25.2.21

Recensione: "Mary e il fiore della strega" - Anime e Core, la grande passione per l'animazione giapponese - 11 - di Enrico G.


Zitto zitto anche Enrico supera i 10 appuntamenti con la sua rubrica ("impresa" che in 11 anni è riuscita solo a 3 persone) e ci presenta un altro anime, forse uno dei più "famosi" di questo suo appuntamento per appassionati.
Tra l'altro è passato poco tempo fa anche in tv, se ricapita dategli un'occhiata...
Vi lascio a lui
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Il primo sforzo dello Studio Ponoc, l’erede spirituale del mitico Ghibli, è un ottimo film. Anti-storia del prescelto per antonomasia, dove una ragazzina viene scambiata per una maga prodigio, racconta con delicatezza un percorso di crescita e consapevolezza del proprio valore, tramite gli unici mezzi dell’essere umano qualunque: inventiva e determinazione. Intorno a lei mondi fantastici, fiori misteriosi, strane creature, spavento e meraviglia.

Commenti tecnici: per una volta l’insuccesso avuto non rientra tra le colpe dell’Italia, dove c’è stato un contributo di tutto rispetto, senza distribuzioni ritardatarie, adattamenti grotteschi, o trailer spoilerifici. La fredda e ingiusta accoglienza non sembra comunque aver fermato questi artisti straordinari (chi ha Netflix ci può trovare la loro seconda fatica, Modest Heroes), che meritano quantomeno una rivalutazione.

Disponibile nel dvd della Lucky Red.

Spoiler minimi all’inizio, sempre maggiori dopo ogni immagine


Qualche anno fa: esce nei cinema Quando c’era Marnie, un drammatico anime. Il suo misto di bellezza e tristezza sembra quasi un monito, una pietra tombale sul luogo dove nacque, il regno dei sogni e della follia. Lo Studio Ghibli chiude essenzialmente i battenti, provato da alcuni flop come La storia della principessa splendente.

La sceneggiatrice di quest’ultimo, Riko Sakaguchi, e il regista di Marnie, Hiromasa Yonebayashi, vogliono perpetuare quella storia di mondi fantastici, bambini che non si arrendono mai, Natura da proteggere e amare. Non è l’argomento predominante, cos’era il Ghibli nel mondo dell’animazione giapponese, ma come nasce lo Studio Ponoc, nuova casa di tanti animatori, desiderosi anche solo di poter lavorare, e di farlo con le mani e l’inchiostro, allo stesso modo stabilito e insegnato trent’anni prima dai migliori produttori d’animazione del mondo di tutti i tempi.

Evidentemente questo ci si aspettava da Mary: un nuovo battesimo del fuoco, come successe ai tempi, quando Hayao Miyazaki, Isao Takahata e il compositore Joe Hisaishi si misero assieme per la prima volta creando Nausicaä della valle del vento. Ponoc ha invece posto davanti al mondo, con lo stesso tocco ventoso dell’illustre predecessore, un film di fantasia semplice, delicato, senza fronzoli. Quasi in contrasto con l’introduzione al cardiopalma: fuoco, esplosioni, musica concitata, e una giovane strega fulva che scappa a cavallo di una scopa reggendo dei misteriosi semi.

Poi si passa nel nostro mondo; al titolo, e a colei cui fa riferimento: Mary Smith. È la protagonista, sintesi di tratti che adoro: bambina, coraggiosa, annoiata, avventurosa, come la sua omonima de il Giardino Segreto, come Coraline, come la Victorique di Gosick. A casa della prozia Charlotte, lontana dai genitori presi dal lavoro e in procinto di iniziare una nuova scuola, passa le giornate desiderando di essere utile in qualcosa, parlando tra sé e sé. Davvero Mary monologa, descrivendo spesso ciò che succede o ripetendo le frasi altrui: ed è normalissimo, anche se molti ne sono stati infastiditi, per una bambina molto sola. Aleggia questa sorta di malinconia sul suo apparire piuttosto vivace, che più avanti nel film emergerà, assieme agli strani eventi che le capiteranno.

 La sua voce italiana è quella meravigliosamente espressiva di Sara Labidi (in una specie di reunion con Yonebayashi, doppiava lei Anna in Quando c’era Marnie), che spicca in un film pieno fino all’orlo di doppiatori fenomenali, dove ho particolarmente apprezzato Carlo Valli (storica voce di Robin Williams) nel ruolo di Zebedee il giardiniere. Lui e Mary hanno un dialogo incredibile, dopo che lei trova un misterioso fiore blu nel bosco. Non perché la scrittura sia fenomenale, ma per l’atmosfera che trasuda da ogni tratto di matita.

“Dicono che cresca solo in questa foresta, e sbocci solo una volta ogni sette anni. Sembra che in passato pure le streghe ne andassero in cerca.” “Le Streghe?” “Già. È il fiore della strega”.

 Il venticello, l’ombra improvvisa, gli archi in sottofondo, di cui ti accorgi solo quando si interrompono. È ancora magia Ghibli, con tutto il suo impalpabile carico di mistero e aspettative di una grande avventura. E come si addice, la presenza di un gatto nero, che guida la protagonista in un mondo fantastico ma sottilmente inquietante (ancora, grandi similitudini con il capolavoro in stop motion Coraline). Tib, il cucciolo dal colore della notte, lo sguardo smeraldino, alquanto truce, sembra proprio il tipico gatto di campagna da romanzo inglese. Un animale normalissimo, dotato di una qualche conoscenza non umana, dell’oltre. Per esempio su quel fiore, così incantevole ed enigmatico, il Volo Notturno. E Mary vola, verso lati ignoti della volta del cielo, con placide colline erbose, appena accennate tra la nebbia, e un gigantesco complesso, davanti palazzo di Aladino e retro acciaieria, che svetta lì in mezzo. Un mondo parallelo, e la sua scuola di stregoneria con tutti gli insegnamenti, il box delle scope volanti, universitari con animale al seguito. Ogni accusa di plagio ad Harry Potter rimbalza chiaramente al mittente, essendo questo film basato sul romanzo The Little Broomstick, che Mary Stewart scrisse ben ventisette anni prima del successo della Rowling.


È proprio con Piccola Scopa che comincia l’esplorazione di questo strano posto, di cui il bastone in saggina per lungo tempo inanimato è il primo rappresentante. Come Tib non parla (e non lo farà per tutto il film), braccia o faccia non ne ha. Eppure, con qualche mugugno e i soli movimenti, ha una personalità inconfondibile, comprese idiosincrasie, affezioni e difetti, tipo un eccessivo entusiasmo e la inesorabile tendenza a precipitare. È il suo schianto nel deposito di scope, la prima volta che viene cavalcata, che introduce al personaggio di Flanagan. All’inizio pensavo che avrei davvero odiato Flanagan il guardiano, lo strano topo parlante. Vestito come una specie di alpino e dalla personalità altrettanto sopra le righe, è invece un personaggio che ti entra dentro dopo più visioni, come fanno certi personaggi neutrali tipicamente Ghibli (come Piccino de La Città Incantata, ma se vogliamo anche, in un contesto totalmente diverso, Mefisto di Demon City Shinjuku), che non prendono posizione o aiutano solo marginalmente il protagonista.

Da lì è una discesa continua nel meraviglioso microcosmo magico di Endor, la scuola dove ovviamente Mary viene confusa per una promettente matricola. È una festa per gli occhi, di colori e rifiniture. Potrebbe costruirsi una vasta mitologia dalle fantasiose pennellate degli artisti Ponoc (basterebbe la cura negli sfondi del gabinetto della rettrice Mumblechook), ma è chiaro come siano più interessati a suggerire, che spiegare. In controtendenza al fantasy classico, dove la sovrapposizione di dettagli d’ambientazione (quelli bravi direbbero il worldbuilding) è ciò che rende interessante la trama, il fulcro è nei personaggi, a loro volta non archetipi (il mago, il guerriero, la creatura). Ci ritorneremo.

In questo luogo magico Mary, dopo l’iniziale spaesamento, si lustra gli occhi (ripetendo “straordinario!” a ruota, con la gioia di un Alberto Angela al museo) e riceve una valanga di complimenti per tutto ciò che la faceva sentire inadeguata nel suo mondo, le sue capacità, l’aspetto, la giovane età. La acclamano, quando a casa conosce un solo coetaneo, quel Peter con cui non ha avuto nemmeno un bel primo incontro. Persino i suoi capelli infuocati, costantemente crespi, vengono lodati: si lascia infatti intuire che nelle capacità stregonesche i pel di carota siano il massimo, mentre quelli neri, o ancora di più bianchi siano “stadi” inferiori. Riguardando meglio il prologo, si intuiscono ora molte cose sulla maghetta coi capelli scuriti, dai poteri perduti ma non completamente…

Questa Università non tralascia però qualche segnale inquietante, come l’avvertimento sulla pena per gli abusivi. Una fantastica idea in stile The Lobster, la stessa sorte che toccava ai single: essere metamorfosati. E c’è lo strambo giardino delle creature, la direttrice che appare come gigantessa d’acqua, le urla nella caverna del dottore, ma soprattutto quelle scariche d’energia viola nell’ascensore magico, le stesse della nebbia che aveva scaraventato Gib nel mondo delle streghe. Endor vede un ribaltamento rispetto al maghetto occhialuto, il cui istituto Hogwarts era luogo familiare e salvifico, mentre qui si intravede addirittura un accenno di satira, con quella mensa dove il cuoco maiale arrostisce un suino e il cuoco mucca affetta il kebab. Endor di notte poi, si vedrà luminosa e scintillante, ma dei colori di viscidi servetti, del metallo di quei golem-robot, del verde di incantesimi che attraversano i confini morali di scienza e magia.


nomignolo e la caratura di regista al Ghibli. Questi mondi apparentemente innocui, colorati, popolati di sagome tondeggianti, che ricordano solo alla lontana le storie battagliere di Miyazaki, i suoi personaggi dalla rude giovialità o l’affilata aerodinamica degli aggeggi volanti. Si parli allora di questo personaggio dietro le quinte, anzi dietro i fogli da disegno.

Hiromasa Yonebayashi è un prodotto di quella meravigliosa scuola di follia, dove fece la gavetta come animatore per 13 anni, a partire da Principessa Mononoke. Poi, avendo provato il suo valore in un ambiente meritocratico, ricevette la sua prima regia, Arietty. Quel film delicatissimo al pari dei suoi minuscoli protagonisti, che non risparmiava scoppi quasi orrorifici, aveva già tutto in nuce. Dopo aver meritato una responsabilità calata dall’alto, la sceneggiatura cioè scritta dal capoccia Miyazaki, venne l’occasione di mettersi all’opera con una propria storia. Senza abbandonare la narrativa inglese (tre adattamenti su tre, incedibile), fu la volta, si è detto, di Quando c’era Marnie, che visto al cinema portava sulle spalle la nomea di “ultimo film dello Studio”, a rendere più greve una storia commovente e straziante di suo. Nel 2017 questa nuova avventura, che vive nelle due scarpe di figlia adottiva di ciò che venne prima, e opera originale, inizio di qualcosa di nuovo (ormai si sarà capito come la penso, le calza benissimo)

Si parlava dei personaggi, di come siano la colonna portante di “Mary e il fiore della strega”. Molto del merito va alla divisione operata tra i due mondi, quello umano e lo stregonesco. Si è già detto di Flanagan, di Mary esploratrice in un luogo sconosciuto, e i suoi abitanti come la rettrice e il Dottor Dee. Due persone più avide che cattive, esagerati come sono sempre gli antagonisti agli occhi degli animatori: salta all’occhio la pustola dorata sul mento di Madame, la capigliatura stramba e gli occhialoni squadrati, e poi il dottore, più largo di cranio che lungo di gambe, costantemente a passeggio su buffi veicoli; che si evolvono con la situazione, come quando sfodera all’inseguimento quella macchina-ragno (tra l’altro funziona a bombole di linfa, intelligente anticipazione del climax nel “laboratorio” scavato nell’albero). Ovviamente vogliono il potere del Volo Notturno, ma in questa resa dei conti con Mary, scoperta per la semplice ragazzina che è, vengono intelligentemente coinvolti tutti gli altri, a parte Zebedee e la governante di casa Smith, già perfettamente funzionali nel loro ruolo. Innanzitutto Peter, che viene rapito, suggerendoci pure non fosse casuale la sua uscita di casa a tarda ora, ma motivata dal cercare proprio la “scimmietta pel di carota”; amica che aveva preso in giro, ma per cui era sinceramente preoccupato, sapendola persa un giorno intero nella foresta nebbiosa. Mary a sua volta si lancia al salvataggio di Peter, come si era lanciata a salvare Tib dall’incidente con la sfera, o verso la prozia per abbracciarla, dopo averla fatta preoccupare. La sua innocenza non l’ha mai tentata, davanti alle bellezze del mondo delle streghe (avendo comunque le sue occasionali bugie e irresponsabilità. In fondo Mary è una brava bambina, non certo una perfetta). Ora affronta la nuova sfida di petto, nel suo cappottino rosso, ridandoci per pochi secondi Arietty allo specchio, mentre provava la molletta tra i capelli. Determinata, inforca la scopa, e bisaccia alla mano, parte per, e con, il suo Volo Notturno, svegliando la prozia Charlotte, che trova il baccello ai piedi delle scale, per poi avere la reazione che tutti aspettavamo.

Questo terzo atto, che eleva enormemente il film, riesce a dare il suo momento di gloria a tutti coloro che seguivamo fin dall’inizio, nei loro piccoli gesti. Merito di una piacevolezza unica, degna di chi sembra di conoscere da una vita. Li si desidera vedere ancora passeggiare per quelle viuzze inglesi, uscite da romanzi che devono piacere tanto a Maro; bersi un tè quando fuori c’è coperto, accarezzare quei gatti neri e grigi, mangiare quel cibo sugoso e dall’aspetto appetitoso, persino piangere, con quei lacrimoni enormi che da 40 anni e passa vedevamo rotolare per le guance dei personaggi Ghibli.

In fondo davvero li conosciamo da sempre, per così tanti particolari familiari, magari appena accennati e reinterpretati.



Lo stesso ritmo, che dall’inizio non ha lasciato spazio ad un solo momento di noia, raggiunge un’intensità da film d’azione, una volta a Endor. Vogliamo infatti parlare della fuga dalla prigione magica, con quella musica dannatamente emozionante, degna degli annali del genere? Quell’antro, che cela una vera e propria Isola del Dottor Moreau, fatta di dettagliatissime e blasfeme ibridazioni, viene trasformato in un caos di ogni specie animale, quando entra in gioco il formulario che Mary aveva trovato precedentemente, dietro il ritratto del fiore. È straordinario come in un film relativamente semplice si costruiscano tematiche tanto scomode, come lo sfruttamento degli animali per la ricerca scientifica, esaltandole ancora di più, convogliate in una rocambolesca sequenza stile “fuga da Alcatraz”.

 Dall’adrenalinica evasione in massa, il finale consiste in una sfida continua a rincorrersi ed ostacolarsi, dove il misterioso esperimento, il Fiore della Strega e l’essenza delle formule magiche, da soli possono mettere in forse il resto. Con un singolo momento di stasi, un eremo silenzioso, in tutto il trambusto del finale.

Scappata senza Peter, Piccola Scopa porta Mary e Tib al misterioso scoglio in mezzo alle acque. Siamo ancora nella notte, l’alba che si avvicina ma ancora relativamente lontana. Il dulcimer, antico strumento prevalente nella musica del film, ovatta le sue note, ricordi di un mondo arcano, in una calma attesa. Fa freddino, i colori sono tendenti al blu e viola, c’è ancora buio sulla spiaggia. Ma fatto qualche passo c’è una deliziosa casetta, e la luce rassicurante di uno spiritello del fuoco. Dentro il tempo sembra essersi appollaiato (come recita la traccia sonora, Time of perching house), sopra quei ricami lasciati lì, che nessuno ha più cucito. Si svela la verità, su quell’errore che non va lasciato accadere di nuovo. I primi raggi del sole incombono, giusto il tempo di ricevere quel baccello perduto, che aguzzando gli occhi si poteva veder cadere, un puntolino blu mentre Mary prendeva il fiore dal davanzale. Tempo di tornare in cielo.


Giorno, ormai senza dubbio. Non è ancora finita la corsa contro gli elementi, che ad un certo momento sembrano tutti schierati contro Mary. Nemmeno il fato di Piccola Scopa però, spezzata eppure indomita, che rattrista come la morte di un protagonista, può fermarla. Perché, come aveva profeticamente detto il Dottor Dee, “non si sa cosa possono combinare questi cosiddetti bambini”. Ancora una volta i piccoli sono i più inarrestabili di tutti, da cui gli adulti dovrebbero ben guardarsi. E non sono soli: l’epica ricompensa di Mary, per il suo perseverare anche senza magia, è il trionfale ritorno degli animali liberati, un momento alla “arrivano i nostri” che non sfigurerebbe in qualche bel western dei tempi andati.

Ovviamente siamo in un film dalla parte della Natura, non solo intesa come biosfera, ma anche se vogliamo come anima: quella di Peter, che rischia di perdersi nell’esperimento metamorfico, ricalcato dichiaratamente sul disastro nucleare di Fukushima, da cui è stato preso l’inarrestabile “bombardamento” di radiazioni magiche e la fusione del reattore. Quel potere incontrollabile, prima imbrigliato in un affascinante fiore, diventa fuoco blu che cola, distruttivo, affamato di energia. Un disastro che i due amici scongiurano assieme: come una baia giapponese senza centrali, l’albero prima ghignante, ora libero da cavi e transistor, risorge rigoglioso. È magia, la più vera e bella di tutte: la Natura, ed i primi amori, l’accettazione di sé, le famiglie strane e disfunzionali, un fiocco di scuse, legato ad un fiore in un giardino, un fiocco di cura, legato ad una Piccola Scopa (“serve amore, amore!”, grida Flanagan prima di tornare a far custodia).

Finisce così, “Mary e il fiore della strega”. La melodiosa canzone “Rain” dei Sekai no Owari, chiude un film a tratti meraviglioso, dolcissimo e duro al tempo stesso, con un’animazione tradizionale che è una gioia per gli occhi, un miracolo di sfondi abbacinanti, movimenti estremamente cinematografici, capacità di creare tanta gioia, vitalità ed emozione con quattro linee a matita e alcune pennellate di colore.

 Infine la mente torna alla faccetta di Mary, finalmente serena e spensierata, un poco impudente, che sta nel simbolo del nuovo Studio, appena sketchata, ma sempre rossa, lentigginosa e vagamente imbronciata. Mi piacerebbe vederla ancora. Saprei che sta per cominciare una nuova avventura.

Oggi: lo Studio Ponoc è più vivo che mai.


22 commenti:

  1. Stavolta non ci siamo, carino sì ma niente di che per me, di certo non è affatto inguardabile ;)

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    1. Non è la prima volta che lo sento dire ;) per questo mi sono dilungato tanto, certe cose sono state enormemente criticate.

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  2. Endor... mi suona familiare cotal loco😀

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    1. Davvero? Io prima di questo film non l'avevo mai sentito nominare :)

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    2. Endor è la location del Ritorno Dello Jedi, il pianeta degli Ewoks😀

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    3. Ah ecco perché non mi diceva niente hahaha, io e Star Wars non ci conosciamo molto a fondo ;)

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  3. La principessa splendente un flop?
    E perché?
    E io che l’ho pure guardata 😂
    Ma questo film lo trovi su Netflix?
    Ciao Enrico

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    1. Un flop monetario, s'intende. La critica l'ha adorato, ma al cinema non ha incassato nulla, e non ha nemmeno vinto l'Oscar al miglior film animato, che avrebbe potuto fargli pubblicità. La tecnica usata poi, una sorta di sketch a matita animato, è ancora più costosa della solita animazione tradizionale, ha portato via anni e anni di lavoro (era il dream project che Takahata covava da ben 50 anni, e lo concluse appena prima di morire) poco ricompensati dal botteghino.

      Non saprei se c'è su Netflix, in compenso dovrebbero esserci tutti gli altri lavori di Yonebayashi (Arietty, Marnie, Modest Heroes). Comunque lo hanno passato due volte in tv sulla Rai in pochi mesi, prima o poi lo becchi.
      Ciao Max, apprezzo sempre i tuoi commenti :)

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    2. Max, Enrico mi ha ancicipato di 40 minuti

      un flop è termine che indica gli incassi, non il livello

      anzi, di solito maggiore è il livello peggio sono gli incassi ;)

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  4. Si sì era una battuta 🤣.
    Me venuta spontanea leggendo la frase di Enrico
    ( grazie per apprezzare i miei commenti, la stima è reciproca -però adesso devo pensare se c’avevi il tono ironico -:)

    Ammetto che non avevo pensato fosse riferito agli incassi al botteghino!
    Per questo mi sono così stupito!!
    😁
    Adesso non son bravo con le statistiche ma la tua chiosa finale Giuseppe può benissimo rappresentare l’ottanta per cento dei film presenti nel tuo bellissimo blog -:)))

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    1. Far capire se sto parlando sul serio o scherzando, a giudicare da chi mi sta intorno, non è mai stata una delle mie doti.
      Con gli anni ho imparato che tanto vale non specificarlo, se ti va bene ci fai pure la figura dell'arguto. ;)

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    2. Non c’ho capito molto ma non fa niente 😂
      Comunque essere arguti vuol dire essere svegli ...quindi ci capiamo tra noi arguti.
      Guarda ho visto che il film è disponibile su Prime ma a noleggio.
      Mentre gli altri tre che dici te ci sono su Netflix.
      Consigliamene uno , per favore.
      O.T continuando con il discorso flop monetari di certi film.
      C’è una cosa che proprio non capisco il non successo di Catwoman..ai botteghini, il film del 2016 con Halle Barry ma il “successo” televisivo o almeno in termini di passaggi in Tv.
      A me il film è piaciuto e quindi capisco anche il piacere di rivederlo in tv ...ma lo daranno tipo 4 volte su un anno.
      Adesso lo trasmettono su Italia 1 domenica 28 se te e Giuseppe e altri lettori lo vogliono vedere piazzatevi davanti alla tv alle 21.00.
      Capisco avere un film da piazzare per riempire dei buchi o quando dalle altre parti c’è una distinta concorrenza e sai che non potrai competere , ma perché proprio quello?
      Perché far girare così tanto in tele un flop?
      A sto punto c’è da chiedersi quale sia veramente il significato profondo di flop!

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    3. No Max, non funziona così :)

      I palinsesti televisivi devono essere riempiti, cosa c'entra il discorso "se lo fanno spesso in tv è strano che sia brutto o sia stato un flop"

      è forse vero il contrario, più i film son brutti, più sono andati male meno costano alle televisioni e più orari possono essere coperti

      parliamo poi di televisioni commerciali, figurati che vanno a vedere la qualità dei film

      catwoman è un titolo di massa e di genere che gli copre bene uno spazio, tutto qui

      credo non lo vedrei manco sotto tortura, vedo un film a settimana e pensare che sia catwoman (mica per il valore eh, per il genere) quando ne ho più di 300 che voglio vedere tantissimo, ecco, è impossibile

      tra l'altro, tornando a sopra, proprio perchè un film è stato un flop al botteghino si tende a farlo girare più in tv, almeno per recuperare soldi

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    4. Non so ...io non ho detto che è brutto.
      Non mi spiego perché lo vedo così spesso in tele tutto qua?
      Sapendo che neanche nel suo genere è poi particolarmente apprezzato da chi ama i film sui supereroi.

      Ma te non eri andato a vederti Avengers? E ti era così piaciuto -:))))ahahaha!!!
      A parte gli scherzi te parli di televisioni commerciali e quindi sponsor e spazi pubblicitari..investimenti insomma.
      Ripeto se ti passano quattro volte Catwoman in un anno e non d’estate dove nessuno guarda la televisione io qualche domanda sui reali gusti del pubblico mi viene spontanea.

      Poi dici che è un film per le masse ma se è stato un flop al botteghino a suo tempo ..?
      Sull’ultimo punto che affronti credo che ci sarebbero tanti altri film da far girare in tv ...ma io vedo soprattutto solo quello.
      Sarò soggiogato da Halle Barry e non riesco ad essere lucido😁


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    5. A Giuseppe: Il dubbio di Max ammetto che lo condivido un pochino. Voglio dire, praticamente tutti i film di cui parliamo io, piuttosto che Roberto o altri sul Buio che parlano di film andati al cinema, sono flop. Allora com'è che sul digitale terrestre, escluso forse Rai 4, ci sono sempre le solite robe in loop? Non è che anche in quei casi c'è una scrematura, diciamo così, faziosa? Io non mi sorprenderei se i film Ghibli venissero esclusi a priori dalla prima serata, d'altronde in Italia quanti adulti guardano i cartoni animati (perché i bambini non rimangano alzati fino alle 23.30)?

      A Max: un brindisi all'arguzia allora ;)
      Sui film Ghibli su Netflix: io generalmente consiglio di guardarsi Arietty per primo, è il suo esordio. Però devi essere disposto a vedere qualcosa di molto delicato. Oppure Modest Heroes se vuoi farti un'idea di cosa ha da offrire lo Studio Ponoc (è un film antologico). Quando c'era Marnie lo guarderei per ultimo, un film meraviglioso ma duro, devi essere nel mood per qualcosa di drammatico.
      Spero di essere stato utile :)

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    6. il discorso è complesso e lungo, io ho solo risposto all'affermazione di Max "ma se è un flop perchè è semrpe in tv?"

      ecco, è un'affemrazione simpatica ma senza tanto senso :)

      se prendiamo 10 canali tv ci troveremo un 80% di film brutti, sconosciuti, "televisivi", non famosi o flop al botteghino, le televisioni devono riempire i palinsesti, 24 ore per 365 giorni, è normalissimo che vadano in loop film brutti o mega flop in sala (che appunto devono anche recuperare soldi)

      insomma, io mi stupirei semmai del contrario, della presenza in loop di film bellissimi o grandi incassi in sala

      quelli sono rari e ce ne sono al massimo 3 in una settimana in un canale, 72 ore di programmazione

      tutto qua

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    7. Ah, insomma la legge dei grandi numeri la fa da padrona se ho capito bene ;) se l'80% dei film usciti al cinema sono così così, anche le prime visioni nei palinsesti sono all'80% così così.

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  5. Ciao Enrico ho visto il film su Raiplay visto che l’avevano segnalato pure sul gruppo Fb.
    La tua rece la leggo alla fine , dopo che ho scritto il commento, non voglio farmi influenzare.
    Della tua avevo letto solo fino al flop splendente 😂

    Di certo tra quelli che ho visto consigliati da te è quello con i disegni dei personaggi che mi ricordano certi classici dell’animazione che vedevo quando mia sorella era piccola all’ora di cena.
    Tipo Pollyanna , Memole ste robe qua per farti capire.
    Adesso non ho presente di che anno è l’anime ma dalle scene dove Mary entra nella città magica in poi ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte alla versione femminile di Harry Potter-:) fortuna che poi il film ha preso un altra strada.
    La storia e’ carina molto originale anche se per certi versi con le magie metamorfiche mi son tornate in mente le chimere dell’Isola del dott .Moreau di H.G Wells.
    L’ho trovato un po’ meno spettacolare di film simili come La città incantata di Miyazaki ..a proposito la direttrice della scuola magica mi ricordava un po’ la strega cattiva Yubaba del film degli studi Ghibli.
    Ma nel complesso per me il giudizio è positivo.
    La scena più bella è quella dove gli animali liberi dalla magia scappano verso la foresta assieme ai due ragazzini.
    Un unione di anime sia animali che umane .
    A mio avviso è un film molto animalista ( le gabbie con gli animali trasformati sono una metafora evidente degli esperimenti di laboratorio sulle cavie fatte dagli umani) ,molto toccante la scena dove il gatto nero non voleva scappare via dalla città perché aveva sentito la presenza della compagna intrappolata nel laboratorio.
    Credo che il messaggio finale sia che la magia non può servire ad alterare il normale corso della natura e l’unica vera magia che possiamo fare sia quella di rispettarla.
    Mi son piaciute pure le immagini finali sulla sigla di chiusura che non lasciano punti in sospeso sul destino dei protagonisti alla fine della loro “ magica avventura “.

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  6. Vabbè letta anche la tua recensione.
    Molto bella.
    Penso di averci visto a grandi linee le stesse cose tue.
    Solo che te le hai espresse molto meglio.
    Non l’avevo scritto prima ma pure a me son piaciuti molto gli sfondi disegnati.
    Quindi è Harry Potter che ha copiato Mary per così dire.
    Ciao

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    1. Ciao Max, mi è piaciuta molto la tua impressione sul film, di fatto concordiamo su tutto. Giustamente hai fatto notare come Tib dà di matto quando sente la presenza della gatta Gib, un particolare molto intelligente. È bene che siano i lettori a portare cose di cui non ho parlato, perché già sono prolisso di mio, qui rileggendomi ho la sensazione di essere andato particolarmente per il lungo hahaha. Di fatto la tua "recensione" è identica, ma a mio parere molto più immediata ;)
      Ma sì, il Fiore della Strega prende giocoforza qualcosa da Harry Potter, inevitabile. A mio parere però non danneggia il film, come hanno detto molti. Per questo mi sono sentito in dovere di spiegare che casomai è stata la Rowling a copiare per prima Mary Stewart. Poi c'è da dire che Mary è volutamente "nostalgico", ancorato ad un passato che si chiama Studio Ghibli... tu mi hai pure detto come ti ricordasse cartoni come Pollyanna o Memole, che non avevo mai sentito nominare, e indovina? Ho scoperto che il primo è stato fatto dai creatori di Heidi, il secondo dalla Toei Animation. Due studi dove si sono fatti le ossa proprio Takahata e Miyazaki, i decani dello Studio. Insomma, il Ponoc è un vero atto d'amore verso quel passato, e Mary non sarà bello o complesso come La Città Incantata, ma è un buon passo in quella direzione :)
      Ciao

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