5.7.19

Recensione: "La mia vita con John F. Donovan"


Il penultimo film di Dolan (ma l'ultimo ad esser stato distribuito) è anche il vero primo passo falso dell'ancor giovanissimo (ma già grande) regista canadese.
Il paradosso è che questo è il film forse più intimo, quello con più Dolan dentro, sia come uomo che come artista.
Paradosso perchè pur essendo il film con più aspetti autobiografici risulta anche essere il più pensato, il più costruito, quello meno spontaneo, vero ed immediato.
E così tutta l'intimità del progetto si perde in una macchina cinema troppo grande e poco personale.
Ne viene fuori un film retorico, spiegato, verboso e con una storia di fondo che non coinvolge lo spettatore.
Una delusione, grande.
Ma Dolan, ne sono sicuro, tornerà ancora più forte


 Prima o poi doveva accadere.
Alla fine questo ha cominciato a far cinema a 20 anni, non ha - credo - sbagliato mezzo film (mi mancano i primi due), ha tirato fori almeno due mezzi capolavori e ha sempre dimostrato di saper maneggiare qualsiasi aspetto della macchina cinema, dalla scrittura alla regia, dalla fotografia alla colonna sonora, dalla direzione degli attori alla capacità di mettere sè stesso dentro i propri film.
Un autore vero Dolan, uno di quelli che fa tutto, che vuole far tutto e che sa far tutto.
Con lui abbiamo gridato più volte al miracolo e ci aveva talmente ben abituato che ormai, seppur under 30, vederlo tirar fuori grandi film ci sembrava "normale".
Beh, no, non lo era.
E' invece normale fare un passo falso e stavolta Dolan l'ha fatto, inutile girarci intorno.
Io non so nulla delle infinite polemiche che ci sono state intorno a questo film, io non so nulla dei problemi che ha avuto in fase di post produzione (mi dicono ne abbia avuti), io so solo che l'ho visto e posso dire che non è un bel film.
Più che altro mi sembra un'opera che vive di un tremendo paradosso.
Ed è quello che al tempo stesso sembra l'opera più "personale" di Dolan, ovvero quella dove possiamo scorgere più di lui e della sua filmografia, ma anche la meno spontanea, la più pensata, la più costruita.


Io negli altri film del giovanissimo canadese avevo sempre visto una vitalità, una spontaneità e una freschezza sorprendenti, come se i film si fossero scritti da soli.
Qua abbiamo ancora (credo eh) più elementi autobiografici eppure il film risulta tremendamente costruito, e costruito anche male, come quei sentimentaloni americani che io rifuggo sempre.

Ma i problemi sono davvero tanti...
Quello più evidente è che questo film si basa molto sulla storia che racconta, c'è poco da fare.
Ma questa storia, e anche qui c'è poco da fare, non è così interessante.
Difficilmente lo spettatore può esser preso da questo scambio epistolare tra un bambino e un attore famoso, anche perchè questo rapporto non va mai in profondità (o almeno non ci viene mostrato) e rimane sempre virtuale.
Tanto che quando Donovan prima di suicidarsi (o morire per sbaglio) manda l'ultima lettera a Rupert ci chiediamo perchè, perchè mandare una lettera così importante a un bambino per il quale, alla fine, non si è mai fatto nulla e che si è addirittura non solo "nascosto" ma anche smentito la sua presenza una volta venuta fuori.
No, non ho mai creduto all'importanza di quel rapporto, nemmeno per un momento.
Facile immaginare che Dolan sia "nascosto" in entrambi i personaggi, sia in quel bambino-genio malato di cinema e divismo, sia in quel trentenne artista gay costretto a fare i conti con l'esser diventato troppo grande.
Come se non bastasse l'identificazione con i due personaggi, Dolan cita più volte anche il "sè stesso autore", e lo fa in molte scene, scene che sembrano esser state prese a piacimento da Mommy, Laurence Anyways, E' solo la fine del mondo e, probabilmente, anche dai suoi primi due film.
Inutile mi metta qui a fare l'elenco di tutte queste scene, fatto sta che ogni volta che ne intravedevo una pensavo a quanto fosse più debole rispetto al film cui si ispirava.
Insomma, qua dentro c'è tutto Dolan, il Dolan bambino, il Dolan artista famoso che deve iniziare a tirare le fila della propria vita, il Dolan autore che cita sè stesso.
Eppure, come dicevo, in questo tsunami di urgenza autobiografica non arriva niente di vero ed emozionante se non un film uguale a milioni di altri.
E poi retorico, in una maniera talmente urlata e manifesta che fa male dirlo.
Scene come quella con sottofondo "Stand by me" dell'incontro tra madre e figlio sotto la pioggia di Londra, quella del tremendo finale in cui Dolan sembra volerci dire "vedi? il bambino con l'insegnamento di Donovan è diventato un uomo che non si nasconde" (ai miei compagni di visione dicevo "oddio, speriamo che non finisca che lui esce dal caffè e va via con un ragazzo"), quella del dialogo tra Donovan e l'anziano (dialogo terribile che Dolan ci spaccia addirittura per "metafisico") o ancora quella dello sfogo di Rupert contro la madre, ecco, io quasi mi stavo vergognando in sala.
Mi vergognavo non solo per come le scene fossero girate ma anche per questo bisogno da parte di Dolan di dir tutto, esplicitare tutto, non riuscire a mettere un cavolo di silenzio nel film (a parte due che vedremo poi, non a caso le due scene migliori).
Film verboso, retorico, esplicito, patinato, cavolo, non sapete quanto mi dispiace.
Ma ci sono stati un paio di passaggi che mi hanno addirittura portato alla rabbia.
E riguardano entrambi il medesimo argomento, la completa inverosimiglianza delle cose che fa Rupert.
Quando a scuola dice che sono 5-6 anni che si scrive con Donovan sono caduto dalla sedia.
Lui ne ha 11 e il film ci fa intendere che un 5enne è capace di scrivere lettere, imbustarle, spedirle, riceverle e parlare con un adulto, tutto da solo, all'insaputa di sua madre.
Ho una figlia di 11 anni, l'età del protagonista, tra l'altro di grandissima intelligenza.
Solo immaginare che a 9 anni potesse fare quello che fa il ragazzino del film mi sembra incredibile, pensare che ci fosse potuta riuscire a 6-7 anni è fantascienza.
Ma l'apice lo si raggiunge quando Rupert a 11 anni parte per Londra DA SOLO.
Già la cosa è quasi impossibile di suo (e anche illegale, incredibile che nessuno nei mezzi di trasporto lo fermi), ma quando poi vediamo la reazione quasi "normale" della madre (anzi, dice alla maestra che l'aveva già fatto, porcod...!) ci sembra di stare in un mondo parallelo.
Tornando a sopra è come se mia figlia scappasse di casa per andare a Roma da sola, ci arrivasse senza problemi e alcun controllo e io me ne stessi a casa tranquillo.
Ho capito che i film di Dolan raccontano di difficili e anomali rapporti con le madri ma una cosa è questa, un'altra la completa inverosimiglianza.
Accidenti, sto solo parlando male del film, break.
Mi è piaciuto qualcosa?
Beh, sì.
Innanzitutto quando hai la Portman, la Sarandon e la Bates il film vale già il prezzo del biglietto (poi ora all'Uci vengono tutti 5.90, meglio ancora).
Tremblay, dopo Room, si conferma bambino prodigio anche se gli consiglierei di fermarsi un attimo, ritrovarsi più di 10 film in carriera alla sua età lo trovo pericoloso.
Tra l'altro Dolan in almeno un paio di scene copia la meravigliosa inquadratura del pick up in Room, quella verticale sugli occhi sgranati del bimbo.
 Niente di male, anzi, è normale che quella scena sia entrata nel cuore anche a lui e abbia voluto riproporre Tremblay in quella maniera.


Harington non l'avevo mai visto e il mio giudizio è a metà, non mi ha totalmente convinto ma nemmeno deluso.
Certo non aiuta gli attori quest'atmosfera da soap opera in ogni elemento, visivo, dialoghi, musiche, vicende.
Difficile restare del tutto credibili quando si affonda nella melassa.
Mi è piaciuta molto la scena della discoteca, quella sì alla Dolan perchè viva, sensuale, vera.
Però per il resto ho fatto tanta fatica.
Ad un certo punto Dolan fa pure il P.T.Anderson in 5 minuti che sembrano esser presi pari pari da Magnolia con gli studi televisivi, il montaggio alternato tra varie vicende e la colonna sonora che le attraversa tutte.
Anche qui il confronto è impietoso.
Ci sono anche un paio di passaggi o scritti male o tradotti male per l'italiano (l'ho visto doppiato).
Nell'intervista televisiva Donovan non mi sembra neghi l'amicizia col ragazzino eppure questo si sente tradito e spacca tutto.
E quando il bimbo dice alla Portman di aver scritto 100 lettere a Donovan lei gli risponde "Perchè mi odi così?", risposta davvero forzata, quasi assurda.
Eppure questo era un film che di tematiche ne aveva due milioni, forse persino troppe.
Il divismo (Donovan è un attore da due lire idolatrato da tutti per le serie tv), la necessità di nascondere la propria natura per proteggere una carriera, il dolore soffocato nel dover far questo, le spietate leggi dello star system, i rapporti con le madri, i sogni di un bambino, le difficoltà di sentirsi diverso dagli altri coetanei e tanti altri.
In questo senso potevamo considerare questo film come quello della maturità per Dolan, quello in cui arrivato a trent'anni inizia a riflettere non solo su ciò che è ma anche su ciò che è stato, compresa la sua carriera.
C'era davvero spazio per un filmone ma questo film così intimo è diventato troppo "grande", ha diluito la sua istanza di intimità in una macchina cinema troppo più estesa, talmente estesa che si vedono tutti i fili che la sorreggono.
Eppure ci sono due momenti, forse quei due soltanto, in cui si percepisce davvero qualcosa di molto bello e profondo.
Non a caso sono due momenti per l'appunto intimi, senza parole, semplicemente due sguardi.
Il primo è della madre Portman che guarda suo figlio in camera, quel figlio così diverso dagli altri, così strano.
Uno sguardo di grande amore ma anche di grande inadeguatezza, quello di una madre probabilmente incapace di capire le cose.
Il secondo sguardo è dell'immensa Susan Sarandon.
E' a bordo vasca, davanti a lei due figli che cantano a squarciagola (scena che ricorda una, stupenda, di Mommy).
Fino a quel momento abbiamo visto una donna perduta, perennemente ubriaca, che alternava momenti down ad altri di ebrezza in cui non si faceva problemi ad insultare chicchessia, anche il suo stesso figlio.
Una figura tragica e debordante.
Eppure in quel momento non parla finalmente, sta zitta.
E guardando quei due figli trentenni sulla vasca rivede probabilmente tutto quello che fu, tutto quello che avrebbe potuto essere e non è stato.
Ripenserà a quanto li ama, a quanto si vogliono bene, a quanto poco li ha visti, a quanto poco ha manifestato di amarli.
Loro non la notano, persi come sono nelle loro urla.
Gli occhi della Sarandon si gonfiano di lacrime.
Sono quei momenti di lucidità emotiva che ogni tanto ci colpiscono.
E li viviamo quasi sempre da soli, osservando gli altri, osservando chi amiamo.
Molto spesso sono momenti di sconfitta, di rimpianti, di mancanza.
Eppure sono i momenti in cui ci rendiamo forse più conto di quanto il nostro cuore e la nostra anima siano ancora dannatamente vivi, solo che li teniamo troppo spesso da parte.
Ci fanno male ma anche tanto bene.
Perchè ci riavvicinano a noi

6

4 commenti:

  1. Perfetto. Adesso quando mi chiedono perchè non mi è piaciuto, invio il link di questa pagina 😊. Pensa che ho provato orrore pure per la Portman con la parrucca e per la giornalista svogliata e disinteressata che improvvisamente comprende, lei sola, il significato di questa storia. Per non parlare del maestro Yoda che dispensa perle di saggezza nella cucina della tavola calda e, veramente il top, l'abbraccio madre-figlio a seguito della lettura del compito in classe senza il quale la solerte genitrice non si sarebbe presa la briga di cercare il bambino. Harington è davvero il minore dei mali. Spero che Dolan si riprenda e ci proponga, possibilmente situazioni e temi diversi.

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    1. madonna, ecco che mi ero dimenticato, parlare della "cornice" del film, abbastanza disastrosa

      e sì, noi al cinema lo stesso, siamo rimasti sbalorditi di come quella giornalista coi controcoglioni, non banale, che ha fatto giornalismo di guerra a metà film di sciolga e cambi del tutto atteggiamento ascoltando una storia NORMALE con cui, alla fine, me sa ha empatizzato solo lei

      quella del vecchio diventa ridicola specie nel finale, quando harrington gli dice "perchè non ti ho mai visto qua?" come a dare una specie di connotazione spirituale e metafisica al vecchio

      ma dai...

      sì sì, è a londra a 11 anni, andato da solo e sta da solo ma tutto bene...

      certo che si riprenderà

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  2. diciamo alcune cose:
    non mi hanno convinto alcune interpretazioni (e non so quanto dipenda dal doppiaggio o no), a partire da Natalie Portman passando per Thandie Newton e per finire con Kit Harington. e l’utilizzo degli attori e il saper trarre il meglio da ciascuno è sempre stato un punto di forza del cinema di Dolan.
    è come se Dolan avesse provato a non fare il Dolan, ma poi pentitosi o comunque indeciso sul passo compiuto abbia iniziato quell’operazione isterica di taglia e cuci che ha finito col mettere delle pezze che però hanno reso disarmonico il tutto. sarebbe stato meglio ricominciare daccapo (se avesse potuto, ma evidentemente no!). detto questo non posso che perdonargli “l’inciampo” che, per quanto mi riguarda, non mina in alcun modo la considerazione che ho per lui e per il suo modo di fare film.
    decisamente positive le scene con il fratello e con Susan Sarandon.
    decisamente negative quelle tra la giornalista e il protagonista bambino da adulto.
    una cosa ti obietto … :) basandomi su un paio di osservazioni:
    un paio di anni fa, credo, tua figlia ha scritto delle recensioni (degne di essere considerate tali!) per cui non penso che avrebbe avuto alcuna difficoltà a scrivere e anche a spedire qualcosa.
    dall’alto (ah ah) dei miei anni posso dirti che un tempo c’era il costume degli “amici di penna”. attività che veniva anche promossa a scuola oltre che dai giornalini. c’era un altro costume che era quello della carta da lettere con ghirigori vari, pupazzi, animaletti, personaggi dei fumetti (io ne avevo di vari tipi dei peanuts) o con chiusure strane (il biglietto diventa la stessa busta su cui all’esterno riportare mittente e destinatario etc. etc.) ecco data questa lunga premessa io in seconda o terza elementare scrivevo lettere ai miei amici di penna e sapevo dove andare a comprare i francobolli (utilizzando i soldi del gelato per dire) e imbucarle.
    (un altro paio di maniche è ricevere la posta senza che i genitori se ne accorgano, in buona sostanza intercettando ogni volta il postino, ma la mamma in questione del film mi sembrava un tantino distratta)!

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    1. verissimo, un pò come villeneuve e garrone (i primi due che mi vengono in mente) dolan è maestro nel far rendere al meglio gli attori

      ma in questo film quasi soap secondo me era difficile far meglio, non è colpa loro...

      il taglia e cui che dici e la disarmonicità sono "ufficiali", nel senso che mi dicono di grandi problemi in post produzione (vedi la faccenda chastain)

      bisognerebbe capire se tutto sto casino è dipeso da dubbi di dolan o da problemi più grandi e che con lui non c'entrano nulla

      la penso come te, passo falso ma non cambia una virgola di quello che penso di lui...

      madonna, la cornice è terribile...

      no, mia figlia ha scritto uan sola recensione, a 10 anni passati, 10 righe in croce

      questo elena aveva una corrispondenza con un adulto (e non è solo lo scrivere, ma i francobolli, il cercare indirizzi, spedire...) a 5 ANNI, lo dice esplicitamente a scuola

      io credo che, a esser buoni, una cosa così la puoi iniziare a 9 anni, 5-6 è ridicolo

      è anche vero che il tuo bellissimo aneddoto rende quel mio ridicolo come "improbabile" ;)

      però, come dici nella parentesi, almeno quell'aspetto non si spiega

      e che lui vada solo a londra no dai

      poi la madre dice traquillamente "ah, ma lo ha già fatto in PASSATO"

      ahah

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due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

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3 ciao