21.10.11

Recensione: "Whiteout"

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E' strano come per un mix di coincidenze (poche) e scelte ben ponderate (tante)  mi ritrovi per la prima volta in vita mia a vedere la Beckinsale. Nemmeno un Underworld, niente Pearl Harbor, nisba The Aviator per non parlare di commedie e sentimentaloni alla Serendipity, ospiti sempre poco graditi in casa Dae-Soo. Quindi se non altro questo Whiteout mi ha portato a conoscere un'attrice bella e sufficientemente brava. Stop.
In effetti l'idea di ambientare un thriller in Antartide poteva essere davvero vincente. Non solo per l'ambientazione, ottima, ma per la curiosità di vedere un'indagine di morti ammazzati in un continente praticamente disabitato, anzi completamente disabitato se vogliamo parlare di popolazioni permanenti. Gli unici a prenderci il sole ogni tanto sono i vari tipi di ricercatori che stagionalmente si alternano nelle varie basi. Se poi uno di questi ricercatori scopre una cassa piena di ............ è pronto a tutto pur di farla sua, anche diventare un Polar Serial Killer.

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Un prologo discreto e un bel piano sequenza iniziale tra i corridoi della base promettevano un thiller "anomalo" di qualità. Invece, se rimane la convinzione di aver visto qualcosa di abbastanza originale (ripeto, SOLO per l'ambientazione), per il resto il film di Sena è di una piattezza davvero imbarazzante flirtante più di una volta con la noia.
E' un film che vorrebbe tenere sulla corda lo spettatore per la tensione e invece gli unici, letteralmente, a tenere la corda sono soltanto i protagonisti della pellicola, intendendo quella tesa per camminare -simil bora triestina- nel fortissimo vento. Sono proprio queste scene sulla corda a far crollare definitivamente l'attenzione dello spettatore non abituato a vedere un assassino che compie un passo alla volta a 3km l'ora per dare l'ennesima picconata a vuoto (ne ho contate 13) alla vittima di turno che va a 3 km e mezzo.
Qualche buon effetto c'è, i corpi morti congelati dal freddo ad esempio sono di prim'ordine. La recitazione non è malaccio ma la storia è davvero troppo banale. Non capisco perchè in uno scenario del genere non si sia rischiato di più in fase di sceneggiatura, è come se si fosse soltanto aggiunto il ghiaccio alla classica trama criminal che potevamo avere in un sobborgo di New York. Il finale poi è doppiamente deludente: prima la scoperta di cosa si celasse in quei cilindri risulta prevedibile e banale (affatto banale invece il posto dove tali cilindri sono stati ritrovati, ottima scelta quella), poi il suicidio del Doc appare davvero di una forzatura incredibile, certo non quello di una persona che è stata scoperta con le mani nella marmellata, bensì di uno che maturava il suicidio, spero, per ben altre ragioni.

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Insomma, se un giorno dovrò ricordarmi di un film ambientato al Polo Sud resto ancora con Antarctica, le sue musiche e i suoi straordinari cani. O con l'indimenticabile La Cosa di Carpenter. I serial killer bolsi e congelati li lasciamo raffreddare dove stanno.

( voto 5 )

7 commenti:

  1. horror, polo sud...sapevo che sarebbe uscito il nome del capolavoro di Carpenter. Questo non lo conoscevo, grazie per la segnalazione ;)

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  2. mai sentito nominare in vita mia. però ho visto underworld.

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  3. WAYNE: ringraziami pure, ma non è che ne abbia parlato tanto bene...

    CIKU: gli Underworld in effetti non fanno parte di quei film che non vedo a prescindere, anzi, è un genere che mi piacicchia. Prima o poi mi capiterà uno sott'occhio.

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  4. no, bè, non era un vanto, il mio. non me lo ricordo granchè. molto probabilmente l'ho visto solo perchè c'era un figo.

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  5. oh dae-soo, sai che non ti capisco? ti ho ringraziato per avermi fatto conoscere un nuovo film, bello o brutto che sia...ciao

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  6. Sì sì, volevo dire soltanto che forse era meglio che non te l'avessi fatto conoscere, era una mezza battuta solo riferita al film.

    Ciao.

    Visto Melancholia.
    Devo trovar tempo, e parecchio, per scriverne.

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  7. wow, aspetto con grande interesse la tua opinione sull'ultimo film di Lars, sarà sicuramente piena di riflessioni :)

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