19.11.15

Recensione "Rams"


Due fratelli che non si parlano da 40 anni.
Una fattoria divisa in due, con le pecore come unica amicizia, unica vicinanza e anche unica "roba", alla Verga.
Un giorno però vanno abbattute, tutte.
Non resta più nulla, o forse sì, qualcosa sì.
E quel qualcosa probabilmente non sono soltanto le 8 pecore nascoste e salvate al massacro.
Quel qualcosa è da cercare in una caverna, nella neve.


presenti spoiler


Rams è uno quei film scandinavi (o.k, è Islanda, ma quello è) così scandinavi che ti pare possa essere il paradigma dei film scandinavi.
Hai i loro tempi, i loro silenzi, i loro paesaggi, la loro essenzialità, il loro freddo.
Hai, nel particolare, due fratelli che fratelli ormai lo sono solo per contratto, divisi in separazione non consensuale nella stessa fattoria.
Uno sta a destra e uno a sinistra, a unirli solo la stalla e la valle, l'immensa valle.
Non si parlan più i due, che qualcosa di grosso è successo e questo qualcosa è successo tanti tanti anni fa, adesso saranno almeno 40 ormai.
Così per dirsi le cose si scrivono lettere che poi consegnano a un cane viaggiatore che le porti all'altro, 25 metri più in là.

Non hanno niente sti fratelli se non il loro montone personale e le pecore che quel montone ogni tanto deve battezzare per fare altre pecorelle.
I montoni, i Rams, sono di una razza pregiatissima, tanto è vero che a un concorso per montoni -un tristissimo concorso che se l'Andersson del Piccione fosse stato là avrebbe tirato fuori la telecamerina- vince uno dei due fratelli.
E quell'altro arriva secondo per mezzo punto, mannaggia al muscolo posteriore del montone.


Dici vabbeh, che glie frega, ma in un mondo di nulla il poco più di nulla è il tutto.
O.k, il suo montone ha vinto ma secondo me c'ha una malattia, una grave malattia, venite a controllare.
E mica è solo una ripicca eh, quella malattia ce l'ha per davvero. E se ce l'ha il pater familias ce l'han tutti, che tutti da lui discendono e anche chi non discende da lui ogni tanto ha fatto amicizia con qualche altra pecorella nelle gite fuori porta.
Tutte le pecore della valle, tutte, vanno abbattute. Che brutta cosa scrivere abbattute, ma quello è.
Oh, direte voi, Giuseppe che non scrive mai mezza riga di trama adesso sembra non parlar d'altro.
Il fatto è che questo film è quasi non commentabile.
Perchè è perfetto, c'è poco da dire. Ma allo stesso tempo fai fatica a dire che è bello, che ti ha preso, che dovete vederlo adesso.
Stai lì, spettatore, e godi degli straordinari panorami (che l'Islanda, si sa, è cinema già di per sè), di questi due attori talmente bravi e non attori che quasi quasi ti dimentichi di stare in un film, di queste piccole cose, diatribe, accadimenti, talmente piccoli che se un giorno ti chiedono un film sull'essenziale te gli dici "ah, spetta, ne ho visti tanti ma Rams, ecco sì, quello islandese, quello di sicuro".


Ma l'essenziale non è mica il poco eh, l'essenziale è il quanto basta e il quanto basta da un certo punto di vista è addirittura il tutto.
E per loro l'essenziale, il tutto, sono quelle pecore. In realtà lo sono per tutti gli allevatori della valle.
La Roba avrebbe detto un tempo il contadino Mazzarò, il capitale direbbe adesso uno della upper class.
Fatto sta che morte le pecore, in una scena che mi ha ricordato l'indimenticabile finale di Sto Lyko -film del resto vicinissimo a questo- morte le pecore non si ha più niente.
E allora l'ultimo disperato tentativo è tenersi qualche spiccio di quel capitale perso.
Il montone e 7 pecore.
Che non sono solo la sopravvivenza, ma anche amicizia, vicinanza, compagnia. Tutto.
Rams ad un certo punto impazzisce e diventa una specie di thriller americano dove in cantina al posto dell'agonizzante vittima imbavagliata ci stanno le pecore. Nessuno deve sentirle, sia mai.
Qualcuno, più volte, rischierà di morire, tanto la vita da soli, senza donne e senza pecore non ha senso.


Ad un certo punto in un momento di assoluto silenzio un anziano signore dietro di me ha detto alla compagna "Certo che sto film non è allegro" scatenando le risa un pò di tutti. E non era tanto il silenzio assoluto in cui l'ha detto, ma quella frase è sembrata così assurda e allo stesso tempo vera che m'ha fatto riflette.
Perchè io vedevo un film sì drammatico, ma anche tragicomico. Invece no, invece Rams di comico non ha nulla e se a volte diverte lo fa quasi involontariamente, con frasi e gesti che noi percepiamo divertenti ma in realtà non lo sono.
Questa è la storia di due fratelli che per 40 anni non hanno avuto niente in comune.
Si sono odiati, sempre.
Ma ad un certo punto sono arrivati al grado zero, quello in cui hai perso tutto.
E ti riconosci simile all'altro.
E in un finale che ho trovato semplicemente meraviglioso c'è una tempesta impressionante.
E una caverna poi.
E due corpi nudi, stretti in un abbraccio disperato che vuol dar vita.
Non siamo più soltanto all'essenziale, qui siamo quasi al primordiale.
In quell'abbraccio, in quel calore umano in mezzo al freddo mortale, in quel pianto, c'è qualcosa che somiglia tanto alla nostra origine, quando i rapporti non erano intellettivi o istituzionali, ma "solamente" animali.
Io non lo so come descriverlo questo abbraccio, questo finale.
Ma non lo dimenticherò.

10 commenti:

  1. Pare molto interessante.
    Cerco di recuperarlo.

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  2. Forse manca qualcosa del lirismo di Herzog, forse alcune battute rasentano il comico involontario, ma certo il film possiede i migliori caratteri di una tragedia moderna, a me ha ricordato l'epopea dei malavoglia per certi aspetti. Due piccole figure (non i personaggi usi alla dismisura di Herzog) che colmano un ambiente questo sì smisurato e si confrontano con gli ingranaggi di una società che non li contempla più, e perdono, ma perdono bene. In un abbraccio bellissimo.

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    1. Rocco, commento di 6 righe e un quarto, che t'è preso, hai letto Ungaretti?

      che buffo eh, io cito La Roba e te I Malavoglia ;)


      "Due piccole figure (non i personaggi usi alla dismisura di Herzog) che colmano un ambiente questo sì smisurato e si confrontano con gli ingranaggi di una società che non li contempla più, e perdono, ma perdono bene. In un abbraccio bellissimo."

      applausi, sono al limite di condividerla su faccialibro

      anzi, me sa lo faccio

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    2. Complimenti Rocco, e complimenti a te. Alla fine quell'abbraccio ci ha messi tutti d'accordo. :)

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    3. Il commento di Rocco è un pò alla Chiara, se posso permettermi ;)

      Rocco, non ti posso fare complimento migliore eh

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    4. Ho letto alcuni suoi pezzi e lo considero un supercomplimento. Grazie.

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  3. Ah ah ah... oddio m'è fatto morì con Ungaretti

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  4. Pellicola che ho recuperato grazie ad un tuo post di fine anno in cui citavi la bellezza del finale e devo dire che quel finale è talmente struggente e meraviglioso che eleva tutto il resto, splendido, anche se lo debbo dire, la riconciliazione finale tra i due fratelli è un pò prevedibile, ma è il modo che fà la differenza.

    Film tra il tragicomico e a tratti il grottesco con un cuore molto grande, ci sono scene riuscitissime e che rimangono nella mente, come il trasporto all'ospedale del fratello con il trattore agricolo che è stupendo, oppure il cane che fa da spola e porta lettere, insomma un gioiellino, felicissimo di averlo recuperato ;)

    Voto: 7,5

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    1. E^ vero...
      Potevano pensare mille modi per riconciliarli ma questo va oltre tutto, forse anche oltre lo stesso film.
      E' una scena che rimanda ai primordi dell'uomo, al calore umano, all'animalità

      come quasi sempre son d'accordissimo con tutto quello che dici, scene che citi comprese ;)

      ah, penso proprio che avrei messo lo stesso voto...

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