24.1.19

Recensione: "Madeline's Madeline"

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La storia di una 16enne, dei suoi problemi e del tentativo di sublimarli attraverso l'arte, il teatro.
Tra vita reale, rappresentazione della stessa e sogno un bellissimo film sull'adolescenza, vero, profondo, con una caratterizzazione psicologica dei tre personaggi principali (3 donne, come la regista) formidabile.
Madeline è malata nella stessa maniera in cui, allora, sono malate tutte le ragazze della sua età.
Ma lei ha voglia di vivere e di essere felice.
I malati, semmai, sono gli adulti che ha intorno

Madeline ha 16 anni e dei problemi.
Ma chi non li ha a quell'età?
Madeline ha 16 anni, tutti dicono che è mezza matta, il padre non c'è più (dove sia non è dato saperlo), non tocca cibo e se lo tocca forse lo vomita, ha una madre iperprotettiva e ipocondriaca e tante varie ed eventuali.
Madeline frequenta un laboratorio teatrale, ha un talento immenso e tanta voglia di sublimare nell'arte e nella recitazione tutto quello che le esplode -o implode- dentro.
Madeline imita gatti, si sente un gatto, guarda come un gatto e cerca contatti umani come i gatti.
Madeline un giorno pensa anche di essere una tartaruga marina e piano piano (in una sequenza stupenda) si avvicina al mare, simbolo di libertà dagli albori del mondo.
Sopra il mare c'è anche un altro blu, quello del cielo, ed è la faccia che Madeline vorrebbe mettersi addosso.
Gli altri sognano di essere celebrità, gli altri sognano di avere la vita o la faccia di altri.
No, Madeline al posto del suo viso vorrebbe il cielo, il fottuto cielo, hai capito stupido fratello che mi prendi in giro?

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Josephine Decker è invece una regista, donna -come nome suggerisce- e ha girato questo film di delicatissima profondità, di grande verosimiglianza malgrado lo stile pop e la commistione tra realtà, arte e sogno.
Siamo abituati a film sull'adolescenza crudissimi, quasi tutti culminanti con suicidi o tentativi di.
No, Madeline è uno dei film sull'adolescenza meno crudi che vedrete.
Eppure, forse, uno dei più veri.
Eppure, forse, ugualmente potente.
Quello di cui parla Madeline sono problemi che quasi ognuno di noi ha passato a 16 anni.
Gli screzi coi genitori, l'isolarsi dal mondo e crearsene uno proprio, le difficoltà coi coetanei, le prime pulsioni sessuali (che dolcezza il ritorno a casa della ragazza dopo il primo bacio), le prime esperienze sociali, le difficoltà alimentati (presenti in tantissime ragazze).
Il film non calca la mano su niente, anzi, racconta di una ragazza sì piena di difficoltà ma altrettanto piena di voglia di vivere (mica è scontato eh), di far cose, di ridere, di scoprire.
Madeline è una ragazzina intelligentissima, più intelligente degli adulti che le gravitano intorno, specialmente quella mamma che la ama tanto ma sbaglia quasi tutto e quell'insegnante di teatro che vive un'ossessione quasi morbosa verso di lei.
Ed il segreto di sceneggiatura del film sta proprio qua, in questo triangolo e nelle sottilissime dinamiche psicologiche che vi intercorrono.

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Regina, la madre, ama sua figlia.
Ma commette il tremendo errore di crederla malata, irreversibilmente malata (Madeline è stata effettivamente in cura -forse per i problemi alimentari?-) e non c'è modo peggiore per guarire problemi psicologici di un'adolescente facendoglieli pesare quei problemi.
E' una giovane donna incapace di gestire una cosa obiettivamente difficile da gestire.
Eppure Madeline è un'adolescente come tutte le altre, eppure l'unica cura possibile (almeno in famiglia) sarebbe quella di non farla sentire sbagliata e malata.
Un bacio a 16 anni non è nulla, anzi, è il minimo, è la vita, ma la madre -come tante altre cose- glielo fa pesare da morire.
Eppure tra le due c'è un sincero affetto, forse persino un profondo amore, e quelle due mani che si stringono durante lo shooting fotografico emozionano.

Poi c'è Evangeline, l'insegnante di teatro, personaggio pazzesco (oh, che alla regia e alla scrittura ci sia una donna è evidente...).
All'inizio sembra quasi personaggio virtuoso, o comunque uno di quegli adulti notevoli (definizione mia, a significare quelle figure di adulti che hanno o possono avere grandi responsabilità per gli adolescenti, punti di riferimento) che potrebbero aiutare Madeline a trovare uno sfogo -in questo caso il teatro- per i suoi bisogni e le sue paure.
Poi però viene fuori un personaggio ambiguo, ossessionato e ossessionante, una specie di manipolatore che vuole avere Madeline tutta per sè.
E' persino incinta, ma la sua attenzione non sembra rivolta tanto a chi ancora deve nascere ma a quella ragazzina, forse sublimazione della sua difficoltà e paura all'esser madre.

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La sua ossessione è talmente forte che ogni volta che Madeline racconta fatti della sua vita Evengeline decide di cambiare lo spettacolo e farlo diventare, appunto, rappresentazione della vita della sedicenne.
Ecco che prepotentemente fa capolino l'immenso Synechdoche New York con quel rappresentare teatralmente la propria vita, quel confine tra reale e palcoscenico che tende a frangersi.
Ma il capolavoro di Kaufman lo troviamo anche in altre suggestioni, come ad esempio la scena dell'imitazione di Regina da parte di tutti i teatranti.
Tutti siamo tutti, dicevano in quel film. E tutti possono interpretare la vita degli altri, era uno dei suoi artifici.
Ma del resto la sineddoche, intesa come figura retorica, fa capolino anche in questo misterioso eppure bellissimo titolo, Madeline's Madeline, la Madeline di Madeline, come se una parte rappresenti il tutto o il tutto una parte, come se quella che stiamo vedendo è la Madeline che la stessa Madeline vorrebbe avere per sè.
E del resto il finale, in questo senso, ci viene in soccorso con quella sensazione che tutta la formidabile ultima parte (che ricorda in maniera impressionante il video "Il Comico" di Cremonini -grandissimo pezzo tra l'altro- ) sia forse solo nella testa della ragazza, in un definitivo e debordante afflato di libertà, indipendenza e vita.
Del resto Madeline imita i gatti, animale simbolo dell'indipendenza e, come ho scritto là sopra, vorrebbe al posto della sua faccia il cielo, simbolo se ce n'è uno di libertà e leggerezza.
Ed ecco che allora quella maschere finali di gatto  -ma con il cielo dentro- diventano meravigliosa crasi dei desideri di una 16enne.
La recensione ha preso una strana tangente, come se volesse anche lei far raggiungere a Madeline quella libertà finale.
Parlavamo dei rapporti psicologici tra le 3 donne.
Madeline all'inizio si affida a Evangeline, ha bisogno di un adulto che la capisca.
Ma paradossalmente inizierà ad odiarla proprio quando questa cercherà, in maniera subdola e manipolatrice, di voler sostituire la madre.
E Madeline si vendicherà, prima con la rappresentazione di un parto devastante, poi facendo finta di adescare suo marito e poi ancora con quel finale in cui insieme a tutti gli altri si ribellerà alla disumana arroganza di Evangeline, una donna che pensa di muovere le sue marionette con le movenze sgraziate della sua mente malata.
Insomma, Madeline cercava in Evangeline un adulto migliore della madre e poi proprio per "difendere" quest'ultima si ribellerà.
Ma la sua "sana" e giustificata cattiveria si abbatterà anche sulla madre, nella devastante scena in cui la imita davanti a tutti (tutti sono vestiti allo stesso modo tra l'altro).
Alla fine dell'imitazione simula anche la scena della mano e del ferro da stiro, cosa probabilmente mai successa ma che fa diventare tutto ancora più cortocircuitato tra realtà, teatro e sogno.

"Amazing" dice Evangeline nel finale.
E certo, la sua "rivale" è stata completamente umiliata, la sua pupilla ha fatto la sua performance, tutto è perfetto.
Vendetta sarà.
(tra l'altro quel minuto "tribale" mi è piaciuto moltissimo, come se il tribale fosse quel caos, quell'anarchia a contrastare le inumane e precise direttive di Evangeline).

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Fuor di tematica che dire di questo film?
Girato perfettamente, in maniera molto pop, molto varia, molto onirica a volte.
La sopracitata scena della tartaruga, la soggettiva con la testa da maiale, quei cieli a intervallare tutto, quel grandioso gioco col sonoro quando Madeline imita animali, un grande uso dello sfocato e la sensazione che tutti i sensi, specie la vista e l'udito, siano in qualche modo dilatati all'infinito.
Poi ci sono tre attrici meravigliose, la debuttante ragazza su tutti (e anche qui altro cortocircuito, le viene sempre detto nel film quanto sia brava a recitare).

"I'm sick" dice Madeline quando sta per imitare il parto di Evangeline.
"I'm sick" dice ma sembra quasi dirlo più per "loro" che pensarlo lei veramente. 
Se pensate che sono malata vi faccio vedere io quello che posso fare.
Ma no, Madeline è una ragazza che dovrà affrontare problemi ma che ha la vita dentro, ha voglia di ridere, di giocare, di provare emozioni.
E ha un bisogno di calore umano infinito.
Ma non riesce a ricercarlo da Madeline, da "sè stessa", può farlo solo quando diventa gatto, come se quel diventare animale possa essere un modo, una scusa, per abbracciare corpi, per carezzare visi, per avvicinarsi.
Madeline non è malata, non più di tante di queste creature a cavallo tra il dimenticare d'esser bambini e la paura di diventare adulti.
No, i malati semmai sono gli adulti.
Madeline ha la vita dentro.
E il cielo in faccia

8

4 commenti:

  1. Una regia molto particolare, con uno stile quasi caotico per dar l'idea del caos nel lavoro di scena ma anche del caos della mente particolare della ragazza, probabile riflesso di patologie altrui: tanti primi piani, primissimi piani di dettagli del viso e continue puntualizzazioni di tratti e smorfie, espressioni di stati d'animo, immerse in totale sfocatura al contorno.
    Madeline è di sicuro problematica, bulimica, ma la madre ha più problemi di lei: è ossessiva nello starle dietro (sintomatico che la imbocchi come una bimba) e proprio per questo non riesce a trasferirle l'affetto che vorrebbe.
    La figlia le ricambia odio (il ferro da stiro) e amore (la mani che si incrociano), provando a far convergere il suo bisogno di una figura materna stabile sulla regista di teatro, pensando che le sia amica, madre, confessore...
    Ma la regista in fondo è una donna che accoglie Madeline sotto la sua ala protettiva perchè da lei assorbe e prende continua ispirazione per gli elementi creativi di cui necessita e che evidentemente le mancano, proprio lei che ha una fissazione maniacale per il teatro che le riempie le giornate, perché luogo dove compensare le proprie insoddisfazioni di vita, matrimonio e gravidanza.
    Teatro che è location di una lunga seduta psicologica collettiva dove far gruppo, socializzare, vivere la vita di riflesso e capirla interpretandola ed inscenandola (io qua ci vedo tanto Rivette), provando a calarsi in ruoli altrui, anche primitivamente animaleschi, o dando sfogo in libertà ai propri aneliti di vita. In questo la madre fa bene ad assecondare Madeline perchè il teatro pare consentire alla ragazza di superare i suoi presunti o reali blocchi, fino al punto da aiutarla a trovare il coraggio di baciare il primo ragazzo... ma i timori per la figlia sono a dir poco distruttivi, soprattutto quando la fa sentire una malata, scena assai drammatica quella in auto al pari di quella in cui Madeline ricambia inscenando tutta l'oppressività materna.
    Finale come giustamente osservi beffardo e vendicativo.
    Film che fa molto riflettere sul nostro ruolo genitoriale e sulle nostre incapacità di relazione con i figli, quando la nostra volontà prevale sulla tutela della loro integrità psicologica.
    Vittorio (darkglobe)

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    1. grandissimo commento vittorio, ricordavo pochissimo del film ma l'ho rivissuto praticamente tutto

      non so che ne scrissi io ma a sensazione mi sono riconosciuto in tutto quello che scrivi

      film non capolavoro ma credo uno di quelli che un'adolescente dovrebbe vedere perchè non parla solo di problemi ma c'è anche voglia di vita, non è un film "pericoloso" ma che racconta adulti e adolescenti in maniera perfetta

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    2. Devo dire che in questo caso mi ha sorpreso l'assenza di commenti, molto strano perchè è un film che dovrebbe quanto meno indurre ad una riflessione sia per il modo particolare con cui è stato girato che per il suo contenuto. Il commento consideralo quasi una annotazione personale (ma giusto condividerla) perchè era veramente impossibile aggiungere qualcosa di significativo alla tua eccellente recensione che condivido riga per riga.

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    3. eh, da 2-3 anni a sta parte nei blog i commenti sono quasi spariti, anche se il buio ancora si difende ;)

      poi devi capire che sti film del guardaroba li vediamo quasi solo "noi" e i commenti sono quasi sempre su facebook, anche se io quelli articolati li preferisco di gran lunga qui, sia perchè ci sono più legato sia perchè se uno arriva a leggere del film trova sia me che voi ;)

      ma di cosa vittorio, il tuo commento vale almeno quanto la recensione, io scrivo solo di più
      grazie mille...

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