28.2.17

Recensione: "Jackie"




La storia di Jacqueline Kennedy circoscritta ai pochi giorni seguenti l'attentato di J.F.K.
Grande cinema, a tratti faticoso, ma capace di far riflettere sul potere, sulla perdita di esso, sulla solitudine, sulla storia personale e su quella che poi conosceranno tutti.
E per fare tutto questo Larrain non si serve di un'attrice.
Preferisce una Dea.

Chi mi conosce sa quanto io non sappia nulla di politica.
E pochissimo di Storia.
Capirete che con questi presupposti andarsi a vedere Jackie, così, sapendo 2,3 cose in croce su J.F.K e di Jacqueline, non fosse sicuramente l'approccio migliore possibile.
Poi, lo sapete, io guardo un film senza prendere informazioni nè prima nè dopo (o almeno non prima di scriverne), quindi nemmeno un tuffo su Wikipedia mi avrebbe potuto aiutare.
Quindi se qualcuno commenterà questa povera recensione buttandola su giudizi politici sappia che ha sbagliato strada. Anche se, tali giudizi, possono essere per me l'occasione di saperne di più ed imparare.
Eppure ci sono stati più motivi che mi hanno portato a questa scelta.
- La Portman.
- Larrain.
- Un trailer lirico (non li vedo mai ma questo, per fortuna, m'era capitato sott'occhio).
- Il fatto che il film non fosse un biografico (che mal sopporto) ma il racconto di una sola vicenda e di pochi giorni.
- Il dovere vedermi 4 film gratis entro il 15 Marzo.

Quindi, decidendo appena mezz'ora prima, sono andato.
E mi sono visto Jackie con un'ottica puramente cinematografica ed umana, come fosse una storia nuova per me.
Come fosse cinema.




Dico subito una cosa.
Ebbi problemi con Neruda.
Ma scrissi subito che erano problemi solo miei, non oggettivi.
Perchè ho la sensazione che Larrain sia un regista grandissimo e che se qualche volta ho difficoltà è un problema mio.
Come se alcuni dei suoi film fossero più grandi di me. 
E' un pò quello che mi accade con gli ultimi P.T.Anderson. Non riesco ad amarli del tutto ma sento dentro di me che sono film straordinari, degni di uno dei più grandi registi contemporanei.
Come, del resto, è Larrain.
Quello che mi sorprende è che un regista così giovane riesca a parlare del potere in un modo così maturo.
E quello che adoro del suo approccio è questo raccontare di grandi uomini, di Storia, cercando sempre una via laterale, personale.
E' riuscito a parlare di Pinochet e del Cile attraverso, metaforicamente, un'autopsia, in Post Mortem.
Ha parlato di Neruda attraverso un'incredibile commistione tra cronaca e letteratura, realtà e immaginazione.
E ci ha parlato di Jacqueline (e, forse, anche di Kennedy) attraverso 3,4 giorni di vita della stessa, solo quelli successivi all'assassinio del Presidente.
A prescindere se le sceneggiature le abbia scritte lui o terzi è questo che amo dei film "politici" di Larrain ( e anche Il Club lo è), ovvero l'angolazione da cui li prende e, al tempo stesso, la lente -d'ingrandimento o di restringimento- con cui li guarda.


Jackie è un grande film. 
Un film, a mio parere, quasi tutto di montaggio, superbo.
E non parlo solo del montaggio, come dire, sincronico, come ad esempio quello con cui alterna una stessa sequenza con vere immagini d'archivio ed altre cinematografiche, ma anche quello diacronico che attraversa tutto il film, alternato tra l'intervista alla Kennedy, i momenti post attentato, i preparativi del funerale, il funerale e l'attentato stesso.
Del primo tipo impossibile non citare l'incredibile sequenza del White House Tour. 
La vera Jacqueline in tv in bianco e nero nella Casa Bianca, la Portman sempre in bianco e nero in tv, la Portman "a colori" dentro la diegesi filmica e, come se non bastasse, gli stacchi di sguardi e di colore con la sua amica assistente Nancy.
Una perla.
(ma quel tour significa molto di più, è forse metafora di tutto, della voglia di apparire di Jackie, di questo suo mettersi in mostra, del far vedere tutto quello che ha e quello che poi perderà)
Ma sulla regia di Larrain quasi inutile discutere. 
Non parliamo della fotografia che in 2,3 momenti regala sequenze straordinarie. Basterebbe la primissima scena o quella del sopralluogo al cimitero sotto nebbia e pioggia.
In realtà questo è un film che gioca molto con la luce ed i suoi riflessi.
Già, vivere di luce riflessa...
Jacqueline è Jacqueline perchè moglie del Presidente degli Stati Uniti.
E il film racconta proprio di quello che lei diventa dopo la morte di J.F.K.
Racconta della sua solitudine, del suo dolore, del suo smarrimento ma anche della sua lucidità.
E, forse, racconta anche di una donna alla ricerca di un palcoscenico.
Di un'attrice non protagonista che, per due giorni, si vuole ergere a protagonista assoluta prima di diventare una comparsa.
Jackie non è una Kennedy, lo è solo in maniera acquisita. E morto suo marito rimane quindi "soltanto" una donna senza più nulla, se non i propri figli.
Lei lo percepisce, lei lo vede che tutto in poche ore si sta sgretolando.
Gli scatoloni di riempiono di cose, la Casa Bianca deve essere abbandonata, il luogo -fisico e istituzionale- che aveva, in pochi secondi, giusto il tempo di una pallottola, gli si è dissolto sotto i piedi.
E lo si capisce subito.
Nemmeno passate poche ore dopo l'attentato, sull'aereo del ritorno, con Jackie ancora lorda del sangue del marito, c'è l'investitura del Nuovo Presidente.
Due ore prima eri sulla macchina del potere, salutavi il tuo popolo, salutavi la tua nazione.
Due ore dopo sei in un aereo, insanguinata, e capisci che tu sei già storia passata.
Archivio.




E questa dimensione pubblica e privata, questa lente di microscopio che Larrain usa per avvicinarsi a Jackie -e magari entrarvi "dentro"- credo siano la vera potenza del film.
E che l'istanza principale sia questa lo dimostra quanto Larrain stia vicino al viso della Portman, quanto la segua, quanto gli stia attaccato senza abbandonarla mai.
E' così intima ed ossessiva questa cosa che alla fine gli occhi di Jackie diventano più importanti di ogni gesto che compie.
E per far questo Larrain si serve di una Dea.
Per raggiungere questo obbiettivo la scelta dell'attrice diventa più importante quasi della sceneggiatura stessa.
E la Portman è meravigliosa. Il suo pianto sporca di sangue è da brividi. Quello sguardo perso ma anche risoluto, sconvolto ma pure lucido, addolorato ma anche subdolo.
Se Larrain ci voleva raccontare un personaggio ambiguo, sfuggente, complesso, allora la Portman e il suo viso non potevano raggiungere risultati più grandi.
Cioè, c'è un piano di ascolto sulla scena del concerto alla Casa Bianca che toglie il fiato.
Perfetti anche tutti gli altri membri del cast, Sarsgaard su tutti.
Ma del resto nei film di Larrain il materiale umano è sempre straordinario.
Eppure, a tratti, ho faticato.
Un pò quello che mi successe con Neruda.
Il film iniziava un pò a ripetersi, a incartarsi.
E le sequenze con il prete John Hurt, la maggior parte di esse, l'ho trovate poco interessanti e anche banalotte (ma non tutte, non tutte...).
La cornice dell'intervista è un ottimo punto di vista però alla fine risultava quasi stancante.
Insomma, mi sono un pò intiepidito.
Per po riprendermi con i bellissimi 20 minuti finali.

Risultati immagini per jackie larrain film

Dicevamo, l'intervista.
Vero fulcro del film, non solo perchè gli fa fa cornice ma anche perchè ci offre interessantissime riflessioni sulla verità dei fatti e quella raccontata, su quello che si è in realtà e quello che si vuole mostrare di sè stessi, e su come la storia personale, a seconda di come venga raccontata, possa poi diventare la storia conosciuta da tutti, quella con la S maiuscola.
Anche qui la figura di Jackie è molto ambigua.
E secondo me in questo senso un passaggio è perfetto.
Il giornalista chiede alla Kennedy perchè abbia voluto andare con i figli alla camera ardente (mi pare fosse quella l'occasione, mi scuso se mi dovessi sbagliare).
Lei gli risponde "Vuole quindi insinuare che li abbia voluti esibire?".
Ecco, anche noi, forse, non penseremmo questo, non saremmo così maliziosi.
Ma giusto la scena prima avevamo visto proprio Jackie dire -non mi ricordo a chi- che era giusto che il mondo vedesse i suoi figli, vedesse il loro dolore e quello che l'attentato aveva comportato.
Esibirli, appunto.
Un montaggio che noi spettatori vediamo, il giornalista, ovviamente, no.
Ed ecco che questo piccolo passaggio getta un'ombra oscura anche su tutto il resto.
Quanta ipocrisia c'è in Jackie?
Quanto vero dolore?
Quanto narcisismo?
Del resto le viene anche detto che il funerale non è stato il funerale di J.F.K ma un evento dove era lei la vera protagonista, "lo spettacolo di sè".
In ogni caso la figura di Jackie, almeno in quei pochi giorni, ci pare quella di una che prova a tenere i pezzi tutti insieme.
Che siano quelli del cervello del marito o i preparativi del suo funerale.
Ma questo tenere insieme i pezzi, questo provare a resistere, sarà vano.
E come John Fitzgerald era ormai morto sulle sue gambe così lo è anche la sua vita fino ad allora.
Arriviamo poi ai 20 minuti finali che, per me, concentra quasi tutte le cose più belle.
C'è un triplo montaggio alternato superbo tra il momento dell'attentato (finalmente, era stato solo raccontato finora), il funerale e l'intervista.
I passaggi da lei col velo nero all'orrore in quella macchina sono pazzeschi.
Cinema d'intensità impressionante.
Ma non sarà l'unica perla di scrittura degli ultimi minuti finali.
Perchè fino a quel momento era successo che in un film che parla di Kennedy, Kennedy, alla fine, non era mai stato presente, se non in una cassa da morto.
Geniale.
Ed eccolo adesso, finalmente, comparire.
Ed è una scena da ballo con sua moglie.
Una moglie felice, che aveva tutto, che aveva il potere.
Una ragazza che sognava, come un'adolescente.
E quel sogno era una nuova Camelot.




Novella Cenerentola Jackie vedrà la sua carrozza ritornare zucca e topolini.
Ma, in futuro, tornerà a vederne molte di carrozze, anche dorate.
Chissà se il suo potere(i) e la sua ricchezza(e) sono stati frutto di calcoli, attitudine o circostanze.
Domande alle quali è quasi inutile rispondere.
Come quelle riguardo Dio.
Alla fine, che queste domande ce le facciamo o no cambia poco.
Domattina ci sveglieremo per farci comunque la nostra tazza di caffè

35 commenti:

  1. Bellissima recensione Giuseppe. C'è davvero poco da aggiungere. Anche se vorrei davvero scriverne di questo film. Concedimi solo di citare la scena dei manichini che stancamente vengono svestiti e rimossi dalla vetrina di un negozio di abbigliamento, mentre lei ne osserva lo “ scempio” dal finestrino della sua lussuosa vettura. Una scena ambigua come il personaggio che Larrain ci vuole raccontare. Jackie , in un momento del film, dice-senza alcuna convinzione- che sarebbe stato meglio se avesse fatto la commessa piuttosto che la first lady. Quei manichini, secondo me, se da un lato rappresentano quella sua menzognera ostentazione di un desiderio di normalità, dall’altro rappresentano metaforicamente il suo lento ma inesorabile declino. Le stesse acconciature; gli stessi vestiti, come essi anch'ella si percepisce denudata del suo potere e delle sue manie di protagonismo assoluto. Deturpata del piedestallo e del palcoscenico dal quale, con solennità, amava esibirsi. Montaggio strepitoso-come hai scritto tu- e regia superba. Larrain , secondo me, non ha sbagliato una sola inquadratura. Un abbraccio

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    1. Ma assolutamente sì cazzo.
      E io che lì per lì non avevo colto questo finale.
      Ma se era il finale doveva essere per forza importante, anche perchè veniva dopo altri due finali (potenziali) bellissimi.
      E' così, assolutamente.
      Oggi ho letto la rece di un amico (su Ondacinema la trovi) e anche lui ha colto questa cosa.
      Sì, quei manichini sono lei, lei spoglia, denudata, svestita, sparruccata.
      E, soprattutto, un manichino.


      grande

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    2. A me i manichini hanno dato un'impressione completamente opposta: la nascita di un mito, un'icona.
      Anche se mi state facendo venire un dubbio. I manichini vengono spogliati o vestiti al suo passaggio?

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    3. rivedendola nè spogliati nè vestiti mi pare, solo "maneggiati"

      la tua idea è interessante ma secondo me cozzerebbe alla grande con tutta la sceneggiatura

      insomma, quella scena finale la vedo più come un punto di arrivo, come un riassunto di tutto il processo che abbiamo visto

      leggerla in senso "positivo" (ovvero come nascita del mito jacqueline, sempre se mito sia diventata) è interessante, forse anche molto, ma per scrittura non me convince

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    4. anche perchè il manichino, vestiti a parte, mi sa proprio di metafora molto negativa

      però che ne so, tutto pò esse

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    5. Il mito Jackie nasce dopo la morte di kennedy (non vorrei sbagliare), e ci sta, invece, la mia lettura,se pensiamo (come mi pare di capire sia dalla rece che dai commenti), che la first lady fosse una persona arrivista, tenesse molto all'apparenza, al benessere suo e dei suoi figli, alla visibilità. Quei manichini, per me sono nella fase di vestizione, allestimento della vetrina e, l'espressione di lei a me sembra compiaciuta. Quasi a dire: ce l'ho fatta anche senza mio marito. Tutti mi ricorderanno.

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    6. Sì sì, molto interessante

      assolutamente opposto a quanto dicevamo ma ci sta

      io per come è strutturata la sceneggiatura ci vedo la lettura di Pierluigi, ovvero quella della metafora di tutti i 90 minuti che avevamo visto precedentemente

      te la vedi come nascita del mito nonostante tutto

      non concordo ma è interessante e ci può stare senza dubbio

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    7. Beh, se avessi concordato con te dopo aver largamente concordato con Pierluigi sarei come minimo schizofrenico

      ma concordare non serve a nulla, mai servito e a me mai interessato

      quello che serve sono le buone opinioni e la tua è ottima

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  2. Per me bellissimo film per come riesce ad essere omogeneo in ogni sua parte, tanto che trovo splendidi i suoi incontri con il prete per cercare di darsi una ragione di quanto accaduto.
    Fino alla superba chiosa finale.

    There comes a time in man’s search
    for meaning, when one realizes there are no answers.
    When you come to that horrible, unavoidable realization you
    accept it. Or you kill yourself.
    Or you simply stop searching.

    Al momento il mio film dell'anno

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    1. Bravissimo Andrea, quella è proprio la scena col prete che ho adorato.
      Non a caso l'ultima riga della mia recensione è quella appena successiva a quelle citate da te ;)

      Volevo mettere tutto il dicorso anche io ma non sono nuno da citazioni, scrivo di getto infilando le frasi del film in mezzo alle mie

      invece ho trovato altri momenti con Hurt deboli. Ma, attenzione, mi riferisco ad alcuni dialoghi, non alla scelta, perfetta, di far dialogare lei e un prete.
      Insomma, pollice altissimo per la coppia creata, qualche perplessità su alcuni discorsi

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  3. Un film solo apparentemente freddo, in realtà potentissimo.
    Le sequenze del funerale e della corsa disperata in macchina dopo l'attentato sono da antologia.

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    1. Eheh, son contento che anche te hai citato quel montaggio.
      Come ho scritto anche per me quei momenti sono il top del top, impressionanti

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  4. Wow. Parole bellissime le tue per un film potente e perfetto, quasi troppo. Ne ho apprezzato il piano intimo e psicologico, alla faccia di tutte le altre pellicole che hanno voluto raccontare il momento, e non le sue conseguenze.
    Neruda -perso al cinema, dove è stato gli unici giorni in cui non potevo andare- è lì che mi aspetta, salito in cima alla lista delle prossime visioni.

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    1. Mi prendi proprio mentre stavo rispondendo agli altri ;)

      sempre troppo cara Lisa, grazie

      sì, te in questi film hai un approccio simile al mio, andiamo più sul restringimento che sull'allargmento, più sugli occhi della Portman rispetto a tutto quello che stava intorno a jackie, una nazione intera...

      io son convinto che anche te con Neruda avrai qualche problema

      ma non voglio gufartela ;)

      ciao!

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  5. Analisi perfetta del film direi. Mi colpisce il fatto che tu l'abbia accostato all'ultimo Anderson, anche solo per la difficoltà che si prova ad entrare nei loro film, perché quest'accostamento è venuto anche a me, principalmente a partire da Neruda, che mi aveva ricordato le sensazioni provate già con Vizio di forma. A livello di contenuti, per la portata "storica" dei loro lavori, e la voglia di raccontare le varie identità di una nazione in determinati periodi, a livello tecnico, per un utilizzo della musica intenso e quasi straniante, e dei montaggi alternati magistrali (che in verità Anderson ha utilizzato soprattutto nei primi film). Oltre al fatto che ogni volta esco dalla sala stordito, ma i loro film mi rimangono impressi in maniera significativa

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    1. ah, mi fa molto piacere questa cosa, questa coincidenza, questa sensazione comune

      hai spiegato benissimo tra l'altro il meccanismo

      Io intendevo sia Vizio di forma che The Master. Succede tutto quello che dici te, si rimane storditi e un pò perplessi (non in senso negativo, solo la sensazione di non aver colto tutto). Capisci che hai visto film grandissimi ma che ti hanno messo un pò in difficoltà. E, voglio dire, non sono Lynch, le difficoltà derivano da altro

      e sì, anche io tra questi 4 film direi più Neruda e Vizio di forma.

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  6. Nonostante l'ammirazione per Larrain anch'io sono andato a vederlo con qualche remora trattandosi di un biopic anche se sui generis come già era successo con Neruda.
    La scelta di concentrare tutto il film nei quattro giorni del funerale e di raccontare una donna così sfuggente e ambigua, ambiguità che lei contribuisce volutamente a creare disorientando il giornalista e lo spettatore, è geniale.
    Tutto sommato, al di là delle apparenze, delle lacrime e del dolore ostentato, reso benissimo dalla superba recitazione della Portman per me il film è un ritratto impietoso di Jackie. Più che il dramma di una donna rimasta sola e che sembra preoccuparsi del futuro dei suoi figli ( che chiamandosi Kennedy certo non sarebbero finiti in mezzo a una strada) sembra il ritratto di una donna ambiziosa,amante della scena, che all'improvviso vede finire il suo ruolo di first lady e il suo essere sempre al centro dell'attezione dei media, diversamente dalle altre che l'hanno preceduta e seguita.Per questo pretende il funerale a piedi, con lei al centro e i bambini,perchè il mondo deve vedere, commuoversi e De Gaulle se ci sono problemi di sicurezza verrà in auto dietro o può anche restare a casa.
    La scena dei manichini va sicuramente intesa come ha detto Pierluigi ma a me ha fatto anche pensare al futuro di Jackie, alla sua straordinaria eleganza, sempre al centro del jet set internazionale, tra Givenchy e Dior, tra Costa azzurra e isole dell'Egeo.I manichini spogliati mi hanno fatto pensare anche a un altro suo "dolore": le spese folli che il marito le rimproverava e gli abiti firmati in esclusiva per sempre perduti (in quel momento, ma noi sappiamo che poi arriverà il miliardario Onassis e allora lei ridiventerà la regina dei rotocalchi).
    Ovviamente non può mancare una mia divergenza con Caden Cotard. Tu parli di vere immagini di archivio e della vera Jacqueline in tv in bianco e nero. Posso sbagliarmi ma la vera Jacqueline non compare mai e il documentario, secondo me, non è quello vero ma rigirato alla maniera dei documentari del tempo anche perchè c'è sempre lei, la Portman-Jackie che fa la padrona di casa. Larrain fa quello che aveva fatto a suo tempo Welles in Quarto potere che gira anche i cinegiornali dell'epoca con 16 fotogrammi al secondo e non 24 come usava allora e Woody Allen in Zelig.Sui due appunti da te rilevati sono d'accordo.
    Non so se si è capito ma io l'ho trovato un ottimo film, diciamo quattro palline su cinque.

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    1. Gran bel commento Carmine.
      No no, del tour alla Casa Bianca che è montato alternato tra vere immagini e quelle della Portman sono sicuro.
      Vediamo la vera Jacqueline in tutti i campi lunghi o medio lunghi (che so, quando è lontanissima in fondo al corridoio), poi ogni volta che ci sono inquadrature più strette si passa alla Portman. Ci sono almeno 3 inquadrature originali, mi pare cambi anche la grana del bianco e nero.
      Del resto lo fa anche altre volte, vedi quando scende dall'aereo o la camera ardente. Tutte quelle inquadrture dove Jacqueline non è vista di viso o comunque da troppo vicino sono originali.

      E' assolutamente come dici te.
      Ritratto ambiguo ma se proprio uno dovesse scegliere uno dei lati della medaglia quello che viene più fuori è la faccia sbagliata di Jacqueline.
      Sono troppe le battute e i riferimenti a questa sua ambizione, a questa sua voglia di apparire e a questa sua disperazione di aver perso quel ruolo.
      Uno fa un indizio, due lo stesso ma tre quattro fanno una prova.
      Anche sul funerale a piedi le viene proprio detto (il giorno dopo) che quel funerale non è stato di Kennedy ma il suo spettacolo.
      E la Portman sembra essere "contenta" di questo che le viene detto...

      verissimo, la scena dei manichini (che io ho incredibilmente e colpevolmente snobbato) può esser metafora anche di quello.
      A pensarci a posteriori era quasi impossibile trovare un oggetto o una metafora più potente che raccontasse di più

      molto bene!

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    2. sul fatto immagini di repertorio/immagini ricostruite ho letto pareri discordanti... sei sicuro che siano inserite delle immagini di repertorio e non sia tutto ricostruito?

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    3. Incredibile, ne stiamo parlando adesso su fb

      non ne veniamo a capo ;)

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    4. io propendo per il "tutto ricostruito" ... però non ne ho la certezza ...
      se addivenite ad un risultato dimmelo! ;)

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    5. Una ragazza ha messo un'intervista in cui pare che hai ragione te ;)

      eppure in parecchi siamo sicuri che in almeno 3 inquadrature (di sicuro una coi bambini alla camera ardente e una scesa dall'aereo) sia la vera Jacqueline

      oh, ci potremmo giurare ma st'intervista ci smentisce

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    6. ... questo la dice lunga sull'attendibilità dei "testimoni oculari"! ;)
      ripeto a me sembravano sempre ricostruzioni ma il dubbio mi rimaneva, soprattutto dopo aver letto la tua recensione e anche altre in giro ...

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    7. ci abbiamo perso un pomeriggio, siamo quasi sicuri che ci siano immagini d'archivio, io ho postato dei fermi immagine che paiono eloquenti

      ma che ne so, aspettiamo certezze

      oppure niente, pace, il film è bello lo stesso tanto ;)

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  7. Mancano ancora diversi mesi alla fine della stagione cinematografica (per me a luglio), eppure credo proprio che nella mia classifica personale al primo e secondo posto ci saranno "Jackie" e "Neruda": due film dello stesso autore, non mi era mai capitato da quando tengo il blog... e non credo di essere nemmeno uno di quelli che si esalta subito per un titolo, dimenticandosi di tutto quello che c'è stato prima.

    Eppure con Larraìn mi è successo. Ho visto il film alla Mostra di Venezia, di mattina presto, alla proiezione stampa, e ti giuro che sui titoli di coda avevo le lacrime agli occhi... forse "Neruda" è perfino più bello, cinematograficamente più valido, ma le sensazioni che mi ha smosso "Jackie" sono indescrivibili: la storia di una donna potente e sola, forse sola proprio perchè potente. La fragilità, l'umanità, la dignità di chi perde il compagno di vita in modo assurdo. La scena dei funerali ripresi dal finestrino della macchina, riflessi nel vetro, semplicemente toglie il fiato: l'America piange il suo presidente più amato, destinato ad entrare nella leggenda, mentre sua moglie è già sola, sola contro tutti...

    Parlando di politica (credo sia inevitabile con questo film), trovo semplicemente assurde le accuse che qualcuno ha rivolto a Larraìn di essersi "svenduto" allo show-business, per aver accettato una sceneggiatura scritta da altri.
    Ecco, io trovo che "Jackie" sia perfettamente coerente con la sua filmografia: Larraìn ci ha descritto prima la dittatura cilena (con "Tony Manero" e "Post mortem"), poi ci ha fatto vedere la fine (con "No, i giorni dell'arcobaleno"), poi i suoi strascichi ("Il Club"). E' non è forse vero che il regime di Pinochet fu "incoraggiato" e sostenuto dagli americani? E quando? Guardacaso, da dopo la morte di Kennedy... e il cerchio si chiude.

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    1. E' il commento che speravo arrivasse, quello che auspicavo in rece ad "integrare" una recensione che non dà un minimo inquadramento politico.

      troppo facile intuire che Larrain, per te, è veramente il regista perfetto. Già eccezionale di suo le sue tematiche poi sono troppo interessanti per te.
      Se piace tantissimo a me che sono fuori da certe informazioni ed interessi figuriamoci te

      Dalle righe che scrivi sembra che tu abbia provato una grande empatia per jackie (e, lo ammetto, anche io in molte scene). buffo come tanti a cui comunque il film è piaciuto tanto l'abbiano visto come un tremendo atto accusatorio verso di lei. Una donna che ne esce malissimo. Ma del resto questo conferma l'eccezionale ambiguità di questa sceneggiatura.
      Sì, per me incredibilmente più emozionate di neruda (anche se il finale di questo è straordinario)

      mah, critiche assurde, già pronte, qualsiasi cosa avesse girato sarebbero enute fuori

      perfetta la tua chiusa, interessante e davvero intuitiva

      e se il cerchio si è chiuso adesso che girerà?

      ;)

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    2. Eh... la tua ultima riga è la sfida più grande. Ma io ho fiducia! ;)

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    3. se non si ha fiducia su Larrain non la si ha con nessuno ;)

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  8. comunque (per dir la mia che sinora ho taciuto al di là della diatriba vero/ricostruito) non posso dire che sia un film brutto. ma è un film che non è nelle mie corde. e il fatto che sia stato voluto e "commissionato" da aronofsky (l'ultimo aronofsky) in qualche modo me lo rende, appunto, un po' estraneo.

    per me Larrain è Post Mortem e El Club.

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    1. Sono assolutamente con te.
      Come ho scritto se mi dovessimo chiedere quali sono i due film di Larrain più grandi oggettivamente direi Jackie e Neruda.
      Ma i "miei" Larrain rimangono El Club e Post Mortem.
      Io ho bisogno di claustrofobia e piccole storie (anche se di grande respiro), ho bisogno di disagio e lordume.
      Ma stima immensa per uno che sa girare cose così diverse

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  9. Biopic non convenzionale, ritratto della first lady più famosa e amata, simbolo di eleganza e stile, donna innamorata del fu JFK, nonostante tutto. Il film non scade nel becero gossip, Jackie, interpretata da una meravigliosa Portman (maggior candidata a vincere l'Oscar), è profonda, intensa, combattuta, una vedova che trasuda dignità e compostezza non comuni. Luce naturale, direzione esemplare (Larrain uno dei migliori registi del periodo ), interpretazioni maiuscole, commovente e coinvolgente. Dopo di loro altre coppie presidenziali si sono succedute ma la magia e la favola di Camelot non è mai più ritornata.

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    1. Eh, poi quell'Oscar non l'ha vinto purtroppo ;)

      per il resto concordo su tutto. Anche se secondo me Jackie non ne esce così bene come sembra trasparire dal tuo commento

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3 ciao