film" adesso ci viene mostrata
E non in campo largo, ma strettissimo.
Li leggiamo col groppo in gola

Strada provinciale 160 in lontananza un pezzetto di mare notte fonda cielo sereno l'estate alle porte un leggero maestrale Fiat punto nera del 2000 trecentomila i chilometri percorsi cerchi in lega da quindici pollici un impianto stereo davvero eccezionale il corpo steso sulla schiena di un trentenne sull'asfalto ha già smesso di respirare abbigliamento sportivo curato costoso nella norma niente di originale nelle tasche cinque euro e pochi spicci un mazzo di chiavi due cellulari sul braccio destro un tatuaggio tribale e sulle mani calli e vesciche profonde da muratore.

una strada vicino al mare, di provincia.
L'estate sta arrivando carica di promesse, c'è un leggero maestrale.
La macchina dell'incidente è vecchia, 300.000 km alle spalle. Se uniamo questo dato all'immagine poverissima della madre, al "sogno" della rapina in banca e ai 5 euro sulle tasche ci immaginiamo un povero ragazzo di famiglia anche più povera.
Ce lo immaginiamo come un operaio e, infatti, nell'ultima riga del testo, abbiamo le vesciche profonde da muratore.
E, come tutti questi operai squattrinati, ci sono però un paio di elementi formidabili ("un impianto stereo davvero eccezionale", "due cellulari") che rendo il quadro ancora più "vero".
Quanti trentenni senza una lira e che lavorano come muli conoscete che hanno però impianti stereo formidabili e due cellulari?
Tanti, tantissimi, due "status simbol" classici per stare al mondo, per divertirsi, per sentirsi fighi.

e in mezzo a tutto questo, finalmente, il corpo del reato
Nudo, definitivo

il corpo steso sulla schiena di un trentenne sull'asfalto ha già smesso di respirare

brividi