3.3.17

Recensione: "Calvario"

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E' domenica.
Qualcuno in confessionale promette a Padre James che la domenica successiva lo ucciderà.
Senza che abbia nessuna colpa, se non quella di rappresentare una categoria, i preti, che a quella persona hanno rovinato la vita.
Calvario è il racconto della settimana passata da un prete in mezzo ad una comunità piccola, isolata e perversa.
Una settimana passata aspettando un appuntamento.
Con un magnifico Gleeson e un rapporto padre-figlia di struggente verità.

presenti spoiler (ma ho comunque cercato di starci attento) dopo l'ultima immagine

Chissà che ha pensato Padre James quando ha visto quella bara che stavano per imbarcare nel suo aereo.
Chissà quali riflessioni sulla vita e sulla morte, su quello che sarebbe meglio fare e su quello che, invece, è giusto fare.
Chissà se quella bara che nascondeva il giovane corpo di un ragazzo innamorato morto d'improvviso e innocente non gli abbia fatto pensare che, forse, il suo ruolo è quello di affrontarla la morte, di non averne paura.
Perchè paura di morire Padre James ne ha, qualcuno appena 5 giorni prima gli ha promesso, in un folgorante incipit, che lo ucciderà domenica mattina prossima.
E lo ucciderà solo perchè è un prete, anche se un prete buono che non ha fatto male a nessuno.
Un prete che dovrà diventare capro espiatorio di un'infanzia di abusi terribili.

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Calvario è un film facile da vedere ma dallo svolgimento strano, non canonico.
C'è la sensazione che dietro alla sua maschera di film abbastanza "easy" nasconda invece un'anima e delle riflessioni profondissime. Non fa niente per spiritualizzarsi, per ergersi, per fare la voce grossa in senso autoriale.

E' uno di quei film probabilmente più belli di quanto ognuno di noi possa percepire.
Probabilmente più importanti di quanto ognuno di noi possa pensare.
Classico film di sceneggiatura, dialoghi su dialoghi senza soluzione di continuità, Calvario è in tutto e per tutto il suo protagonista, Padre James.
Un gigantesco Gleeson interpreta questo neo prete con passato da padre e da bevitore, uno che i voti li ha presi non si sa se per vera vocazione, per rifugio o per penitenza ma, quale che sia il motivo, questo è un prete che quei voti li rispetta.
Sta in un piccolissimo villaggio irlandese, di quell'Irlanda bellissima e sperdutissima di cui ogni tanto, fortunatamente, ci riempiamo gli occhi al cinema.
Un paese di sinners, di peccatori, un borghetto di un manipolo di anime senza vita, sostanzialmente depresse e stancamente viziose.
Una di loro, in confessionale, dice a Padre James che lo ucciderà.
Lui sa chi è, la voce la riconosce.
Ma questo non lo cambierà, passerà la sua settimana in mezzo a quei peccatori come tutte le altre settimane di questi luoghi dove mai niente cambia.

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Ecco, una delle vere carte vincenti di questo film è proprio sapere che Padre James, a differenza nostra, sa chi l'ha minacciato di morte.
Sapere che probabilmente è uno dei personaggi con cui interagisce durante tutto il resto del film.
Senza che cambi niente in lui, senza che ne parli mai.
C'è un appuntamento e a quell'appuntamento in spiaggia andrà.
Credo sarebbe fantastico, alla luce del finale, rivedersi il film, rivedersi tutte le scene tra il prete e il suo sedicente assassino.
Se mai ce ne fosse bisogno questo atteggiamento d Padre James dimostra l'incredibile integrità morale che lo pervade, quel senso di "ruolo" e "missione" che contraddistinguono il suo sacerdozio. 
Eppure dopo il rogo alla sua chiesa e dopo l'omicidio del suo Bruno il prete ha vacillato, stava per partire.
Del resto quello aveva, nient'altro, la sua chiesa e il suo cane.
Anzi, no, c'è anche sua figlia.
Ed è questa la seconda carta vincente del film, ovvero il racconto di un rapporto padre-figlia straordinario, come se ne vedono pochi.
Intenso ma mai retorico, profondo ma anche crudo, drammatico e divertente.
Quale padre dopo aver visto i polsi tagliati della figlia (una splendida Kelly Reilly, finalmente dopo il magnifico Eden Lake ti ho ritrovato Kelly) le direbbe "Hai sbagliato metodo, per riuscirci dovevi tagliarti verticalmente, non orizzontalmente".


Ma del resto l'ironia di questo prete è l'ingrediente che rende questo film così strano.
Si parla di religione e lui fa battute.
Si parla di rapporti devastanti e lui fa battute.
Si parla di perversioni e vizi rivoltanti e lui fa battute.
E lo spettatore ne rimane divertito ma, lì per lì, percepisce meno la profondità del testo, come stare in fondo al mare con un periscopio di ironia che guarda fuori.
Immagini di esterni di una bellezza impressionante, un senso di solitudine cosmica che pervade luoghi (la spiaggia isolata e deserta, la chiesa isolata e deserta, la villa isolata e deserta, la casa del vecchio) e persone.
E questo conto alla rovescia verso domenica.
E intanto vediamo mogli che tradiscono il marito davanti ai suoi occhi in maniera impenitente, ispettori di polizia che si fanno giovani gay, vecchi nazisti colti isolati dal mondo, ricchissimi borghesi ormai soli e senza un senso di vita, infermieri cinici e serial killer terribili che dicono "Alla fine è Dio che mi ha creato, e allora lui può capirmi".
Padre James si muove in mezzo a tutti, cerca di ricucire ferite, suturare strappi.
E intanto probabilmente più volte incontra l'uomo che tra pochi giorni ha detto che lo ucciderà.
Ma che bel soggetto, che bella storia.
Ecco, forse c'è un eccesso di dialoghi, forse è poco credibile che nel paese ci siano così poche persone e tutte con qualcosa di laido alle spalle (ad un certo punto c'è una scena di festa in un bar e ci sono TUTTI i personaggi, praticamente solo loro, davvero strano...), quasi un gioco di ruolo con personaggi un pò troppo stereotipati.
Questo è un film che non fa nulla per farsi amare, che non usa nè plot nè dinamiche consuete.
Si arriva al paradosso (vi giuro) che 20 sequenze tra l'incipit e l'epilogo potevano essere montate dove volete voi e non per forza con l'ordine in cui ce l'ha fatte vedere il regista.
Poi arriva domenica in un paese che non ha nemmeno più una chiesa, anche se non sembra interessare a nessuno.
Padre James va alla spiaggia perchè ha promesso che sì, che ci sarebbe andato.


Il suo assassino arriva.
Può essere un colpo di scena, può non esserlo, di certo il film non si aggrappa a questo (anche se adesso che sappiamo chi è capiamo meglio anche certi suoi comportamenti).
Ad un certo punto c'è qualcosa che magari passerà sottotraccia ma è importante.
L'uomo dice che non è stato lui ad uccidere il cane.
Se fosse vero aggiunge un altro tassello in più ad un film che andrebbe analizzato per come merita, perchè sia spiritualmente che socialmente di spunti ne offre tantissimi.
Forse quella è davvero una Sin City, forse con quel prete ce l'hanno in molti.
Gli ultimi 5 minuti sono straordinari.
Lo sparo, il montaggio velocissimo che ci racconta, in un paio di secondi a testa, il futuro di tutta quella perduta gente.
E poi quella figlia magnifica che visita il carcere.
E lo schermo si fa nero un attimo prima che dalla sua bocca esca la prima parola.
Mi piace immaginare che sarebbe stata un "perchè'", un "why'?"
Già, mi immagino questo.
Why?

7.5

12 commenti:

  1. Film un po' "grezzo", sceneggiatura tagliata con l'accetta, ma non nego che mi ha tenuto incollato alla sedia dalla prima all'ultima scena. Brendan Gleeson semplicemente monumentale...

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    1. Io Gleeson l'ho apprezzato tanto in in bruges e tantissimo in the general,il fatto che qui ne parlate cosi bene mi fa mettere Calvario nella mia ,ormai infinita, to see list....

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    2. Vero.
      Secondo me la sceneggiatura è molto buona ma commette l'errore di arrivare a quello che vuole dire attraverso dei personaggi troppo stereotipati.
      E' come se il film provi a parlare di tante cose e tanto alte fregandosene però di curarne altre.
      Grezzo credo ci stia benissimo

      Gleeson monumentale sì

      E In Bruges straordinario

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  2. Splendido, anche se condivido l'osservazione sulla "grezzezza" dell'intero film, ma a me è piaciuto moltissimo.
    Malinconico, ma ironico, come quell'Irlanda intera che il film restituisce alla perfezione.
    Poi Gleeson è magnifico, le scene dove beve con quella barba sporca sono quasi disturbanti.

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    1. Vero, siamo tutti d'accordo su quel grezzo, non ben limato, specie nei personaggi

      vero, malinconico e ironico. E forse l'unione delle due cose lo rende un ibrido che viene depotenziato sia sul lato drammativo che, di contraltare, su quello ironico

      ma lo potenzia in generale, facendolo diventare più particolare e completo

      su di lui nessun dubbio ;)

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  3. Eh sì, davvero un film sorprendente nonostante le premesse, perché alla fine è molto di più che un semplice film ecclesiastico, qualcosa di profondo, straniante ma bello ;)

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    1. Sì sì.
      Che poi di "Chiesa" c'è poco, intendendo istituzioni e sacramenti.
      Però di spiritualità, invece, ce n'è molta

      del resto lo stesso assassino nel prologo gli dice che gli dà una settimana proprio per riflettere sulla sua fede

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  4. Pellicola che avevo già recuperato e che mi piacque tantissimo, come è impostata, lo stile, la fotografia, l'ambientazione, i temi trattati, le interpretazioni... cinema di primo livello. Affascinante e cesellato benissimo il protagonista, un gigante (in tutti i sensi) Gleeson, che probabilmente qui fornisce la migliore interpretazione della carriera. Il regista è lo stesso di Un Poliziotto Da Happy Hour - The Guard, sempre con Gleeson, pellicola notevole anche quella ;)

    Voto: 8

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    1. Ma sai che di quel The Guard ho sempre sentito parlar benissimo?
      Molti in videoteca si scandalizzavano infatti di quel titolo italiano.
      E io iniziai a consigliarlo anche a chi amava bei film.
      Da vedere.

      Su Calvario d'accordo su tutto

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  5. uno dei "miei" film preferiti degli ultimi tempi. ci sono film che ti toccano per le tematiche, per certi riferimenti, per lo stile. Ecco questo è uno di quei film che per me va ancora più in là. scalfisce lo strato superficiale che pure ha toccato eccome e si insinua sotto pelle, lasciando qualcosa di profondo e indelebile. Gleeson un gigante in tutti i sensi attorniato da un cast all'altezza e da uno scenario naturale che è anch'esso protagonista e non comprimario.

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    1. Vero.
      Ho amato moltissimo questo suo andar nel profondo, questo tuo farti riflettere (soprattutto a fine visione) ma senza dare mai la sensazione di caricare la cosa, di puntarci.
      Anzi, sembra sdrammatizzare, stare in superficie come dici.
      E sì, il paesaggio è protagonista.
      Quei grandi spazi sono la cornice perfetta per far sembrare quel villaggio e gli uomini che lo abitano ancora più "piccoli"

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due cose

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3 ciao