26.6.11

Recensione: "Black Death"


Black Death non è affatto quello che sembra. Si vende in un modo, quello del cappa e spada medievale fatto di scontri armati e sangue, cavalieri e ferro, preti e streghe ma, come accadde già nell'affascinatissimo Valhalla Rising, ha dentro di più, molto di più. Certo, dimenticate la forza allegorica e la parziale inconoscibilità del film (capolavoro ?) di Refn, no, Smith al contrario ci offre tutte le carte per comprendere senza alcuna difficoltà il proprio film ma l'analisi e la critica delle religioni e delle derive cui esse hanno portato l'uomo ha esattamente la stessa forza del film danese. A livello cinematografico tutto qua è più classico, dalla sceneggiatura alla fotografia, dalle ambientazioni alla recitazione stessa, ma in sottotesto i film sono accomunabili.



La peste, la terribile Peste Nera che in pochi anni uccise un terzo della popolazione Europea nella metà del 14° secolo dà il titolo al film. Il fenomeno, incomprensibile ai medici dell'epoca, fu ritenuto da molti come una punizione divina quindi, come tale, giusta e giustificata (vedere ad esempio la scena dei Flagellanti).
Nel film si viene a sapere di un villaggio nel quale la peste sembra non aver colpito nessuno, tutti stanno bene, nessuno muore. Alla Chiesa non sta bene (se punizione divina deve essere lo deve essere per tutti), si crede quindi che il villaggio sia in mano al demonio. Un manipolo di mercenari cristiani parte verso il villaggio per mettere a posto le cose...
Amo moltissimo l'ambientazione medievale, buia, sporca e intrisa di misticismo, ancora più affascinante in periodi di pestilenza come questi, con corpi ammassati, bubboni, sangue e paura dell' Ignoto. Il film di Smith (regista sempre originale nelle proprie opere, riuscite o meno), è nettamente diviso in 2 parti: la prima è un on the road ante litteram, racconta il viaggio verso il villaggio; la seconda si svolge tutta nel villaggio stesso. Particolare l'uso della telecamera a mano in parecchie sequenze. Nella prima parte si procede a tappe: la terribile scena della "strega", i supplizianti, l'omicidio del loro compagno appestato, la battaglia nella foresta (ottima), la palude, e finalmente il villaggio. Da qua in poi il film di Smith diventa praticamente fermo e immobile (con i cristiani imprigionati nella gabbia d'acqua gelida) ma acquista moltissimo in interesse. Nel villaggio non si crede più nel Cristianesimo. Una (presunta) negromante ha plagiato tutti gli abitanti portandoli ad una nuova religione di cui lei è praticamente la divinità. Tutti credono che grazie a lei e all'abiura del Cristo il villaggio sia protetto dalla peste.
Smith non lesina fortissime critiche all'una e all'altra parte. A questo proposito bastino due splendide frasi pronunciate nel film. "Era bellissima ed era... reale" questo affermano gli abitanti del villaggio alla domanda perchè credessero nella negromante. 

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Bellissima e reale, già, perchè una cosa è credere in un Dio invisibile nell'immagine e nelle opere, un'altra aver davanti in carne ed ossa un essere umano superiore con cui si può addirittura parlare, che compie miracoli evidenti davanti ai nostri occhi. La Fede in questo caso non sarà più cieca ma, come se la ragazza fosse un nuovo Cristo, risulterà in qualche modo antropoformizzata e reale. In più, dicono gli abitanti, lei è bellissima, e il Bello attira sempre e da sempre, quindi non lamentiamoci se anche oggi per vendere uno spazzolino ci deve essere una gnocca in pubblicità.
L'altra frase è "Voi avete bisogno di miracoli" e lo dic dice la stregona al frate protagonista. Già, abbiamo bisogno di miracoli per credere. Del resto questa è una debolezza umana da sempre; abbiamo bisogno del miracolo per credere in Dio, abbiamo bisogno di soldi per credere nel futuro, abbiamo bisogno di gioie per credere nella vita, abbiamo bisogno di un "ti amo" per credere nell'amore.



( voto 7,5)

8 commenti:

  1. Peccato per la seconda parte allungata alla ennesima potenza però molto ben fatto e con una sceneggiatura (e non è da poco in questo medioevo cinematografico) molto ben costruita.
    Se ti piace il medievale dai una sbirciatina a "Game of thrones" che ti piacerà di sicuro!

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  2. Sì, in effetti, come accennavo, c'è un'intera seconda parte molto statica nella quale più che gli accadimenti, Smith ha voluto sviluppare le tematiche.

    Dopo Lost non so se avrò mai più la voglia e la pazienza di seguire una serie tv, comunque grazie della dritta.

    Vengo a vedere se hai recensito anche te Black Death.

    Ah, altre due cose che ho dimenticato nella recensione. Purtroppo ho il vizio di tacere i difetti a volte.

    Il livello tecnico non è eccezionale, e i primi 20 minuti mi son sembrati addirittura di stampo televisivo, tipo Fantaghirò.

    Poi, il finale. Non mi è piaciuto affatto, o meglio, la scelta poteva esser buona (l'ex frate che per rabbia e sete di vendetta diventa un cacciatore di taglie) ma non nella realizzazione, confusa e affrettata.

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  3. Eh, il tempo di recensire lo devo ritagliare tra un porgramma e l'altro... il che vuol dire circa 20 minuti a settimana ;)
    Cerco di recensire le cose che, nel bene o nel male, mi hanno ispirato, altrimenti non avrei neanche il tempo di respirare!

    P.S.: Grazie per i commenti!!

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  4. Smith resta comunque un ottimo regista di genere, una delle promesse che piano piano si stanno mantenendo.
    Io a Black Death voglio bene, per la sua capacità di seminare dubbi senza schierarsi.

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  5. Il problema è proprio la mancanza di fede, o Fede dir si voglia. Se hai bisogno di miracoli o prove tangibili, non hai fede.
    Lutero addirittura diceva così: "Se fosse dato cogliere con la ragione com'è che possa essere misericordioso e giusto quel Dio che rivela tanta ira e malvagità, a che cosa ci servirebbe la fede?"

    Per un non credente, fede diventa quindi sinonimo di ignoranza, non cercare risposta o credere a una risposta che arriva da altrove, non da ragione, da logica, raziocinio... buonsenso?
    Per molti sarà infatti così, una comodità, un sostituto al mettersi in gioco, un palliativo per il dolore; per qualcuno l'opposto, il dolore o un dubbio ed essa verrà rinnegata.

    Ma, da ateo qual sono, non credo possa essere ridotta solo a quello, in qualcuno deve essere una forza in più, deve essere un pregio. Comodo vederla sempre e solo come un difetto e posizionarsi in un piano superiore di fronte chi si ha davanti. Oppure, peggio, denigrarla solo per giustificare un proprio cinismo utilitaristico.

    "E nemmeno una volta la tua intelligenza è riuscita a non ingannare il tuo cuore"
    Ingeborg Bachman

    Alle obiezioni di un credente a un ateo direi: si è proprio costretti a dover avere un sostituto che riempia il vuoto dell'assenza di Dio? È il vuoto stesso che non c'è, vuoto implica delle mancanze, quello che tu di me non capisci è che non c'è nessuna mancanza.
    A quelle di ateo a un credente: si è proprio costretti a non voler vedere mai sincerità in nessuno? A negare il bene che può dare un simile compagno?

    Le obiezioni sollevate utilizzando esempi di condotta di uomini trovo non abbiano mai senso, riconoscere una colpa in qualcosa di relativo e attribuirla tout court a un intero mondo che gli colleghiamo soggettivamente è semplicemente ridicolo.

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    Risposte
    1. Ma che brutta cosa, noto che non avevo risposto ad alcuni commenti, anche a Lucia. Mica sarà per questo che poi non l'ho più vista?

      scherzo

      che bel commento Edo, come sempre

      io uscirei un attimo dal dualismo Fede-non Fede, anche perchè ne hai parlato talmente bene tu, e in modo così ragionato, "sportivo" ed equilibrato che è inutile aggiungere qualcosa.

      Io credo, e ne ho parlato in un post alcuni giorni fa, che il segreto del mondo sia nelle sfumature e nelle zone grige.
      Prendere tutte le meraviglie che un percorso di fede può darti (almeno a livello umano) e allo stesso tempo porti continuamente delle domande razionali che possano far vacillare quello in cui credi.

      Non esiste argomento in cui due persone intelligenti non possano darsi qualcosa.
      Si può cambiare idea, concedere qualcosa, o restare assolutamente nelle proprie convinzioni. Ma da un confronto si cresce per forza e si iniziano a conoscere quei grigi che non solo ti rendono più completo ma danno ancora più forza per poi combattere e difendere i tuoi bianchi o i tuoi neri.

      "Alle obiezioni di un credente a un ateo direi: si è proprio costretti a dover avere un sostituto che riempia il vuoto dell'assenza di Dio? È il vuoto stesso che non c'è, vuoto implica delle mancanze, quello che tu di me non capisci è che non c'è nessuna mancanza.
      A quelle di ateo a un credente: si è proprio costretti a non voler vedere mai sincerità in nessuno? A negare il bene che può dare un simile compagno?"

      qui è il confronto, qui la ricerca di quelle sfumature

      ma, in ogni caso, tornando all'elemento principale del film e del tuo commento, ho paura che le prove servano sempre, che tu sua persona di fede (più o meno) o no.

      Non riusciremo mai ad essere puro pensiero, a credere in qualcosa senza mai avere o "crearci" delle prove.

      Credo, in questo senso, fortemente alle ultime frasi della rece

      grazie

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    2. In effetti il film mi è piaciuto, e ha colpito molto pure me la frase "Era bellissima ed era reale"; quanti spunti e materiale dietro poche parole..

      Hai mai letto il racconto di Buzzati... uff non ricordo il titolo, dai sessanta racconti... C'è un pretino nella cattedrale che aspetta il Vescovo per il Natale, e la cattedrale è piena di Dio, poi per un brutto gesto del pretino Dio scompare e lui deve andare a cercarlo prima dell'arrivo del Vescovo. Molto bello, mi è venuto in mente alla fine del film quando il vecchio abate dice che non il ragazzo non ha più bisogno di aiuto, c'è Dio lì...

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    3. Speriamo che sto post non lo legga il mio miglior amico che da almeno 6,7 anni mi dice di leggere i 60 racconti. "Sono perfetti per te" ripete continuamente.

      Ho una grossa scimmia per questa raccolta, forse per quello mi freno.
      Ma te l'ha risvegliata

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