Claudio è un amico di facebook.
Appassionato e studioso di cinema tenta di praticare in questo mondo sia nel versante della scrittura che in quello pratico (ha realizzato un cortometraggio).
Questa è la sua analisi al Leone d'oro del 1994
VIVE L’AMOUR
Recentemente ho
rivisto Vive l’amour [Ai qing wan sui] del regista taiwanese Tsai Ming-liang,
Leone d’oro a Venezia nel lontano 1994. L’avrò visto per la seconda o terza,
forse quarta volta, ma credo di averlo visto veramente per la prima volta,
comprendendone il potenziale.
In questo film,
tre completi estranei si ritrovano più volte sotto lo stesso tetto senza
arrivare mai a vedersi, a sentirsi emotivamente.
Hsiao-kang è un giovane venditore di colombari senza fissa dimora. Un
giorno, entrando in un condominio per affari, trova le chiavi dell’appartamento
58, che il precedente proprietario aveva dimenticato nella serratura, e vi entra
abusivamente prendendo a frequentarla abitualmente.
May Lin è un’agente immobiliare bella e sofisticata, tanto abile negli
affari e fortunata con gli uomini quanto completamente sola. Un giorno,
incontra il commerciante Ah-jung, che la pedina da diversi giorni, anch’egli
con le sue stesse difficoltà comunicative (è attratto da lei ma non riesce ad
avvicinarla, pur essendo un incallito playboy), e i due consumano un rapporto
nell’appartamento che May Lin dovrebbe vendere, l’appartamento 58. Nello stesso
appartamento, ha cercato di suicidarsi Hsiao-kang, che ha poi rinunciato ai
suoi propositi perché accortosi della presenza dei due. I due però non si
accorgono della presenza di Hsiao-kang, così come May-Lin non si accorge della
presenza del suo amante, abbandonando Ah-jung addormentato dopo l’amplesso, che
a sua volta non si accorge dell’abbandono. Le vite separate dei tre personaggi
riprendono tranquillamente nelle rispettive totali apatie. Nessuno dei tre
riesce, ogni giorno, ad intrattenere una vera conversazione.
Neppure May Lin, pur interloquendo molto con i suoi clienti, riesce a comunicare, a stabilire un vero contatto. Né riescono a comunicare con i loro rispettivi colleghi di lavoro: Hsiao-kang non partecipa ad una scatenata festa nella sua sede di lavoro, tenendosi in disparte; Ah-jung intrattiene false e forzate conversazioni telefoniche con le sue partner sessuali, e le giornate silenziose di May Lin sono interrotte solo dalle chiamate di potenziali acquirenti. Ciascuno dei tre continua a frequentare abusivamente l’appartamento 58 ma non si incontrano mai: May Lin non riesce ad entrare in un momento in cui si trova Hsiao-kang perché ha perso le chiavi, Ah-jung arriva solo in un secondo momento perché fuori città per ragioni di lavoro. Fino al giorno in cui Ah-jung, finalmente, si accorge della presenza di Hsiao-kang, lo affronta e stabilisce una comunicazione con lui.
Quando nello stesso appartamento arriva anche May Lin, i due si nascondono dalla donna abbandonando insieme l’appartamento e finendo per radersi e rinfrescarsi in un bagno pubblico. Un legame è ora stabilito e tra i due la confidenza sembra essersi instaurata: Hsiao-kang presta dei soldi ad Ah-jung, Ah-jung offre un passaggio in auto a Hsiao-kang. Iniziano a conoscersi e Ah-jung chiede a Hsiao-kang di portarlo a visitare un colombario. Qui, i due ascoltano un venditore di colombari raccontare ai suoi clienti storie di gente così profondamente legata da scegliere di non separare i propri corpi nemmeno oltre la morte.
Restano colpiti da questi racconti e
decidono di trascorrere altro tempo insieme (una cena combinata ed un secondo
incontro casuale), ma ogni volta uno dei due (prima Ah-jung, poi Hsiao-kang)
finisce per dimenticarsi dell’altro, per abbandonarlo. Una notte, May Lin
rivede Ah-jung, ma i due pur stando vicinissimi non riescono a riconoscersi.
Finiscono di nuovo nell’appartamento 58, esplorano di nuovo i propri corpi,
consumano un secondo amplesso ma a livello emotivo non succede nulla.
Hsiao-kang, nascostosi sotto al letto perché già nell’appartamento, assiste
inerte all’amplesso, sfogando il proprio piacere nell’atto auto-erotico. La
mattina dopo nulla è cambiato: May Lin di nuovo abbandona Ah-jung, che di nuovo
non si accorge dell’abbandono. Ma due personaggi si scoprono per la prima volta
infelici: Hsiao-kang capisce di essere attratto da Ah-jung ma sa che non può
averlo perché non è in grado di esprimere i suoi sentimenti. May Lin piange la
propria solitudine per poi decidere che imparerà ad amare.
Neppure May Lin, pur interloquendo molto con i suoi clienti, riesce a comunicare, a stabilire un vero contatto. Né riescono a comunicare con i loro rispettivi colleghi di lavoro: Hsiao-kang non partecipa ad una scatenata festa nella sua sede di lavoro, tenendosi in disparte; Ah-jung intrattiene false e forzate conversazioni telefoniche con le sue partner sessuali, e le giornate silenziose di May Lin sono interrotte solo dalle chiamate di potenziali acquirenti. Ciascuno dei tre continua a frequentare abusivamente l’appartamento 58 ma non si incontrano mai: May Lin non riesce ad entrare in un momento in cui si trova Hsiao-kang perché ha perso le chiavi, Ah-jung arriva solo in un secondo momento perché fuori città per ragioni di lavoro. Fino al giorno in cui Ah-jung, finalmente, si accorge della presenza di Hsiao-kang, lo affronta e stabilisce una comunicazione con lui.
Quando nello stesso appartamento arriva anche May Lin, i due si nascondono dalla donna abbandonando insieme l’appartamento e finendo per radersi e rinfrescarsi in un bagno pubblico. Un legame è ora stabilito e tra i due la confidenza sembra essersi instaurata: Hsiao-kang presta dei soldi ad Ah-jung, Ah-jung offre un passaggio in auto a Hsiao-kang. Iniziano a conoscersi e Ah-jung chiede a Hsiao-kang di portarlo a visitare un colombario. Qui, i due ascoltano un venditore di colombari raccontare ai suoi clienti storie di gente così profondamente legata da scegliere di non separare i propri corpi nemmeno oltre la morte.
L’assenza di comunicazione produce l’inesplicabilità dei sentimenti,
questo il senso dell’opera seconda di Tsai Ming-liang. L’incomunicabilità è il
tema ribadito anche attraverso il montaggio frammentario, i silenzi e la
riduzione dei dialoghi. A ciò si aggiungono le frequenti conversazioni
telefoniche in cui non sentiamo mai cosa dice l’interlocutore.
Non Vive l’amour!, bensì Vive l’amour, detto con tono drammatico
e malinconico, privato dell’euforia del punto esclamativo, un “lunga vita” poco
convinto perché è difficile credere in qualcosa che non si conosce affatto. Il
titolo riassume questo particolare stato d’animo dei tre personaggi, di cui due
cercano l’amore negli incontri di una notte, un terzo vive una sessualità
confusa (Hsiao-kang emblematicamente fa delle flessioni vestito da donna,
mettendo in risalto la mascolinità del suo corpo con la femminilità degli
abiti). L’amore a cui fa riferimento il titolo non viene mai effettivamente
mostrato, eppure Vive l’amour è un
film sull’amore: i due amanti occasionali, l’omosessualità repressa di
Hsiao-kang, l’amicizia tra Hsiao-kang e Ah-jung...
Tre personaggi cercano in un anonimo appartamento rifugio
dall’incomunicabilità del mondo, ma pur frequentandolo tutti e tre non riescono
mai a sentirsi, a vedersi, a comunicare. Non si accorgono l’uno della presenza
dell’altro (e nel senso del film va intesa come “presenza emotiva” piuttosto
che fisica) pur stando nello stesso letto perché non sono in grado di provare
empatia. Ogni contatto stabilito è di breve durata perché gli esseri umani sono
creature incapaci di comunicare. Gli spazi frequentati (anonimi appartamenti
con pochi arredi e maltenuti, strade caotiche e vuote, parchi con alberi
spogli) dai personaggi riflettono lo stesso paesaggio umano ritratto nel film
dall’autore taiwanese.
Per raccontarci la storia di un ordinario incontro tra tre solitudini,
ancor più struggente se si pensa alla giovane età dei protagonisti, il regista
usa una sola camera e sempre fissa. Come un moderno Serafino Gubbio, si mette
dietro la mdp e semplicemente aspetta che qualcosa accada. Ma non accade mai
niente perché nel vuoto esistenziale non può accadere nulla. Coraggiosamente,
Tsai Ming-liang riprende ciò che nessun cineasta si sarebbe mai immaginato di
riprendere: spazi vuoti, silenzi, azioni piccole e insignificanti... Nel film
gli eventi sostanziali non accadono mai. Vengono soltanto sfiorati: l’innamoramento
di Hsiao-kang, la decisione finale di May-Lin...
La presenza umana nel film appare snaturata, messa in una situazione di
soggezione al cospetto con l’ampiezza dei luoghi (la stessa May Lin ribadisce
continuamente ai suoi clienti l’ampiezza delle case che vende). L’appartamento
58 è la via di fuga scelta dai personaggi, ma ce n’è un’altra: l’acqua.
Scorrono scene di vasche, di rubinetti, di personaggi che bevono continuamente
come per purificarsi. Tutti e tre i personaggi fanno un bagno nella vasca,
lasciandosi affogare in apnea per poi riemergere, come cercando continuamente
la rinascita dal mondo apatico entro cui sono costretti a vivere.
E con l’acqua, con le lacrime si chiude il film. Tuttavia, il finale, per
quanto amaro, lascia posto alla speranza (non si sa come andrà a finire tra
Ah-jung e Hsiao-kang e May Lin improvvisamente smette di piangere), ma è una
speranza sospesa, quasi fosse un invito agli spettatori del film a scrivere loro
stessi il finale di questa storia.
Una lucida e fredda rappresentazione dell’animo umano finisce per essere
così un inno all’amore.
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