17.3.19

Recensione "Possum"

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Un'opera prima che, almeno all'inizio (ma anche dopo...), ricorda moltissimo lo splendido Spider di Cronenberg.
Un uomo psicologicamente molto debole e solo torna nella casa d'infanzia.
Con sè ha una borsa di cui non si priva mai.
Dentro quella borsa qualcosa o qualcuno di cui ha paura ma che, al tempo stesso, sembra avere bisogno.
Un esordio molto colto e misurato, un thriller psicologico dalle venature simboliche e inquietanti, un film non perfetto ma che è capace di darci sensazioni molto forti, creare una grande atmosfera e farci stare fino alla fine col desiderio di capire.
Interpretato da due attori in stato di grazia.

presenti spoiler

Comincia il film e - a parte il misterioso e inquietante prologo e a parte anche dei bellissimi titoli di testa che sembrano quelli di una serie tv - dicevo comincia il film e vediamo un uomo stralunato, spento e grigio (marrone) scendere da un treno.
Sembra l'inizio di Spider di Cronenberg.
Poi st'omo grigio e spento finisce in una specie di casa sgarruppata, stile inglese, tra l'altro un edificio della propria giovinezza.
Sembra l'inizio di Spider.
Poi sale in cameretta e mette una specie di diario sotto le assi del pavimento.
Sembra l'inizio di Spider.
Poi scende di sotto e c'è un vecchio bavoso che sembra uscito da Spider.
Sembra l'inizio, ca va sans dire, di Spider.
Insomma, mi ritrovo un personaggio uguale a quello di Fiennes, una location identica a quella del film di Cronenberg, delle dinamiche similissime, e anche un personaggio di contorno che poteva benissimo stare nell'altro film.
Mi chiedo se questo sia una specie di remake.
Poi, dopo pochi minuti, vediamo finalmente cosa c'è in quella misteriosa borsa.
Un uomo ragno.
Ragno, Spider.
O.k, non sarà un remake ma credo che la mia, facile, intuizione a questo punto sia ufficiale.
E sì, anche andando avanti questa notevole opera prima, Possum, somiglierà molto a quel grandissimo film. Riuscirà però a discostarsene, sia nel modus operandi che negli intenti.
Paradossalmente la sceneggiatura di Spider era molto più complessa di questa ma, invece, il film più difficile, essendo fortemente simbolico, è Possum.
Ecco, d'ora in poi cerco di parlare solo e soltanto di quest'ultimo film.

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Dicevo, opera prima.
E no, non sembra mica. 
Non sembra per la grazia nella regia e nella fotografia, non sembra per la profondità dell'opera, non sembra soprattutto per il tipo di film scelto per l'esordio, un film molto vecchio, sia nel vestito che nell'anima, che preferisce una fortissima componente psicologica a qualsiasi altra cosa.

Di solito all'inizio si va con il genere oppure con la genialata, difficile che si scelga come primo film un racconto così sporco, povero, difficile e misurato.
Insomma, Matthew Holness (oh, per una volta mi sono ricordato di mettere il nome del regista...) sembra già vecchio.
Possum è un thriller psicologico dove alla fine non si thrilla quasi mai, ma si preferiscono delle suggestioni e delle atmosfere che ricordano più gli horror d'autore o il simbolismo.
E' la storia di Philip, un uomo molto solo e molto disturbato, che se ne torna nella casa materna, quella casa dove, forse, successe qualcosa di molto brutto in passato.
Con sè ha sempre una borsa, non se ne priva mai.
Dentro la borsa, lo scopriremo abbastanza presto, c'è un pupazzo molto inquietante, un ragno gigante con la testa umana o, se preferite, un uomo col corpo di ragno.
Impossibile per uno che lo ama come me non mandare il mio pensiero a Kafka e alla sua indimenticabile metamorfosi. E sì, l'intero film ha anima profondamente kafkiana, sia nel senso di oppressione e disagio vissuto dal protagonista sia nel suo forte simbolismo sia in questa grande difficoltà che abbiamo a capire quello che in realtà stiamo vedendo (leggendo).
In quella casa c'è Maurice, un vecchio (interpretato da Dio come è interpretato da Dio il personaggio principale) laido, sporco, ambiguo e bavoso, vecchio che capiamo essere stato in passato una specie di padre per Philip.
Il film, sostanzialmente, non avrà altri personaggi.


Anche lo spettatore meno scafato capirà ben presto che quella borsa e quel manichino che si porta in giro Philip hanno fortissima valenza metaforica.
E' evidente che rappresentino qualcosa che lo spaventa (più d'una le scene di suoi incubi in questo senso) e di cui quindi vuole liberarsi - e infatti ci proverà più volte- ma anche qualcosa di cui alla fine o non si riesce a liberare davvero o, se lo fa, sente subito la mancanza.
A prescindere dall'eventuale piena comprensione dell'opera credo sia abbastanza evidente come questo pupazzo possa rappresentare uno di quei pesi, uno di quei ricordi che ci portiamo sempre addosso, che magari ci fanno male ma che ormai fanno parte di noi, se li perdiamo ci sentiamo destabilizzati.
Il rapporto tra Philip e l'uomo ragno è di odio e affetto, paura e necessità, volontà di estraniarsene e alter-ego.
Credo che un riferimento abbastanza calzante che potremmo fare sia quello di Babadook.
E secondo me in questo film c'è proprio il grosso zampino del grandissimo film australiano visto che Holness mette dentro al film addirittura un libro e una cantilena sul Possum (il mostro), praticamente identico a quello del Babadook.
Demoni mentali quindi, mostri che stanno con noi e non se ne vanno via, creature astratte con cui dobbiamo convivere.
Intanto il film prosegue e ci mette davanti degli oggetti simbolo, come il barattolo di caramelle (quello che probabilmente usava lo zio nel passato per conquistare il bambino), come la porta che Philip non riesce ad aprire,  come i riferimenti a un incendio del passato.
Insomma, un procedimento anche qua molto simile a Spider, film che proprio in questo aspetto, quello di oggetti e luoghi simbolo che piano piano prendevano luce, fu magistrale.
Arriveremo alla fine, direi che i nodi vengono abbastanza al pettine, in modo forse anche un tantino meno sorprendente di quello che potevamo aspettarci.
Restano alcuni punti molto oscuri, simbolici e da rifletterci sopra (il manichino, la volpe, i palloncini neri) ma questo è uno dei classici film in cui la seconda visione diventa quasi sempre un'epifania.

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Alla fine quello che conta sono le sensazioni che questo film ci regala e, impossibile negarlo, Possum sa creare delle atmosfere notevoli, un ambiente malato e denso, un senso di solitudine e dolore e anche qualche intermezzo abbastanza inquietante se non, per i più suggestionabili, inquietante.
Forse dopo la prima mezz'ora era lecito aspettarsi ancora qualcosa di più, sia a livello di scrittura che di emozioni, ma il film regge fino alla fine.
Certo, nella risoluzione finale mi è mancato un riferimento più diretto all'uomo-ragno, ero certo che avremmo avuto qualche tassello più esplicativo.
Però è anche bello che ognuno di noi dia a quella "creatura" inquietante e brutta ma anche empatica e triste, la valenza che vuole.
E poi è anche vero che sto scrivendo la recensione a film appena finito e non c'ho riflettuto nemmeno un attimo.
Resta un film molto bello, coraggioso, doloroso e anche capace di farci provare qualche brivido sulla schiena.
L'ennesima conferma che le cose più belle si trovano spesso negli esordi

7.5

14 commenti:

  1. ciao Giuseppe, questa è una coincidenza assurda! Nel week end scritto un lunghissimo commento su questo film, che penso di mettere su fs oggi dopo che lo rileggo. L'ho visto 4 volte per carpire tutte le sfumature e mi sono dato una chiave di lettura molto simile alla tua

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    1. incredibile!

      mettilo anche qua

      cazzo, 4 volte, non ci credo...

      ma almeno due servivano, illuminami

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  2. ciao, è troppo lungo il mio commento, mi limito a linkarlo. Su alcune cose penso di aver azzeccato, altre sono un po' sparate...ma va beh. Mi ha troppo coinvolto questo film, forse per qualche senso di colpa di troppo che ho avuto negli ultimi anni:
    http://www.filmscoop.it/film_al_cinema/possum.asp?Nickname=Jolly%20Roger#NicknameFind

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    1. RECENSIONE PAZZESCAAAAAAAA

      oh, ho lasciato un amico intelligente ma in questi mesi mi ritrovo un genio, cazzo t'è successo?

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    2. eeeeeeehhhhhh non esageriamo :-) mi ha appassionato sto film e dopo che uno se lo riguarda più volte si notano un sacco di cose. Tra l'altro, ho visto Sauna. A parte il fatto che mi è piaciuto un sacco, ci sono cose su cui devo riflettere a caldo. Paradossale che entrambi i film trattino il senso di colpa, ma in modo estremamente diverso

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    3. assolutamente...

      due film sul senso di colpa entrambi e entrambi pieni di simboli e metafore

      ma voi fa la stessa cosa che hai fatto con Possum?

      ho pauraaaaaaa

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    4. ahah nono in questo caso assolutamente no. Forse lo rivedo una volta, ma non so...Sia perchè ho trovato più complesso e intrigante Possum, sia perchè Sauna è un po' più ostico da capire. In mezzo ad alcune cose che hanno un significato, ve ne sono altre che...boh. Lasciano un po' perplessi. Comunque ho letto la tua rece di Sauna e sono in linea con quanto hai sostenuto sull'innocenza. Che è anche speranza di salvare una parte di sè stessi, la parte non colpevole o comunque pentita, dalle conseguenze delle nostre colpe...Che purtroppo non si può, perchè le conseguenze ci rincorrono e ce la fanno pagare, e interi, non importa se pentiti o meno...

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    5. esattamente, è proprio il significato che avevo dato io a quella scena di Sauna

      film che a me è piaciuto di più di Possum ma ci vuol poco, Sauna è uno dei miei film preferiti... :)

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  3. Stesse identiche sensazioni di "spider vibes" per tutto il film, o almeno nella prima parte fino ad un terzo dalla fine...e poi quel finalone esplosivo, quel climax caricato per tutto il film che chiarifica (o complica ulteriormente?) la/e chiavi di lettura del racconto. Bellobello. Imperfetto ma bello, insomma come opera prima 'cazzo vòi?

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  4. Buona sera. E' ritornato il commentatore seriale che viaggia con la macchina del tempo, cioè arriva sempre dieci anni dopo la prima recensione, non so se ti ricordi....Venendo subito al film, l'ho visto proprio ieri sera e devo dire che ho dovuto guardarlo in due serata, perché i primi venti minuti della prima sera mi avevano molto annoiato. Devo però dire che negli ultimi tempi mi ha assalito una voglia di film horror ignoranti, i classici che "basta che respirino", per cui, non ero ben disposto alla visione. Visto tutto, devo purtroppo ribadire che non è nelle mie corde, ma è un gran film, concordo con te e con la bella recensione dell'utente Unknow. Non ho molto da aggiungere sul film, se non ribadire che i due attori principali sono a dir poco strepitosi: a proposito, il genere non c'entra nulla, ma mi ricordano, forse perché sono sempre inglesi, i protagonisti dei film di Ken Loach, soprattutto i primi, più politicizzati e arrabbiati, dove gli attori hanno la tipica faccia da "inglese" della strada, regista che adoro perché, al di là della ideologia, mette sempre al centro l'uomo e la solidarietà tra gli ultimi. Due ultime cose, se avrai ancora voglia di leggere. Io non ho visto Spider, sebbene ami tantissimo Cronenberg, invece a me questo film ha fatto venire in mente un altro film, che ancora non c'entra, ma perché c'è una tarantola che vede solo il protagonista e perché viene citata la scultura di Luis Bourgeois, "Maman", che rappresenta un ragno gigante. Il film in questione è "Enemy", di Villenevue, del 2013, con Jake Gyllenhaal (attore che adoro), un film secondo me bellissimo, ancorché criptico (e a mio avviso, sottovalutato, almeno, non mi sembra che in giro se ne parli molto). Un'ultimissima cosa, poi giuro che mi taccio: ho letto che ami Kafka. Manco a farlo apposta, è il mio autore preferito, mi innamorai di lui a 13 quando lessi la prima volta "La metamorfosi". Ho letto quasi tutto, tranne le lettere a Milena e i Diari, tranne qualche stralcio, ho letto anche "Quaderni in ottavo" e "Gli aforismi di Zurau". Se ti interessa e non ce l'hai già, un certo Reiner Stach ha completato, dopo un lavoro decennale, una poderosa biografia di Kafka, composta in tre volumi, di circa 600 pagine l'uno. Esiste solo la traduzione in inglese (almeno, lo scorso anno), ma non è complicato, con un buon dizionario si legge agevolmente. E poi, consiglio un bel libriccino, "Franz Kafka e la bambola viaggiatrice", di Jordi Sierra i Fabra. Narra la storia, vera, dell'incontro tra Kafka e una bimba al parco: di fronte alla bimba che piangeva per avere perso la propria bambola, Kafka si dichiarò essere il postino delle bambole, dicendo alla bimba che la bambola in realtà era partita per un viaggio e aveva incaricato lui, Kafka, di consegnare delle lettere da ogni posto che visitava. Così, ogni giorno si presentò al parco portando una lettera diversa alla bimba. L'aneddoto è raccontato dall'ultima compagna di Kafka, Dora, solo che le lettere sono andate perdute, così, l'autore del libro, prendendo spunto dalla storia, ha (ri)scritto le lettre, mettendosi nei panni di Kafka. E' un libriccino delizioso e commovente, tenuto coto che gli avvenimenti avvennero esattamente un anno prima che Kafka morì, credo che solo una persona sensibile e profonda come lui, poteva inventarsi una cosa del genere...Buona notte.

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    1. sono commenti così che fanno la fortuna di un blog, di un blogger e anche di un essere umano

      grazie per avermi arricchito, non ho veramente parole per quanto sia bello, interessante, umano e stimolante sto commento

      cisto santo amico, scrivimi più spesso

      notte a te, anche se non è la stessa notte ;)

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