Sono in videoteca, anni 2009-2010.
La gente entra e mi chiede "Come si chiama quel film sul finto supereroe? uno che si mette un costume e fa finta di esserlo"
E io ogni volta mi trovavo spiazzato.
Sì perchè praticamente tutti insieme uscirono in quell'anno Kick Ass, Super e Defendor, tre film che raccontano (magari in modo molto diverso, ne ho visto solo uno io) questa strana cosa del finto super eroe.
Insomma, non sapevo mai a quale si riferissero.
Buffa sta cosa che questo sotto-sotto genere abbia prodotto opere praticamente solo quell'anno.
Magari son tutti belli.
Intanto di uno dei tre, Defendor, ci parla il nostro Roberto, ormai arrivato al suo dodicesimo appuntamento.
Come al solito prima poche righe di sua presentazione e poi la recensione.
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In un mondo di fiori di plastica, Defendor è un fiore autentico.
Un film toccante, che emoziona e diverte, per nulla scontato.
Un Woody Harrelson, attore fantastico, in grandissima forma.
Lasciatevi conquistare dall’eroe più improbabile e coraggioso che esista.
Un uomo è seduto davanti a uno specchio opaco, sporco, e si dipinge gli occhi.
Si chiama Arthur, ma non è Joker.
Si contorna gli occhi di nero, si colora una maschera, sembra Morgan Lost. Ma questa non è New Heliopolis, siamo a Hammertown. Una cittadina di periferia, immersa nel freddo e nel fumo delle fabbriche. Ci sono vicoli bui e sporchi. La città è pervasa da un’onda criminale, che la polizia non riesce a contrastare. La gente ha paura.
Chi difenderà il bene? Chi riporterà la giustizia?
Chi verrà a salvarci e a combattere i cattivi?
Abbiamo bisogno di un eroe.
Arthur non è più Arthur.
È Defendor.
La sua identità segreta.
Defendor contro il male.
Fight back!
Non ha paura di nessuno, il suo corpo respinge i proiettili, è più veloce della luce dei tuoi occhi, sa volare con la fantasia, odia le armi e combatte il crimine con una fionda, ha il potere di vedere l’invisibile, può perdersi e ritrovarsi in un bacio di ciglia, ha il cielo nelle palpebre, pezzi di passato incastrati nel presente, ci vorrebbe un sogno (ma dove lo trovo un cassetto aperto a quest’ora?), ci vorrebbe un incubo (ma dove lo trovo un buio come quello dei tuoi occhi?).
Defendor. Defendor. Defendor.
Un uomo adulto che però è un bambino che è in realtà un eroe autentico, perché è finto, è tutto vero: è un fingitore come solo certi poeti. È l’invenzione di sé stesso (perché morti si nasce, vivi si diventa), lui ha deciso di essere un eroe: non è stato un caso, era il suo destino, quello che si è scritto da solo, l’insieme di tutte le galassie che ha disegnato con la disperazione dei suoi sogni nel cielo dei suoi pensieri.
Defendor. Defendor. Defendor.
Arthur Poppington.
Un uomo con un ritardo mentale, in anticipo sui sogni.
Crede di essere un supereroe.
Lo è davvero.
Un eroe super.
E non importa la sua vita povera, la madre che lo abbandona, i desideri e i bisogni di bambino spezzati e dati in pasto a una vita che invecchia e inquina. Non importano gli schiaffi, le prese in giro, le botte, le cadute, il sangue, le ferite, gli insulti, l’oscurità di ogni giorno, la solitudine.
Non importa niente: indossata la sua uniforme, non c’è più niente che fa paura.
Arthur è un operaio edile e vive nel capannone del cantiere cittadino.
Il rifugio dell’eroe. Al quale si accede dalla porta “segreta” (la defen-door). E come ogni eroe che si rispetti, ha il suo mezzo personale: un furgoncino super attrezzato, con un cagnolino in metallo sul davanti (il defen-dog). Ha il suo costume, naturalmente fatto in casa, le sue (non armi) e la sua personalissima scala di valori, di una semplicità devastante.
Defendor.
Il mio eroe.
Non ha che un solo amico, Paul, il suo collega di lavoro.
Tempo prima, Arthur ha salvato la vita di suo figlio Jack, prima che un’auto lo investisse.
Ma Paul non sa che in realtà Arthur è Defendor, la cui identità è segreta.
Un eroe non cerca meriti né onori, non vuole le luci della ribalta, ma solo quelle di una nuova alba.
Quanto mi piace questo film.
Così imperfetto, così tenero, così vero.
Defendor è un fumetto.
Arthur e i mostri della sua infanzia.
Defendor è un tentativo di oceano.
Arthur e sua madre che lo abbandona di notte.
Defendor è un fiore dentro un temporale.
Arthur e la sua mente, i suoi sogni, le sue strategie esistenziali.
Defendor è una storia realmente accaduta nella mia fantasia.
Arthur e la sua vita modellata intorno all’assenza, alla mancanza, alla felicità malgrado tutto.
Defendor. Defendor. Defendor.
Una notte Arthur, voglio dire Defendor, ovvero il nostro eroe, si imbatte in Katerina, una giovanissima prostituta, una ragazza che sembra essersi arresa, senza più speranze né desideri. Da quel momento entrerà stabilmente nella sua vita. Inizieranno a conoscersi, e lei resta sbalordita da questo uomo così buono, gentile, coraggioso, generoso e sincero.
Perché nessuno è come Arthur Poppington.
Quella stessa notte, Arthur conosce anche Chuck, un poliziotto corrotto entrato ormai stabilmente nell’ambiente criminale.
Entrambi – come il suo amico Paul, la moglie e il figlioletto; come la psicologa che sarà chiamata a valutarne le capacità mentali; come chiunque entri in contatto con lui – vedranno cambiare per sempre la loro vita.
Questa fanno gli eroi.
Fanno (ri)nascere.
Vite, possibilità, momenti, sorrisi, coscienze, futuri, idee.
E, come ogni supereroe che si rispetti, Defendor ha il suo nemico numero uno, la sua nemesi, il suo villain: Capitan Industria.
Eccolo, il grande cattivo, colui che muove i fili del crimine di Hammertown. È lui l’uomo che ha ucciso sua madre, il mostro che continua a tenere sotto scacco l’intera città, è lui l’acerrimo nemico di Defendor.
Ma per Capitan Industria i giorni sono contati.
Immaginate un bambino a cui hanno strappato l’infanzia.
Un bambino con un lieve ritardo mentale, a cui la vita non ha risparmiato niente.
Senza un padre, con una madre tossica, che probabilmente si prostituisce, ma che comunque gli vuole bene. Piccole briciole di amore materno, ma che per il bambino sono tutti i mondi di tutti gli universi possibili.
Arriva la notte in cui la madre andrà via “solo per qualche mese”. Non tornerà mai più.
Hanno il tempo di dirsi addio. Il bambino è nel suo letto, la madre lo abbraccia e lo rassicura.
«Guarda la Luna» gli dice «Ovunque sarò, la guarderò anche io».
Il bambino guarda il cielo della notte dalla sua piccola finestra, mentre la madre va via piangendo.
Immaginate una vita costruita intorno all’assenza.
Il bambino andrà a vivere con il nonno, l’unico parente che ha.
Un uomo rude, un reduce di guerra, mai avaro di insulti, frecciatine e schiaffi verso il nipotino, un bambino talmente affamato di vita che forse gli ricorda la vacuità della sua.
«Nonno, quando torna mamma?»
«Non tornerà mai più, è morta. Colpa della droga, degli spacciatori».
«Io odio la droga, le armi! Io li sconfiggerò!».
«Tu?! E cosa puoi fare contro di loro, i capitani di industria? Sono loro che comandano tutto».
Defendor è nato in quel momento.
La mente del bambino elabora il lutto, la perdita, il senso dell’io e della vita tutta.
Nasce Defendor, la sua nuova identità.
Quando Kat, Paul e gli altri gli chiederanno il perché di questa scelta, lui dirà semplicemente: «perché i supereroi non sono stupidi e non hanno paura. Quando io sono Defendor sono molto meglio di Arthur».
Il bambino cresce, diventa un uomo, ancora affamato di vita, incapace di essere malvagio, con il desiderio di fare giustizia, di essere pienamente sé stesso.
Quel bambino è ancora lì, dentro quel corpo di uomo adulto, che ha trasfigurato ogni cosa filtrandolo dalla sua personalissima prospettiva.
Immaginate tutto questo.
Passano gli anni e il bambino cresce.
Arthur costruisce il suo costume, allestisce il suo nascondiglio, costruisce le sue non-armi.
Un siamo di vespe, un barattolo di biglie, una fionda.
Roba da bambini, da pazzi, da supereroi.
Difende i deboli, i più fragili, persegue i suoi ideali di giustizia.
Non ha mai smesso di cercare Capitan Industria, l’uomo responsabile della morte di sua madre.
Ma ora c’è Kat, dice che lo conosce e può condurlo da lui.
Defendor sta arrivando.
Arthur migliora la vita di tutti.
E non chiede nulla in cambio.
È un angelo, con la mazza da baseball e una maschera dipinta sugli occhi.
Kat ne resta affascinata ogni giorno di più, benché si mostri spesso ostile.
Paul cerca in tutti i modi di aiutare il suo amico, di stargli vicino, di non farlo sentire solo.
Anche il capitano della polizia non potrà che affezionarsi a lui.
Già, la polizia. Il corrotto Chuck, che fa continuamente il doppiogioco, lo porterà in centrale accusandolo di aggressione. Arthur indossa il suo costume e le sue armi. Il capitano Fairbanks lo lascerà andare, ma lo ritroverà spesso nel corso delle indagini sulla banda criminale che sta infestando la città.
Arthur continua a lottare contro il male.
Anche quando lo pestano a sangue.
Anche quando gli sparano e lo accoltellano.
Anche quando gli calpestano i sogni.
Anche quando un giudice gli imporrà di non indossare mai più i panni di Defendor.
Arthur in quel momento, in una scena davvero toccante, esplode in un pianto disperato.
Sarà Paul a convincere il giudice a non far arrestare Arthur, ne diventerà il tutore legale.
E così Arthur va a casa sua. Ora tutti sanno che lui è Defendor.
Ne parla la stampa, ne parlano alla radio.
Ma Arthur è triste. Teme di non poter catturare Capitan Industria, si sente sconfitto.
Si chiude in un mutismo rassegnato, fino a quando sente Jack, il figlioletto di Paul, che gioca in giardino urlando «sono Defendor!».
Arthur guarda la luna.
Sorride.
Fight back!
È la resa dei conti.
L’eroe contro il suo nemico.
Defendor contro Capitan Industria.
In realtà, però, costui non è il “vero” Capitan Industria.
Non è l’uomo che ha ucciso la madre di Arthur, lo spacciatore che le vendeva la droga.
Ma questo non conta. Non sarà “il” Capitan Industria, ma è sicuramente “un” Capitan Industria.
Un po’ come nel finale di Tre manifesti a Ebbing, Missouri.
E Defendor non ha paura di nessuno.
Defendor è la storia di un uomo con un problema mentale che inventa una nuova e segreta identità per elaborare il lutto, l’abbandono e dare un senso ai suoi giorni.
È il supereroe più forte che sia mai esistito.
Perché è vero.
È un film che commuove e diverte, senza pretese, con una delicatezza di fondo che sfuma anche l’eventuale retorica.
Ho amato Defendor fin da subito e continuerò a fare il tifo per lui.
L’ho seguito, con il cuore palpitante, mentre si prepara alla resa dei conti con Capitan Industria.
Ho sorriso ed esultato quando, con le sue improbabili ed efficaci “armi”, ha messo fuori gioco gli scagnozzi del suo nemico.
E ho tremato quando il criminale gli spara ferendolo a morte.
Ho corso con Kat ad abbracciarlo un’ultima volta.
Le sue ultime parole saranno per lei.
«Promettimi che comprerai una macchina da scrivere e lascerai perdere la droga».
Lei piange e anche io.
Arriva la polizia.
Il bene trionfa.
Arthur muore tra le braccia di Kat.
Defendor vivrà per sempre.
Arthur Poppington.
Sei il mio eroe.
Visto molto tempo fa. Lo considero stupendo. Ha tutt'altro mood rispetto a Kick Ass anche se era uscito in quel periodo. Sa davvero appassionarti e commuoverti
RispondiEliminaConcordo in pieno, soprattutto con la tua ultima affermazione. Non si può non volergli bene, "Defendor" è davvero un film capace di toccare le corde giuste, malgrado le imperfezioni (tutte perdonabili). E Defendor è davvero un personaggio unico, uno degli eroi più veri che abbia mai conosciuto.
EliminaNon ho visto Kick Ass, ma conosco la storia avendo il fumetto da cui è tratto, e fai bene a sottolineare che il mood di Defendor è tutt'altro. Ed è curioso, come ci ha fatto notare Giuseppe in apertura, che siano usciti nella stesso anno ben tre film su un tema tanto "improbabile".
Infine, aggiungo una mia piccola nota su Woody Harrelson. Io lo considero un grandissimo attore, mi piace un sacco, e secondo me qui sfodera un'interpretazione eccellente.
Evviva Defendor!
Ho visto anche Super! infatti ed è molto bello anche quello.
EliminaIo no, ma è da tempo sulla mia lista dei film da recuperare ;)
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