7.2.17

Recensione "The Tree of Life" - Scritti da voi (100!!!!) - Claudio Rugiero



E così siamo arrivati -senza nemmeno essercene resi conto- al pezzo esterno (ossia non scritto da me) numero 100.
Tantissimi.
Certo, su 1200 post non arriviamo nemmeno al 10% del totale, ma l'iniziativa partita 2,3 annetti fa si è confermata davvero riuscita ed ha permesso a tante persone di farsi leggere e conoscere.
Questa è la seconda volta per Claudio Rugiero, alle prese con l'analisi di uno dei film cardine di questi nostri anni, The Tree of Life


Qualche tempo fa mi chiesero una spiegazione del film di Terrence Malick “The Tree of Life”, Palma d’oro a Cannes nel 2011, uno dei film più complessi mai visti. Interpretato da Brad Pitt, Sean Penn e Jessica Chastain, “The Tree of Life” inaugura per il regista più riservato di Hollywood la trilogia esistenzialista, proseguita poi con il fiacco “To the Wonder” e il quasi riuscito “Knight of Cups”. La complessità del film risiede nel fatto che gli eventi narrati non seguano un ordine cronologico ma piuttosto un ordine sensoriale: non vengono narrate le cause per scoprirne le conseguenze ma, al contrario, dalle conseguenze si può arrivare a comprendere le cause. Nel film gli eventi della storia vengono risucchiati dal complesso apparato metafisico che il regista riesce a costruire.


Nero.

Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della Terra?

(Giobbe 38,4)

Dal nero una piccola e debole fiamma accesa. Udiamo una voce fuori campo:

“Fratello!...Madre!...Sono stati loro a condurmi alla Tua porta!”.

La fiamma è inghiottita dal buio. Un paesaggio campestre. Una bambina e la sua infanzia campagnola (Mrs. O’Brien che rievoca la sua infanzia felice, la stessa che cerca di ritrasmettere ai suoi tre figli). Scene accompagnate dalla voce fuori campo di Mrs. O’Brien:

Le suore ci hanno insegnato che ci sono due vie per affrontare la vita: la via della Natura e la via della Grazia. Tu devi scegliere quale delle due seguire. La Grazia non mira a compiacere sé stessa. Accetta di essere disprezzata. Dimenticata, sgradita. Accetta insulti e oltraggi. La Natura vuole solo compiacere sé stessa e spinge gli altri a compiacerla. Le piace dominare, le piace fare a modo suo. Trova ragioni di infelicità quando tutto il mondo risplende intorno a lei e l'amore sorride in ogni cosa. Ci hanno insegnato che chi ama la via della Grazia non ha ragione di temere. Io ti sarò fedele, qualsiasi cosa accada...


E da qui comincia il film vero e proprio: Texas, anni 50. Gli O’Brien sono una famiglia di ceto medio di un ridente quartiere americano. Il capo-famiglia Mr. O’Brien è un onesto pilota d’aerei mentre sua moglie, Mrs. O’Brien, è una giovane casalinga. La coppia è profondamente religiosa e ha tre figli: Jack (il protagonista del film), il fratello di mezzo, il piccolo R.L. e il maggiore Steve. La famiglia è stranamente molto unita, nonostante le frequenti discussioni tra i signori O’Brien circa l’educazione da riservare ai figli. Mentre infatti la madre è molto amorevole e rassicurante, preoccupata soltanto del fatto che i figli trascorrano un’infanzia felice, il padre, pur amando i suoi bambini, cerca di impartirgli un’educazione rigida, di stampo quasi militare, volta a farne degli uomini ambiziosi, terrorizzato dall’idea che i suoi figli possano essere come lui. Mr. O’Brien è infatti un uomo frustrato dai fallimenti e dagli insuccessi, di cui in fondo si auto-accusa di non averci creduto abbastanza. Dice: Ho trascorso una vita nell’attesa di qualcosa, e quel qualcosa era l’attesa.
Nella mente di Jack, ispirato dagli insegnamenti della madre, i due genitori rappresentano la Natura (Il Padre) e la Grazia (La Madre). L’infanzia di Jack prende una brutta piega il giorno in cui muore il suo fratello maggiore Steve. La famiglia sprofonda nel dolore e non riesce a trovare la forza di superarlo. La stessa Mrs. O’Brien, pur profondamente religiosa, vede per un istante vacillare la propria fede: Il Signore dà, il Signore toglie. Sparge sale sulle ferite che dovrebbe curare.
Jack reagisce confusamente a quell’evento, fondendo il dolore della perdita con il senso di colpa (Come ti ho perduto? Mi sono allontanato? Ti ho dimenticato?). Mentre i genitori nella fede trovano una flebile luce in fondo al tunnel, Jack arriva a mettere in discussione l’esistenza di Dio (e questo si riferisce la didascalia iniziale), scontrandosi spesso con il padre, da cui finirà per allontanarsi. Il rifiuto dell’entità divina coincide infatti con l’uccisione del Padre, in una lettura in chiave edipico-bergmaniana. Divenuto adulto, Jack è un uomo confuso e infelice, dal percorso interiore difficile ed irrisolto, imprigionato nei dolorosi ricordi del passato ed assolutamente incapace di trovare un equilibrio, di fare pace con sé stesso: in ufficio sembra essere piuttosto assente; spesso tende ad allontanarsi, ad isolarsi e il suo matrimonio è piatto e infelice (lui e sua moglie condividono lo stesso tetto ma praticamente non si incontrano oppure non si parlano mai). Ossessionato dall’idea di aver erroneamente abbracciato la via della Natura, continua ad incolpare il padre: in un messaggio lasciato in segreteria gli chiede scusa per una discussione che hanno avuto e per averlo accusato ingiustamente. Questo ultimo messaggio rappresenta un disperato tentativo di riappacificazione con la Natura, col Padre.



Jack desidera la Grazia ma, avendo ostinatamente rinnegato Dio, non riesce a raggiungerla. I giorni passano, la vita fugge via e Jack nell’infelicità continua ad attendere un segno che non arriva. Alla fine dei suoi giorni, Jack finirà per accasciarsi su una splendida spiaggia lasciandosi cadere in ginocchio come invocando infine il perdono divino e quindi raggiungendo la Grazia. Infatti, in una sua ultima visione vedrà Mrs. O’Brien ritratta come la Vergine Maria accanto ad una figura angelica (l’Arcangelo Gabriele?) che si rivolge al cielo come chiedendo al Signore di avere pietà per suo figlio: Lo dono a Te… ti dono mio figlio. Qui, Jack si ricongiungerà con i suoi familiari e finalmente sul suo volto balenerà un sorriso: qualsiasi dolore o conflitto appartiene alla vita terrena.
Opera apertamente agnostica e trascendentale, The Tree of Life è un documentario sull’Uomo e sui dubbi esistenziali. Ad un certo punto del film, la narrazione principale si interrompe per mostrare la nascita dell’Universo, il Big Bang, i buchi neri, i fiumi, le cascate e infine la nascita dell’Uomo. Tutto quanto c’è di metafisico a questo mondo è avvolto nel dubbio: questi eventi sono ritratti così come sono con un approccio rigidamente scientifico, come un campione di laboratorio teso a sottolineare la totale assenza della mano divina. Ma nelle frequenti immagini dedicate alla Natura si legge una visione quasi leopardiana della Natura. Queste immagini infatti hanno il compito di dar voce ai dubbi esistenziali di Jack in particolare e dell’uomo in generale. Parafrasando il film, il senso di queste immagini è: “Perché Dio Onnipotente che ha creato l’Universo, l’Uomo, i mari ecc… permette tutto il male del mondo?” Il film a questa domanda non dà una risposta certa, si chiude nell’agnosticismo. L’unica conclusione a cui arriva è che i dubbi sull’esistenza sono privi di fondamento.
La contrapposizione tra una vita condotta in nome della fede ed una vita condotta nella totale assenza di fede è data dal film stesso: Jack è infelice perché rifiutando il legame col Padre (col padre biologico ma anche col Creatore) si è ritrovato completamente solo e abbandonato a sé stesso. In effetti, il film mostra tutta una serie di eventi in cui Jack avrebbe voluto sentirsi vicino a Dio ma non ne ha sentito la mano: la morte del fratello, il conflitto col padre, il matrimonio infelice… Un’immagine diviene emblematica per questo discorso: dopo la morte del fratello, gli O’Brien si attaccano disperatamente alla fede. Una domenica mattina, Mr. O’Brien è solito ad accompagnare i figli alla funzione religiosa. Mentre alcuni conoscenti si dispiacciono per la sua perdita, Mr. O’Brien per sopportarne il dolore si rifugia nella Chiesa e, dopo averlo aspettato, Jack bambino lo va a prendere. Quando Jack entra, la Chiesa è vuota, al di fuori di Mr. O’Brien. E’ vuota perché Jack entrando in quel luogo di culto trova il nulla. E qui ritorna emblematica la frase precedentemente pronunciata da Mr. O’Brien (Ho trascorso una vita nell’attesa di qualcosa, e quel qualcosa era l’attesa), una frase che in fondo rimanda anche al pensiero agonico che tratteggia l’intero film. In effetti, il film per circa 130 minuti risulta angosciante, tolti gli ultimi otto che suggeriscono la rassicurante immagine di riconciliazione. Nell’ottica del film, la Morte, temuta e insieme desiderata da Jack tutta la vita, è un momento beneficio, segna la fine di ogni sofferenza. In sostanza, Malick capovolge il luogo comune secondo il quale un film che termina con la morte non è a lieto fine, rappresentando piuttosto la vita come un’interminabile sofferenza.
Il titolo del film a questo punto è chiaro: The Tree of Life perché il film rappresenta l’Uomo teso alla perenne ed esasperante ricerca del senso della vita, una ricerca che si contorce e si espande per tutta la vita fino ad assumere la forma di una struttura ramificata, ad albero. Ma è una ricerca a vuoto perché, arrivato alla fine, continua a cercarlo guardando all’oscurità con la luce di un’ultima speranza.

7 commenti:

  1. Un film che ho amato e amo, a partire dall'aspetto puramente visivo, passando per la recitazione fino all'infinità di tematiche trattate.
    Uno dei miei film preferiti, anche se capisco chi lo possa definire pesante.
    Bella recensione complimenti.

    Unico appunto è che a mio avviso Jack, il protagonista con fattezze umane del film (si potrebbe dare molte interpretazioni su chi o cosa sa il vero protagonista del film), è il più vecchio dei tre figli, il "Caino" per così dire. A morire è il fratello di mezzo, quello con il quale aveva quel rapporto di amore-rivalità essendo RL arrivato a "sottrargli" parte dell'amore della madre.
    La chitarra appoggiata, segno della mancanza è riferita a R L: era lui a suonarla e non Jack.

    Mandi Mandi

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  2. L'albero della vita è spesso uno dei centri simbolici delle rappresentazioni mistiche di molti credi e culture. La mia idea è che Malick voglia riferirsi alla gnosi e all'albero della vita cabalistico.
    Gran film!

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  3. Stavo appunto per dire "edipico-bergmaniana" ma mi hai tolto le parole di bocca :)
    Cogli benissimo un aspetto che amo molto di Malick, il fatto di rappresentare la fede non come una religione da abbracciare (anche se il linguaggio e l'iconografia sono di matrice cristiana) ma come un insieme confuso di domande senza risposta, un vuoto appunto.
    Bellissima analisi Claudio, grazie

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  4. "Ma si amano quei due? Ma si parlano? Ma che li fanno a fa tutti 'sti bambini? Sono alcune delle domande che rimbalzano in sala mentre dallo schermo ce ne diffondono di ben altro calibro: perchè Dio permette il male? Perchè il dolore se vado in chiesa tutte le domeniche? Perchè il vicino c'ha più soldi di me?
    In questa fase saccheggiamo anche A Bug’s Life – Megaminimondo, intrufolandoci nella vita degli O'Brien ma da sotto il letto, da dentro la vasca, occhieggiando dagli stipiti, smolecolando il quotidiano, controluccicando a scatafascio, cross-screen ad ogni apparir di sole, impietosi primi piani sempre davanti ad almeno una finestra tendinata o sfumanti abatjour, eppoi le gelosie tra fratelli ma anche il volersi/potersi fidare da parte del de cuius (io indagherei un attimo su chi l’ha fatto fuori…), uno Stand by me riparametrato a guisa d’album fotografico, ogni scena un'istantanea: cani mici panni alberi innaffiatoi ...cose fiori nomi città." ..questo un estratto della mia rece su FilmTv.. un film di quelli che ti lasciano basiti e con grossi interrogativi ai quali nessuno darà mai risposta, come ad esempio: "come hanno potuto le macroorecchie del Jack ragazzo trasformarsi nelle microorecchie del Jack uomo, indolente Sean scocciato alquanto per le scene tagliate (la lotta col dinosauro sembra essere tra quelle che più bruciano...)"

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  5. bellissimi commenti ragazzi

    ma non ho scritto io il pezzo nè ho visto il film

    quando qualche esterno pubblica qui dovrebbe seguire il suo articolo ma qui molte volte mi sembra che tanti si facciano pubblicare solo "per loro", non per partecipare a qualcosa di collettivo e dialogico come, da anni, provo a fare io

    non so se è anche questo il caso, il mio è un discorso generale. ma credo che sia ora che io inizi a starci più attento e scegliere, senza accettare tutto

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  6. ah, ripeto, la mia non è una cosa contro Claudio (è solo il suo secondo pezzo, il primo non ha avuto commenti e questi sono solo di ieri...) ma a delle sensazioni generali che ho avuto alcune volte

    mi dispiace averlo scritto qua sotto, è solo un caso

    ma ci tenevo a dire questa cosa della mia (credo legittima) estraneità dai pezzi esterni

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  7. Grazie a tutti per i commenti. Commento solo adesso perché solo adesso ho capito come fare per commentare, sorry :) Grazie a Giuseppe per avermi spiegato.

    Claudio

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