19.12.16

Recensione "Lo Sconosciuto del terzo piano" - Il Bar dei Nottambuli, viaggio nella storia del noir americano - 8 - di Fulvio Pazzaglia


E' passato poco dall'ultima puntata della rubrica di Fulvio.
Ma ha voluto realizzare una puntata speciale, natalizia, parlando di quello che viene considerato, o almeno lui considera, come il capostipite del genere noir americano.
Buona lettura ;)

Quando inizi una rubrica ti trovi davanti a una serie di dilemmi: recensisco solo quello che mi piace e del resto non me ne curo? Adotto un criterio tematico, cronologico o per autore? Ma, soprattutto, con quale film comincio? Ho optato per Il Mistero del Falco per ancorare soprattutto l'attenzione di chi di noir aveva solo sentito parlare vagamente. Un film di un regista poi diventato famoso come Huston, con un buon Bogart, che contenesse tutti quegli elementi iconici del genere: la dark lady fetente, il detective cinico e sprezzante e via dicendo. Con l'andare del tempo, ho notato e gradito l'elevata competenza di chi mi seguiva e commentava, rafforzando la mia convinzione di tenere questo film per una sorta di speciale natalizio.
Se dell'inizio del noir vogliamo discutere, sicuramente non è del Mistero del Falco che stiamo parlando. Intendiamoci, la pellicola di Huston ha contribuito a consolidare il genere, ma il vero apripista è questo primo lavoro di Boris Ingster.


LO SCONOSCIUTO DEL TERZO PIANO (1940) ovvero IL PRIMO VERO NOIR AMERICANO


Prendi uno sceneggiatore al suo debutto alla regia, un grande attore sfuggito dalla Germania nazista, un soggetto a metà strada tra un delirio espressionista e un giallo procedurale. Sei agli inizi degli anni '40 e stai inconsapevolmente creando un genere. Anzi, più di un genere, uno stile. Giochi di luce e ombra, insolite angolazioni di ripresa, paranoia e senso di colpa, una condanna ingiusta e un innocente da salvare. Non stiamo parlando ancora del cinema di Fritz Lang in America, ma di un film all'epoca ignorato e rivalutato solo negli anni '60 del Novecento.
Avevo deciso di tenere questa pellicola in serbo per un'occasione speciale, come una bottiglia di Lagavulin con sigaro annesso da consumare per un grande evento.
Questo film è la mia strenna natalizia per chi mi ha sopportato fino a questo punto. Cercate il modo di vedere questa chicca in streaming, a noleggio, acquistata o prestata, fate come vi pare ma guardatela. Sessantaquattro minuti di film. Questa è una bonus track, il numero speciale di Natale.

Considerato quasi unanimamente il primo vero noir americano, Lo Sconosciuto del terzo piano risente pesantemente dell'eredità espressionista del cinema tedesco. Fotografia e scelte stilistiche sono debitrici dei capolavori di Lang, Murnau, Wiene. L'attore che interpreta lo Sconosciuto è nientepopodimeno che Peter Lorre, il grande protagonista di M- Il mostro di Dusseldorf, capace di conferire al proprio personaggio uno spessore non comune.
Lo Sconosciuto, di cui ignoreremo sempre il nome, con i suoi occhi stralunati, la sciarpa bianca, le labbra sottili e le movenze sinistre, sconvolge la vita del reporter Michael e della sua fidanzata Jane.
Michael ha finalmente raggiunto il tanto agognato aumento di stipendio: la sua è l'unica testimonianza che inchioda Briggs, il presunto omicida del gestore della tavola calda Nick. Poco importa che la prova sia del tutto indiziaria: Michael ha trovato Briggs accanto al cadavere e tanto basta a un sistema corrotto di giustizia sommaria. Michael risolve così il caso ma la sua ragazza non è convinta dell'intera vicenda e manifesta i propri dubbi al reporter. Tutto ciò scuote la sicurezza del giovane, che comincia a dubitare della sicurezza della propria testimonianza.
Rincasando, Michael nota la presenza furtiva di un inquietante figuro lungo le scale del condominio. Il reporter, insospettito, tenta inutilmente di trattenerlo: lo Sconosciuto riesce a fuggire e un Michael sempre più perplesso rientra nel proprio appartamento.
Il giovane si accorge che Meng l'odioso coinquilino della camera accanto ha smesso di russare: Michael, reduce di un'intensa giornata in tribunale, comincia così a fantasticare ipotizzando che il vecchio Meng sia stato ucciso proprio dallo Sconosciuto intravisto poco prima. Quello che era cominciato come un semplice volo pindarico diventa un terribile delirio ideativo paranoide. Il giornalista si immagina nei panni di Briggs, un innocente che si è trovato al momento sbagliato nel posto sbagliato. Michael infatti ha avuto in passato vari screzi con il vecchio Meng, alcuni dei quali degenerati quasi in atti di aggressione. Inoltre, un po' per scherzare e un po' per sfogare la propria antipatia, il reporter ha manifestato più volte l'intento giocoso di farla finita col vicino.


La sequenza onirica in cui il giornalista piomba da uno stato di veglia allucinato a un incubo è tra le sequenze magistrali dell'intero film. Prospettive distorte, giochi di luci e ombre, spirali di volti che circondano Michael urlandogli la sua colpevolezza, giurati addormentati mentre il malcapitato grida la propria innocenza, il giudice che emana la condanna trasformandosi sfumando nella statua della giustizia...
Michael si sveglia sudato e ansante. Decide di sincerarsi sulla salute dell'odiato coinquilino. Bussa. Nessuna risposta. L'irruzione nell'appartamento e poi, inevitabile, l'agghiacciante scoperta.
Meng giace morto. Stessa modalità dell'omicidio di Nick.
Il panico coglie l'uomo che chiama nel pieno della notte Jane per rivelarle cosa è accaduto.
La fidanzata convince Michael a non assecondare la propria paranoia e di far riaprire il caso di Briggs. Ora però Michael diventa colui che ha scoperto due vittime uccise nel medesimo modo e la polizia si insospettisce. Segue l'arresto del reporter.
Jane si ritrova nel difficile compito di ritrovare uno Sconosciuto con una sciarpa bianca, gli occhi grandi e le labbra sottili per scagionare l'amato. La ricerca forsennata della giovane si rivela infruttuosa. Jane, sconsolata, si siede al bancone di una tavola calda chiedendo un caffè. Uno Sconosciuto si siede al suo fianco chiedendo al barista due salsicce crude da dare al cane randagio che lo sta seguendo da diverso tempo. La descrizione combacia in pieno. Jane decide di giocare una pericolosa partita con lo Sconosciuto: la ragazza ha intuito che ha davanti uno squilibrato e comincia ad assecondare il bisogno di compagnia di un uomo solo.
Peter Lorre ci regala la splendida interpretazione di un assassino psicopatico colto in tutta la sua vibrante umanità: un uomo braccato, terrorizzato dalle sevizie del manicomio da cui è fuggito, che uccide per timore di essere consegnato di nuovo alla camicia di forza e alle docce fredde. Peter Lorre rievoca M- Il mostro di Dusseldorf, un omicida così umano e patetico, colto nella sua vibrante sofferenza.
Lo Sconosciuto è però sempre e comunque un omicida. Si accorge del gioco di Jane e, colto da un raptus, la insegue lungo la strada. Un camion lo investe. Tra la gente accorsa vi è un poliziotto. Lo Sconosciuto, coi tratti distesi e sereni di chi aspetta la morte e la fine di ogni paura, confessa l'uccisione di Nick e Meng, scagionando definitivamente Michael e Briggs.

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Il finale rassicurante non rovina questo film, che condensa così tanti elementi da farne un'icona del cinema noir. Lo Sconosciuto del terzo piano è il ponte che collega l'espressionismo tedesco, coi suoi Mostri di Dusseldorf e i suoi fantasmi della repubblica di Weimar, all'anima urbana delle metropoli americane.
Un sistema di giustizia messo spietatamente in luce con tutta la sua arbitrarietà come in quasi tutta la produzione americana di Fritz Lang, una feroce critica del mondo del giornalismo e dello scoop che Billy Wilder riprenderà in pellicole come L'asso della manica e Prima pagina, il sogno e la realtà che si confondono, l'ossessione e le allucinazioni visive rese sul film con la distorsione delle immagini e il forte contrasto tra luce e ombra... insomma, il manifesto dello stile noir.
Niente è lasciato al caso in questo elegante giocattolo: le scale dove si affrontano Michael e lo Sconosciuto amplificano la drammaticità della situazione, mentre i corpi appaiono schiaccianti mentre avanzano con le loro ombre. Le scale, naturalmente, sono uno strumento del cinema espressionista tedesco.
Ingster si avvalse della fotografia di Nicholas Musuraca, specialista della luce a bassa intensità, e della scenografia di Van Nest Polglase. Il regista studiò scrupolosamente lo stile dell'illuminazione e l'angolazione di ripresa, arrivando persino a costruire set in miniatura.
Il costo della pellicola fu di 242.192 dollari, ma ne incassò solo 186.000, contribuendo a relegare la pellicola nella galassia dei b-movie.
Almeno fino alla sua scoperta e successiva, nonché meritata, rivalutazione.

2 commenti:

  1. "soggetto a metà strada tra un delirio espressionista e un giallo procedurale"

    sai come ingolosire. grazie del regalo

    RispondiElimina

due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

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3 ciao