1.11.15

Recensione "Impressions of a Drowned Man"


Un film pirandelliano, colto, ma mai arrogante nel porsi.
Una piccola opera esistenziale che richiama tanti altri grandi film.
L'inferno del ripetersi.

presenti spoiler
vi direi di leggere solo dopo ma credo che questo film sia al momento introvabile (io l'ho visto al cinema in una rassegna di un'associazione culturale).
Quindi leggete, fate in tempo a scordarvi semmai ;)


La prima affascinante ma estenuante inquadratura è quella di una macchina ferma sotto la pioggia.
Parole in sovrimpressione che scorrono e vengono spazzate via dal tergicristalli in movimento.
Poi ancora inquadrature ferme, ancora tante piogge, ancora lunghissimi, infiniti, camera car che mostrano il nulla.
Ecco, mi vado a vedere un'opera prima cipriota, nata magari, che ne so, per osmosi con il boom del vicino cinema greco.
Me le cerco proprio, poi non ti lamentare se ti vedrai un film di 10 inquadrature in cui nulla succede.
Poi accade invece qualcosa, il protagonista, che aveva ricevuto un passaggio su un furgoncino, viene fatto scendere.
E si trova nel punto d'inizio.
Gli passano accanto le stesse macchine, la stessa moto.
Una spia nel cervello mi si accende, questo film ha un suo perchè.
E parte così la vera pellicola, una piccolissima opera esistenziale profondamente colta, forse coltissima, ma che ha il grandissimo pregio di non sembrare mai arrogante nel porsi.
In punta di piedi, con modestia e umiltà porta avanti il suo percorso.


Ed è un percorso interessantissimo, quello di uno dei film che mi ha richiamato più pellicole, tutte belle, tutte importanti , nessuna banale.
Impressions è il racconto di un uomo che si risveglia in una specie di bassa marea, su una brutta spiaggia.
Un uomo che non ricorda niente di sè, in un incipit che ricorda tanto l'Uomo senza Passato di Kaurismaki.
Vaga per le strade, arriva in città, cerca informazioni, si appunta delle cose, prova a ricostruire il ricordo di quello che era.
Ma non serviva certo lo splendido titolo a farci capire quello che stava diventando il segreto di Pulcinella ("ti prego" mi dicevo "fa che non sia questo il colpo di scena"), perchè tutto viene svelato subito.
Quest'uomo è morto, suicida.
E' un poeta che ha abbandonato la ragazza incinta e per motivi non meglio precisati (anche se il fatto di essere un poeta ci lascia immaginare una dannazione interiore insostenibile) ha commesso suicidio, come dicono quelli bravi.
E ogni anno torna per vivere gli ultimi due giorni, gli ultimi momenti precedenti all'uccidersi di nuovo.


Impressionante come ad ogni scena mi sia venuto in mente un film diverso. Questo accade spesso con i film di "testa", specialmente quelli ben fatti. 
C'è il tentare di ricordare di Memento, c'è la sensazione del lucido sogno di Apri gli occhi, c'è la reiterazione ad libitum di Triangle o Timecrimes (e nessuno mi leva dalla testa che questo non sia un film sull'inferno, visto come eterno ripetersi delle cose e del dolore, punizione, forse, per aver distrutto quella cosa così grande che è la propria vita), c'è un pò di Truman Show in quelle altre persone che sembrano, anzi, sono,  attori di quello che è solo e soltanto il tuo film, c'è tantissimo di quel capolavoro di Una pura formalità. (con una scena praticamente identica), c'è persino, e nemmeno tanto nascosto, un riferimento a Synecdoche, al suo esistenzialismo, al suo veder rappresentata la propria vita essendo allo stesso tempo attori e registi di essa.


E ancora più forte ad un certo punto, quasi impressionante, è il richiamo a L'Uomo duplicato di Saramago.
Questo film è una mise en abyme continua, è una vita dentro una vita, è un film (il dvd) dentro lo stesso film, e se qualcuno aveva dei dubbi in questa lettura basta vedere il finale.
C'è la sensazione che lui non esista, che tutto il film sia solo e soltanto una proiezione mentale infinita di un uomo allo stesso morto e morente, come una specie di gatto di Schroedinger.
La magnifica scena della fototessera lo dimostra,
Lui non è carne e ossa, lui non è materia, ma esclusivamente i suoi ricordi.
E non sono neppure i ricordi di una vita, ma soltanto quelli dei luoghi e dei momenti appena precedenti alla morte.


Impressions è un film particolare, perchè della vita non parla proprio.
Parla, semmai, solo della morte e del disperato tentativo di un uomo di uscire da un loop infernale. Ma il paradosso è che questo loop non è solo dannazione ma anche tentazione, voglia che tutto ciò vada avanti, sia per sè sia per le persone che gli hanno voluto bene.
Perchè così, in questo modo, possono riviverlo ancora e ancora, per sempre.
Difficile dare significati sicuri, difficile riuscire a captare tutta la cultura e profondità del testo.
Una specie di film pirandelliano che gioca col cinema, con il concetto di ruolo, con quello di attore, con quello di rappresentazione.
La sequenza dei poeti suicidi, kitsch come poche altre, è comunque una scena cult già in partenza, un corto circuito affascinante.
Un film che pone un dilemma difficilissimo da rispondere.
Vuoi ancora che accada?
Perchè quella che tu credi vita, quello che tu vedi come carne e ossa in realtà non è vita.
Ma sono luoghi in cui nessuno, se non il tuo pensiero, continua a passare, soltanto rumori.
Ferrovie, prati, spiagge dove quello che eri prova ancora a sentirsi vivo.
Ma questo brevissimo film di 2 giorni, questo film che però dura da 85 anni, ha sempre e soltanto un'unica fine.
E questa fine è l'inizio, è una macchina con dei tergicristalli che spazzano via parole.

7 commenti:

  1. Miiiii.....Giuseppe, con questa recensione mi hai fatto proprio venir voglia di vederlo. Adoro film del genere e sono un grande fan di "Una pura formalità" che citi.
    Poi con il gatto di Schroedringer mi hai proprio messo in ginocchio. Sei un grande.
    In fondo il da te citato gatto non è nient'altro che la descrizione dello stato in cui ognuno di noi si trova in ogni istante della sua via....il cosa tua "sia" e il cosa tu "potresti essere" in un preciso istante arrovella le menti di fisici e filosofi dall'epoca di Zenone (siamo fermi o in moto?). Siamo la risultante di un'infinità di micro decisioni, casualità, stati che ci hanno condotto fino a qui, ormai immutabili ma forse modificabili al tempo del loro avvenire. Siamo ormai l'unico universo reale degli infiniti possibili.
    Mi hai fatto tornare in mente Sliding Doors, Il decalogo di Kieslowski, specie il primo episodio (quello del bambino e del ghiaccio), nonchè l'opera teatrale di Nick Payne "Constellations".
    Mi aiuti a non far cadere in letargo la mente :-)
    Thx

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    1. Ma sai che non ci avevo mai pensato prima?
      Eppure è talmente lampante che tutti noi siamo quel gatto, sempre.
      Bellissima la tua riflessione come tutto il commento.
      Guarda, non c'è un film al mondo che possa ricordare di più quel capolavoro di Tornatore per me.
      Sliding Doors in teoria può c'entrarci ma forse, dipende da come uno intende il film, può esserne proprio l'opposto perchè se uno parlava di scelte che cambiano la vita forse questo parla di destino ineluttabile, immodificabile. E per giunta post mortem.
      In realtà ho scoperto ieri che alla fine i miei non sono affatto spoiler perchè nelle uniche altre due rece che ho trovato in rete si danno interpretazioni completamente differenti dalla mia, a volte opposte.
      Quindi potete vederlo tranquillamente.
      Complimenti per le tue citazione e la tua cultura che oggi mi ha dimostrato andare molto oltre la fantascienze.
      A me sembra che la tua mente sia molto lontana dal letargo ;)

      grazie, come sempre, per il resto

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    2. Grazie a Te!
      Qualora l'argomento Ti interessi o quantomeno Ti intrighi, due letture che mi permetto di consigliarti sono "La trama del cosmo" e "La realtà nascosta" di Brian Greene. Ha una modo molto semplice di trattare argomenti alquanto complessi.
      Per quanto riguarda Sliding Doors lo citavo in quanto pur essendo le due storie diverse rimani nel dubbio che alla fine confluiscano in un unico ineluttabile punto d'incontro finale.
      Un po come in The Time Machine con Guy Pearce: infiniti possibili modi di raggiungere lo stesso stato finale.
      Visto su scala cosmologica ci è facile accettarlo....nel piccolo della vita quotidiana un pò meno.
      Una specie di fusione tra determinismo e libero arbitrio: un libero arbitrio totale su piccola scala che confluisce comunque in un raggelante determinismo su scala globale.
      Se mi concedi, roba da "seghe" mentali che però è in grado di turbarti non poco, come del resto il significato stesso della parola "Ineluttabile".

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    3. Intanto leva quelle maiuscole sul Te, Ti, To e Ta che sennò ti banno ;)

      Ma sai? senza che tu abbia visto il film hai tirato fuori la discussione determinismo-libero arbitrio. Ed è curioso perchè il film doveva esserci presentato da un ragazzo che poi purtroppo è arrivato tardi e ha potuto parlare solo alla fine (anche se per colpa mia ho parlato quasi sempre e solo io).
      E lui ha detto proprio che questo film, a suo parere, si basa su quel conflitto che hai tirato fuori te.
      Ci sta alla grande ma secondo me il film è un viaggio in loop post mortem che col determinismo e col libero arbitrio poco c'entra. Tutto è già accaduto, siamo solo in uno stato mentale.
      Ed è ineluttabile per questo, perchè noi, a mio parere, poco ormai possiamo fare (libero arbitrio). E' anche vero che ho letto visioni del film opposte, dove si scrive che lui invece questa volta cambia tutto. Ci devo riflettere, ci puà stare.
      Secondo me Timecrimes (o meglio Los Cronocrimenes), come piccolo film, è l'esempio perfetto per questi discorsi.
      Ma ora ho capito che volevi dire su Sliding Doors (che ho visto solo una volta 20 anni fa, non ricordavo che il finale fosse uguale per entrambe le storie, molto molto interessante se è così) e sì, anche se "filmetto" (nel senso comunque di film popolare) a questo punto è esempio perfetto per il tuo discorso.
      Credo che uno dei pochi modi per vivere bene la propria vita sia fare le scelte giuste sulla piccola scala cercando di dimenticarsi la glaciale grandezza del resto.
      Alla fine siamo uomini di emozioni, traguardi, gioie, dolori, incontri, baci, cibo e film, facciamo in modo che il nostro libero arbitrio sclega sempre al meglio in tutte queste situazioni. Se poi in realtà faceva parte di un progetto più grande pre determinato è un buco nero nel quale possiamo solo impazzire

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    4. perchè sia venuto fuori sdega al posto di scelga non lo so

      probabilmente qualcosa di più grande di me ha cercato di impedirmi quel scelga, annullando di fatto il mio libero arbitrio di scriverlo (e di conseguenza,il concetto che non si può scegliere)

      ma adesso l'ho riproposto, vinco io

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  2. Ma eventuali corti concorrono? Mi sa di no (Sorrentino ha fatto un sacco di corti...).
    E i mediometraggi?
    Gli episodi in film collettivi?
    E se uno proviene dal documentario e ha girato magari lungometraggi documentari prima di passare alla fiction?
    Se anche non valessero in ogni caso è tosta trovare i miei registi "omnio", ma sicuramente Kubrick (di cui mi manca il corto "Flying Padre"). E sì, pure Sorrentino.
    Poi agli altri ci penso

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  3. commento inserito al post sbagliato :D

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