Torna addirittura dopo UN ANNO (ma la colpa è la mia, mi aveva mandato sto pezzo l'estate scorsa....) il nostro pazzo Giorgio e la sua rubrica di film cult, la Boarding House, spazio in cui recensisce quasi sempre sconosciutissimi (questo forse però è uno dei 3-4 più conosciuti che ha mai fatto) e spesso al limite del lecito (e anche qui stavolta pare essere andato più calmo...).
Vi lascio alla lettura
Danny O’Neill/Pierce Brosnan si occupa di disinnescare bombe e gli capita tra capo e collo una banda di terroristi medio-orientali che ne hanno inventata una davvero geniale: un liquido - una mescolanza di nitroglicerina, napalm e idrogeno - che a contatto con i succhi gastrici dello stomaco rende le persone “detonatori viventi”. Che il Medio Oriente e la Russia siano stati gli spauracchi di tutto il cinema action americano, è un dato di fatto. L’America interveniva nelle faccende private di molte Nazioni, vendeva armi e metteva al potere chi era favorevole alla sua politica economica. L’esempio maggiore, da cui deriva il film di Christian Duguay, è Die Hard - Trappola di Cristallo (1988) diretto da John McTiernan. Ma se nel film di McTiernan “I Fratelli della Rivoluzione” guidati da Hans Gruber (Alan Rickman) - erano dei banali ladri di denaro, nel film I Dinamitardi i terroristi hanno agganci con il Senato americano per un progetto di vendita di armi al Medio Oriente che non deve essere bloccato. Quindi, la complessa macchina del terrorismo era un materiale inesauribile per evidenziare la corruzione dell’entourage politico degli Stati Uniti d’America e avvertire il cittadino medio degli accordi e contratti anti-americani. In nuce, ecco il seme dell’11 Settembre 2001 e il crollo delle Torri Gemelle a New York. L’America stessa ha creato i propri mostri e, visti col senno di poi, molti film del periodo che va dagli anni Ottanta agli ultimi anni dei Novanta hanno detto, anticipato e previsto alcune derive paranoiche e psicotiche che ormai sono all’ordine del giorno in questo stato di guerra perenne. Ma il film sfiora, anche se non proprio in maniera esplicita, l’horror. Christian Duguay, infatti, è soprattutto un regista di horror ed action - la sua carriera è costellata di film per la Tv come Scanners 2: The New Order (1991) e Scanners 3: The Takeover (1993) che mancano della profondità concettuale del capostipite cronenberghiano ma si lasciano vedere - e questa sua passione si sente e si equilibra al meglio nel film che abbiamo scelto di accogliere qui da noi alla Boarding House.
Perché?
Innanzitutto, l’idea originale di vedere nell’assunzione di acqua un pericolo esplosivo. Come si capirà nel corso del film, il liquido esplosivo è incolore ed insapore come l’acqua; una volta mescolato e bevuto, rende la persona una bomba. Ma l’acqua e il fuoco si mescolano in una soluzione alchemica il cui risultato, una volta scoperto il meccanismo, non è la capacità extra-sensoriale degli Scanners - che saltano, si deformano, esplodono nei film diretti da Duguay - ma un unico e solo elemento imprescindibile dell’action anni
Novanta e di tutti quei thriller essenziali e diretti: l’eroe che si va un mazzo tanto per farsi amare e mettere la testa a posto una volta per tutte.
1) L’eroe ha problemi con la moglie perché la loro figlioletta è morta annegata nella piscina di casa, e così l’acqua è un elemento doppiamente traumatizzante per l’eroe: da una parte muoiono persone che si scoprirà essere disoneste e legate a doppio filo con i terroristi; dall’altra, il liquido della vita ha ucciso una bambina e rovinato il legame tra moglie e marito. Ora, sebbene nel film non sia esplicitato né a livello di dialogo né in maniera continuativa (c’è soltanto un flashback), l’acqua è una metafora, come nel più classico dei film americani: si prende un tema e lo si infarcisce di metafore o simboli che tornano e ritornano, un procedimento di scrittura che spesso sforna roba banalissima. Anche I Dinamitardi non si scosta da un tale procedimento scritturale, ma l’aspetto horror lo rende molto godibile e sicuramente originale per il genere.
2) La moglie ha avuto una pseudo-relazione con il senatore Traveres (Ron Silver), per poi scoprire che il senatore è in rapporti più che amichevoli con il capo dei terroristi (interpretato da Ben Cross). Questo è il vero fulcro di tutta la vicenda e il film si squilibra pesantemente verso una zona insolita che accentua la relazione altalenante che nel 1988 Bruce Willis aveva con Bonnie Bedelia in Die Hard - Trappola Di Cristallo; ad un certo punto, senza accorgersene, lo spettatore perde interesse per il sanguinario capo dei terroristi e vorrebbe assistere alla risoluzione della faccenda familiare tra Pierce Brosnan e il senatore Traveres. E il tutto, sebbene la forzatura del triangolo "Lui, Lei e L’Altro" sta lì lì per far crollare il film nella più becera banalità, è accettato dal pubblico perché in mezzo ci sono dei morti che esplodono. In poche parole, I Dinamitardi è una tormentata love-story che mantiene il suo ritmo romantico soltanto perché ogni tanto qualcuno diventa un detonatore vivente ed esplode; questi corpi esplodenti diventano, allora, un contrappunto davvero ben studiato per parlare di altro e rendere il prodotto molto accattivante per qualsiasi tipo di platea. Desiderando che terminino le azioni del capo dei terroristi, così si vorrebbe la morte del politico corrotto; ma non tanto per i suoi squallidi accordi anti-americani, ma perché se la spassa con la moglie dell’eroe. Questa caratteristica del film, volenti o nolenti, lo rende davvero un prodotto diverso. Nonostante sia un film prettamente mainstream. E la frase di Pierce Brosnan - “Ma perché non hanno ammazzato lui per primo!” - racchiude tutto il furbesco meccanismo di captatio benevolentiae che trascina il film, sottilmente e forse incosciamente, verso i lidi di una moralità conformista che ripristini il senso dell’Amore e dei valori familiari. Per fortuna tale aspetto non è il fulcro del film, anche grazie ad un protagonista ben scritto: disilluso, tendente al suicidio - nel film viene detto che disinnesca bombe non di sua competenza: un atteggiamento auto-distruttivo - volgare, cialtrone e spericolato.
3) L’eroe deve riprendersi la moglie, una volta scoperte le magagne del senatore. Il terzo punto avverrà più o meno a mezz’ora dalla fine, in una maniera alquanto metaforica: scena di sesso dentro una vasca piena d’acqua. Il trauma è superato. Anche se il film non mette in evidenza come l’acqua possa generare nei protagonisti la repulsione e la paura, opprimendoli con il pensiero della figlia morta, l’idea di una scena di sesso all’interno della vasca è un’ulteriore metafora del superamento di un trauma senza psicofarmaci o alcool. Soltanto nel liquido che ci costituisce al 75% e soltanto tramite una unione sessuale che pare essere, per gli americani sessuofobi e puritani, l’esplicitazione migliore di un rapporto amoroso rinnovato tra moglie e marito, due persone possono sperare di amarsi. Ma per quale motivo moglie e marito si ricongiungono? La scena cult del film - la più conosciuta per chi almeno una volta lo ha intravisto - è quella del terrorista travestito da clown, all’inaugurazione di un parco giochi per bambini, che ingurgita l’acqua esplosiva e viene scaraventato via dal nostro. Durante questa inaugurazione è presente lo stesso senatore Traveres e la stessa moglie del nostro eroe. Dopo questa sequenza la moglie decide di rritornare da Danny O’Neill/Pierce Brosnan. Capisce che lui, ancora suo marito, ce la sta mettendo tutta per proteggerla e per averla dalla sua parte; che il cattivo di turno non è solo il terrorista ma anche l’uomo a cui si è abbandonata in un attimo di debolezza dovuta alla perdita della figlioletta; che lui sta sconfiggendo l’acqua cattiva che ha annegato il loro frutto dell’Amore. Che è un eroe tout court, insomma.
Inizia così lo smantellamento progressivo della figura rassicurante del self-made man e dell’uomo politico che ha un incarico importante ed onorevole dall’America. E se l’uomo è ciò che mangia, l’uomo è anche ciò in cui vive: la casa. Dico “smantellamento” a proposito, in quanto l’ultima mezz’ora si svolge nella grande villa del senatore Traveres (e su di lui vi sono parecchi dubbi su come se la fosse procurata, visto che dichiara soltanto 120,000 dollari l’anno). Capiti ormai gli interessi in gioco, forte dell’amore della sua donna, deciso a mettere fine agli attacchi terroristici e alla carriera del senatore, Pierce Brosnan si trasforma in una sorta di MacGyver - che, guardacaso, cesserà di essere trasmesso proprio nel 1992 - e fa a pezzi i locali della villa, mettendo fuori gioco i terroristi, che stanno invadendo la villa del senatore. Tramite il gas, infiamma la cucina; tramite vaselina (“Facciamo una festa?” dice, sornione, Pierce Brosnan) e acetone fa saltare in aria la stanza da letto; fino a giungere alla soffitta e scoprire che il denaro non dichiarato è stato nascosto sotto il tetto. Il confronto con il capo dei terroristi è inevitabile. Il terrorista ingerisce il liquido e diventa una bomba.
Pierce Brosnan e il senatore Traveres saltano dal tetto della villa. Il senatore Traveres finisce infilzato sulla ringhiera; Pierce Brosnan si salva. Un anno dopo, alla moglie gli si rompono le acque. L’acqua torna ad essere un elemento di vita e serenità. Due sequenze simpatiche, all’inizio e alla fine, che forse racchiudono la vera “morale” del film, senza estremizzarne troppo il significato: Danny O’Neill/Pierce Brosnan si trova sdraiato sotto il sedile di un’auto, tra le gambe di una ragazza. Lei ha tradito il marito e questi ha deciso di farla saltare in aria. Dopo che tutto va a buon fine, dice: “Non tradisca suo marito e si metta le mutandine!”. Alla fine del film: stessa ragazza, stessa bomba ma è stata messa dall’amante. La bomba è disinnescata come la volta prima. Danny O’Neill/Pierce Brosnan ha appena ricevuto la notizia che la moglie sta partorendo, saluta la ragazza e le dice: “Mi piace la sua biancheria intima!”. La morale? Da qualsiasi cultura si provenga o qualsiasi intenzione si abbia, terroristica o patriottica, per soldi o per il potere, la fica resta sempre l’obiettivo da raggiungere per mettersi in pace con se stessi e farsi cullare dal liquido amniotico della soddisfazione di Sé.
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