30.9.16

Recensione "Romanzo Criminale" - Capolavoro italiano - Un Piccolo Schermo - 5 - di Giuseppe Giacone




Quinto appuntamento con Giuseppe Giacone e le sue recensioni "in pillole" (scherziamo sempre tra noi sul fatto che siano troppo corte per me) delle serie tv che più ama.
E' il momento, finalmente, di una italiana, probabilmente la più famosa degli ultimi 10 anni.

Credo che, per coloro che l'hanno vista, non ci siano dubbi sull'importanza sia storica che vera e propria di " Romanzo criminale ".
Sempre bene però parlarne un po' per chi ancora, magari, non crede nella serialità italiana di qualità.

" Romanzo criminale " conta due stagioni, dal 2008 al 2010, ed è il secondo adattamento del romanzo di Giancarlo De Cataldo dopo che, in precedenza,  Michele Placido  l'aveva portato sul grande schermo.
 Stessi personaggi della serie con uno stile, però, completamente diverso.
Mentre Placido puntava su una pellicola aggressiva ed esteticamente barocca (basti guardare i vestiti di tutti i protagonisti), Sollima, aiutato da Sky e dalla Cattleya, aziende produttrici, mette i piedi per terra e mette in scena, insieme a De Cataldo, una realtà dura e fredda che non fa sconti e, ancor più che nel romanzo, lascia un fortissimo amaro in bocca a visione completata.
Proprio questo amaro in bocca e questa sofferenza sono i punti forti della serie e i motivi per cui tutti i partecipanti al progetto sono in qualche modo passati alla "storia".
 " Romanzo criminale " non è una serie per tutti, non è una serie simil soap alll'acqua di rose come quelle di Garko ma un prodotto serio, con uno stile ed una firma indiscutibili.
Dalla regia di Sollima alla scelta degli attori tutto lascia intuire come la rete puntasse molto su questa serie serie e quanto si volesse provare qualcosa di nuovo, di diverso e speciale.

Prima di tutto, anche se adattato da un romanzo, si è deciso di fotografare una realtà abbastanza recente senza fare sconti a nessuno e senza addolcire la pillola in nessun modo.
Sollima gira la maggior parte degli episodi con una classe innata. mai vista in tv in Italia sino a quel momento. provando, però, anche a sperimentare, utilizzando tecniche di stampo chiaramente americano.
Sono stati scelti attori semi sconosciuti, quasi tutti provenienti dal teatro, di origini romane per dare un'impronta più autentica e per dare modo allo spettatore di poterli identificare con quei ruoli senza problemi.
Chi aveva sentito parlare prima della serie del trio dei protagonisti?
Nessuno, e solo da quel momento in poi i loro nomi sono stati messi sotto i riflettori come, del resto, quasi tutti quelli del resto del cast.
Partiti dal piccolo schermo, anche dalle retrovie, parecchi sono andati avanti, sono cresciuti e non si sono mai fermati.
Tutto il prodotto è al cento per cento italiano e al cento per cento fantastico.

Con " Romanzo criminale "- non avendo visto, purtroppo," Quo vadis, baby ?"- Sky ha iniziato un percorso non ancora concluso che ci ha portato prodotti come " Gomorra " e sta per portarci, su Netflix però, " Suburra ".
Un percorso che non smetterà mai di darci forti emozioni.

29.9.16

Recensione: "Pvc-1"

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Un gruppo di balordi assalta una fattoria colombiana.
Vuole i soldi ma la famiglia che abita nella fattoria non ne ha.
Alla madre viene applicato allora un collare esplosivo. Finchè non troveranno i soldi possono farla esplodere quando vogliono con un comando a distanza.
Un film in un UNICO piano sequenza (e approfitto per parlare così di questa tecnica) che racconta l'angoscia di una donna e della sua famiglia.
La vita e la paura di morire in tempo reale.
Da un storia vera

presenti spoiler molto grandi solo dopo l'ultima immagine

ho il film, per chi lo vuole

Il Piano Sequenza.
Questo Mostro!!!
Dico due cose che penso da tempo via.
Un film è costituito da una serie di sequenze. Ognuna di queste è poi costituita da una serie di inquadrature. Per farla breve, e lo spiego come lo spiegherei ad un bambino, un film è un collage di centinaia di inquadrature, a prescindere dal metodo narrativo scelto (lineare, non lineare, narrativo, non narrativo etc...). Sta poi al montaggio mettere insieme tutta sta roba e creare quella narrazione, quella fluidità (o non fluidità) e tutto quello che noi vedremo poi come risultato finale nel film.
Ora io mi chiedo...

27.9.16

Recensione: "Tag"



Solo un fuoriclasse come Sono poteva fare un film che in mezzo a scene splatter ai limiti del trash, grand guignol ed esagerazioni raccontasse con una grazia e poesia infinita delle tematiche delicatissime ed importanti.
Non fermatevi all'apparenza, Tag è un film grandissimo



spoiler pesantucci solo dopo l'ultima foto

Un autobus pieno di studentesse giapponesi.
Le ragazze ridono e scherzano, se ne stanno andando in gita.
Ad un certo punto ad una, Mitsuko, cade una penna in terra.
Si abbassa per prenderla.
Quando si rialza il bus è stato letteralmente tagliato in due orizzontalmente da qualcosa.
E con l'autobus, ovviamente, anche tutte le ragazze.
Letteralmente decorpizzate, manco decapitate.

25.9.16

Recensione: "La Donna Fantasma (1944)" Il Bar dei Nottambuli, viaggio nella storia del noir americano - 5 - di Fulvio Pazzaglia


Siamo ormai al quinto appuntamento con Fulvio e la sua retrospettiva sui più grandi noir del cinema classico americano (trovate tutti i film nell'etichetta a destra).
Buona lettura!

Scott Henderson, noto e affermato ingegnere civile di New York, litiga la sera del proprio anniversario di matrimonio con la moglie. Amareggiato, decide per distrarsi di non mandare a monte la serata e invita in un bar una sconosciuta con un bizzarro cappello.
Anche la donna sembra essere reduce di una brutta esperienza ma decide di accompagnare Scott a questo spettacolo chiedendo però che la propria identità rimanga segreta.

23.9.16

Recensione: "Pulp Fiction"

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Ma che cosa vuoi recensire Pulp Fiction Giusè?
Ma a che serve? 
Che puoi dire di nuovo ed originale?
Niente.
In realtà basterebbe anche solo chiudere gli occhi.
Basterebbe ascoltare.
Non lo guardi nemmeno il film, lo ascolti e basta.
E sarebbe già una cosa bellissima di suo.
Proviamoci:

Jules: Di' un po', Marsellus Wallace che aspetto ha?
Brett: Cosa?
Jules: Da che paese vieni, eh?
Brett: Cosa?
Jules: "Cosa" è un paese che non ho mai sentito nominare. Lì parlano la mia lingua?
Brett: Cosa?
Jules: La mia lingua, figlio di puttana, tu la sai parlare?
Brett: Sì!
Jules: E allora capisci quello che dico!
Brett: Sì! Sì! Sì!
Jules: Descrivimi perciò Marsellus Wallace, che aspetto ha!
Brett: Cosa?
Jules Di' "cosa" un'altra volta, di' "cosa" un'altra volta!! Ti sfido, due volte, ti sfido, figlio di puttana: di' "cosa" un'altra maledettissima volta!!
Brett: È nero...
Jules: Vai avanti!
Brett: ...è senza capelli...
Jules: Secondo te sembra una puttana?
Brett: Cosa?
(gli spara)
Jules: Secondo te... lui... ha l'aspetto di una puttana?
Brett: Nooo!

In realtà siamo noi a volerci complicare sempre la vita.
Avere un film così, praticamente perfetto, un film in cui ogni scena è icona, ogni dialogo è memorabile, ogni personaggio è leggenda.
Eppure "meglio Jackie Brown", eppure "meglio Le iene", eppure "meglio Kill Bill", eppure meglio qualsiasi altro che essere così dannatamente scontati nell'ammettere che non c'è, e non ci può essere, film più grande di Tarantino.

"Ho detto cazzo che botta, che botta cazzo! Cazzo che botta!

Vedi la scena del ballo tra Vincent e Mia, la conosci a memoria, che palle sta scena, che palle ste mani davanti agli occhi, che palle. Ma niente, rimani lì inchiodato.
Senti Vincent e Jules parlare di hamburger francesi, massaggi ai piedi, passi della Bibbia, pezzi di cervello e niente, sai tutto a memoria ma sembra sempre la prima volta.

"Rivolterò il mondo per trovarlo, e anche se andasse in Indocina uno dei nostri starà nascosto in una ciotola di rido pronto a sparargli nel culo"


Riesci pesino a pensare che quel personaggio di Vincent ti pare tanto buono, tanto malinconico, tanto puro. Un sempliciotto che fa il gangster. Uno che mentre sta cacando rapinano il fast food dove mangiava e che poi, mentre sta cacando, non sentirà entrare in casa chi lo ucciderà.
E ti accorgi che ci sono tanti indizi, tante piccole cose, tanti trucchetti che il Tarantino ti pone davanti.
Come quel dialogo tra Marcellus e Butch prima del match.
Quel "culo" che viene ripetuto più volte, una decina almeno.
Ci ridi, fa sempre ridere la scatologia del linguaggio tarantiniano.
Eppure quel "culo" associato in quella maniera a Marsellus poi tornerà fuori, eccome se tornerà fuori.
E lo farà in una delle sequenze più arbitrarie, insensate e belle degli ultimi 20 anni di cinema.
E anche questa basterebbe solo ascoltarla.

"Stai bene?"

Marsellus: No, amico. Mai stato così lontano dallo stare bene.

Butch: E adesso?
Marsellus: E adesso... ora ti dico adesso cosa: chiamerò qualche scagnozzo strafatto di crack per fare un lavoretto in questo cesso, con un paio di pinze e una buona saldatrice. Hai sentito quello che ho detto, pezzo di merda? Con te non ho finito neanche per il cazzo! Ho una cura medievale per il tuo culo!
Butch: Dicevo, adesso che sarà tra me e te?
Marsellus: Ah, in quel senso là. Adesso ti dico che sarà tra me e te. Non c'è niente tra me e te. Non c'è più niente.
Butch: Pace, allora.
Marsellus: Pace, allora. Due cose: uno, non raccontare questa storia. Questa cosa resta fra me, te e il merdoso che presto vivrà il resto della sua stronza breve vita fra agonie e tormenti, il violentatore, qui. Non riguarda nessun altro questo affare. Due: lascia la città stasera, all'istante, e una volta fuori, resta fuori, o ti faccio fuori: a Los Angeles hai perso i tuoi privilegi."

E pensi che alla fine quasi tutte le scene di questo capolavoro in realtà siano arbitrarie e buttate là, legate da uno scotch che attacca e non attacca. E forse è così poco importante che abbiano un senso e una consecutio come se deve, da plot vero, forse inizi a pensare che è per questo che Tarantino ce l'ha mischiate quasi a casaccio.
C'ha messo fumo sugli occhi st'incantatore de serpenti che non è altro, c'ha confuso la storia perchè, in realtà, una storia, quasi non c'è e magari così non ce ne accorgiamo.


"Dobbiamo togliere la macchina dalla strada, gli sbirri tendono a notare cose tipo guidare una macchina inzuppata di sangue."

Le sequenze di Vincent e Mia, quelle di Butch e della Medeiros, lo scantinato con Zed, Mr Wolf, roba da stropicciarsi gli occhi e lucidarsi le orecchie.
Una perla dentro l'altra in un film che non è un film.
Pulp Fiction è Pulp Fiction

"È un tipo isterico?... a che ora è prevista?... m-mh... ripetimi i nomi dei presenti... Jules, nero... m-mh... Vincent, bianco... Jimmy, bianco... Bonnie, nera... m-mh... un corpo senza testa... ci vogliono trenta minuti, ce ne metterò dieci"

Ci sono i guru, Marsellus, Jules e Mr Wolf.
E poi, di contrasto, ci sono personaggi stupidi, violenti o ingenui.
Come la dolce Fabienne che sembra una bambina per quanto è buona e pura.
Ma quanto gli vogliamo bene a Fabienne?


Jimmy: Nonononono, non dirmi di non preoccuparmi di niente, voglio farti una domanda: quando sei arrivato qui hai visto per caso scritto davanti a casa mia "deposito di negri morti"?
Jules: Jimmy, lo sai che non è questo...
Jimmy: Nonono, rispondi: hai visto per caso scritto davanti a casa mia "deposito di negri morti"?
Jules: No, non l'ho visto.
Jimmy: E sai perché non l'hai visto?
Jules: Perché?
Jimmy: Perché non c'è scritto!

E poi c'è il pulp, graziearcazzo.
Il Pulp della Thurman in overdose, piena di sangue e vomito, quello della pugnalata che la salverà, quello del massacro nell'appartamento iniziale, quello dell'omicidio di Vincent, quello del macello in macchina.
Un festival di sangue, un'esagerazione che fa pendant con tutte le altre di esagerazioni, quelle delle caratterizzazioni dei personaggi, quelle delle conseguenze delle azioni, quelle dei dialoghi, di tutto.
Poche volte il cinema è stato portato all'eccesso con questi risultati.
Ma in questo eccesso tutto è armonioso, tutto è dannatamente giusto e ritmato.
Non è una montagna russa Pulp Fiction.
E se lo è sembra solo una vertiginosa discesa che non finisce più


Vincent: Vuoi un pò di pancetta?
Jules: No grazie, io non mangio maiale
Vincent: Perché? Sei ebreo?
Jules: No, non sono ebreo, non mi va la carne suina, tutto qui.
Vincent: E perché no?
Jules: I maiali sono animali schifosi, io non mangio animali schifosi.
Vincent: Sì, ma la pancetta ha un buon sapore, le braciole hanno un buon sapore...
Jules: Ehi! Un topo avrà anche il sapore di torta alla zucca ma non lo saprò mai perché non lo mangio quel figlio di puttana. I maiali dormono e grufolano nella merda, perciò sono animali schifosi, e io non lo mangio un animale che si mangia le sue feci.
Vincent: E il cane allora? Il cane si mangia le sue feci.
Jules: E perché? Io mangio i cani?
Vincent: Sì, ma tu consideri il cane un animale schifoso?
Jules: Non arriverei al punto di definire un cane "schifoso", è sicuramente sporco, ma un cane ha personalità, è la personalità che cambia le cose.
Vincent: In base a questa logica se un maiale avesse maggiore personalità non sarebbe più un animale schifoso, è così?
Jules: Be', dovrebbe trattarsi di una maialina super affascinante! Insomma, dovrebbe essere dieci volte più affascinante della Piggy dei Muppets, mi sono spiegato?!

L'ho rivisto stasera.
Mi sono appuntato mille cose.
Mi son detto che ne avrei scritto tanto, forse come non mai.
E poi davanti alla pagina bianca m'è venuto da ridere.
Non ci sarebbe stato nulla di quello che pensavo, di quello che volevo scrivere, di quello che volevo far notare, che centinaia di persone non avevano pensato, scritto e fatto notare prima di me.
E allora ho preferito farlo parlare quasi da solo sto film.
Perchè credo che poche altre volte ascoltare un film sia così bello.
E allora me ne esco velocissimo da questo impasse.
Non farete nemmeno in tempo a dire "Crostata di mirtilli"

"Crostata di mirtilli"

Forse non così presto Fabienne

21.9.16

Recensione "Disperata ricerca" 1994 - Ruben Preuss - Boarding House - 8 - di Giorgio Neri

Almost Dead

Torna il nostro incredibile esperto di pellicole cult e sconosciute Giorgio Neri.
Il titolo di quest'ultimo film è un pò la sintesi di questa sua rubrica. "Disperata ricerca", come quella che chiunque deve intraprendere per provare a visionare i film che consiglia.
Un film Tv che in italiano ha addirittura 3 titoli ( quello citato, "Morte Apparente" e "Non sono morta"), il che è tutto dire...
Ma Giorgio riesce ancora una volta a buttar giù una recensione degna di Mulholland Drive per un film tv che nessuno conosce.
Colta, divertente, interessantissima.
Chapeau

Su una rete locale romana ebbi modo di vedere questo film Tv. A prescindere dal fatto che la protagonista sia Shannen Doherty (cioè l’indimenticabile Brenda della serie televisiva Beverly Hills 90210), il film sarebbe potuto essere davvero qualcosa di inguardabile e di indigeribile. Ma, grazie al meccanismo della sospensione della incredulità e anche alla tenerezza che tali prodotti semi-horror ispirano, si lascia apprezzare e può far passare una serata piacevole ad un gruppo di amici.

19.9.16

Recensione "Morgenrode" (Dawn)

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Cammino in questo deserto di sassi e terra bagnata
non c'è niente intorno a me, solo sassi e terra bagnata
e rocce talvolta
e acqua 
ma acqua che avvelena, che non si può bere
Cammino sotto la mia tunica
sotto il mio turbante
giovane uomo in cerca di qualcosa che spieghi quel sogno
quella tempesta, quel vento, quel fumo
giovane uomo in un deserto in cerca di un'ossessione
di una risposta
di una fine
Ho un pugnale
una borraccia ormai vuota
vestiti logori
e forza di volontà
tremenda, impressionante, forza di volontà
Prego te mio Dio affinchè mi mostri la strada
disegno un cerchio tra i sassi e la terra bagnata
poso le pietre, ti invoco, ti cerco
Notte
poi, l'alba
e poi ancora notte 
e poi ancora l'alba
la notte e l'alba sono le due uniche cose che mutano quaggiù
Qualcuno mi segue
un altro uomo
cosa vuole da me?
Dice che è sempre stato qua
non mi fido di lui
Mi promette una fonte pura
mi promette acqua
vita
Lo seguo
E quella fonte pura esiste davvero
Bevo come non avevo mai fatto prima
Poi ancora il cerchio, poi ancora te, mio Dio
indicami la strada
se c'è una strada
poi

(poi c'è un ragazzo nella sua stanza, davanti al pc, che guarda un film che non aveva mai visto prima. Un cinema distillato, la sua quintessenza, il suo concentrato.
Due uomini, un deserto, nient'altro.
La ricerca di qualcosa. Un'umanità che non c'è più, forse scomparsa da anni ed anni.
Il genere umano ridotto a due soli esemplari.
Questo deserto che è il deserto della vita, questo camminare che ne è il corso, questa fonte che ne è la sussistenza, questo dirupo che ne è il senso e la fine.
Se esiste cinema esistenzialista Morgenrode ne è il paradigma.
Immagini di una bellezza straniante, inquadrature sghembe, diagonali, che rendono il deserto una salita, una discesa. 
Questi colori che ci sono ma non ci sono. 
Chè il mondo, il colore, l'ha perso da un pezzo. 
E poi quell'aereo. piccolo indizio di qualcosa che è morto definitivamente.
E poi quell'alba accecante come la sua bellezza, bianca, completamente bianca.
Per un quarto d'ora ho avuto i brividi.)

Arrivo al dirupo ma non ho più le forze per raggiungerlo
Un'alba di immane bellezza
sta illuminando la mia fine
Eppure ero così vicino a sapere
così vicino a vedere
L'altro uomo mi ha sempre seguito
mi ruba le pietre
mi colpisce
crollo a terra
Lui quelle pietre non sa cosa siano
perchè la sua ricerca non era la mia ricerca
Le getta verso la Roccia
Succede qualcosa di terribile e meraviglioso insieme
Solo lui sa cos'ha visto
Non certo io, qui disteso a terra, ormai morto

(e nemmeno io, qua nella mia stanzetta, rapito come sono da qualcosa più grande di me)

si dice che la morte sia il tramonto della vita
Io sono morto in un'alba

morgenrode


17.9.16

Il Film del Millennio: Il Video

Un caro amico, lettore del blog (tramite facebook, qua non lo conoscete) mi ha fatto il regalo di realizzare un video per "celebrare" l'ormai mitico torneo che abbiamo fatto.
In realtà lo stesso regalo me l'ha fatto anche un'altra lettrice ma ha preferito mandarmelo privatamente, proibendomi di farci un post (era un bellissimo video).
Questo qua l'ha realizzato Simone Careglio.
Ma la cosa bella, più che il video in sè, è l'aver messo come colonna sonora un proprio pezzo, anzi, un pezzo del suo gruppo, i Peak.
E oh, io non sono certo un esperto musicale, ma a me sembra davvero un pezzo notevolissimo, da veri professionisti.

Insomma, video di Simone Careglio su Il film del millennio

Musica dei Peak  (pagina facebook )

Waiting Over




16.9.16

Recensione "Man in the dark" (Don't Breathe)




Un gran bel thriller firmato dal regista dell'ottimo remake di Evil Dead.
Nell'oscurità il cieco è il Re.

presente qualche spoileronzolo (spoiler non assassino)


E così, dopo il grande esordio alla regia col remake de La Casa, il giovane regista uruguaiano Fede Alvarez arriva di nuovo al cinema con la sua opera seconda.
Il suo Evil Dead, benchè abbastanza lontano dall'indimenticabile originale di Raimi (spiegai qui perchè) è stato, a mio parere, uno dei 5,6 migliori horror visti in sala nella seconda decade degli anni 2000. Potente, debordante, visivamente bellissimo, un vero e proprio horror di quelli senza mezze misure.

14.9.16

Due al prezzo di uno: recensioni "Baskin" e "Krampus"




presenti parecchi spoiler, vedetelo però

Arriva addirittura dalla Turchia uno degli horror più completi, eterogenei, originali (e belli?) degli ultimi anni. Un film che ha il grandissimo pregio di non farti minimamente capire dove andrà a parare. Parte quasi come un polar francese, ci mette poi una spruzzatina di soprannaturale, diventa in seguito una specie di thriller aperto a qualsiasi soluzione ("reale"? orrorifico? metafisico?) e poi ancora uno splatter, e poi ancora un torture, e poi ancora un horror tout court e poi un demoniaco e poi ancora, addirittura, una specie di psicologico da interpretare.
Un potpourri di tutto con fortissimi richiami a Rec, Blair Witch, Martyrs, Silent Hill.
Baskin è l'ennesimo prodotto venuto fuori da latitudini improbabili che invece si rivela prodotto di insospettabile qualità (grande regia, bellissimi fotografia, con un uso iniziale delle luci alla Rumley e delle sequenze al buio con torce a dir poco perfette) .
La trama, più che confusa, sembra quasi un pretesto per poter arrivare al vero e proprio delirio in cui il film ci fa piombare poco dopo la metà della sua durata. Si cerca addirittura la scrittura autorale infondendo al tutto una lettura psicologica-metaforica che, sebbene sembri un pochino campata in aria, rende comunque il tutto ancora più suggestivo (ad esempio la scena delle mani giganti che prendono lui sott'acqua). Ma notevole è anche il racconto che la giovane recluta fa ad un certo punto, lo scoprire che quello che racconta è quel prologo che fino a quel momento non capivamo cosa rappresentasse.

Risultati immagini per baskin turkish film

Baskin è un horror visionario, pieno di "mostri", torture, aberrazioni. Un film che, letteralmente, ad un certo punto ti esplode sotto le mani.
Per poi arrivare però ad una parte troppo "ferma" che ha il tremendo difetto di esser troppo lunga. Peccato, perchè il villain principale è uno dei più belli visti in questi ultimi anni, una via di mezzo tra Gollum e cipiripipì Kodak di grandissima resa. Ma non si può restare mezz'ora in quella situazione, il film sembra letteralmente perdere ritmo ed intuizioni.
Ma tra altri personaggi mostruosi, accecamenti, sgozzamenti e sbudellamenti vari, ci troviamo comunque tra le mani un horror "importante", non uno che sembra soltanto voler scioccare. Per almeno 20 minuti -quelli in cui i poliziotti entrano nell'edificio e scendono sotto scoprendo tutto quell'orrore- credo che per atmosfera e resa visiva ultimamente s'è visto poco di meglio.
Finale, ancora una volta, interpretabile, un loop infernale.
Come dico sempre, ce ne fossero...

7.5

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Beh, abbiamo il regista definitivo dei piccoli horror sulle festività.
Michael Dougherty è riuscito infatti a tirar fuori sia il più bel film da anni a questa parte su Halloween sia quello più bello sul lato oscuro del Natale.
Il primo, Trick 'r Treat, fu un riuscitissimo horroretto sulla festa delle zucche. Originale, una struttura narrativa sorprendente, divertente, a tratti inquietante, pieno di belle trovate.
E adesso questo Krampus, una favola nera, a tratti nerissima, a tratti irresistibilmente comica, che riporta il genere dell'horror comedy a livelli poco battuti in queste ultime stagioni.
Siamo dalle parti di quei film tipici degli anni 80 in cui in una cornice di divertimento, spesso con protagoniste feste e famiglie, si inserivano poi tratti cattivissimi o prettamente horror.
Favole nere, appunto.
Non è un caso che il rimando più forte che mi viene da fare con Krampus sia l'indimenticabile Gremlins.
Dougherty, come nel precedente film, prende in prestito una tradizione popolare, il Krampus appunto, una figura leggendaria, originaria della cultura teutonica, mezzo uomo mezzo caprone, una specie di demone che fa da contraltare a Santa Claus.
Si dice prenda i bambini cattivi, oppure, più in generale, come nel film, chiunque non rispetti il vero spirito del Natale.

Risultati immagini per krampus 2015

E niente, il film funziona che è una meraviglia.
Nella prima parte è una divertentissima commedia parentale in cui il regista è bravissimo a creare dei personaggi così insopportabili che te stai lì, senza manco sapè quando arriva o come è fatto sto cazzo de Krampus. ma speri solo che arrivi e li fa fori tutti.
Il cuginetto grasso, le cuginette rompicoglioni, il loro padre, la zia obesa, sono tanti i personaggi magnificamente scritti per farsi odiare.
Poi la ridente zona residenziale subisce una terribile tempesta. Tutto cambia. E tutto questo solo perchè un bambino, e noi lo capiamo anche..., ha "tradito" lo spirito natalizio.
E parte così un film burtoniano, una casa degli orrori da Luna Park piena di trovate visive. La bambola, il clown serpente, l'Orso, i magnifici, letteralmente magnifici, omini di pan di zenzero, il Krampus capo, tutti gli altri krampussetti. Un'orgia visiva.
E non solo, abbiamo anche un flash back in stop motion, qualche sentimentalismo affatto retorico, tante battute ("Mi hanno appena fatto il culo 4 biscotti di Natale") , tanto ritmo.
Ci si diverte, si passa qualche piccolo e innocuo brividino, a tratti si prova anche qualche piccola emozione. Insomma, si ha tutto quello che un film del genere può dare.
Ecco, magari le trovate sono più visive che di trama (il film ha zone morte o eccessivamente allungate), però è quasi il meglio che si può avere in questo ristretto genere.
Che bello vedere poi la protagonista della serie Fargo... (davvero bravissima e dolce attrice).
E poi il sabba, e poi un triplo finale.
Positivo, negativo, positivo?
Sta a voi scoprirlo

voto 7+


13.9.16

Appunti veneziani di un giovane appassionato (parte seconda)



Ed eccoci, dopo la prima di ieri, alla seconda parte del resoconto veneziano del giovane lettore Riccardo Simoncini

4 SETTEMBRE 

JOURS DE FRANCE 


Un uomo decide di intraprendere un viaggio per lasciarsi tutto alle spalle, affidandosi solamente alle persone e i paesaggi che incontra. Intanto il suo compagno cerca di localizzarlo attraverso un’applicazione di incontri. Il film racconta della necessità di perdere la propria identità, di affidarsi a qualcosa di nuovo. Così dei paesaggi desolati e solitari fanno da sfondo alla narrazione. L’esplorazione, la scoperta di ciò che ci circonda, dimenticando almeno per un momento la nostra vita quotidiana e la maschera che ci siamo costruiti in una vita intera. Ogni incontro ha una sua specifica funzionalità narrativa e segua l’animo tormentato di un protagonista che vaga per la Francia senza meta. 

HOME


 L’incontro tra due generazioni: quella degli adolescenti e quella degli adulti, ognuna con le proprie problematiche e difficoltà. Da una parte giovani ragazzi che cercano libertà, che hanno necessità di ribellarsi alle regole imposte. Dall’altra adulti, spesso non in grado di ascoltare e di insegnare, ma capaci solamente di imporre limiti. La regista belga Fien Troch riesce a raccontare dunque una tematica così attuale come il divario tra generazioni senza eccedere mai nel banale.

KING OF THE BELGIANS 


Duncan Lloyd è un documentarista incaricato di rappresentare positivamente il monarca belga Nicolas III, ma è sempre vincolato per la scelta di cosa inquadrare. L’improvvisa dichiarazione di indipendenza della Vallonia porta al crollo del Belgio. Il monarca, che si trova all’estero, dovrà dunque ritornare in patria per gestire la situazione. Il film è un road movie surreale e divertente che attraverso l’ironia stimola la riflessione sul concetto di monarchia e di potere. Sottomesso agli ordini di Palazzo e al mantenimento di una particolare immagine pubblica, il monarca aveva dovuto spesso celare la sua personalità più autentica. Le disavventure che incontra nel suo viaggio diventano però il pretesto per ritrovarla e dare speranza alla Nazione. 

THE YOUNG POPE

 

Jude Law interpreta un Papa americano che sembra essere in conflitto con le antiche tradizioni fin a quel punto imposte. Le prime due puntate proiettate danno buone speranze per l’intera serie di Paolo Sorrentino. Si preannuncia essere infatti molto ricca di personaggi e di colpi di scena. Queste prime due consentono di conoscere lo sfondo di luoghi e caratteri del Vaticano, su cui poi si svilupperà la trama principale. Tutto appare corrotto e vizioso e certamente l’uso di ironia e satira contribuisce a dipingere per ora con maestria uno degli organi politici più antichi e complessi della nostra società. 

5 SETTEMBRE 

EL CIUDADANO ILUSTRE 


Che cosa significa essere scrittori? Qual è l’influenza dei premi sulla loro carriera? Daniel Mantovani attraverso il racconto della sua città natale da cui è fuggito vince il Premio Nobel. Questo in realtà, come egli stesso dice, “è l’inizio della sua decadenza artistica e creativa”. Da quel momento infatti sarebbe iniziata la vita di un artista “importante”: inviti, conferenze, premi minori, autografi. Tutti legati ad un’immagine di sé per cui si è raggiunto il successo, da cui è difficile distaccarsi. Daniel rifiuta spesso gli inviti che gli vengono proposti, ma accetta quello da parte della sua città natale, che era dipinta tanto negativamente nei suoi libri. Così nel suo soggiorno incontrerà chi fa foto, chi chiede autografi, chi gli fa complimenti, pur senza conoscerlo effettivamente, ma soltanto per il gusto di sentirsi importanti, avendo “conosciuto” un premio Nobel. C’è poi chi è euforico perché si è ritrovato nei suoi libri, a riconfermare quella ricerca esasperata di attenzioni. E c’è poi chi se la prende per ciò che è stato raccontato. Non accetta la realtà e rimprovera invece chi l’ha evidenziata. Viene accusato di tradimento, di essere fuggito dalla sua città ed essere diventato famoso criticandola. Ma lo scrittore non è forse un osservatore che decide di raccontare aspetti della realtà? Daniel Mantovani infatti non viene dipinto come un uomo perfetto, ma è necessario distinguere la sua eccellenza artistica dal suo essere uomo capace di errori. In questa città però tutti si limitano a vivere come sempre senza proporre cambiamenti, così come nell’arte. Non bisogna dunque affidarsi solo al passato, alla quotidianità e la ripetitività di ciò che è già stato provato, ma tentare qualcosa di nuovo, creare delle nuove regole e dei nuovi ordini. 

HACKSAW RIDGE 


Il nuovo film di Mel Gibson racconta di Daesmond Doss (Andrew Garfield), un obiettore di coscienza che per quanto rifiuti l’uso delle armi ha un grande senso patriottico. Per questo decide di arruolarsi, con la promessa però di non toccare arma. Inizialmente condannato per la sua scelta, sarà poi esaltato dopo il coraggio mostrato nella battaglia di Okinawa. Per quanto sia tecnicamente molto valido, con scene di guerra realistiche e ben realizzate e proponga una storia vera con una tematica di grande impatto, il film non trova grandi novità nelle dinamiche della narrazione, rimanendo un racconto patriottico e spesso retorico sulla guerra. 

MONTE 


Il grande regista iraniano Amir Naderi, premiato durante la mostra, ha sempre avuto a cuore le vicende di chi nonostante le difficoltà ce l’ha fatta. Anche in questo caso riprende la tematica, raccontando di una famiglia non più in grado di sopravvivere per la mancanza di luce solare, a causa di un’immensa montagna. Il protagonista cerca così in tutti i modi di abbatterla per riportare la luce. L’uomo è il grande protagonista di questo film altamente allegorico girato in Italia con attori italiani. Per lui è essenziale avere fede, continuare a crederci e sfidare i propri limiti. Nonostante un sound design e una fotografia eccellenti, Monte spesso risulta però troppo lento e ripetitivo. 

LA REGION SALVAJE 


Il film più disturbante di Venezia 73. Fantascienza, horror, sesso. Con crudo realismo e un sound design ansiogeno, Escalante ragiona sul suo Messico. Un film inquietante, difficile da comprendere pienamente, ma in cui si racconta degli istinti più primordiali e ricercati dell’uomo: quelli sessuali. È un mostro, con i tentacoli, che fa paura, perché può travolgere, addirittura uccidere, ma che attrae, perché provoca piacere. 

6 SETTEMBRE 

LOS NADIE 


Sullo sfondo la dura vita a Medellín. I protagonisti sono dei giovani amici che cercano di sopravvivere come possono alle difficoltà della loro età, del loro tempo e proprio della loro città. Come tutti cercano la libertà e l’indipendenza, cercano di lasciarsi lontana l’infanzia per diventare finalmente adulti. È un viaggio libero in bianco e nero, accompagnato da musica punk , che eleva questo passaggio tanto difficile ad un inno alla vita e alla libertà. 

DARK NIGHT 

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La non-violenza di Tim Sutton diventa il mezzo attraverso cui raccontare una strage in un cinema con stile minimalista, quasi documentaristico. Non c’è sangue, perché ciò che inquieta non è la violenza in sé, ma chi la attua. E infatti fin dal primo momento si cerca di capire chi sarà il killer, chi tra i vari personaggi di cui vediamo frammenti di vita sarà capace di un simile gesto. Ma se il killer è di per sé condannabile per il suo gesto, tutti i personaggi mettono in luce aspetti negativi della società, soprattutto americana. Non vi è solo la critica sull’uso delle armi (che tra l’altro non vengono utilizzate solamente dal killer, ma in generale da molti dei personaggi). Tutti i giovani protagonisti condividono vite vuote che cercano di riempire in qualche modo: per esempio andando al cinema, il luogo in cui è possibile distaccarsi da quel mondo violento ma in cui a quanto pare non ci si può nemmeno salvare. 

THE LAST OF US 


Un naufragio metafisico che porta un uomo ad abbandonare la realtà per vivere all’interno della natura. Mentre alcuni migranti riescono a raggiungere la propria meta ed altri muoiono durante il viaggio, il protagonista, anonimo, scompare nell’oblio in un territorio sconosciuto e inesplorato. Con luci oniriche e l’assenza di dialoghi, solo le immagini e i suoni bastano per conoscere la vicenda e farla nostra. Gli sguardi e i gesti rendono essenziale ma magistrale il racconto di una vicenda così attuale in cui l’amore per la vita diventa fondamentale per sopravvivere. 

UNE VIE 


Le sofferenze di Jeanne da giovane ragazza ad adulta travagliata, segnata dai segreti tenutile nascosti da tutti i suoi cari. Il film, diretto dal regista de “La legge del mercato”, dovrebbe far soffrire insieme alla sua protagonista, che dovremmo compatire, ma che si fa odiare per i suoi comportamenti ostinati. Ne risulta un melodramma troppo ripetitivo e poco riuscito. 

12.9.16

Appunti veneziani di un giovane appassionato (parte prima)

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Riccardo Simoncini è un giovanissimo lettore del blog, nemmeno ventenne. Mentre noi ce ne stavamo al raduno lui se ne è partito per Venezia (chiamalo scemo...) e si è visto 6 giorni di festival. Gli ho proposto di farci un suo resoconto. E' la prima volta che scriveva per un blog/sito. Beh, avercene di giovani così...
Questi sono i suoi primi 3 giorni, domani o più in là i restanti 3

VENEZIA 73 
Per un amante del cinema non c’è nulla di più esaltante che andare ad un festival come quello di Venezia (uno dei più importanti tra l’altro). Si vedono film, tanti, tantissimi film (io in 6 giorni ne ho visti ben 22) e molti di questi neanche vedranno la luce nel nostro Paese. Si incontrano persone, che siano critici, attori, attrici o registi o semplicemente amanti della settima arte. Insomma un’esperienza unica. Ecco il resoconto dei film visti. 

1 SETTEMBRE 

LA LA LAND


 Dal genio di Damien Chazelle nasce il racconto di una storia d’amore tra due sognatori: un pianista jazz (Ryan Gosling), che sogna di aprire un proprio club, e un’aspirante attrice (Emma Stone). La musica, come in Whiplash, è di nuovo protagonista. Infatti quale genere meglio del musical più classico per raccontare dell’incontro tra due sognatori? La La Land è un inno all’amore, alla musica ma prima ancora un inno all’uomo, che con il giusto spirito di intraprendenza può realizzare i suoi sogni. Mai arrendersi, perché alla fine se anche solo si può sognare una vita diversa non significa che non la si possa ottenere. 

PREVENGE 


Alice Lowe debutta alla regia con Prevenge, di cui è anche sceneggiatrice e attrice protagonista. Non rinuncia però affatto a quell’umorismo nero tendente al grottesco che ha da sempre caratterizzato la sua performance attoriale (Killer in viaggio tra gli altri). Così, mentre è realmente incinta, interpreta una donna in cerca di vendetta, in cui a spingerla alla furia omicida è la voce della bambina che ha in grembo. Il film diventa così una riflessione sulla condizione di madre e sul cambiamento che ciò per lei comporta, sulla ricerca di vendetta e redenzione, per sfuggire in ogni modo ad un passato difficile da accettare. 

LES BEAUX JOURS D’ARANJUEZ 

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Un lungo (troppo lungo) dialogo tra due persone attorno ad un tavolo, per parlare della vita, del cambiamento: il confronto tra razionalità e delicatezza. Fa da sfondo una natura silenziosa, come luogo di evasione dalla città frenetica e rumorosa. Il nuovo film di Wim Wenders , per quanto tecnicamente valido e immersivo (anche grazie all’uso del 3D), non riesce a coinvolgere sufficientemente. Rimane concettualmente troppo astratto e con troppe simbologie. 

2 SETTEMBRE 

ARRIVAL 


Qual è la funzione del linguaggio? In futuro quanto sarà importante la comunicazione? Villeneuve ci regala uno sci-fi nuovo, che nell’affrontare la tematica ormai già vista degli alieni, mette in luce le contraddizioni del presente, attraverso una linguista (Amy Adams) che dovrà cercare di interpretare il loro linguaggio. L’alieno è colui che appare diverso, una sorta di straniero, con il quale abbiamo difficoltà a farci capire. Ma gli “alieni” non sono solo quelli che arrivano sulla Terra: siamo tutti noi. Come con quelle creature extra terrestri, non riusciamo a comunicare e a trovare un’alleanza con altri paesi del mondo, ma soltanto a trovare conflitti. La comunicazione diventa così l’elemento mediante il quale riuscire a conciliare ogni forma aliena. Con cui trovare accordi e pace. L’Universo è molto più grande rispetto a noi, ma nonostante questo ce ne crediamo signori con le nostre armi e il nostro potere. Ma quanto questi mezzi sono funzionali per comunicare con il diverso (umano o alieno che sia)? 

THE LIGHT BETWEEN OCEANS 


Una storia d’amore e di sofferenza tra Tom Sherbourne (Michael Fassbender), che, con la fine della Grande Guerra, si isola come guardiano di un faro, e Isabel (Alicia Vikander). Centrale è il loro dramma nell’avere un figlio e il tentare di riuscirci in tutti i modi. Purtroppo, però, attraverso un sentimentalismo eccessivo, il film non va oltre al semplice melodramma. 

TARDE PARA LA IRA 


Quello che inizialmente sembra un film drammatico si trasforma ben presto in thriller di vendetta, così come il protagonista che inizialmente appare calmo e pacifico si rivelerà avere un piano ben preciso, sintomo di una personalità complessa e vendicativa. Il film, di Raul Arevalo, diventa così un revenge movie, che lavora magistralmente sui tempi e sui personaggi.

EL CRISTO CIEGO 


“La fede è il suono che riempie quel vuoto” recita ad un certo punto uno dei personaggi. Proprio la fede è il tema fondamentale del film di Cristopher Murray. Un Cile desolato, povero e vuoto, come del resto la vita degli abitanti di questi luoghi. L’unico modo di sopravvivere è credere in qualcosa, la fede appunto, che riempia questo vuoto. Michael crede di essere un Cristo, trovando Dio dentro se stesso e per questo pensa di essere in grado di guarire un suo amico attraverso un miracolo. È un “Cristo Ciego” , “cieco” nell’anima, che dà speranza alle persone, perché basta questa per continuare a vivere. Il film si basa su un soggetto davvero interessante ma non approfondisce sufficientemente una tematica così complessa come quella della religione.

3 SETTEMBRE 

NOCTURNAL ANIMALS


 Susan è un’importante gallerista d’arte che riceve un manoscritto dall’ex-marito scrittore, che non sente da alcuni anni. La storia racconta di Tony che cerca vendetta dopo aver perso moglie e figlia. Così attraverso questo racconto, Susan rivive i dolori del suo amore con l’ex-marito. Tom Ford dirige un film di vendetta, morale prima che fisica. Come in “A Single Man”, riflette sui rapporti tra le varie classi sociali, con particolare attenzione soprattutto verso quella più ricca. La ricchezza rivela quindi solo un’apparente felicità, l’unica a cui potersi aggrappare per poter sopravvivere al proprio passato, a meno che un libro non lo faccia rivivere ancora per molto tempo. 

SAFARI 


Uno dei miei film preferiti al festival. Uno dei registi più controversi del cinema contemporaneo, Ulrich Seidl, autore di “Im Keller”. Il vero safari è quello degli spettatori nei confronti degli uomini-cacciatori, protagonisti del film. Lo spettatore ne rimane colpito, osserva impotentemente come se stesse girando su una jeep in Africa. Questi uomini-cacciatori, così brutali, sono persone comuni che pagano cifre esorbitanti per fare caccia grossa nella Savana (viene addirittura citato il “listino prezzi”). La loro violenza è massima, come massima è la sicurezza da cui abbattono gli animali. Sì, perché attraverso delle testimonianze di queste persone veniamo a sapere di come loro distinguano l’abbattere dall’uccidere. E proprio queste testimonianze sono talmente sconcertanti e assurde, da diventare grottesche e surreali. Seidl ritorna con il suo stile documentaristico inconfondibile, fatto di inquadrature fisse e perfettamente composte, tali da sembrare dei veri e propri quadri di “uomini schifosi”: i bianchi, che “abbattono”, e i neri, che li accompagnano e poi mangiano le carcasse degli animali. Nessuno viene escluso da questa brutalità. Ma le vere armi non sono i fucili o i coltelli, ma le macchine fotografiche e i cellulari, che immortalano questi uomini mentre posano come eroi sopra la bestia uccisa, anch’essa messa in posa. Da parte di questi uomini c’è poi un’attrazione verso gli animali, elogiati in tutta la loro bellezza. C’è una sorta di apparente rispetto, perché alla fine questa bellezza diventa il motivo per cui “abbattono” gli animali, cioè uno scopo prettamente estetico. Ciò che fa più paura è però il fatto che il film non sia di finzione, ma un documentario, in cui il regista non mette in scena le uccisioni degli animali in maniera fittizia, ma osserva questi atti brutali dal vivo, senza poter fare nulla. 

FRANTZ 


Una guerra che divide prima e dopo la battaglia sul campo. Le conseguenze della Grande Guerra vengono così rappresentate attraverso il dolore per i morti caduti. Anna infatti soffre molto per la perdita del marito Frantz, ma quando arriva Adrien, che si presenta come un amico di Frantz, una nuova serenità invade lei e la famiglia del giovane caduto. Frantz è un film che si concentra sulla responsabilità della guerra e delle conseguenti morti. Mostra in particolare la difficoltà di superare un lutto. È un film di segreti, che i vari personaggi si tengono nascosti tra loro, ma soprattutto racconta dell’amore, coniugale o parentale che sia. 

10.9.16

Recensione: "Un padre, una figlia" (Bacalaureat)

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L'ultimo Mungiu è l'ennesimo grande film del regista romeno.
Ma una cosa un pò diversa dai precedenti, un film drammatico e teso che però, a differenza degli altri, il pugno allo spettatore non lo dà mai e fatica a coinvolgere emozionalmente.
Un dramma etico e morale tra Cachè e Leviathan.
Una sceneggiatura formidabile.

qualche spoileruccio...

I critici bravi sicuramente diranno che loro, Mungiu, l'hanno riconosciuto subito.
Che dopo 10 minuti era evidentissimo il trovarsi davanti il nuovo film dell'autore de 4 Mesi... e Oltre le colline.

8.9.16

Recensione: "Il Cartaio"

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Anatomia di un disastro.


"NON SONO GLI OCCHI LO SPECCHIO DELL'ANIMA, MA IL POKER"

legge ad un certo punto in un improbabile libro la Stefania Rocca. Come se il nostro Riandate Rogo (anagramma del fu regista Dario Argento) avesse voluto addirittura ammantare d'esistenzialismo una pellicola che già fa fatica ad arrivare a livelli scatologici, figuriamoci escatologici.
Quindi, secondo il Nostro, si può parlare di anima solo a partire dal 1800 come se, fino all'arrivo del poker, essa non esistesse. A questo punto molto più convincente la posizione presa dal mentore Tinto Brass il quale, l'anima di cui sopra, tende a localizzarla nel culo. Almeno, il culo, da che mondo è mondo, c'è sempre stato.
Il Cartaio, e questa seconda visione me l'ha confermato, è probabilmente il più brutto film degli anni 2000 tra quelli che, sulla carta, avevano ambizioni d'esser seri.
Senz'altro vince a mani basse il premio di Peggio Doppiaggio Di Tutti I Tempi.
Ogni personaggio riesce nell'impresa sia d'essere fuori sincrono sia di avere una voce terribile.
Uno degli ispettori, ad esempio, ha una voce da ragazzina isterica e il suo:

"BRUTTO BASTARDO DI MERDA!"

è già nella storia. E non solo per il tono della voce -da ucciderlo subito- ma anche per questa stranezza nell'usare due offese, "BASTARDO" e "PEZZO DI MERDA" che, se da sole hanno la loro forza e significato, messe insieme rendono l'epiteto di un non sense e di un bambinesco ai limiti dell'analfabetismo.
Del resto completamente scritta da un analfabeta appare una sceneggiatura di commovente imbecillità, eroico panesalamismo, olimpionico disastro.
Una sceneggiatura nella quale dopo solo 2 minuti e 23 secondi dovremmo considerar credibile uno scontro a poker tra un killer demente e una polizia che, invece, di dementi ne ha a decine.
Nemmeno il tempo di iniziare il film e Argento, senza prepararci, senza prologhi, ci dice subito:

RAGAZZI, STATE VEDENDO UNA CAZZATA IMMANE, SCUSATEMI

Non si riesce a salvar nulla, nemmeno la focaccia che se magna la Rocca, priva com'è di qualsiasi farcitura, secca come non mai.
Ma quello che resterà principalmente nella storia italiana del non cinema italiano è il Piano di Ascolto di questo film.
Il Piano di Ascolto è tendenzialmente rappresentato dai personaggi che stanno ascoltando, vedendo, assistendo ad una determinata discussione, un avvenimento o quant'altro.
Quando insomma invece che porre l'attenzione su chi parla (o su chi sta facendo qualcosa) la si pone sull'altro, su chi ascolta o assiste. Su tutte cito una scena di Shame, quella in cui Fassbender sente cantare sua sorella. Non è tanto straordinaria lei, ma lui. Un piano d'ascolto magnifico.
Nel Cartaio potremmo individuare un piano di ascolto particolare. Mi riferisco al gruppo di dementi che alla stazione di polizia vede giocare a poker il malcapitato di turno, Santamaria prima e Muccino poi.
Vi invito non tanto a guardare il focus principale -il giocatore- ma lo stuolo di lesionati mentali alle sue spalle. Vedrete 7,8 volti di ridicola resa che fanno a gara a chi fa le espressioni più teatrali, innaturali, esagerate possibili. A me hanno ipnotizzato.
Come se non bastasse Rogo inserisce nel primo quarto d'ora un personaggio arbitrario, insensato, probabilmente un personaggio di un'altra sceneggiatura finito, magari durante la centrifuga di un lavaggio di un paio di pantaloni, nelle tasche invece dei pantaloni della sceneggiatura del Cartaio.
Mi riferisco al grasso anatomo patologo. 
Un nano obeso amante del Bolscioi che non ha alcuna ragione di esistere e che è talmente ingiustificabile da non permetterci nemmeno di ridere.
Se, infatti, il nostro termometro delle Crasse Risate arriva a quota 91 (e ci arriva) quello dell' Ingiustificabile lo supera con un bel 98.
Annullando il primo.
Ma non finisce qui...
Di solito si tende a usare la carta del cameo con grandi attori, se non con gli stessi registi, hiccicoccaniamente.
Nel Cartaio abbiamo il capolavoro di ritrovarci il Cameo di una non attrice, quella Elisabetta Rocchetti famosa per aver interpretato un solo film- L'imbalsamatore- e poi fatto interpretare tutti i seguenti dal suo culo (che, lo ammetto, vince sempre).
Qua cammina per 5 secondi di inquadratura, vista da davanti poi.
MA CHE CAMEO E??
Dopo essere passati attraverso un'altra ridicola partita a poker con l'assassino (conclusa col nostro disastroso Piano di Ascolto che esclama "Poverina!" "L'hanno uccisa!") abbiamo la scena della tavola rotonda, quella dove l'insopportabile psicologa formula le sue teorie.
Mai nel cinema avevo visto una tavola rotonda di un livello così infimo.
Un Brain Storming a cui andrebbe aggiunto Brandelli.
E poi, finalmente, LUI.
Arriva Muccino!!!!!
E ci regala un magnifico

FISTEMA

in luogo di "sistema"

SCHEFFO

in luogo di "scherzo"

e altre diavolerie varie. Un 19enne col mal di pancia.
Tra l'altro si chiama REMO.
Ora voi ditemi come fa un 19enne a chiamarsi REMO.
Ma del resto il capo del locale dove andava a giocare a poker si chiama ALVARO.
E l'unione di AL-VARO e REMO fa pensare ad un'inaugurazione di una barca andata male.

Attenzione, Remo vince una partita. Anche se lui dice, in maniera molto modesta, che è 

"FOLO CULO"

La ragazza vittima del killer riesce a liberarsi e il nostro Piano di Ascolto (ricordo, tutti professionisti di polizia) urla attraverso il collegamento Skype:

DAI, SFERRA UN CALCIO!!!

Mi ricorda le nostre buone casalinghe vogheriane che, davanti alle loro soap, commentano con improbabili:

"LASCIALO PERDERE, E' UNO STRONZO!"
o
"DAI, BACIALO"

ma mica finisce qui...
Per tutto il film il grassone e un'altra larva capellona cercano disperatamente di capire da dove provenga il segnale Skype dell'assassino.
E dopo un'ora di film, dopo 5,6 ragazze morte ammazzate, ecco che se ne escono con un:

LOCALIZZATO!!! STA A ROMA!!!!

un graziearcazzo grosso come un grattacielo
Tutte le ragazze sono state rapite a Roma e in tutti i casi dopo pochi minuti Il Cartaio si collegava con la polizia.
Dei geni.
Oltre Casal Palocco non poteva stare.

Ma la cosa più incredibile è che quando Er Zeppola vince la sua partita col killer il nostro Piano di Ascolto esulta in un modo talmente irrefrenabile che io, personalmente, ho fermato il film col MySky, ho cercato un contatto di Argento e ho provato a chiamarlo.
Gli volevo chiedere se, sinceramente, ci stesse prendendo per il culo in quella scena.
Ma no, la scena prosegue, arrivano tortine e pasticcini, il Dio della Privazione di Senso si abbuffa al buffet.
Poi Rogo commette pure un altro errore.
Si sa, in ogni film ci deve essere anche la scena del Dolore e quella del Sesso.
Ma lui, forse per sbaglio, le unisce tra loro. La Rocca non fa in tempo a raccontare della straziante morte del padre che, manco il tempo di asciugarsi le lacrime, l'ispettore inglese la tromba.
Appare poi la figlia di Argento brutta, Fiore (sempre se Asia la considerate bella, io a volte sì).
Doppiata in un modo indecente la prima volta che la sentiamo parlare, buttata nella spazzatura dopo essere stata graziata dal killer, tenta addirittura la strada del lirismo

PER FAVORE, CHIAMA LA POLIZA
IL MIO NOME E' LUCIA

cadendo però in un imperdonabile errore sillabico che fa perdere di musicalità il componimento

dopo riesce anche a dire

"SENTIVO QUALCOSA, RUMORE DI UCCELLI, FORSE PICCIONI CHE TUBAVANO"

confondendo, forse, i rumori d'ambiente del luogo delle sevizie con quelli che albergano nella sua testa

E poi, e poi ragazzi arriviamo al finale.
Che sarà ricordato come la più improbabile, disastrosa, ridicola e comica Risoluzione dei Conti mai vista in ambito horror.
Il Cartaio, Santa Maria!!!!, si lega sulle rotaie insieme alla Rocca.
Niente, per completare una non sceneggiatura decide di fare una partita di poker con lei in quel modo.
Prima aveva acceso la radio in macchina, portando l'uso della musica diegetica nel cinema ad un punto di non ritorno dello schifo.
I due giocano a poker urlandosi di tutto.
Dovrebbe essere una scena tesa.
Ma io sono più teso, molto più teso, quando cerco il calzino che fa la coppia con quello rimasto solo dopo una lavatrice.
Santamaria fa una Scala Reale.

"SCALA REALE, HO VINTO!!! AHAHAHAHAHAHAHAH"

ma anche lei ne fa una

e urla

"NO, IO HO VINTO! TRA DUE SCALE REALI LA MINIMA BATTE LA MASSIMA!"

mentre sta arrivando il treno alle loro spalle

questa è Storia. Siamo colmi, troppa bellezza, non ci crediamo.
Ma Rogo ci regala l'ultima perla, la telefonata sui titoli de coda.

La Rocca è incinta.
Cazzo, nella centrifuga è finito dentro anche il foglio di una terza sceneggiatura