22.11.18

Recensione: "I Racconti di Parvana" - (The Breadwinner) (Sotto il Burqa) - Su Netflix

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Dai creatori dello splendido La Canzone del Mare un altro film che racconta una cultura ed un popolo, come fu allora quello irlandese adesso è quello mediorentale (afghana).
E ancora una volta tutto viene fatto affiancando al reale l'immaginario, la leggenda, il mito, il racconto orale.
La storia di Parvana, una bimba 11enne col coraggio di un leone.
Una bambina che sta crescendo in una cultura  per certi aspetti straordinaria ma disumana con le donne.
Ne approfitto per dire la mia sull'argomento

Certo non posso dire niente di nuovo - menmeno di interessante - su uno degli argomenti che in questo decennio ha più acceso noi Occidentali, ovvero la terribile condizione in cui vivono le donne in alcuni stati mediorientali.
Faccio un pò fatica a parlare dell'argomento sia per il mio amore sconfinato verso il genere femminile (sì, sono uno di quei vecchi illusi di "Non si toccano donne e bambini") sia perchè la maggior parte delle volte che qualcuno di noi civilizzati (ahaahha) parla di loro lo fa per denigrarli e distruggere la loro cultura.
Quindi, insomma, per non incrociarmi con qualche ultrà religioso-culturale cerco sempre di non espormi.
In realtà basterebbe un minimo di equilibrio, intelligenza e onestà intellettuale per poter dire, anche senza essere profondi conoscitori della cosa (come me), che la civiltà islamica è una straordinaria civiltà, per più di un aspetto preferibile (almeno per me) a questa nostra.
Ma è altrettanto vero che nessuna civiltà è solo buona o sbagliata (come ogni uomo o come qualsiasi cosa, vedi internet) e attaccarla pesantemente in alcuni aspetti non è nè razzismo, nè odio nè incapacità di accettare le diversità, semplice aver coraggio di dire le cose.
Quello che accade alle donne laggiù (uso laggiù in modo molto libero, sapendo di quante diversità poi ci sono) è un qualcosa che, MI FREGA UN CAZZO DELLA CULTURA E DELLE RELIGIONI, è puramente disumano.
In questo stupendo cartone, ambientato a Kabul (Afghanistan, per gli ultrà che di tutta la nazione un continente), viene mostrata benissimo la cosa.
Donne costrette a coprirsi i capelli anche in casa se arriva un estraneo, donne che non possono uscire di casa (nemmeno burkizzate) se non accompagnate da un uomo, donne che non possono guardare negli occhi gli uomini (mi viene da vomitare), donne che non possono comprare nulla al mercato e tante altre brutalità del genere.
Ora, su sta cosa si possono scrivere saggi (e se ne sono scritti) o studiare mille aspetti (ed è sempre un accrescimento farlo) ma in realtà la cosa è di una banalità sconcertante.
In nessun luogo del mondo, in nessuna cultura, in nessuna religione, la donna deve essere inferiore all'uomo.
E lo è ovunque, da casi meno gravi (o più subdoli?) come dalle nostre parti ad altri di devastante privazione come quello citato.
Quindi vaffanculo.
(niente, volevo chiudere l'argomento e l'ho fatto in maniera oxfordiana)

The Breadwinner (tradotto al solito alla bellemeglio esplicativa da noi in Italia) è un grandissimo cartone realizzato dal team che ci deliziò anni fa con La Canzone del Mare.
La stessa regista (non ricordo il nome e son pigrissimo, non lo cerco) lavorò in co-regia (anche se molte volte non accreditata, torniamo a sopra...) con Tomm Moore, regista, appunto, di quel primo film.
Ed è bellissimo vedere come due cartoni così diversi abbiano una matrice che definire comune è dir poco, quasi identitaria.
Ed è quella del desiderio di raccontare un popolo, una civiltà, una tradizione, là quella irlandese, qua quella afghana.
E di affrontare questo progetto non solo attraverso la realtà dei luoghi ma anche grazie all'uso della favola, dei racconti orali, dei miti e delle leggende locali.
Leggende di epoche lontanissime, di mostri, lotte e conquiste.
Insomma, due film opposti ma costruiti nel medesimo modo, con la stessa cura nella ricerca, con la stessa voglia e necessità di raccontare, con la stessa capacità di affascinare.

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Parvana è una bimba di 11 anni nella Kabul controllata dai talebani.
Vive la sua classica vita di niente, poverissima (e questo tante volte è bellissimo) ma seppur così piccola è capace di capire come quello che lei, sua madre, sua sorella e tutte le donne della sua città sono costrette a vivere, ovvero una vita quasi priva di diritti, piena di privazioni e praticamente di pura reclusione.
Un giorno, senza motivo - se non sfizio personale di un esaltato- il padre le viene portato via e portato in carcere dai talebani.
La famiglia rischia di morire di fame, nessuno può procurarsi o chiedere cibo.
Parvana si fingerà maschio per aiutare tutti i suoi familiari.

Siamo davanti ad un cartone di grande importanza perchè capace di raccontare, senza retorica o odio, un mondo che conosciamo troppo poco.
Forse il rischio è di una eccessiva durezza verso quel popolo ma, e qui la sceneggiatura si fa intelligentissima, diventa a quel punto cruciale la figura di Razaq, un soldato talebano capace di allargare il suo sguardo oltre l'odio.
Su quel personaggio torneremo perchè a mio parere le due scene più indimenticabili del film riguardano proprio lui.
Cartone forse ostico per bambini troppo piccoli o non ancora abituati a ragionare, The Breadwinner ha il grande merito di affiancare al terribile racconto neorealista una fiaba-leggenda che verrà piano piano svelata, raccontata da più personaggi diversi.

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A volte questa favola (che pare non c'entrar nulla col resto del film fino al minuto finale) è addirittura improvvisata da chi la racconta a ricordare quanto l'immaginazione, la capacità di inventare e l'importanza del racconto orale possano anche scavalcare la tradizione.
Cartone "lento", quasi privo di inserti comici, più un film classico in animazione che un vero e proprio cartoon.
C'è tanta durezza, ma anche tanta poesia.
E un filo di speranza.
Il plot è abbastanza basico, lineare e assolutamente privo di svolte poco verosimili.
Per questo risulta ancora più importante il racconto nel racconto fantastico. Racconto che parte un pò in sordina ma poi diventa sempre più bello.
Fino ad arrivare ad un finale straziante, quello in cui il ragazzo della leggenda diventa il defunto fratello di Parvana.

"Mi chiamo Sulejman. Un giorno ho raccolto un giocattolo. Poi è esploso. Poi non ricordo più niente, perchè è stata la fine"

Una commovente frase ripetuta più volte al Dio Elefante.
Un Dio che una volta resosi conto che un figlio della sua terra era morto senza un perchè ha calmato la propria ira.
Una sola frase e hai raccontato una storia, chapeau.
Come già in La Canzone del Mare saranno importantissimi anche gli elementi naturali, luna, sole, alberi, come a regalare un'aura ancora più universale e trascendentale alla storia.
Non mancheranno le scene dolcissime (come lei che disegna un sorriso sulla parte mancante della foto) quelle in cui noi spettatori impariamo cose, quelle che ci fanno male.
Ma Breadwinner resta comunque un cartone visibile da tutti, che non supera mai il limite, sempre rispettoso.

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Quando nella leggenda il ragazzo dovrà trovare i 3 oggetti che risplendono, imprigionano e addolciscono la sceneggiatura - e anche il film - prendono forza.
E non so se quello che sto dicendo sia evidente (non credo), non so se è una mia intuizione oppure una stronzata colossale, ma ho trovato sempre un punto di contatto tra la vicenda reale e gli oggetti in questione.
Quando il ragazzo immaginario troverà lo specchio poco prima avevamo avuto il racconto di quel nome che richiama il "bordo" della Luna ("risplende"), quando troverà la rete i ragazzi sono in una caverna ("imprigiona". Tra l'altro la caverna è elemento simbolo, come nel film precedente), quando gli verrà in mente la storia per placare il mostro Parvana troverà suo padre ("addolcisce").
E arriveremo a un finale quasi tronco che in realtà, però, è punto di incontro delle due storie, anche se difficile da cogliere.
Solo in quel momento capiamo che la realtà e l'immaginazione volevano e dovevano portare a un sentimento fortissimo di identità di un popolo, un popolo che solo attraverso guerre e difficoltà ha ancora la speranza di sperare e ritrovarsi unito.

"La nostra terra ha come più grande tesoro la sua gente"

Ma in questo bellissimo cartone, un pò Persepolis un pò La Donna che canta, sono due i momenti che ho trovato più straordinari.
Il primo è Parvana che legge una lettera. Vediamo solo lei di profilo e le mani dell'uomo vicino che tagliano una mela (essendo molto più alto l'inquadratura è tagliata).
Poi quelle mani si fermano, non tagliano più.
Brividi.
E la seconda scena riguarda sempre lo stesso uomo e la stessa lettera.

"Mostrami dove è scritto il suo nome"

chiede Razaq a Parvana.

E poi quel dito che accarezza quel nome.
E potrei dir mille cose su questo gesto così piccolo e così assoluto.
Ma perchè aggiungere parole ad una cosa così bella?

8

11 commenti:

  1. Ciao questo cartone mi ha fatto ricordare Una ragazzina che ha frequentato il primo anno di asilo con mia figlia .
    Era marocchina, erano anni che stava qua in Italia con la sua famiglia.
    Il comune a loro gli aveva dato una casa in affitto.
    Non ho mai capito se il padre avesse lavorato per un periodo e dopo avesse perso il lavoro , sta di fatto che son stati costretti a tornare a casa loro perché non si potevano mantenere qua in Italia.
    Ricordo la prima festa di compleanno in patronato di mia figlia e come sta bambina fosse a tutti gli effetti “occidentalizzata” .
    La madre indossava il velo non so se si può chiamare burka perché comunque le scopriva il viso.
    Ricordo che si portava a casa quattro fette di torta per tutta la famiglia e la cosa mi faceva un po’ sorridere.
    Ricordo l’amarezza della suora quando son dovuti tornare al loro paese e il dispiacere per quella bimba che a detta sua non sarebbe più andata a scuola e che a 12 sarebbe stata costretta ad indossare il velo.
    Storia triste
    Adesso non vorrei generalizzare e sembrare esagerato paragonando la mia storia con il film di Twomey ma son della convinzione che tutte quelle culture che non considerano la donna alla pari con l’uomo siano comunque “estreme e vergognose”!
    Un film d’animazione come questo dovrebbe far ricordare alle donne e agli uomini che oltre al meToo esistono altre piaghe radicalizzate nella cultura e nella religione di chi sicuramente vive per lo più a migliaia di km di distanza ma non è per niente improbabile la possibilità di trovarcelo come vicino di casa.
    Che devo dirti ...il film è bello , le animazioni mi piacciono.
    La storia è valida ...un piccolo gioiello.
    Le donne qua bisogna proprio dirlo son disegnate bene , ne escono fuori forti e fiere .
    Nonostante la situazione.
    Il film non cade in facili sentimentalismi che magari potevano anche starci ..ma non mi sembra questa l’intenzione di Rome Twomey.
    Mi piace il parallelismo con la favola e la storia della piccola Parvana.
    Mi sembra quasi una metafora della ricerca di integrazione con la cultura esterna ( Occidente) e l’abbattimento delle disuguaglianze sociali tra uomo e donna.
    Il fratello di Parvana è vittima anche lui della guerra e ha pagato con la vita.
    Parvana è vittima di una cultura “sbagliata” e paga in vita stando appunto sotto il burka.
    Il dio elefante è tutto quello che c’è di sbagliato in entrambe le storie dei due ragazzi.
    E alla fine si piega e ascolta .
    Il primo accenno di cambiamento.
    Peccato che sia una favola.
    Ma il film insegna che non bisogna mai smettere di crederci alle favole.
    Sai quello che mi rimane dentro alla fine ...è lo sguardo di quel ragazzino entrato nelle milizie talebane ex studente del padre di Parvana.
    Quello sguardo ...quasi spaventato quando si allontana con il camioncino per andare in battaglia.
    Come se si fosse resoconto troppo tardi ormai di aver fatto la scelta sbagliata.
    Ciao

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    1. eccomi

      molto interessante come storia

      ed emblematica

      e diffusa

      in realtà, soldi a parte, credo che la convivenza tra due culture così diverse sia assolutamente possibile. Quelle madri non potranno mai essere completamente libere (e a volta non "vogliono" nemmeno,perchè talmente plagiate nel pensiero che credono quella sia la giusta condizione) ma per le loro figlie, in paesi esteri,c'è speranza

      perfettamente d'accordo, il metoo (che io non sopporto a prescindere, ghettizza le donne) in confronto a queste realtà è ridicolo

      ma secondo me molte de ste donne che inneggiano e lanciano slogan per cose ridicole manco le conosco ste situazioni

      sì, le donne vincono alla grande nel film, ma è giusto così

      ma ci sono anchhe due personaggi maschili forti e virtuosi, il padre e il militare pentito

      credo ci sia molto equilibrio

      il parallelismo tra le due storie è davvero difficile da cogliere, e per questo è anche più bello farlo

      e la tua lettura credo sia la più giusta

      sono due storie che parlano di orgoglio, di storia, di speranza e di integrazione

      di riflettere e capire

      perfetto anche quello che dici dopo sul Dio e sul ragazzo

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  2. Si sì fai con calma😀😀vedo che con gli ultimi post ti stai dando al sociale...🤣 ..non scappo!

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    1. fuori dal festival sono tipo a 4 film in un mese e mezzo visti

      credo cambierò tipo di blog ;)

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  3. Ottimo film, Un altro film bello sui talebani e l'Afganistan è: Le rondini di Kabul- ma si trova solo sub it. È un film più crudo però vale la pena vedersi

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  4. Film che mi ha davvero toccato, questo Breadwinner. L'ho visto stasera su Rai Gulp, e lo scrivo in caso qualcuno leggesse sul blog, immagino sarà di conseguenza ritrovabile su Rai Play.

    Non ho mai visto la Canzone del mare o The secret of Kells, ma questo studio irlandese che fa solo film in 2D su temi folkloristici ha di diritto la mia simpatia (e sembra che il loro prossimo progetto, Belle, sia in collaborazione col solo e unico Mamoru Hosoda, brividi!)
    Non credo potesse esserci storia più adatta con queste premesse: una bambina nell'Afghanistan talebano, e la sua favola simbolo d'innocenza e tradizioni sull'orlo della scomparsa, un Labirinto del Fauno mediorientale. Prova se ce ne fosse il bisogno, che l'animazione altro non è che una tecnica per raccontare le storie, e non una misura di minore complessità di esse. Tecnica a proposito ottima, con design molto semplici e stilizzati ma espressivi, e poi una cascata di colori nelle sequenze favolistiche, contrapposti ai grigi e ai beige della vita a Kabul.

    La recensione sotto cui scrivo è molto appassionata nel chiarire certe posizioni riguardo a cultura, religione e diritti delle donne. Provo a dire la mia, cercando di rischiarare i miei stessi pensieri mentre scrivo, con una delle mie grandi passioni, la Storia.
    Ora, per quanto mi riguarda sono un non interventista. Evito di addentrarmi nella questione politica dell'Afghanistan, non ho la giusta preparazione e mi attengo a i Racconti di Parvana, che ha mantenuto la stessa distanza. Era solo per dire che discorsi tipo "esportiamo la democrazia", in buona o cattiva fede che siano, mi fanno accapponare la pelle. Insopportabile, davvero, questa tendenza occidentale ad autodefinirsi civilizzati e voler cambiare gli altri a nostra immagine e somiglianza: per me la cultura rappresenta un popolo (o più), non esiste l'una senza l'altro e viceversa. Sì, persino una cultura dove le donne sono considerate "inferiori".
    Non sto parlando ovviamente di quella talebana, che è una non-cultura, perché imposta dai pochi su molti (molte, soprattutto), e come tutte le cose imposte è destinata solo ad essere odiata, sfuggita e subire prima o poi l'inevitabile giudizio del tempo, sia nella sua decadenza che nella damnatio memoriae. In quelle zone afghane ma anche altrove, dai nostri Balcani alla Cina, c'è stato un Islam diverso, dove i ruoli femminili e maschili erano rigidamente separati e confinati sì, ma appunto per cultura condivisa e non per (non-)cultura imposta. Può non piacere, non piace nemmeno a me, ma rispetto anche questo modo di vedere la donna e di vedere l'uomo. Questa è stata la loro cultura, non certo quella stortura talebana che proibisce fotografie e musica, ma quella degli eredi di "marcanti, scienziati, cantastorie", vivi nei ricordi del padre di Parvana.
    Se c'è una cosa che non riesco a rispettare della cultura islamica (almeno attuale), è piuttosto la tendenza a reprimere le scelte delle nuove generazioni, magari nate o cresciute in paesi occidentali e che quindi per scelta personale deviano dalla tradizione a cui sono abituati i genitori.

    Ecco, è stata durissima chiarire per iscritto la mia posizione a riguardo, ma l'ho ritenuto necessario, visto il coraggio di Breadwinner nel prendere una SUA posizione, coraggio paragonabile solo a quello delle protagoniste di questo bellissimo film. Se posso permettermi un'unica critica, ho trovato talmente belle le favole a più voci, che mi è un po' dispiaciuto sul finale (diversamente da te credo Giuseppe hahaha) vederle diventare quasi totalmente ancillari della realtà, stranezza considerato che dovrebbero rappresentare quel passato di racconti orali che i talebani vorrebbero distruggere e che invece questo donne e il loro padre insegnante usano per rendere più felice la loro dura vita.
    Un piccolo neo, ma un gran cartone, commovente e deciso come la piccola Parvana.

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    Risposte
    1. 1 pensa che quel giorno l'avevo prorpio consigliato su Facebook (dico riguardo il passaggio su RaiGulp)

      2 I loro film sono magnifici anche se, è incredibile sta cosa, mi ricordo pochissimo di loro. Ci sono cartoni invece molto peggiori che li ricordo tutti

      3 molto interessante il tuo rimando a Il Labirinto del Fauno. Anche se adesos non ricordo se in Breadwinner lei vive i "sogni" come nel film spagnolo. Insomma, la realtà alternativa e fantastica la vive lei stessa?

      4 da "ora" a "genitori" si può solo leggere, fare i complimenti e stupirsi come un ragazzo così giovane abbia ste conoscenze, sto modo di riflettere e anche sta cultura in qualche modo. In ogni caso ho adorato che questo film racconti anche le meraviglie della loro cultura

      5 interessantissima la tua critica al finale (che non ricordo mannaggia). Ma da come lo esponi direi quasi che sono dalla tua parte pur non essendolo stato, ahah

      è annche vero che è caratteristica dei più grandi racconti orali farli diventare parte di noi, un pò come i Miti greci ;)

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