15.3.20

Recensione: "Swallow"


Magnifico.
La storia di una ragazza sposata con un uomo ricchissimo.
Completamente sola nella splendida villa, non amata, non stimata, non realizzata, Hunter, anche complice un terribile trauma primigenio, piano piano inizia a cercare realizzazione e appagamento in un piccolo ma orribile gesto, ingoiare oggetti.
Swallow è un dramma psicologico di grandissima sensibilità, anche bellissimo da vedere.
Visione quasi imprescindibile.


film presente nel Guardaroba

  Ecco una delle tipologie di film a me più cari, ovvero quella del dramma psicologico.
Siamo davanti ad uno di quei film in cui i problemi psicologici dei protagonisti non sono solo il contenuto del film ma proprio il motore dello stesso.
Per capirsi film di questo genere possono avere un aspetto distaccato, quasi scientifico, oppure essere "manovrati" dalla testa dei nostri protagonisti, probabilmente per darci più empatia e capire meglio quello che provano loro.
Io adoro quando noi riusciamo a identificarci coi protagonisti dei film e i loro problemi, quando la realtà viene modificata attraverso i loro occhi, quando gli siamo così vicini da riuscire a "capirli".

Hunter è una piacevole ragazza, formosa e carina (ricorda molto Michelle Williams e la Zellweger fuse insieme) sposata con un uomo di grandissimo successo e molto molto ricco.
Il marito è sempre fuori per lavoro (ma non c'è mai un accenno a possibili tradimenti, credo sia importante questo, ne parlerò) e lei se ne resta sola nella gigantesca villa sperduta nelle colline.
Nessuna amica, nessun contatto con chicchessia, solo un cellulare per giocare a stupide cose e quel piccolo momento di vita famigliare condivisa che sono i pasti serali.
Oltre a questa perfetta solitudine Hunter ha grandi complessi di inferiorità verso il marito e la famiglia di questo.
Oltre ad un trauma del suo passato incancellabile, un trauma che al tempo stesso è origine di tutto e origine anche di sè stessa (la nascita).
Tutto questo la porterà a cercare conforto e affermazione in un gesto piccolo quanto terribile, ovvero ingoiare oggetti.

La prima inquadratura è bellissima e non casuale visto che tutto il film sarà pieno di immagini di grandissimo fascino.
La regia è al tempo stesso molto geometrica (nelle proporzioni, nell'inquadratura, nei movimenti di macchina) ma senza darci mai la sensazione di freddezza.
Difficilmente si trovano film al tempo stesso così perfetti nell'estetica ma densi psicologicamente ed empatici.
Questo è merito della protagonista del film, intesa sia come attrice (fantastica) che come personaggio (indimenticabile).
Ora, mi piacerebbe molto parlare dell'estetica del film, della regia, dei tanti aspetti che possono rendere grande una pellicola, come ad esempio la delicatezza e l'esattezza con cui tratta il tema.
Ma questo è uno di quei film de quali è letteralmente impossibile non parlare del contenuto.
Quindi andrò direttamente al punto e magari, spero, tante altre cose verranno fuori analizzando quello.



Hunter è a pranzo con la famiglia del marito.
Ad un certo punto le viene chiesto di raccontare una storia del suo passato.
Lei, timidamente, comincia.
La storia è anche interessante (sembra quasi quella del barbone di Mulholland Drive) ma viene bruscamente interrotta dal suocero, per parlare di lavoro.
Probabilmente per lui era poco interessante, "sporca", fastidiosa.
Hunter inizia a guardare il ghiaccio nel suo bicchiere.
Poi ne ingoia uno.
Sarà l'inizio della fine.

Vedete, io credo che veramente la sua malattia (come dice anche al marito) sia cominciata lì, che non l'abbia mai fatto prima di allora.
Anche se le cause di tutto - lo vedremo - sono lontane, spesso avviene proprio questo, ovvero che un giorno tutti i nostri traumi, tutte le nostre mancanze, tutte le nostre paure, magari accumulatesi in anni ed anni e presenti in noi da quasi sempre, si reifichino in qualcosa di concreto, di esplicito.
Hunter di problemi ne ha almeno 4, è anche difficile metterli in ordine di importanza.

Il primo ovviamente è il modo in cui è venuta al mondo, figlia non voluta di uno stupro.
Tra l'altro, e qui la sceneggiatura del film è perfetta a suggerirlo, nella telefonata che farà alla madre capiremo che Hunter, ancora adesso, è una figlia a cui far finta di voler bene (o magari anche volerle bene) ma comunque qualcosa da tenere lontani da sè.
Forse per la madre quella figlia rappresenta una colpa, un errore, un dolore troppo forte.
Non la giustifico ma non posso farci niente.
Dicevamo, il primo trauma è il modo in cui è venuta al mondo, un modo orribile, senza amore, violento, casuale (e forse quel casuale fa più male del "violento").

Il secondo trauma è la sua solitudine.
Quella di Hunter è assoluta ed è impossibile pensare di poter convivere con i propri demoni, riuscire a sconfiggerli, sentirsi amati e realizzati, senza che nella propria vita esistano gli altri.
Se immaginassimo lo stupro iniziale come l'origine di un lago di dolore, la solitudine sarebbero le dighe che non permettono alle acque di uscire.
Non a caso quando lei abbraccia quello sconosciuto sta veramente provando qualcosa di bello e ormai dimenticato.
Ma anche stavolta (sta ragazza è proprio sfortunata) quella piccola e bella sensazione saranno uccise nel vedere alla festa che quel ragazzo, quella cosa, la fa con tutte.

Il terzo tassello di questa quadro in cui il crollo, prima o poi, era scontato e "necessario" è la sua relazione.
Hunter, per un senso di inferiorità che un pò le appartiene un pò le hanno inculcato, non crede di essere amata.
Dirò di più, non crede di riuscire a fare nemmeno una minima cosa che sia buona per suo marito (in una scena glielo dice anche).
Di certo lui non l'aiuta, lui che la riempie di belle parole ma è capace di umiliarla sottilmente di continuo, lui che è completamente assente, immerso nel suo lavoro, lui che ha visto quella moglie come uno dei tanti progetti che devono andar bene nella sua vita, senza però riuscirne nemmeno lontanamente ad intravederne i dolori e i bisogni.
Per Hunter ormai c'è solo una grande luce al neon che le si para davanti.
E in quella luce c'è scritto

"Non sono in grado.
Sono fuori posto"

Come ultimo elemento c'è poi quello sociale, ovvero il sentirsi terribilmente inferiore anche rispetto allo status della famiglia di suo marito.
A volte questi sensi di inferiorità di status si riescono a combattere se al tuo fianco hai qualcuno che ti ama e che lotta con te, che ti fa sentire importante.
Invece qui la combo "marito-famiglia del marito" è talmente devastante e schierata "contro di te" che non hai nessuna possibilità di salvezza.
Hunter è sbagliata, sempre (penso alla suocera che le dice dei capelli più lunghi), non c'è mai niente in cui riceva un brava, mai una volta che qualcuno delle pochissime persone che le gravitano attorno la gratifichi.
Vive ormai un incubo interiore devastante, anche se fuori prova a resistere più che può.
L'urlo di paura che fa quando, semplicemente, la suocera entra in cucina è la dimostrazione di come sta ragazza sia ormai un involucro di paure a cui hanno disegnato fuori una bocca che sorride.
In tutto questo quadro si aggiunge poi un fatto importantissimo, l'essere incinta.
L'essere incinta dovrebbe essere il periodo di maggiore protezione e amore ricevuto di una donna.
E vivere quell'inferno interiore in questa condizione rende il mostro di Hunter ancora più grande.
Ed ecco così che arriviamo all'ingoio, ingoio che ha più significati, io credo che possiamo identificarne almeno 3.

Il primo è metaforico.
Ed è quello di riuscire a mettere qualcosa dentro di sè che supplisca a tutte le mancanze che si hanno in vita.
Se nella vita di Hunter ogni cosa che la ragazza vorrebbe ci sia in realtà non c'è ecco che scatta il meccanismo di prendere qualcosa "per sè e dentro di sè".
Non ho amore, non ho stima, non ho amicizie, non ho serenità.
Una serie di vuoti.
E allora inserire qualcosa in bocca ed ingoiarlo è come riempire quegli spazi.

Il secondo motivo è motivazionale.
Mettendo un bocca quelle cose, riuscendo anche ad ingoiare gli oggetti più grandi e pericolosi, Hunter si sente come capace in qualcosa, come una che se si pone un obiettivo riesce poi a raggiungerlo.
Tutte le soddisfazioni che non raggiunge in vita le ha in quei piccoli momenti e non è un caso che dopo ogni ingoio lei sorrida.
Si sente realizzata, importante.
Non solo, c'è una scena che dimostra anche altro.
Prova ad ingoiare quella specie di chiodo.
Non ci riesce.
Sta qualche minuto sul divano e poi torna a prendere l'oggetto e, stavolta, riesce nell'intento.
Questo dettaglio è importante perchè oltre al sentirsi realizzata e importante questa faccenda regala a Hunter la sensazione di avere forza di volontà, di essere una vincente, di essere una ragazza tutt'altro che debole ma, anzi, capace di dominare le difficoltà e riuscire negli intenti.
Tutto questo poi è paradossalmente ancora più acuito nel momento in cui Hunter espelle gli oggetti ingoiati.
Quel loro ritornar fuori, quel suo metterli ordinatamente nel comodino, rende quegli oggetti come trofei di guerra, totem da osservare per sentirsi forte, quasi la dimostrazione di un ciclo completato.
Bellissima a tal proposito quella lentissima carrellata che parte da Hunter a letto per finire nella fila di oggetti che si sono accumulati nel tempo.



Il terzo motivo è punitivo.
Lo so, sembra un paradosso rispetto ai due punti precedenti ma quasi sempre in questo tipo di comportamento c'è la volontà di far male a sè stessi.
Ci sono persone che sono capaci di cose terribili che le fanno star bene proprio perchè le fanno star male.
Non è un caso che Hunter oltre ad oggetti più innocui (se mai qualcuno lo può essere) cerchi sempre oggetti più pericolosi (la batteria, quelli appuntiti).
Al tempo stesso è sia per raggiungere più soddisfazione, realizzazione e "potenza" sia il tentativo di farsi male, di ferirsi, di punirsi.
E, forse, anche di punire quello che è in grembo, un qualcosa che, e il finale lo dimostra, le fa malissimo.
Il sangue che vede nel water sono, se possibile, un ulteriore trofeo di guerra, anche se stavolta la genesi psicologica è leggermente diversa.

Attenzione, ritorno su qualcosa detto prima.
Tutto questo quadro ha trovato terreno fertile nell'assoluta solitudine di Hunter e nel suo non avere impegni, obiettivi, realizzazioni.
Non a caso l'infermiere siriano le dice una frase molto "fastidiosa" ma per niente banale.

"Se fossi stata in Siria non avresti questi problemi.
Non c'è spazio per problemi mentali quando ti sparano addosso"

certo, non voglio dire che questa frase sia incontestabile, e che i problemi mentali degli individui non possano avere radici molto più profonde degli ambienti in cui vivono.
Ma è tremendamente vero che in una situazione di calma, inanità, solitudine e agio ogni nostro problema mentale non trova la "vita reale" a poterlo combattere, a confonderlo, a metterlo in secondo piano.
Più stiamo bene, più abbiamo cose ma al tempo stesso più la nostra vita ha mancanze interiori e solitudini più facilmente impazziremo.
Se invece la vita ci costringesse a combattere tutti i giorni i nostri demoni si troveranno molte più porte chiuse per entrare dentro di noi.

Hunter in qualche modo riesce a convivere con tutto, anche con il suo nuovo problema che al tempo stesso è soluzione dei problemi.
Ma ci saranno altri due episodi che la faranno impazzire per sempre.
Il primo è scoprire che suo marito aveva detto tutto agli amici, il secondo quando lo trova a telefonare alla psicologa.
Due tradimenti dolorosissimi fatti dalla persona che ami, da quella che speri ti aiuti ad uscire da tutto.
No, Hunter non ha nessuno vicino a sè, chi più dovrebbe amarla è chi più la uccide.
Ecco allora la scena del "sotto al letto", l'unico non luogo possibile dove rifugiarsi.
Ma è un rifugio salvifico solo per poco, appena uscita Hunter tenta la sua più grande impresa, al tempo stesso la sua completa realizzazione e la sua morte, ingoia il punteruolo.
Si salva ma è il punto di non ritorno.

In tutto il finale ho trovato bellissima la scena in cui Hunter, prima di fuggire, si mette un minuto sul letto, accarezzandolo. E' come dare l'addio al suo sogno, al calore che ha sempre desiderato, ai suoi progetti, a quella che era.
La splendida scena della telefonata col marito (magnifica la fotografia rossa) è l'ultimo atto di una faticosissima realizzazione da parte di Hunter di quella che è la verità, della sua accettazione.
La ragazza finalmente esce dalla prigione, da quella prigione dorata che era riuscita a sostituire la vera sua prigione, il trauma del passato.
Adesso non ha più niente per difendere quel ricordo, per combatterlo, è nuda contro di lui.
E allora va ad affrontarlo.
Buffo come mi sia trovato davanti una scena similissima a quella di Too Late nel club ma al contrario.
Uno dei due sa, l'altro no.
E la stessa frase 

"Hai gli occhi di tua figlia" (magnifico, lui intende che sia riferito alla "vera" figlia, ma Hunter intendeva i suoi).

Quel mostro che se ne è stato lì nascosto per 30 anni adesso è davanti a lei. Tutto questo tempo era stato sempre presente, ma offuscato dal tentativo di raggiungere la felicità di Hunter.
E, come avviene quasi sempre, quel mostro gigantesco si rivela più umano di quello che si pensa, affrontabile, forse non impossibile da sconfiggere (Babadook insegna) ma affrontabile.

Bellissima scena, come quasi tutte del resto.

Hunter in qualche modo ha compiuto il suo cerchio, è come se adesso avesse finalmente espulso dal suo corpo quel gigantesco oggetto appuntito che era il trauma della sua nascita.
L'oggetto è uscito da lei, è ancora presente, ancora non distrutto, ma lei può vederlo.
E dominarlo.

Nel finale compie un gesto che a me ha fatto male perchè una persona capace di fare quello che ha fatto lei, capace di scappare da due prigioni, credevo acquisisse un "senso della vita" talmente forte da farle amare incondizionatamente quello che ha in grembo.
Anche perchè lei stessa è figlia di uno stupro e cominciare solo adesso ad amarsi doveva essere la condizione per amare una creatura che, in qualche modo, poteva assomigliarti.

Ma Hunter preferisce fare terra bruciata, liberarsi da tutto quello che era e provare a ripartire.
E un film che parla di liberazioni dal proprio corpo finisce con questa dolorosissima ultima liberazione.
Hunter non è guarita ma si è messa nelle condizioni per esserlo.
Adesso solo la vita potrà definitivamente guarirla o, se tornasse in certe dinamiche, distruggerla per sempre.
Servirà non sentirsi più sola, servirà sentirsi amata, sentirà sentirsi stimata.
Se sarà così niente di distruttivo entrerà più in quel corpo.


59 commenti:

  1. Mamma mia, che filmoni che stai mettendo nel Guardaroba, ultimamente. Tra questo e "Too Late" (a proposito, il parallelo con questo film è incredibile) non saprei scegliere. Grazie

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    1. davvero eh, una doppietta di livello altissimo

      oggi invece ne metto uno per alleggerire ;)

      ti riferisci a un parallelo generale o alla scena che cito?

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    2. Eh, naturalmente alla scena che dicevi tu. A proposito di "alleggerire": sappi che noi siamo qui per soffrire, quindi pensaci 2 volte... ;)

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  2. Già il titolo lascia presagire un film che promette qualcosa d'insolito. Non potendolo vedere ho letto la tua rece, accidenti è stato come vederlo, complimenti.
    Come anche la bulimia che induce a mangiare fino a "scoppiare" salvo poi sentire arrivare immediatamente il senso di colpa, qua invece la punizione autoinflitta è ancora più "mirata" e terribile come a voler uccidere qualcosa. Sono quei film che da un lato mi attirano ma in questo periodo non so se mi ci sarei avvicinata, mi sembra di capire che non ci sia il lieto fine. Scrivi bene, te lo diciamo tutti, ma questa rece è così profonda e dettagliata quasi da trattato di psichiatria e per questo anche non potendolo vedere ho voluto intervenire. Mi sembra un tema affascinante e ho trovato coraggiosa la scelta di raccontare una storia così spaventosa ma che senz'altro mette in luce patologie che assolutamente esistono ne sono certa.

    Grazie che ci tieni compagnia.

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    1. in realtà come tutti i film che recensisco sono visibili, o sono distribuiti o sono del guardaroba (il gruppo che gestisco su fb)

      se non sei su fb ti metto il link qua

      https://wetransfer.com/downloads/6d442a6cbf01fd600c18ab9063f0945120200314173910/df86e9?fbclid=IwAR1m8ajMVLsfqKQUPzB7euqCn9V4xsHQS06gNYHAG-CPZuP-Xqwa3k2JDe4

      copialo e incollalo e scarichi il film

      ti ringazio per i complimenti, in realtà questo è un tema che (proprio per la malattia che citi te, molto simile a quella della protagonista) conosco molto bene per esperienza personale (ovviamente non io personalmente)

      grazie

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  3. Ti ringrazio ma non ho neanche il wifi a casa, ti scrivo dal telefonino. Vedo i film solo in sala e in DVD.
    Tra breve su Netflix penso già lo saprai daranno "El hoyo/The platform, l'avrei rivisto volentieri.

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    1. assolutamente ;) infatti farò un post per comunicarlo di sicuro (sulla pagina fb)

      e lo rivedrò sicuro

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  4. Contenta per voi, magari aggiungi anche qualcos'altro alla tua già lunga recensione fatta a novembre, soprattutto sul finale che è vero dà adito a varie interpretazioni, ma proprio su questo messaggio così importante mi sono trovata un po' al buio...se puoi, se ne hai voglia

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    1. eh, difficile che aggiunga qualcosa ;)

      spero però che scrissi qualcosa del finale, se non l'ho fatto (ricontrollerò) magari sì

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    2. Grazie comunque e per quello che può servire in questo momento Auguri per la festa del papà!

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    3. visto adesso ;)

      grazie

      era anche san giuseppe ma mi sono accorto di entrambe le cose il giorno dopo

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    4. Assolutamente, subito dopo averlo inviato ho anche pensato, cavolo ma è anche San Giuseppe! Ti giuro mi sentivo un po' scema a rientrare per farti gli auguri di buon onomastico, sai a volte diamo importanza a cose che non sai poi neanche come vengono recepite, passato il santo si dice, passata la festa, per quello che può contare ti dico che l'ho pensato, ciao

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    5. non mi sono accorto io che sono padre e giuseppe, figurati se devono ricordarsi gli altri

      ma io mi scordo anche il mio compleanno, praticamente vivo senza festività ;)

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  5. Per scrivere questa recensione, bisognava essere piu' psicologo che critico cinematografico, anche stavolta la lettura è stata perfetta, Giuseppe. Fare un film del genere e non cadere nel banale e nel gia' visto, non era facile, direi che è praticamente perfetto...a dir la verita' non mi aspettavo anch'io la scelta di rinunciare al bambino,nel finale....scelta che pero' dopo una sofferenza del genere, non mi sento di criticare.

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    1. grazie amico

      come dicevo ho dovuto subire sulla mia pelle malattie del genere, diciamo che per sopravvivere e fare le cose giuste ho dovuto capirle e "studiarle" il più possibile

      quella scelta finale mi ha fatto male e in una mia coerente lettura non doveva esserci

      ma figurati che la giudico ;)

      spero tutto bene, so che a Parma è un disastro

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  6. Io sto bene per fortuna e stanno bene anche i miei familiari, il brutto pero' di questo momento è che tutto quello facciamo, tutto quello che pensiamo di fare in futuro, almeno prossimo, è condizionato dal pensiero di non ammalarci...è brutto perchè se ci pensi viviamo per relazionarci, per provare qualcosa di nuovo, di bello, adesso quello che vediamo e sentiamo, qui al nord, ti costringe a rinchiuderti.
    Per questo trovo importante, poter staccare ogni tanto, con un bel film, far due chiacchiere parlando d'altro, in attesa di ritrovare un po di serenita'....;)

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  7. Film meraviglioso e recensione all'altezza.
    Aggiungo un paio di riflessioni e momenti significativi e stupendi (che spezzetterò in varie parti per ragioni di limite caratteri).
    Simbolica, ad esempio, quando la suocera le chiede se è davvero felice o fa finta e aggiunge "se facessi finta, mi chiedo per quanto tempo ci riuscirai".
    Questa frase lascia immaginare che lei abbia a sua volta vissuto quella stessa vita, passando per la solitudine e la freddezza, quindi la riconosce nella nuora.
    È evidente che lei "ci sia riuscita", infatti appare perfettamente allineata allo stile comportamentale richiesto dalla famiglia, tanto che quella domanda, per quanto più indagatrice che umana, resta l'unico istante, seppur breve e freddo, di una forma empatica.

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    1. ottima intuizione, non avevo pensato che anche la suocera potesse aver fatto quel percorso

      anzi, adesso mi sembra addirittura quasi sicuro

      hai letto perfettamente la scena. Io l'ho vista talmente dentro quella cita che non ho saputo scorgere quello che dici

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  8. Parte 2
    Il tuttofare siriano è un grande personaggio, forse il più importante per la svolta della vicenda.
    In un modo apparentemente freddo, adeguato a tutta la situazione, lui è comunque presente, sempre.
    Pronuncia la frase citata in recensione a proposito di bombe e problemi psicologici, che è una provocazione ma anche l'unica traccia di umanità del film, fino a quel momento.
    Nel resto del film non c'è spazio per il contrasto o la discussione, semplicemente perché l'opinione di Hunter non importa, anche quando il problema è evidente viene affrontato più come un risolvere l'imbarazzo della famiglia che come interesse alla dimensione umana della ragazza.
    Il buon uomo d'altra parte è l'unico che mostra un'umana attenzione ma cerca, successivamente, di vegliare su di lei attraverso una presenza distaccata ma efficace.
    Molto bella la scena in cui lei in giardino si mette la terra in tasca e lui si vede non a fuoco sullo sfondo, immobile sul balcone.
    Poi c'è la scena in cui lei si rifugia sotto il letto, con lui che la raggiunge con fare tenero e paterno di chi rimbocca le coperte ad un bambino, le appoggia una mano sulla spalla e lei la copre con la sua.
    Ecco perché lui è fondamentale: è l'unico umano che la tratta da umana, nessun altro la tocca per tutto il film, salvo quello alla festa (ennesima sua delusione).
    Non a caso il tuttofare suggerisce la fuga e ne copre la stessa.
    Le fa vedere la via senza dire una parola, la appoggia di fatto nella sua prima vera scelta, immobile accanto alla porta aperta, il suo corpo ed i suoi occhi dicono "coraggio, figliola, fai ciò che è giusto per te. Corri a cercare la tua felicità".
    E lei corre, corre verso una vita imperfetta ma che finalmente è vita.
    Per la prima volta lei stessa appare viva.
    Chi, fino a quel momento, poteva immaginarla in grado di sudare, avere i capelli disordinati o anche solo correre?

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    1. assolutamente, come ho detto anche io quella frase è una provocazione, pure bastarda, ma più ci pensi più sembra vera, interessante

      la famiglia prova più volte a parlare con lei ma non per sentire ciò che Hunter pensa, ma più per addolcire pillole amare che loro hanno già deciso di darle

      la scena del "sotto al letto" è senz'altro quella umanamente più forte del film, la prima volta che qualcuno veramente, con un gesto piccolo e simbolico, le dimostra di capirla, di volerle stare vicino e che la sua "pazzia" non è tale

      è molto importante quando queste persone fanno cose strane non contestarle, anzi, fare la stessa cosa con loro

      quello alal festa credo sia semplicemente un altro "malato" che continuamente ha bisogno di quella cosa, ma in realtà di chi ha davanti non interessa nulla

      poi sai, incredibile, c'ho pensato adesso

      lui è un siriano fuggito dalla guerra, e che fa? le insegna come fuggire da quell'inferno, la stessa cosa

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  9. Parte 3
    La scena col padre é stupenda e rinforza l'idea della svolta interiore.
    Per la prima volta alza la voce e si impone con qualcuno, poi quella frase: "Adesso ho io il comando". Fantastica.
    Leggevo in un commento che questo film non è da guardare sotto un profilo tanto cinematografico quanto quello emotivo.
    Non sono affatto d'accordo.
    La vicenda emotiva è semplicissima: dramma infantile, scelta della vita "conveniente" e socialmente migliore possibile, insoddisfazione, punto di svolta.
    Di film penosi che partono da questo presupposto ne è pieno, da falliti tentativi autoriali a commediucce simpatiche, il riscatto è spessissimo al centro della vicenda, anche nella più banali telenovela o serie TV.
    Qui, al contrario, è fenomenale il mezzo, lo strumento cinematografico usato alla perfezione per lo scopo.
    La casa come gabbia d'oro, cosa di meglio di una casa bellissima e piena di porte finestre, per rappresentare questa idea?
    Quei vetri che, come in una gabbia, ti fanno vedere la libertà, la natura, il mondo meraviglioso e al contempo sono le mura della tua prigione.
    Poi ci sono una marea di piccole scene che raccontano tutto il possibile.
    Lei che ha preso le tende per la camera del bambino, forse l'unica scena in cui sembra sorridere di compiacimento e fine allegria, salvo quando ingoia oggetti.
    Applica dei coprenti assurdi, delle pellicole che non capisco cosa siano, però sono una rossa e l'altra verde, sembrano l'unica nota stonata della casa, violentano il candore razionale di quell'ambiente studiato e glaciale.
    Ci vedo uno slancio emotivo, come se l'attesa di una nuova vita in grembo, le abbia donato un secondo di luce, un lampo di umana e disordinata gioia.
    La prima cena tra i due, seduti a quel tavolo oblungo, entrambi a capotavola, quindi alla massima distanza, era già un'immagine eloquente.
    Eppure non comunicava distanza, come in Quarto Potere (Citizen Kane) di Welles, ma freddezza, ci vedo una differenza fondamentale.
    Infatti non ci sono buoni o cattivi, il film non parla di bene e male, giusto o sbagliato.
    Se avesse calcato la mano, se anche solo ci avesse mostrato qualcosa in più per odiare la famiglia di lui, o lui stesso, si sarebbe banalizzato tutto, portandoci alla classica stereotipizzazione delle parti.
    Aggiungere qualcosa sarebbe stato un errore, perché questo non è un film sulle presenze, bensì sulle assenze.


    Parte

    Il fatto che questa fosse precisa volontà registica, si palesa nella scena dell'incontro con il padre biologico.
    Sappiamo cosa ha fatto quell' uomo, quindi ci aspetteremmo sequenze slabbrate, litigi, odio, grida...
    Invece no, assistiamo ad un confronto intimo ed emotivo, fortissimo nei suoi silenzi e nei dialoghi, pur senza gridare mai (lei alza la voce solo quando impone al padre di parlare, di rispondere alla sua domanda).
    Sappiamo cosa ha fatto suo padre, vorremmo odiarlo per questo, immagineremmo lei con un coltello, lui in ginocchio a supplicare, lei che distrugge la sua famiglia raccontando la storia, però no.
    Anche qui la regia non casca nella trappola, mantiene la lucidità. Ci mostra un amorevole padre, un omucolo di mezza età, uno qualsiasi. Ci appare incapace di offendere, ne usciamo con la sensazione di una persona riabilitata e no, non proprio ad odiarlo (geniale la scelta della moglie di colore, quasi a distoglierci ulteriormente dall'idea del becero e viscido individuo, che forse avremmo voluto).
    La spiegazione del suo "perché" è di una durezza incredibile, di un'intimità così vera da farci sembrare che questo incontro e quella spiegazione stessa, fossero in realtà attesi più da lui che da lei.
    Un film in cui la regia, la scenografia, i dialoghi, tutto è meravigliosamente funzionale, a partire dal metodo narrativo asciutto e distaccato, presente ma sempre delicato.
    Capolavoro.


    Ciao Giuseppe.

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    1. 1 no, non ho detto che non andava visto il piano cinematografico ma che per me è uno di quei film che è impossibile analizzare senza andare di peso sul contenuto. Insomma, analizzarlo solo come film senza parlare di quello che racconta mi sembra sbagliato e un'occasione persa

      e credo che la vicenda sia apparentemente semplice ma in realtà no, altrimenti non stavamo qui sia io che te a scrivere centinaia di righe

      ci sono alcuni film che narrano vicende così apparentemente semplici ma non le rendono così....complesse, magari prchè spiegano troppo, danno troppe risposte o calcano troppo sulle cause

      2 la scenografia è importantissima, non dimenticherei nemmeno quelle specie di tende colorate che lei mette nei vetri, quasi a oscurare o abbellire la realtà, a vederla attraverso un filtro

      3 ecco, vedo che lo hai appena scritto te dopo, ahah
      dando un'interpreazione diversa

      4 ecco, mi hai fatto ripensare a un aspetto che avevo "annunciato" a inizio recensione e poi mi sono dimenticato di scrivere

      lui è 24 fuori, è un bell'uomo, forse non la ama, era la classica trama da "la tradisce continuamente"

      e invece no, manco il minimo accenno, come dici anche te meglio non aggiungere niente. Secondo me sta scelta è stata importantissima. Te pensa se lui la tradiva continuamente, ilpersonaggio di lui diventava elementare invece di complesso come è. Io come spettatore per tutto il film ho provato a capire lui e vederci qualcosa anche di "buono", se era un traditore ogni scena tra lei e lui sarebbe stata ipocrita, così invece diventa tutto più interessante

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    2. la descrizione dell'ultimo incontro è perfetta e davvero impossibile aggiungere altro

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  10. Ciao Giuseppe. Il film mi ha letteralmente steso, durissimno. La regia però a me ha dato, contrariamente a quanto scrivi, esattamente una sensazione di freddezza quasi glaciale, forse perchè glaciale e freddo è tutto ciò che accade ed implode nella vita della protagonista.
    Aggiungo al tuo lungo e dettagliato post un paio di annotazioni su scene che mi hanno colpito: l'assenza (o presunta tale) dei genitori di Hunter anche quando si festeggia il matrimonio e soprattutto l'aiuto alla fuga che arriva proprio dal badante siriano che aveva paragonato il malessere di lei ad un nulla rispetto ai drammi della guerra; testimonianza del fatto che alla fine lo stesso siriano riconosca nel dolore interiore della giovane sposa qualcosa di simile a quella sua stessa guerra.
    Il resto sintetizza la tristezza delle architetture di certe vite matrimoniali, con lui che sceglie la donna bella, servizievole e sottomessa, spietato nelle affettività e forse inadeguato a donarne, garantito dalla presunta incapacità della compagna di crearsi una propria autonomia che non vada oltre le frivolezze della scelta di una tenda colorata.
    Ingerire ed espellere materiale inanimato è in questo contesto una metafora del riuscire ad essere capaci di farsi attraversare di tutto e a dominarlo sempre e comunque, perfino quando si tratta di quel figlio forse mai veramente desiderato ma concepito nell'ingenuo autoconvincimento che accontentare il partner possa donare la felicità compromessa dal male originario. Scelta comunque che finisce per rinnegare il valore stesso che Hunter dà alla propria esistenza e a confermare ciò che avrebbe voluto fosse accaduto a suo tempo per lei, visto che la madre, pur nelle sue rigidità morali che la guidavano, aveva invece optato per una vita sempre e comunque da lasciar vivere.

    Vittorio M.

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    1. aspetta Vittorio

      io ho scritto che ho avuto la sensazione paradosso di una regia tremendamente glaciale ma non di un film glaciale, perchè provavo tanta empatia per lei, perchè sentivo un fuoco venire da quella ragazza e da quella vicenda

      di solito i film glaciali mi colpiscono più alla testa (haneke, lanthimos) questo invece l'ho vissuto più come un drammatico emotivo benchè, a livello di regia, fosse tutto così freddo

      oddio, ora manco la ricordo la scena del matrimonio, ahah
      però vabbeh, il padre è scomparso dallo stesso giorno dello stupro, quindi non è mai esistito un solo giorno nella sua vita
      la madre, lo abbiamo capito dopo, la considerav figlia quasi illegittima della colpa

      guarda, l'intuizione che ho avuto rispondendo sopra ad antonio praticamente la scrivevi te qua sotto. Entrambi sono due in fuga dalla guerra, lui ha insegnato a lei come farlo

      perfetta la tua descrizione di quella "architettura"

      e ancora più belle le considerazioni che fai sul discorso "ingoiare-maternità"

      al solito, complimenti ;)

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  11. un film stupendo, ne ho parlato nel mio blog dedicato all'horror https://thekingsofhorror.blogspot.com/2020/03/swallow.html

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    1. letta :)

      molto contento che ti sia piaciuto così, anzi, che stia piacendo a tutti tantissimo, anche perchè abbiamo fatto noi i sub

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    2. infatti li ho trovati e c'è scritto proprio il buio in sala hahaha xD

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  12. Film intensissimo che ti rimane addosso. I personaggi dell'infermiere tuttofare e del padre sono i due personaggi chiave. Soprattutto la frase del siriano che citi tu e l'incontro con il padre sono dei momenti di svolta di tutta la vicenda. Stupendo.

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    1. è stato davvero un colpaccio trovarlo e sottotitolarlo, stupendo

      grazie amica

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  13. Ciao sono Luca Rufi, un tempo su Facebook ma ormai cancellatomi per mancanza di interesse, peccato per i bellissimi film proposti, solo ora vedo l'inizio di questa rece e mi prende la curiosità ... purtroppo non più presente su weetransfer ti chiedo al possibilità di un ripristino, grazie ancora e a risentirci sul tuo blog

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    1. Ciao Luca!!!!!!

      cavolo, nel guardaroba proprio sti due mesi stiamo ripristinando tutti i film, in fila

      Swallow è uno degli ultimi, capiterebbe tra un mese

      vedo se riesco a fartelo caricare prima

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  14. Risposte
    1. eccolo, giusto perchè sei te eh

      https://wetransfer.com/downloads/44d6d9e5e5a41d1524104a9017c8b1a020200430071612/4f6982

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    2. un grande grazie e un abbraccio (chiaramente virtuale), non mancherò di dire la mia sulla pellicola

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    3. per forza! te l'ho mandato apposta ;)

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    4. Cosa dire in aggiunta alla tua sempre molto dettagliata recensione, molto poco di questo splendido film praticamente sconosciuto, poche volte ci si imbatte in personaggi come hunter, una novella cenerentola che crede nel principe azzurro, ma il suo rivelarsi come algido e fuori dalla sua visione fatalista della vita. Il bisogno di contatto affettivo è palpabile, l'abbraccio con il collega, la mano del siriano sono momenti di tenerezza immensi.
      Sola, in un carcere d'oro, annoiata con quel senso di inadeguatezza che la pervade, nei colloqui con i suoceri, nel rapporto con il marito, nella sua solitudine interiore che riesce a condividere con una psicologa che la tradisce. Finale travolgente, da osservare in apnea, sino al tormentato epilogo, la definitiva liberazione da un passato remoto e prossimo che sarebbero stati troppo pesanti da sopportare e impossibili da accettare, una sorta di reset per ricominciare o meglio cominciare una propria dignitosa vita.

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    5. Intanto mi interesserebbe molto che vedi anche l'ultimo che abbiamo sottotitolato per il guardaroba, The Mountain

      l'hanno odiato quasi tutti, per me è splendido

      ma scade domani...

      https://www.filemail.com/d/mdzozerxcucodjo?fbclid=IwAR2vuD0l_okMEFl--TnsZEng4bn1kaxwBpT7X8lVM6Hm5lFplg5F4ivV414


      le tue poche righe, al solito, colgono perfettamente l'essenza del film, specie quella psicologica

      lo stanno vendendo ovunque come film manifesto del femminismo, non dico che non lo sia ma che sti l'istanza principale per me assolutamente no. Non può ogni vicenda, specialmente quelle delicate come queste, finire in un -ismo perchè fa comodo

      sul finale che benissimo descrivi sono ancora in dubbio. Non lo accetto ma lo comprendo. E' uno di quei casi in cui io avrei scritto un finale diverso ma "mi fido" del personaggio, ha assolutamente una sua coerenza

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    6. Se riesci a scaricare (presto) e vedere (quando vuoi) the mountain sappi che vermanete potrebbe sembrarti pessimo eh, è piaciuto al 20% delle persone

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    7. Quella sull' "-ismo" è una delle riflessioni più belle tra i commenti.
      Decontestualizzare il tutto, annullare i persoggi, la storia, le situazioni, tutto riportato ad un modello piatto e stereotipato che ammazza gli strati emotivi e la complessità generale, non rende per nulla onore al lavoro del film.
      Una cosa orribile, se fossi il regista sarei indignato da tale semplificazione.

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    8. l'hanno venduto quasi tutti così, anche importanti riviste straniere

      film simbolo del femminismo

      contenti loro ;)

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  15. Scarico in questo momento il film che ha generato tanto dissenso, lo vedrò presto. Concordo con il non etichettare il film come femminista,lo considero uno spaccato di come l'apparenza troppo perfetta nasconda terribili segreti e grande infelicità (finché resisti fingi)

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    1. Direi addirittura nella maggior parte dei casi

      La corda puoi tirarla quanto vuoi ma arriverà sempre un momento in cui ti accorgerai che quello che hai dentro è più grande delle cose che possiedi fuori

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  16. l'ho appena visto, all'inizio sembrava un filmetto come tanti, poi inizia a volare, si aggiungono strati su strati di significati, di non detto.
    l'eroina del film è Hunter, ma anche il badante/guardiano siriano è un eroe a sua volta, fedele a chi lo paga, ma poi capisce, lui che ha sofferto la non libertà, e fa la cosa giusta.

    e grazie dei sottotitoli :)

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    1. molto contento! grazie a te di averlo visto

      ti dirò, quel personaggio siriano mi convinceva poco. Fino alla scena del letto e nel finale :)

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    2. ecco la piccola recensione:

      https://markx7.blogspot.com/2020/07/swallow-carlo-mirabella-davis.html

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    3. piccola come un oggetto da ingerire ;)

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  17. la dimostrazione di un ciclo completato

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  18. particolare thriller psicologico. Il contesto è una prigione dorata, una gravidanza l'input per una riscossa attraverso la ripetizione di un gesto insensato. La necessità di auto affermarsi, di determinare la propria vita diventano una dipendenza per la bravissima protagonista. Film dai forti contrasti, "patinato" nelle immagini, ma torbido nei contenuti. Piacevole sorpresa difficile da decifrare ma, a freddo, del tutto comprensibile. Efficace anche il finale.

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  19. Credo che la miglior sintesi di Swallow, della complessità del tormento di Hunter, del suo ingoiare pezzi di mondo, del suo trattenere, del suo vero sorriso finto, sia stata scritta alla fine del Settecento. Parlo di quella meravigliosa poesia di William Blake, "Lo spazzacamino". E in particolare questi versi, che mi hanno assalito nel momento esatto in cui Hunter ha cominciato a masticare il ghiaccio, dopo che il suo racconto è stato mortificato dall'intervento del suocero, versi che mi hanno accompagnato poi per tutto il film.

    "E siccome sono felice e ballo e canto,
    credono di non avermi fatto tanto male".

    Hunter e i frantumi della sua vita, la sua solitudine affollata, che urla e si insinua ovunque. Hunter e la sua discesa nell'abisso del suo cuore, al tempo stesso deserto e giungla, pozzanghera e oceano, la sua presa di coscienza del fatto che la vita è qualcosa di diverso da uno spettacolo che coinvolge solo gli altri. Hunter e i suoi colori, i suoi dolori, i suoi demoni che sono anche i suoi migliori amici. Il suo bisogno di essere (ri)conosciuta, finalmente, per davvero, da qualcuno, anche solo per un attimo, anche sotto a un letto, immersa nella polvere. Hunter e la sua immensa necessità di cominciare a vivere, di scegliere, di essere sé stessa. Hunter e la sua finzione a forma di esistenza, e gli altri la vedono felice, sorridente, completa, e per questo credono che non ci sia nessun buio nella luce dei suoi occhi. Perché nessuno l'ha mai guardata davvero, nemmeno sua madre, nemmeno lei stessa.
    Un film splendido, un personaggio indimenticabile. Bastava davvero poco per deviare e creare un film, non voglio di re mediocre, ma che sarebbe stato uno tra i tanti. Invece Swallow funziona, e bene. L'incontro con il padre, la sua confessione, lo sguardo che sia scambia con il medico, il suo sorriso dopo aver ingoiato la biglia: piccoli momenti di grande cinema. E quel "hai gli occhi di tua figlia", che tu hai collegato in modo splendido a quella meraviglia di Too Late, rappresenta forse la prima volta in cui Hunter comincia a (ri)prendersi la sua vita - infatti, poi, dal quel momento, sarà lei ad avere il controllo, a decidere, a scegliere, di sé e per sé, in ogni senso, fino alla fine, fino all'inizio.

    :))

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  20. Non conoscevo questa patologia e sto guardando il film oggi ed è veramente intenso e fa anche rabbia sapere che molte donne vivono cosí. 😞

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    1. E' sempre buffo quando qualcuno va a cercare una recensione "durante" un film :)

      anche io l'ho scoperta co sto film

      tra l'altro, bellissimo

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  21. Credo che la scelta di abortire sia sì dolorosissima ma non per il fatto in sé, ma perché è il culmine di tutto quel processo iniziato già con la fuga e che rappresenta il tentativo di Hunter di spezzare il trauma familiare che la madre aveva trasmesso a lei, processo profondamente doloroso e di cui l'aborto è solo un tassello tra gli altri, l'ultimo di cui possiamo essere testimoni. Mentre sua madre ha deciso, forse perché socialmente più accettabile, di portare a termine una gravidanza non solo casuale ma soprattutto indesiderata, colma di senso di colpa e di vergogna, trasmettendo questo sentire alla figlia che crescerà con un profondo senso di inadeguatezza e di colpa, Hunter decide di smettere di cercare l'approvazione altrui e di iniziare a rispettare i suoi bisogni, che in quel caso era quello di interrompere una gravidanza per lei indesiderata. Così come aveva ingerito ed espulso oggetti potenzialmente fatali in cambio di una sensazione di vuoto controllo, questa volta l'atto di ingerire quelle pillole abortive che le faranno poi espellere il feto è pieno di senso e di amore verso sé stessa. La fuga, la fine della relazione con il marito, l'incontro con il padre (che le dice quello che lei avrebbe voluto sentirsi dire fin da bambina: "non sei come me, non è colpa tua") e infine l'aborto sono tutte incredibili scelte che Hunter prende in autonomia, permettendole di affrontare e di liberarsi dal trauma intergenerazionale e imparando finalmente ad ascoltare sé stessa, a guardarsi allo specchio con amore e tenerezza. La società può anche essere in disaccordo, noi possiamo non essere d'accordo con le sue scelte, ma questo ormai non le importa più, importa solo non tradirsi più

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    1. Non so chi tu sia ma è un commento stupendo, di grande acume, empatia, "conoscenza" e analisi

      scritto divinamente tra l'altro

      grazie

      (che film! son legatissimo)

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