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1.11.18

Recensione: "Cemetery of splendour"

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Questo film fa parte de La Promessa ( 8 /15 )

Per la prima volta vedo un film del quotatissimo regista thailandese Apichatpong Weerasethakul.
E mi trovo davanti un'opera difficile e dai tempi dilatatissimi.
Tutte cose che amo ma che stavolta mi hanno un pò bloccato.
Eppure questo film di soldati che non si svegliano dal sonno, di mondi ibridi (sonno-veglia, sopra-sotto, cielo-mare, passato-presente, realtà-tradizione orale) è opera che ho percepito come grande, grandissima, e che a prescindere da quanto si riesca a viverla  ti porta a tante suggestioni, tanti pensieri, tante fascinazioni.

Ho fatto molta fatica.
Ero al mio primo Apichatpong Weerasethakul ( e che "kul" che d'ora in poi posso andà de copia-incolla o de acronimo), regista "kult" (vabbeh, questa era telefonata) che un sacco di amici mi propongono da un sacco de anni.
Non mi hanno mai fatto paura i film "lenti" (che poi sul concetto di lentezza sarebbe da farci un post, adesso l'ho usato per far capire alle persone), anzi, li cerco continuamente.
Non mi hanno mai fatto paura i film difficili, anzi, li cerco continuamente.
Non mi hanno nemmeno mai fatto paura i film che preferiscono non dare risposte, anzi, odio il contrario. 
Io le risposte non le voglio avere.
Insomma, se ci aggiungete che parliamo di un film orientale (è vero, in questo blog ne trovate pochissimi ma sono un fan sfegatato dell'Est e ho passato la mia adolescenza con roba dagli occhi a mandorla) capite che Cemetery of Splendour (non capisco perchè in alcune edizioni o poster manchi la "u" su "splendour", si scrive in entrambi i modi?) aveva tutte le carte in regola per essere un mio film come pochi.
(ho fatto il record di parentesi, me ne rendo conto, ma è solo per rendervi difficile la lettura).
In più un suo fotogramma è anche l'immagine di copertina del mio blog preferito, Nuovo Cinema Locatelli.
Eppure ho fatto fatica.
C'è poco da fare, sui film c'entri dentro o non c'entri e io in Cemetery, tranne in rari momenti in cui stavo per esser rapito, non sono entrato.

Siamo in Thailandia, in una specie di ospedale sgarruppato costruito su quella che una volta era una scuola.
Ci sono vari "reparti" ma il più strano è una stanza in cui ci sono dei soldati che dormono.
O.k, tutti dormono da qualche parte, ma questi dormono e basta, non se svegliano.
Non so perchè non si possa parlare di "coma" - nel film non lo si fa mai - ma la condizione è assimilabile.

9.9.18

Recensione: "Nuovo Ordine Mondiale" - Gli Abomini di Serie Z - 29 -

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Questo film fa parte de La Promessa ( 7/15 )
Me sa non ce la fo manco st'anno


Un gruppo di "rapinatori barra assassini barra poliziotti deviati barra rettiliani barra scugnizzi napoletani" assalta un Supermercato.
Oltre a vedere tutte le marche e marchette dei vari prodotti (fuori c'è anche un furgone di una pasta fresca me pare) accade che arrivano, sgommando e frenando all'ultimo, una decina di volanti della Polizia, compresa quella del grande Commissario Torre, un benemerito e mitico esponente delle forze dell'Ordine.
Arrivano lì e trovano un poliziotto gravemente ferito, quasi morente.
Sono tipo in 45.
Nessuno lo soccorre.
Anzi, parlano, parlano, parlano, dicendo cose quasi prive di senso.
Poi, come non bastasse, si avvicinano al loro collega morente.
Gli fanno qualche domanda ma, ancora una volta, non lo soccorrono.
Siamo davanti a quella che è forse la scena più insensata nel mondo poliziesco che io abbia mai visto.
Ma il capolavoro deve ancora arrivare.
Quando il Commissario Torre decide finalmente di entrare nel Supermercato (e, vista la mole, credo ne sia assiduo frequentatore anche privo di pistola) il poliziotto morente, manco fosse un peluche da buttare perchè il tuo labrador te l'ha distrutto, viene preso per un PIEDE e trascinato via con violenza.
Non solo nei suoi ultimi minuti di vita ha visto 45 colleghi parlare del più e del meno mentre lui moriva, ma si è visto anche buttar via come un sacchetto dell'umido.

Ora, sta scena avviene quasi all'inizio, e basterebbe di per sè a farci fuggir via.
Eppure avevamo visto già abbastanza merda in precedenza.
Nuovo Ordine Mondiale, dei Ferrara rothers (tutto vero eh, non li chiamo così io) è un film cult che purtroppo non è ancora assurto a supercult.
Un peccato.
Questi due fratelli da anni lo pubblicizzavano, facevano finta che avrebbe invaso i cinema, parlavano di un film che avrebbe stravolto il nostro cinema e le nostre coscienze.
Un progetto durato anni e costato, dicono, milioni di euro.
Io, lo dissi 2 anni fa, ero disposto anche a spenderci 10 euri per vederlo in sala.
E invece niente, e invece il mega progetto dei Ferrara Brothers non è mai partito, limitandosi ad una copia nel tubo.
A rendere ancora più mitica la questione ce sta il fatto che la copia migliore del film è parlata in italiano e sottotitolata in inglese e in ARABO.


(ah, io c'ho la copia 1080 hd, semmai chiedete)

Ora, vedere giganteschi sottotitoli arabi ha reso tutto molto straniante.
Ma avere vicino il tuo amico Rocco (che l'arabo l'ha studiato) che ogni tanto provava a legger i sottotitoli e andava quindi di lingua capovolta è stato anche più straniante.
E, ciliegina sulla torta, nell'unica scena presumibilmente sexy del film lo schermo viene ricoperto da centinaia di PETROLDOLLARI, a coprire la vergogna.
Io sono serissimo eh, tiè


Siccome Nuovo Ordine Mondiale è il film definitivo sul complottismo (c'è di tutto, prologo massonico e rettiliano, vaccini, dentifrici che hanno fluoro per farci controllare la mente, governo deviato che vuole usarci come marionette e altre stronzate simili) la faccenda dell'arabo potrebbe anche essere una scelta dei registi, per diffondere la loro opera a tutte le latitudini.
Non lo so e non lo voglio sapere.

20.7.18

Recensione "The Neon Demon"

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Questo film fa parte de La Promessa (6/15)

The Neon Demon è l'ennesima perla tecnica di Refn.
E' vero, film forse troppo bello e vacuo ma di quello parla, di bellezza e vacuità.
I problemi, semmai, sono secondo me altri, come una davvero rivedibile parte dialogica e una meccanicità di racconto davvero esagerata.
Ma c'è anche tanto altro, una Fanning pazzesca, 3,4 sequenze in cui, solo con la tecnica, Refn ci porta in mondi-altri, una colonna sonora potentissima.
Non il mio modo migliore di intendere il cinema, ma la conferma di un autore a suo modo unico

Credo di esser troppo romantico.
Lo so da sempre, è un dato di fatto, ma dev'esse quello il motivo, non ne trovo altri.
Ho visto 5 Refn.
Li ho apprezzati tutti, li ho trovati tutti super interessanti, li ho trovati tutti delle meraviglie visive come poche altre.
Ma ne ho amato solo uno, Drive.
E ho cercato de capì come mai.
Ho chiuso gli occhi e c'è poco da fa, mi sono venute in mente 4,5 scene di lui e lei.
Lui e lei.
E allora me so detto, ma se non ce fossero stati lui e lei su Drive, se fosse stato un film senza amore come Valhalla, Bronson, Solo Dio Perdona e Neon Demon, te sarebbe piaciuto allo stesso modo?
La risposta è arrivata inequivocabile.
No.
Che poi io i film sentimentali li odio, non li guardo, mi fanno venire l'orticaria.
Ma quelli dove la cosa viene fori in maniera così grande e non stucchevole, come Drive, come Alabama Monroe, come Eternal Sunshine, ecco, allora c'è quel qualcosa in più.
E dev'esse questo il motivo per cui io, con Refn, solo Drive.
Perchè per il resto il marchio del grande regista danese c'è ovunque e, anzi, forse ha fatto anche film visivamente più belli de Drive e dai soggetti più interessanti (chè, diciamocelo, Drive è banalotto).
Valhalla, lo dico da sempre, ha la più bella fotografia degli anni 2000.
Bronson è un particolarissimo e molto originale biopic.
Solo Dio perdona è un film tecnicamente infartuante e molto misterioso.
Neon Demon, eccolo, è qualcosa di visivamente annichilente.
Eppure in Drive ce deve esse l'ingrediente segreto perchè solo là io ho alzato le mani e me so detto "Refn, sono tuo".
Che poi, vedete, che Neon Demon sia un film non troppo profondo e un pochino vacuo va benissimo eh.
Perchè è puro, puro, metacinema.
Refn ci parla in Neon Demon di bellezza e vacuità.
E come lo fa?
Con bellezza e vacuità.
Neon Demon è come una delle modelle che lo interpretano, qualcosa che ti allarga la mascella nel vederlo ma che sotto sotto non ha molto.
E' significante e significato insieme.
Ma non solo, Neon Demon è doppiamente metacinema. Perchè da sempre si dice a Refn che fa film fotograficamente grandissimi ma non troppo complessi.
E allora lui che fa? un film sulla fotografia e sul bello.

2.7.18

Recensione: "Il sacrificio del cervo sacro"




L'ultimo film di uno dei massimi registi del nostro tempo, Lanthimos, è l'ennesima grande opera anche se, probabilmente, non raggiunge il livello dell'epocale Dogtooth.
Quello di cui sono sicuro è che Il Sacrificio del Cervo Sacro è la cosa più simile a Kubrick che ho visto in questi ultimi anni (non parliamo, se volete, di livello, ma di tante altre cose).
Un film di colpe e debiti, di errori fatti e cose da restituire, di scienza e fede.
Un film di uomini e Dei.

Non so quanto sia grande questa coincidenza.
Sta di fatto che probabilmente i due film più belli visti quest'anno (ci tengo al "probabilmente "sia perchè mancano ancora 6 mesi sia perchè solo a fine anno capirò quali film mi sono rimasti più dentro), dicevo, forse i due film più belli quest'anno son "greci".
Direte "o.k, piccola coincidenza, quella degli autori greci è ormai un'ondata pazzesca, ci sta".
E' vero. Ma non ci fermiamo qua.
Il fatto è che sia Interruption che Il Sacrificio del Cervo Sacro riprendono fortemente la mitologia greca, in maniera praticamente esplicita il primo (ambientato in un teatro dove si recita l'Orestea), poco meno di esplicitamente il film di Lanthimos.
No, ma non finisce qui. Sì perchè le vicende raccontate nell'Orestea (e in Interruption) sono come il "sequel" del sacrificio di Ifigenia richiamato in questo film.
Insomma, due film greci, due film basati sul mito ed entrambi incentrati sugli stessi personaggi (Agamennone in primis).
Ora, sapete come la penso, a me piace vedere i film a tabula rasa (no trailer, no commenti, no immagini, no trama) e poi scriverne secondo quello che so di mio, senza ricercare nulla.
Quindi se cercate una recensione "colta" che coglie tutti i riferimenti che fa Lanthimos al mito, anzi, ai miti, cambiate canale.
Sono assolutamente convinto che vedere questo film conoscendo bene la materia lo possa esaltare. Ma un film deve avere "sussistenza" propria, non deve obbligarci a sapere le cose per giudicarlo.
Quindi se volete sapere tutto di Agamennone, Ifigenia, Clitennestra e cervi sacri andate a leggere le recensioni di chi queste cose le sa di suo (20%) o di tutti quelli che avranno scritto recensioni copiando qua e là altre recensioni o simil-wikipedia per far bella figura.
Sta di fatto che qualcosa so anche io della vicenda, ne avevo anche parlato col mio amico Rocco.
Quindi so dell' "oltraggio" di Agamennone agli Dei e so del sacrificio che egli avrebbe dovuto fare per "riparare" la cosa e avere acque calme per raggiungere Troia.
Mi basta.
Anche perchè, vedete, i miti greci sono i più grandi scheletri di sceneggiatura che esistano. Anche se non ne conosci la "ciccia", i dettagli, anche se non sei esperto, basta conoscere di ogni mito l'essenziale per capire che, dentro di essi, c'è praticamente tutto delle nostre esistenze, dei nostri rapporti, dei nostri problemi.
Concludendo, questo è un film che possono veder tutti, anche gente completamente estranea alle letture classiche. Non si capiranno certi riferimenti ma poco cambia, Il Sacrificio del Cervo Sacro resta un grandissimo film a prescindere.
Ci tengo a dire che il titolo originale parla di "killing", "omicidio" in senso generico, mentre in italiano, al solito, abbiamo già svelato di che tipo di omicidio si tratti.

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Credo di non aver mai visto in questi ultimi 20 anni qualcosa di più simile a Kubrick che questo film.
In realtà lo splendido prologo (con quel cuore pulsante, forse l'unico cuore pulsante in un film di personaggi quasi privi di slanci di vita) sia tecnicamente (per la lentissima carrellata indietro e poi il ralenti) che per la magniloquente colona sonora, mi ha richiamato i prologhi di Trier.
Sì, ma poi avremo Kubrick ovunque.

26.4.18

Recensione: "The Yellow Sea"

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Questo film fa parte de La Promessa 2018 ( 4 su 15 )

Finalmente completata quella che io considero una trilogia, quella dei 3 thriller di Na Hong-Jin.
E, che dire, un altro grandissimo film, forse, però, non grande come gli altri due.
La storia di un uomo sino-coreano, uno considerato clandestino ovunque vada.
Gun-nam torna in Korea per uccidere un uomo, è pieno di debiti.
Ma torna anche per cercare la sua amata.
Si ritroverà invece in una spirale di violenza e morte dalla quale è impossibile uscire

Prendiamo le prime due sequenze, bastano e avanzano per capire tante cose.
Sto parlando delle scena iniziale del Mahjong e di quella in cui due i scagnozzi vanno in camera del nostro protagonista.
Cristo, contate i cambi di inquadratura se ci riuscite.
Avevo già tessuto le lodi di Na Hong-Jin recensendo altri suoi due film, il bellissimo The Chaser e il capolavoro The Wailing (arrivato mesi fa da noi come Goksung).
Ecco, mettendo dentro The Yellow Sea posso dire senza alcun dubbio che considero questo terzetto di film come la più grande trilogia di thriller realizzata da un unico regista negli anni 2000.
Avevo esaltato Na per tanti aspetti, specie per quel suo saper creare dei thriller atipici, uguali quasi a nessuno. Non so, però, quanto avessi parlato della sua regia.
 Torniamo quindi alle prime due sequenze di The Yellow Sea. 
Vedete, io sono uno che ama anche il cinema da camera fissa e nessun montaggio (pensate ai quadretti di Andersson). In più, lo sapete, farei santi tutti i piani-sequenza.
Insomma, tutto sono tranne un amante delle tante inquadrature e del montaggio imperante.
Ma quando vedo due sequenze così, quando vedo un montaggio così, capisco che dietro c'è un maestro. E uno maniacale, uno che guarda ogni dettaglio. Il 90% dei registi avrebbero risolto le due scene con 7,8 inquadrature, qualche campo e controcampo nel tavolo da gioco e un campo medio in camera di lui. E invece qui il delirio, ogni secondo c'è un'angolazione diversa, il montaggio è sontuoso, non c'è uno scavallamento di campo, c'è una regia tremendamente "a rischio" ma talmente perfetta che quasi nemmeno ci accorgiamo di quanto sia stata costruita la scena. Ragazzi, ma vi rendete conto che lavoro ci può esser dietro a un montaggio del genere? quante cavolo di angolazioni, quanta attenzione a donar fluidità, quanta attenzione nel gioco degli sguardi?
E sarà poi così per tutto il film, una cosa impressionante.


Lo dico da subito, The Yellow Sea è forse il minore di questa pazzesca trilogia di Na. Lo è per due motivi. Il primo è la grandezza degli altri due titoli, roba da top ten dei thriller di questo secolo. Il secondo motivo è a causa di un secondo tempo che sostituisce alla straordinaria atmosfera noir del primo un eccesso di spettacolarità, spettacolarità che lo avvicina, piuttosto, al cinema americano. Ma non è tanto il problema della spettacolarità - che ci sono 3,4 sequenze da restarci secchi per perfezione- ma il fatto che questa porti a un'inverosimiglianza che, mannaggia, non ce voleva.

3.4.18

Recensione: "Tonya"





Non puoi mischiare in questo modo lo sport, la cronaca nera, l'umanità ed il cinema.
Perchè così mi dai tutto quello che io amo, tutto quello che mi rappresenta.
Non puoi farlo così bene perchè altrimenti mi regali uno dei film più belli che io ho visto in questi anni.
Tonya, per me, è un capolavoro.
E se è una cosa solo mia non importa, lo terrò stretto ancora più forte.

Questo film fa parte de La Promessa ( 3 su 15 )

E' il 1994, ho 16 anni, non so niente dell'universo femminile, mangio tantissimo, faccio tantissimo sport.
Ma, soprattutto, guardo tantissimo sport, scrivo di tantissimo sport, li seguo tutti.
Solo due anni dopo, a 18/19 anni un -chiamiamolo- incidente (se qualcuno del mio paesino legge questo post -non credo- sa a cosa mi riferisco, quell'incidente fece epoca) mi costrinse a letto per quasi tutta l'estate.
Il ginocchio in condizioni pessime, io a letto, una videocamera puntata sul televisore.
Ci sono le Olimpiadi di Atlanta. 
Vedo oltre 200 ore di diretta, le commento tutte live, da solo, come uno scemo, con questa immagine fissa del mio televisore e la mia voice-off. Dal tiro con l'arco alla lotta libera, dall'atletica alla mountain bike.
Ricordo i brividi al record dei 200 metri di Michael Johnson, le mie urla ancora prima che arrivasse in fondo, quel 19.32 che cambiò il mondo.
E alle mie urla seguirono quelle di mia madre:

"Che cazzo urli????? ma sei impazzitoooo????"

Questo quello che era per me lo sport.
Ma torniamo a due anni e mezzo prima, febbraio 1994, Olimpiadi Invernali di Lillehammer, Norway.
C'è la gara di pattinaggio artistico.
E' il turno di Tonya Harding, americana.
Qualcosa non funziona, la Harding non si presenta sul ghiaccio. Le telecamere la vanno a pescare mentre mezza disperata è nella waiting room a cercare di mettere a posto i lacci delle sue calzature. Alla fine, per pochi secondi, riesce a presentarsi. Abbozza un sorriso stentato, in questo sport che, come ad esempio il nuoto sincronizzato, obbliga l'atleta non solo ad essere atleta, ma anche ad esser bello e sorridente.
Parte il programma. La Harding sbaglia subito il primo salto e, dopo pochi secondi, si ferma. Va dai giudici, mostra loro il laccio strappato, ottiene la possibilità di ripresentarsi. Lo farà ma ormai è andata, arriverà ottava.
Siccome tutto quello che racconto io e racconta il film è vita vera eccovi qua:


"Sarà il karma" dice qualcuno, forse lo stesso telecronista.
Sì, o.k, ma perchè il Karma?
Perchè la Harding meritava questo?
Sul podio una NON sorridente Nancy Kerrigan, sempre americana, vincerà l'argento.
Pochi mesi prima, nemmeno due, la Kerrigan era stata mezza gambizzata da un pazzo furioso durante una seduta d'allenamento.
Incredibilmente sul posto era presente una telecamera che in tempo reale, 4,5 secondi dopo "l'incidente", riuscì a filmare tutto.
Eccovi qua anche questo:


Tutto questo solo per raccontarvi da dove vengo.
Tutto questo per farvi capire cosa possono significare questi film per me.
Tutto questo per giustificare, forse, quello che sto per dire.
Per me Tonya è un capolavoro.

Tonya ha un nome orribile, inconsueto, tondo e quasi maschile, giusto quella piccola "a" che cerca, fin dall'anagrafe, a darle un pochino di femminilità.
Ma del resto a quel nome corrisponde quello che lei è, ovvero una ragazza sgraziatella, quasi un maschio, una che va a caccia, ripara automobili, taglia la legna e manda affanculo anche le nuvole troppo lente.
Ma se l'omen nomen funziona nel fisico e nel carattere sembra invece clamorosamente aver toppato nello sport scelto da Tonya (o dalla madre).
Ovvero il pattinaggio artistico, lo sport delle ragazze filiformi e leggere come piume, lo sport dei sorrisi, della grazia e della classe.
Tonya è pesantuccia, sboccata, bruttina, col sorriso forzato, diretta, stronza, incazzereccia.
Non si sa mica che ci fa là dentro. 
In effetti questa pare una storia opposta al talento, alla predisposizione.
E se fosse il contrario?
Se proprio questo fosse il talento, ovvero il riuscire, il trionfare, in qualcosa completamente opposto a quello che sei?
Non lo so, sta di fatto che Tonya da bambina è un prodigio. 
Entriamo un attimo nel film ma, d'altro canto, c'eravamo già in tutto quello che ho raccontato fino ad adesso, anche se partendo dalla fine.
La piccolissima Tonya ha solo 4 anni. La madre la porta da un'istruttrice federale perchè è convinta che la sua bimba possa spaccare i culi alle altre.
O.k, frase di raccordo giusto per arrivare alla madre.

2.3.18

Recensione: "Un 32 Aout sur terre"

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Questo film fa parte de La Promessa 2/15

L'opera prima di quel fenomeno di Villeneuve.
Un 32 aout sur terre è cinema semplice, scarno, come il deserto bianco dove è ambientato per larga parte.
Eppure a questo aspetto così immediato, a questa atmosfera da Nouvelle Vague, affianca una cornice metaforica ed esistenzialista che ne fanno un film, volendo, per niente facile da interpretare.
La storia leggera e quasi tragicomica di un amore non vissuto.
Cinema raffinato, l'esordio di un grande

più che spoiler sono presenti interpretazioni molto personali. Sarebbe bello che leggiate dopo aver visto il film e formato una vostra lettura

 Finalmente, dopo una specie di strano (e casuale) percorso a ritroso, sono riuscito a vedere la vera opera prima di Villeneuve (e dico vera perchè questi anni in moltissimi credevano che l'esordio del regista canadese fosse o Polytechnique o Maelstrom).
Non solo, vedendomi Un 32 aout sur terre ho anche completato l'intera filmografia dello stesso, cosa sempre molto difficile.
Nove film, uno più bello dell'altro.
Ne approfitto per dire che, forse, il mio preferito resta Incendies ma, insomma, magari un giorno proverò a metterli in fila.
Probabilmente ultimo, al nono posto, potrebbe andare questo esordio.
Azz, direte voi, peccato.
In realtà Un 32 aout sur terre è una grande opera prima, un film quasi privo di difetti, molto interessante, molto raffinato, che ha la sola grande sfortuna che, dopo di lui, quel mostro canadese ha girato solo opere grandissime, senza mai un vero passo falso.
Se Maelstrom poteva considerarsi cinema già abbastanza complesso, maturo, sperimentale, qui ci troviamo davanti invece alla classica opera prima più semplice, scarna, essenziale. In realtà tutto questo asciugare e questa povertà di mezzi è da iscrivere al semplice significante (il film, quello che vediamo) perchè, al contrario, il significato e le possibili interpretazioni di Un 32 aout sur terre ne fanno un'opera tutt'altro che scontata, facile e lineare. Anzi, è quasi paradossale che uno dei film più difficili da interpretare (direi quasi l'unico insieme ad Arrival ed Enemy) di Villeneuve sia proprio questo primo, in una filmografia grandiosa ma quasi sempre di letture e storie molto esplicite.

Simone si addormenta in auto, di notte.
Fa un incidente.
La mattina dopo la vediamo risvegliarsi dentro la carcassa dell'automobile. Simone non ha una goccia di sangue, incredibile.
Quello che appare in sovrimpressione ci stranisce

32 aout (32 agosto)

ora non ci vuole un genio o non bisogna aver visto troppi film per capire che questa data così strana, inesistente, deve per forza voler dire qualcosa.
E unendo i pezzi:

incidente terribile
nessuna goccia di sangue
data inesistente

ho subito pensato che questo film racconti la storia di una ragazza già morta, di un'anima che va avanti (alla Enter the void) o di un ricordo pre-morte.
In realtà questo dubbio ce lo avremo fino alla fine ma il film, da lì in poi, andrà avanti in modo molto lineare, come se questa mia supposizione fosse errata.
Ho subito associato questo 32 agosto alla 25ima ora di Spike Lee, se ci pensate è lo stesso gioco di parole, dove una usa i giorni del mese l'altro usa le ore.
Ma mentre nel bellissimo film con Norton quell'ora inesistente era un'ora di speranza, di bellissimo futuro irrealizzabile (come il magnifico sogno lucido nel finale di Mommy) qui pare invece il contrario, questo "tempo in più" è forse il tempo della morte.
In realtà questo film può anche essere guardato e apprezzato senza scervellarsi affatto su queste questioni, semplicemente esser visto per quello che è.

23.2.18

Recensione: "It comes at night"

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La Promessa 1/15

Credo che questa recensione sia totalmente inattendibile.
Perchè, per caso, ho visto le medie di "It comes at night", non arrivano a 6.
E io invece mi sono ritrovato davanti un dramma horror straordinario, umano, colto, girato da dio, fotografato anche meglio, un film in cui si vede un autore che ama profondamente la sua opera e i suoi personaggi.
E io amo lui.
E amo gli occhi di Travis, il ragazzo buono che per soggezione lascia la conversazione con la bella ragazza, il ragazzo buono che non riesce a superare la morte del nonno e del cane, il ragazzo buono che ride della felicità altrui.

Lo dico, sarò ancora meno obbiettivo del solito.
Ma lo sapete, me ne frego di quello che si dice in giro.
Io credo fermamente che Trey Edward Shults sia, con solo due film, uno dei miei 5 giovani registi preferiti.
Le ragioni sono tante, e magari cercherò di approfondirle.
Il fatto è che sto ragazzo di 30 anni ha tutto quello che io cerco in un autore.
Ha mano, ha occhio, ha stile, ha la penna che gli permette di scrivere grandiosi dialoghi, ha "cultura", ha una capacità di creare e gestire atmosfere unica.
Ma, soprattutto, ha tanto cuore, ha un'anima bellissima, ha un attaccamento verso i personaggi che scrive e il loro destino che fa spavento.
E se con Krisha -film personalissimo, praticamente la storia della sua famiglia- era magari anche facile trasmettere queste sensazioni (esplose poi in quella magnifica dedica finale) questo splendido It comes at night (che pare non arrivare alla sufficienza come media quasi ovunque) è la conferma assoluta di un autore che sento mio "fratello", uno che ogni inquadratura che fa, ogni personaggio che scrive, ogni dialogo che costruisce mi crea empatia.

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Credo di avere un'affinità elettiva con Shults, quindi, semmai, interrompete la lettura qua e non convincetevi a buttare un'ora e mezza della vostra vita.
It comes at night comincia da dove Krisha finiva, ovvero da un fantastico primo piano.
La macchina da presa piano piano se ne discosta fino a mostrarci infine l'ambiente.
E' il primo piano di un vecchio molto malato, infettato da qualcosa.
Chi gli parla gli vuole molto bene. 

"Non lo combattere, abbandonati"

I primi 20 minuti del film sono un trattato di regia, una perfezione di movimenti di macchina, fotografia, atmosfera, volti e luoghi.
Il suddetto prologo, il fuoco, il riflesso dello stesso nella maschera antigas, la lentissima carrellata avanti per arrivare alla porta rossa, il primo incubo/flash back di Travis, tutto magnifico.

16.1.18

La Promessa 2018, ovvero i 15 film che dovrò vedere per forza entro l'anno (ma visto il 2017 cambierei il "per forza" con "preferibilmente")




La promessa 2017 è praticamente finita prima di cominciare...
Un anno disastroso in cui vedere i film che volevo vedere era quasi impossibile (chi mi conosce sa che più voglio vedere un film più rimando, per questo è nata la promessa).
Credo di averne visti 5, aahh
Insomma, diciamo che entro un mesetto sono costretto a pagare la mia penitenza, ovvero sorbirmi uno Step Up, TUTTO, dimostrando di averlo visto completamente nella recensione.
Quest'anno ci si riprova, qualche piccola speranza di farcela c'è.
Ah, metto anche 4,5 dei film non visti l'anno scorso.
Come al solito, se volete, chiedo anche a voi di fare la vostra promessa annuale.
Quella dell'anno scorso l'avete rispettata?
Avete pagato, semmai, la vostra penitenza?

AUSTERLITZ

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Perchè è da quando ne venni a sapere l'esistenza che bramo di vederlo

THE NEON DEMON


Non so più che dire sul fatto che ancora non l'ho visto ;)

HORS SATAN




Perchè sono almeno 5 anni che tutti mi parlano di Dumont e specialmente di questo film.
E io in questi "almeno 5 anni" ho visto un solo Dumont, il meno Dumont di tutti i Dumont

IT COMES AT NIGHT

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Perchè è l'horror che più mi è rimasto sul groppone non aver visto l'anno scorso.
Specie dopo aver conosciuto il regista con Krisha

SIERANEVADA


Perchè amo il cinema romeno