20.2.15

I Tesori Segreti di Jolly Roger (N°12): I Rednecks Horror + Non Aprite quella Porta (1974)

Grandissima puntata di Jolly.
Oltre alla solita panoramica generale sul sottogenere scelto (interessantissimo) ci sarà la recensione, davvero da leggere tutta d'un fiato, di uno dei film più importanti nella storia dell'Horror. E pensare che Leatherface è senza ombra di dubbio il mio mostro/villain preferito di sempre.... Ho tergiversato per anni dal recensire il primo storico episodio (ho scritto solo di un paio di remake) e ora Jolly me l'ha fregato. Ma non poteva finire in mani migliori :)
Per me la miglior puntata dei Tesori di Jolly di sempre
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Sono felice perché da questa puntata si entra nel pieno del genere horror “quello vero”.
“Rednecks horror” è un termine quasi ignoto qui da noi, ma all’estero è ben conosciuto. Credo che questa sia la prima volta che, qui da noi, si parli in un blog o in un sito internet di “Rednecks horrors”, cercando, per quanto possibile, di tracciare i canoni di massima di questo sottogenere estremamente orrorifico…
I Rednecks horrors, in relazione alla trama, possono più o meno essere riassunti così: “un gruppo di ragazzi, provenienti dalla città, dediti al divertimento, al sesso e all’allegro consumo di stupefacenti, si perde in qualche luogo sperduto di provincia, finendo nelle grinfie della solita famigliola “strana” (i Rednecks), dedita a pratiche perverse quali il cannibalismo, il sadismo, l’incesto, culti pagani e quant’altro. Spesso questi film contengono scene di caccia o assedio ai danni delle sventurate vittime, o anche di tortura, psicologica e fisica. Non ci sono elementi soprannaturali, solo crudo realismo. Spesso le famigliole strane contemplano al loro interno membri pazzi, o deformi, o ritardati, a volte mutanti”.
Bene, chi sono i Rednecks?
In realtà, li abbiamo visti innumerevoli volte nei film / telefilm americani.
La traduzione letterale di Redneck è "collo rosso", indica la nuca scottata dall'esposizione al sole, dovuta al duro lavoro nei campi. È quindi sinonimo di contadino. Se vogliamo fare un paragone con l’Italia, l’equivalente del termine Redneck da noi sarebbe “bifolco”, o “villano”, o “zotico”, o, introducendo anche una connotazione geografica, “terrone”.
Il termine Redneck viene usato in modo dispregiativo per indicare lo stereotipo dell’abitante degli stati meridionali degli USA. Attenzione: non tutti gli abitanti del sud, ma quelli che presentano alcune caratteristiche un po’ selvagge: quelli che abitano in camper o in baite, che sono conservatori (repubblicani) e razzisti fino al midollo. I luoghi comuni “vogliono che il Redneck sia rozzo e ignorante, intollerante verso temi come religione, sesso e politica, appassionato in modo feticistico di motori, spesso ubriaco (con la grappa distillata in casa!), sdentato e talvolta incestuoso” (fonte: Wikipedia). I Rednecks sono tipacci provinciali che sputano per terra e bestemmiano, masticano tabacco, puzzano di alcol e maledicono il prossimo.
Ci sono comunque precise ragioni storiche che spiegano la loro attitudine scontrosa verso gli “Yankees” (i pallidi abitanti del nord USA): essi, abitando nel sud degli USA, non hanno ancora pienamente digerito l’essere stati sconfitti nella guerra di Secessione Americana e, per certi versi, non hanno ancora completamente ripudiato l’eredità ideologica del Ku Klux Klan. 
I Redneks esistono ancora, nonostante siano passati ormai 150 anni dalla sconfitta del Generale Lee.
Il Generale Lee…
Avete pensato al generale dell’esercito sudista, oppure all’auto di Bo & Luke?
Beh, anche se avete pensato all’auto, non avete comunque sbagliato: la serie Hazzard è un tipico esempio di ambiente “Redneks”. Infatti, il termine non viene utilizzato con riferimento specifico all’horror, anzi!
L’associazione del termine Rednecks al cinema horror è principalmente dovuta ad un unico film.
Un unico film che ha scritto la storia del cinema horror.
Non Aprite Quella Porta”.
Nonostante la rubrica horror includa di solito una breve panoramica su una terzina di film, questo qui merita una puntata a sé stante. Ma è solo la prima parte…Poi ne vedremo altri :-)




NON APRITE QUELLA PORTA – THE TEXAS CHAINSAW MASSACRE (1974)



Facevo la seconda superiore, avevo 16 anni, quando un mio compagno di scuola – che mannaggia a lui aveva ben 300 videocassette horror (sì perché allora c’erano ancora le videocassette), me ne prestò una, dicendomi “Toh, guarda questo. E’ un casino figo”. Era un film di vent’anni prima, ma del resto molti horror americani sono arrivati da noi solo grazie alla diffusione dei mitici, ormai pensionati, “videoregistratori”.
Il film ha un titolo abbastanza ridicolo, “Non Aprite Quella Porta”. Titolo che non c’entra un cazzo con l’originale, “The Texas ChainSaw Massare”. Ma, ad onor del vero, “Il Massacro Texano della Motosega” sarebbe suonato ancora più ridicolo…
I protagonisti (buoni) mi stavano tutti sulle balle; cinque cazzoni in giro su un pulmino che non facevano altro che dire idiozie. E poi quell’aria desolata, grave, quell’ambientazione arida e silenziosa, rotta soltanto dal canto insopportabile dei grilli e da una luce del sole talmente soffocante che ingialliva tutto.
Sta prima mezz’ora di film m’aveva nauseato così tanto che pensavo di dovermi prendere un travelgum per arrivare alla fine.
Non succedeva nulla!
Dialoghi insulsi, personaggi fastidiosi e situazioni disturbanti. La calura era talmente pesante che usciva dal film e mi stroncava il cervello.
Quaranta minuti e ancora non era successo niente…
Poi, d’un tratto, entra in scena Lui.
Leatherface (Faccia di Cuoio).
La violenza che si scatena in quei due soli, allucinanti minuti non aveva (e non ha mai più avuto) eguali nella storia del cinema horror.
Una montagna umana, che si muove in modo goffo, coperto da una maschera di pelle umana. Sbuca da una porta e spacca il cranio di un ragazzo a martellate, poi lo trascina dentro il suo antro del macellaio, sbattendo dietro di sé la porta metallica con rabbia inaudita.
La ferocia devastante con cui Leatherface “Chiude Quella Porta” è come il fendente di una falce che mozza il fiato allo spettatore impotente.
Appena dopo, afferra un’altra ragazza del gruppo, la solleva di forza e la appenda – viva – ad un gancio da macellaio, conficcandoglielo nella schiena e lascandola lì, a dissanguarsi in un secchio posto sul pavimento.
Una violenza agghiacciante, di una gratuità assoluta, perpetrata come fosse una cosa tranquilla, una cosa normale.
Rimasi con gli occhi sbarrati. Spensi il video. L’horror per me non era questo, qui si andava troppo oltre.
La mia prima impressione su Non Aprite Quella Porta è che fosse un film ripugnante.

Col tempo, mi venne voglia di portare a temine la visione che avevo interrotto. Non so perché. Non Aprite Quella Porta aveva lavorato nel mio cervello come un verme, lentamente aveva divorato i miei pregiudizi iniziali.
Questo film sembrava avere qualcosa di ineffabilmente speciale e ora, che l’avrò visto decine di volte, lo confermo.
Un film che è costato 100 mila dollari e ne ha guadagnati 100 milioni. Un’idea geniale: per la prima volta, un film horror portava sullo schermo la violenza “vera”, non i soliti fantasmi, vampiri o licantropi. Bensì l’orrore della cronaca reale, con personaggi che, malgrado gli eccessi, potenzialmente potevano benissimo esseri i nostri stessi vicini di casa.
1.000 circostanze fortuite e fortunate lo hanno reso Capolavoro. Un’attrice che fugge nel bosco, urta contro i rami e si ferisce per davvero, sanguina sul serio, ma continua a recitare e a correre. Un attore, Gunnar Hansen, che le corre dietro con una maschera addosso che gli impedisce quasi totalmente di vedere, sbattendo la testa ovunque e rischiando la pelle (ha una motosega accesa in mano), ma che continua a correre.
Lo stesso Gunnar che, interpretando Leatherface, decide di andare contro la sceneggiatura, stabilendo che il suo personaggio non avrebbe mai parlato, ma soltanto emesso grugniti. Secondo lui, Leatherface sarebbe stato ancor più inquietante laddove la sua violenza fosse stata associata ad un ritardo mentale, perché in questo modo sarebbe stata più infantilmente genuina ed innocente (il regista Tobe Hooper apprezzò l’idea….tanto che i grugniti di Leatherface sono in realtà dello stesso Tobe Hooper).
Una location incredibile – la casa sperduta – che fa terrore sola a vederla. E che non era nemmeno disabitata, anzi, la troupe era ospite della famiglia che realmente vi abitava. E mentre loro giravano la famigerata scena della “cena” nel salotto, i veri proprietari erano probabilmente in un’altra sala della loro casa a cenare per davvero.
Oggi, la casa di Leatherface è una Steak House! Meta di peregrinaggio di migliaia di fans da tutto il mondo. Chissà che buoni bocconcini di carne…
ma che tipo di carne sarà?!
Ci sono film horror decisamente più blasonati e forse più belli di NAQP (es. L’Esorcista, Shining, The Thing, Suspiria, Evil Dead….) ma non si può negare il valore oggettivo di Non Aprite Quella Porta, che supera tutti quelli citati:
1)      è il film horror più imitato della storia;
2)      ha inventato un concept, una matrice, che è stata poi riproposta in centinaia di film, quella della “final girl” – la ragazza sgamata, quella che sopravvive all’eccidio dei suoi amici. Meritevole quasi di una sopravvivenza darwiniana;
3)      è stato il primo tentativo riuscito di “mitizzazione” del “villain”, cioè della figura del cattivo. Leatherface è entrato nella nostra cultura come mostro moderno, relegando i vari Dracula, Uomini Lupo e Frankenstein al passato. Il film ha “aperto quella porta” a tutti gli slashers degli anni 70 / 80, a Jason Voorhees, Freddy Krueger e quant’altri;
4)      ha trasportato l’horror fuori dai miti del gotico, del vampirismo e del soprannaturale, trainandolo in una dimensione molto più spaventosa: quella REALE. Quella di mostri che non hanno l’aspetto di mostri, perché sono umani, ma sono ancora più mostruosi dei mostri della fantasia: la realtà di serial killers realmente esistiti come Ed Gein, oppure della provincia americana devastata dai delitti della Manson Family. In particolare, fu proprio quest’ultimo fatto di cronaca a sconquassare le sicurezze della società americana (anno 1969), provocandone un terrificato sbalordimento e preparando il terreno ad un horror come questo, che seppe cogliere il mutamento della sensibilità della collettività e le sue nuove paure più profonde;
5)      ha issato i Redneks a protagonisti negativi dell’horror, inventando un nuovo sottogenere, facendo scoppiare, da una parte, il bubbone del contrasto (fino ad allora sopito) tra città e provincia, tra civiltà e arretratezza, mentre dall’altra parte ha aperto una voragine con una visuale diretta sulle nefandezze delle quali un’umanità moralmente lontana dalla civiltà, ma fisicamente vicinissima ad essa (anzi, silenziosamente nascosta in essa), poteva arrivare a macchiarsi.
I Rednecks di NAQP sono personaggi terrificanti, icone del cinema imitate innumerevoli volte: 1) l’Autostoppista, fratello minore di Leatherface, uno schizofrenico, autolesionista e violento, pericoloso, restio a qualsiasi rimorso, vuoto e totalmente incapace di provare qualsiasi empatia con le vittime, tanto da prendersi gioco di loro. 2) Leatherface, gigante disumano, affetto da ritardo mentale, un uomo grosso ma col cervello di un bambino, incapace di accettare la propria deformità e così innocentemente malvagio da utilizzare esseri umani vivi per strappar loro la faccia, cucendosela addosso per guadagnarsi un aspetto più umano. 3) Il Cuoco, con l’aspetto di una persona normale e perbene, ma abietto e meschino, lucido, con una personalità sadica e dominante. 4) Il Nonno, un ex macellaio che uccideva le mucche a martellate, talmente abituato alla normale crudeltà del suo lavoro da non riuscire più a distinguere una mucca da una persona umana, in quanto, davanti ai suoi occhi, una persona è come una mucca, soltanto un ammasso di nervi a cui spezzare la vita per macellarne la carne.  

Ok, mi fermo qui. Ho già detto troppo! 

16 commenti:

  1. Inutile aggiungere altro al bellissimo pezzo: film supercult!

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    1. James, troppo gentile! Grazie mille, davvero.
      No comunque aggiungi pure quello che vuoi, anche robe negative...perché il film ha molti difetti, io ho parlato solo degli aspetti positivi per forza di cose :-) Però è proprio un supercult!

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  2. Per una volta devo commentare anche io... :)

    Puntata bellissima. La prima parte è molto interessante, sapevo qualcosa sui rednecks (che io infatti ho sempre associato ai bifolchi) ma non avevo mai letto niente di esauriente.
    Sul film hai detto tutto, sia la tua esperienza personale che tantissime curiosità e informazioni.
    Bravo!

    Una cosa non mi piace, e volevo quasi cambiartela.
    Perchè metti IL Leatherface anzichè Leatherface? secondo me così lo spersonalizzi, gli dai quasi un ruolo anzichè un nome. Non se lo merita :)

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    1. Grazie dei complimenti, troppo buono :-)

      La tua riflessione su "IL Leatherface" mi ha inizialmente stupito, ma poi mi ha fatto riflettere: è bellissimo come qui emergano tutte le differenze locali, anche nel linguaggio.
      Da noi (alto Piemonte) mettere IL davanti a ogni nome è un rafforzativo, una cosa obbligatoria se non vuoi spersonalizzare il soggetto. Proprio il contrario quindi :-)
      Se io parlo coi miei di mio fratello non dico "Matteo ha fatto questo o quello" ma dico "IL Matteo": E lui parlando di me dice "IL Marco":
      Per esempio, "Francesco" è solo un nome che possono avere in tanti, ma IL Francesco è quello lì, soltanto lui, cioè l'unico Francesco che conta.
      Qui noi nel parlato mettiamo IL / LO / LA davanti a ogni nome o cognome o soprannome, tranne che nei temi di scuola - perché a furia di segni in rosso e brutti votacci abbiamo imparato che, in lingua italiana, è sbagliatissimo :-)
      Mi sono inoltre accorto che a Milano (dove ormai sto da parecchio) ormai parlo diversamente- Ma la mia parte che scrive è rimasta quella più genuina e montagnina :-)
      Quindi dire "IL Leatherface" è più potente che dire solo "Leatherface", significa identificarlo, dargli importanza, portargli rispetto: non è un Leatherface qualunque, ma è IL nostro Leatherface, l'unico e solo ;-)
      Simpatica sta cosa delle differenze di linguaggio, che ne pensi?

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    2. Scrivo mentre quel redneck di Ferrero entra da Chiambretti.
      Recensione stupenda che mi obbliga a rivedere il film presto, l'ho visto solo una volta da bambino.

      Qua l'articolo lo mettiamo solo e sempre ai nomi femminili. E non c'è assolutamente nessun cazzo di motivo.

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    3. Ferrero è proprio un redneck di quelli incorreggibili!
      Riguarda il film, è invecchiato un po' male ma resta un capolavoro

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  3. Caden - con la saggezza del giorno dopo devo dire che IL Leatherface con IL davanti mi fa sembrare che parlo come un redneck :-) Sai che ti dico, togliamolo, sta meglio senza

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    1. Ho capito perfettamente il tuo discorso. Come ti ha detto Tommaso noi mettiamo invece l'articolo con i nomi femminili, ma tutti eh, non credo di aver mai pronunciato un nome femminile senza LA davanti. Mentre per i maschi mai successo. No, più che altro quel IL dava l'idea di un brand come se dicessi L'Alien o Il Vampiro etc...
      Invece mi piace pensare che in tutti i film, tra prequel, sequel e remake Leatherface fosse sempre lui, la stessa "persona", e non tanti che lo interpretavano (come quel Il un pò porta a pensare).
      O.k, dopo se mi ricordo correggo

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    2. sì, mi spiace romperti ma se riesci cambialo per favore. Ma che pappardella ho scritto ieri sul fatto che io uso sempre IL davanti a tutto? Ah ah ah.
      Sto vedendo il numero 2, mi è venuta voglia di recuperare la serie anche se i seguiti come sai sono molto inferiori :-)

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    3. Cambiato ;)

      Ma a proposito, IL Myers non torna?

      (qui ci sta :) )

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  4. Bella recensione (che attendevo da tempo su questo blog, ma Giuseppe, questo film ne merita anche una tua) per il film che giudico il mio film horror preferito.
    Forse (ma solo forse) altri film, come Shining, sono artisticamente superiori a questo... ma The Texas Chainsaw Massacre occupa un posto particolare nel mio cuore: e' un film perfetto nella sua rozzezza, e' sporco, violento, essenziale, viscerale, rabbioso.
    Sono quelle opere uniche, che nascono dalla visione di un regista e crescono (alimentate da fortuite circostanze) in qualcosa di molto più grande (come la filmografia successiva di Tobe Hooper dimostra).
    Come ben scrivi, il film ha un valore oggettivo nella genesi di un genere horror, pero' e' anche un film stupendo in se, e sono molte le scene indimenticabili.
    Io ci vedo anche (ma qui sono quasi unico) un messaggio animalista: le violenze perpetrate ai danni dei bovini in un macello, portano alla disumanizzazione dei macellai di questo film che riservano agli umani trattamenti simili a quelli che riteniamo leciti se applicati alle bestie.

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    1. Grazie Jacopo, anche io penso che Giuseppe dovrebbe recensire il film anche se io ora glie l'ho temporaneamente fregato :-)
      Concordo sul fatto che il film abbia un messaggio animalista. Lo stesso trattamento bestiale che viene riservato agli animali, viene qui riservato agli umani, come a dire: ora anche voi provate quello che, a causa vostra, provano gli animali di cui vi cibate. Ammetto che io sono l'ultimo che avrebbe diritto di parlare, dato che mangio carne...però fa riflettere.

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    2. Grazie JR!
      Ma guarda... il (presunto) messaggio animalista puo' essere (o meno) apprezzato da chiunque... se parliamo di coerenza, nessuno di noi cittadini dei pochi paesi industrializzati (vegetariani e non) dovrebbe parlare visto l'uso e lo spreco di risorse di cui tutti siamo responsabili.

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    3. Non so se quello che vede Jacopo sia un messaggio animalista, dubito che regista e troupe lo siano.
      Però è sicuramente vero che sia un'accusa verso queste bestie disuamizzate. Ma del resto torniamo ai Rednecks no? così vengono rappresentati, grezzi, cinici e cattivi.
      Per il resto bellissime riflessioni sul film Jacopo ma se già dopo la rece di Marco ero quasi "bloccato" ora con queste tue aggiunte ho poco da dir di mio ;)

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  5. Dubito anch'io che regista e troupe fossero animalisti! Tra l'altro la leggenda dice che per girare alcune scene sia stato fatto largo uso di prodotti di macelleria.
    E col caldo del deserto durante le riprese l'odore era insopportabile.

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    1. Ma quante ne sapete... :)

      Fidati, c'è l'analogia uomo-animale ma nessun messaggio animalista ;)

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due cose

1 puoi dire quello che vuoi, anche offendere

2 metti la spunta qui sotto su "inviami notifiche", almeno non stai a controllare ogni volta se ci sono state risposte

3 ciao